domenica 9 dicembre 2012

Intuizione contro Ragione

Da “The Oil Crash”. Traduzione di Massimiliano Rupalti



“Usa la Forza, Luke”

Guest post di Antonio Turiel

Cari lettori,

In una recente discussione, fra i commenti di questo blog relativi al modo di approcciarsi alla discussione dei problemi del Oil Crash e, soprattutto, le conseguenze derivanti dai fatti osservati, uno dei commentatori ha sollevato una riflessione curiosa. Secondo questa persona, le approssimazioni basate sulla propria esperienza di vita hanno un valore di previsione simile, se non maggiore, rispetto a quelle basate sull'analisi e l'applicazione del processo logico-deduttivo. L'esempio che ha portato per tale affermazione è uno di quelli classici: per prevedere se pioverà, è meglio affidarsi ai calli dello zio Paco che non al meteorologo della televisione. Dato il ripetersi, in questo tipo di argomentazione, dell'esempio dei calli o cose simili per le previsioni meteorologiche, vale la pena soffermarsi un po' sulla sua spiegazione dettagliata, visto che, nonostante sia un esempio molto particolare, potremmo ricavarne diverse lezioni generali e molto valide (inoltre, sembra che la raccolta di esempi dall'immaginario popolare, per ciò che riguarda l'inefficienza pratica dell'approssimazione scientifica nella previsioni, non sembra che sia molto ampia).

I calli ed altre articolazioni doloranti degli esseri umani sembrano essere particolarmente suscettibili ai cambiamenti meteorologici, anche se tale fenomeno non è in assoluto anomalo o eccezionale. Non so se avete mai visto una di quelle mini stazioni meteorologiche grezze e semplici come quella del monaco di cartoncino, che con un puntatore segnala il tempo che farà e il cui cappuccio gli copre la testa quando sembra che pioverà. 


Se smontate il congegno, vi renderete conto che è grossolanamente semplice. L'apparato è costituito da poco più che una setola di crine di cavallo in tensione. La setola reagisce ai cambiamenti delle condizioni fisiche dell'aria (pressione atmosferica, temperatura e, maggiormente, umidità relativa)e reagisce nell'unico modo che le è possibile: dilatandosi o contraendosi. Siccome questa è in tensione, se si allunga o si contrae cambia la posizione relativa del puntatore e del cappuccio che sono collegati alla setola con un semplice meccanismo a molle.

Le stazioni meteorologiche digitali sono un po' più sofisticate: ne ho una in casa, con una sonda di misura collocata nel telaio della finestra. Questi congegni misurano le tre variabili di cui parlavo prima (pressione, temperatura e umidità relativa) ed anche questi fanno previsioni semplici (sole, nuvole, pioggia) per le 24 ore successive o anche per 48. Nel foglietto di istruzioni che l'accompagnava al momento dell'acquisto c'era scritto che le sue previsioni avevano un livello di certezza del 80% su 24 ore e del 67% su 48 (il che non è da buttar via). E, anche se non ho fatto mai una statistica delle sue previsioni, la mia impressione personale è che effettivamente si muova intorno a quelle cifre. 

Perciò, misurando semplicemente pressione, temperatura e umidità relativa dell'aria in un determinato punto ci possiamo fare un'idea di quello che succederà nelle ore successive. E' così perché le strutture atmosferiche hanno una grande dimensione, per cui nonostante si muovano in modo relativamente rapido (tipicamente alcuni chilometri all'ora) tardano ad arrivare, a passare e ad andarsene. L'effetto più immediato dell'arrivo di nubi e della pioggia è l'aumento dell'umidità relativa dell'aria, che è la cosa alla quale è più sensibile la setola di crine di cavallo, così come i calli di zio Paco. Per parte sua, la temperatura ha un effetto sull'umidità relativa, visto che a temperature più elevate è maggiore la capacità dell'aria di assorbire umidità assoluta, pertanto un aumento brusco della temperatura diminuisce l'umidità relativa (e quindi la possibilità di pioggia). Al contrario la diminuzione della temperatura fa aumentare l'umidità relativa, saturando alla fine la capacità dell'aria di trattenere quest'acqua e forzando la sua precipitazione (è questo che provoca la rugiada ed il perché i condizionatori d'aria perdono acqua da dietro). Da ultimo, come avete già appreso dai meteorologi, le basse pressioni ci indicano l'arrivo di burrasche, mentre le alte pressioni sono sinonimo di tempo assolato (non spiegherò qui il perché; ha a che fare con l'associazione della convezione atmosferica con le basse pressioni e l'effetto della Forza di Coriolis). Lo zio Paco e i suoi calli misurano soltanto, qualitativamente, l'umidità relativa dell'aria e forse un po' il cambiamento di pressione e, con l'esperienza del suo dolore, è sicuramente capace di prevederla un 60-70% delle volte (le volte “sbagliate” sono dovute ad una distorsione percettiva che commenterò dopo), che in ogni caso un risultato abbastanza accettabile. La nostra stazione meteorologica può darci una percentuale di certezza del 80%, che è veramente buona. E che succede con le previsioni del meteo televisivo?  

Le previsioni del bollettino meteorologico televisivo non sono una previsione per casa mia, il mio quartiere o la mia città. Tipicamente è una previsione fatta per zone molto più ampie, perché quello che si sta tentando di fare è cogliere il comportamento del tempo atmosferico su una grande regione in termini di spazio. Si aggiunga a questo che la pioggia è un fenomeno abbastanza intermittente, tanto nello spazio quanto nel tempo. A seconda dell'orografia e di altri fattori fisici della zona dove vivete si verificherà che la previsione televisiva migliora un po' quella della stazione meteorologica locale (la più probabile) o forse anche la peggiora un po' (è raro, ma in certi posti può accadere). In generale sta fornendo una previsione abbastanza accettabile su un'area molto grande e che comprende molti siti nei quali non ci sono stazioni meteorologiche che forniscano misure. Ma la previsione numerica fa qualcosa di più importante: è una previsione quantitativa del tempo atmosferico e non meramente qualitativa. Vale a dire che ci da una certa idea di quali sono le temperature che ci possiamo aspettare, l'intensità e la direzione del vento e anche la quantità di precipitazioni. Il che significa inoltrarsi molto più in là dei metodi qualitativi, fra le altre cose perché può essere usata per gestire i rischi (di inondazioni o forte vento, per esempio). 

In realtà, se volete usare gli attrezzi della previsione numerica per sapere il tempo a casa vostra e siete disposti a pagare profumatamente, lo potete fare. Da qualche anno si usano i radar e modelli su piccola scala accoppiati ai risultati dei modelli su grande scala per prevedere con grande esattezza il tempo in luoghi molto concreti (come a Wimbledon, per sapere se si potrà giocare o no il famoso torneo di tennis). Come norma generale, dalla previsione personale possiamo passare con sufficiente minor precisione (e prezzo) a quella della televisione, che ci è più che sufficiente. E se no, mettiamo mano ai calli di zio Paco. Il vantaggio dei calli di zio Paco è che fanno male solo quando al cosa è molto chiara, così lo dice: “Quando mi fanno male, piove”. E sì, se fanno male piove, e piove a catinelle. Anche se in alcune occasioni non gli faranno male e si metterà ugualmente a piovere. Ma per smettere di complicare il discorso, sicuramente quando sta già piovendo, anche se non lo avesse visto in anticipo, i suoi calli fanno male, perché ovviamente in quel momento l'umidità è abbastanza alta, quindi difficilmente gli si potrà dire “Allora, zio? Ha piovuto e i calli non ti hanno fatto male”, perché in quel momento gli faranno male e parecchio, quindi non appena gli vengono i dolori si toglierà le scarpe e non solo per indicarti calli doloranti. Riassumendo, il modo di gestire le previsioni di zio Paco è parziale (pregiudizio cognitivo) e garantisce che tutto venga contato come un successo, visto che 1) è qualitativa (non ci dice i litri d'acqua per metro quadrato né la forza del vento, solo che “pioverà”); 2) l'orizzonte temporale al quale si applica è abbastanza indeterminato (“pioverà presto, prima di domani durante la notte”); 3) in realtà non sbaglia mai, perché se alla fine piove, benché non lo abbia anticipato, i calli gli faranno male. Ovviamente, se lo si obbligasse a fare una previsione tutti i giorni (non solo quando dolgono i calli) delle 24 ore successive, vedremmo che ha successo allo stesso modo del monaco col cappuccio. Al contrario, la previsione numerica è molto più regolare come successi qualitativi, li produce per tutta un'area o paese e non solo per un punto, e principalmente ci fornisce informazioni, imprecise ma utili, su molte variabili. Disgraziatamente, il pregiudizio cognitivo gioca a favore dello zio Paco, perché l'approccio delle sue previsioni, né sistemiche né quantitative, lo presenta come migliore benché sia ovviamente peggiore. 

Le conclusioni di questa discussione di un esempio banale, la previsione intuitiva del tempo contro la previsione scientifica, si può estendere a molti altri ambiti, in particolare che l'uso di casi che favoriscono l'interpretazione intuitiva vengano selezionati anziché di essere presi tutti sistematicamente e che si contrappongano valutazioni qualitative molto grezze (tipo “Sì” o “No”) ad altre dettagliate e numeriche, che, sebbene imprecise, forniscono più informazioni e capacità di anticipazione. 

L'intuizione di come funziona il mondo fisico, in fondo, un modo non completamente cosciente di ragionare. Si intuiscono le cose perché le si sono viste più volte e si sono osservate connessioni e correlazioni. Si potrebbe dire che, in base alla propria esperienza, si sono formulate certe ipotesi di partenza. Questo è anche il modo di procedere della scienza, la differenza risiede nel fatto che la scienza non si ferma qui, ma contrasta le ipotesi, fa misure per vedere la qualità di quello che si prevede e, in funzione delle differenze osservate, riformula le ipotesi migliorandole via via col metodo 'prova ed errore'. Il metodo grossolano dei calli non è altro che una versione beta dell'analisi scientifica che fa uso di strumenti imprecisi, non calibrati e senza miglioramento delle ipotesi. Un metodo fornisce informazioni utili, ma che può essere senza dubbio migliorato. 

C'è, tuttavia, un altro aspetto della visione intuitiva della realtà, del farsi guidare “dal proprio istinto”, che va abbastanza oltre all'avere un atteggiamento parascientifico. La persona intuitiva, quella che si fa guidare dal proprio istinto, viene solitamente presentata nei film ed alla televisione come una persona completa, che non si lascia schiacciare dal raziocinio spassionato degli scienziati senza sentimenti (o direttamente malvagi) e dai potenti ma freddi computer. E' curioso che in una società tanto tecnologica come la nostra si fomenti un atteggiamento parascientifico, quasi magico, per affrontare eventi anche gravi e che richiedono una buona comprensione di quanto sta succedendo (come nel caso del picco del petrolio). Ma anche così, questo è il mito, quello dell'uomo intuitivo, l'uomo libero che si impone da parte dei mezzi di comunicazione e della propaganda. Il prototipo di questo mito è rappresentato dalla scena con la quale apro il post: la mitica – mai termine è stato più adatto – scena della Guerra delle Galassie  - Guerre Stellari in italiano - (gli spagnoli esagerano sempre nelle traduzioni) in cui Luke Skywalker disattiva il sistema computerizzato per le armi confidando nelle proprie capacità personali, nella sua intuizione, magnificata qui nella rappresentazione della Forza. E, ovviamente, trionfa. Non è casuale che la propaganda associata al modo di fare del nostro sistema economico, del BAU che lo domina, favorisca questa visione intuitiva, visto che l'uomo intuitivo è, essenzialmente e per definizione, un uomo non riflessivo (perché perdere tempo col Gibberish se lui “sente” la risposta?) ed individualista (egli è sufficiente a sé stesso per riparare ai torti). Un tale personaggio è facile preda di tutta la propaganda del consumismo senza freni e pertanto porta un buon servizio ad un sistema economico il cui motore è lo spreco. Quindi non c'è da meravigliarsi se la nostra società decadente vilipende la riflessione e disprezza la razionalità, a cominciare da coloro che mostrano una tale inclinazione dalla più tenera infanzia (quelli che vengono denominati in modo dispregiativo “secchioni”). Ma si deve capire che tale atteggiamento non solo è infondato, erroneo ed assurdo. È soprattutto totalmente suicida. 

La nostra relazione con la tecnologia in questa società complessa ci rende, in realtà, più vulnerabili, non di meno. Agitare ad oltranza la bandiera dell'individualismo e dell'intuizione quando i sistemi coinvolti sono complessissimi e con innumerevoli interazioni, è realmente avventato: una sola persona non può prendere decisioni tanto importanti con informazioni tanto parziali, informazioni che hanno tanta confusione e pregiudizio, quando non occultamento. Ma i nostri leader sono di fatto così e pensiamo che il tipo di persona che dobbiamo eleggere sia qualcuno con una “visione d'insieme”, che abbia “senso dello Stato” ed altre cavolate intuizioniste, anziché votare un consesso che ha fondamento in una grande squadra di specialisti e sul prendere le decisioni in modo calmo e riflessivo, con un'applicazione cauta delle misure. 

Niente di tutto ciò. Gli attuali leader ed i futuri salvatori della patria rispondono e risponderanno all'archetipo eroico dell'intuizionista. Ma che una persona si assuma questa responsabilità per tutta la società seguendo la sua sola intuizione e la sua audacia al momento di prendere misure difficili ci porta ad un rischio estremo e, se passa abbastanza tempo, al disastro. E a volte sembra che non ci ricordiamo che in questo gioco abbiamo una sola vita. 

Saluti.
AMT







sabato 8 dicembre 2012

"Limiti dello Sviluppo": una storia alternativa


Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti

Nel 1972, il rapporto intitolato “I Limiti dello Sviluppo” aveva discusso una serie di scenari sulle attuali tendenze che predicevano un collasso economico ad un certo punto nel ventunesimo secolo. Il rapporto raccomandava anche azioni progettate per evitare un tale collasso e stabilizzare il sistema economico. Tuttavia, queste raccomandazioni sono state ignorate ed il rapporto è stato demonizzato per mezzo di una campagna propagandistica. In questo post, Max Iacono esamina una “storia alternativa”, in cui il rapporto avrebbe incluso scenari basati sull'accettazione o il rifiuto del rapporto stesso. 


Guest post di Max Iacono

Max Iacono è laureto al MIT in Ingegneria Chimica, ha un dottorato in Psicologia Organizzativa all'Università del Michigan. La sua carriera sì è svolta nel campo delle risorse umane e dello sviluppo istituzionale con diverse multinazionali americane, aziende di consulenza, con la Banca Mondiale e con l'Organizzazione Internazionale del Lavoro. 


Consideriamo che, ipoteticamente, il Club di Roma e la squadra di autori del MIT avessero aggiunto degli “scenari” (che chiamerò scenari di botteghino pessimista ed ottimista) che potrebbero essere considerati come parte del loro lavoro e forse acclusi in una forma appropriata come Appendice. 

Ma questi scenari aggiuntivi NON avrebbero avuto a che fare con nessuno degli Scenari del World Model probabili o improbabili e con le loro variabili collegate che sono stati modellati nel libro (quel lavoro era già ben fatto e di sicuro abbastanza approfonditamente), ma invece con la probabile accettazione o rifiuto del libro stesso da parte della società, per le relative traiettorie di accettazione probabili ed i suoi impatti sociali in termini sia di stimolo per la società in direzione di azioni correttive assortite o preventive (da parte di governi,da parte della società civile o dai vari attori del settore privato o da settore pubblico internazionale o da alcune combinazioni di questi) o nel mancare di fare ciò, o forse (perversamente) persino di avere un effetto opposto. 

Quali variabili aggiuntive avrebbero dovuto essere considerate dagli autori per cercare di modellare ed elaborare i due scenari sopra e come avrebbero più probabilmente interagito queste variabili con le altre trattate ne libro?

E se l'impatto finale sulla società ed il suo indirizzo futuro (economicamente e demograficamente saggio) era di fatto lo scopo del libro, allora forse sarebbe stato meglio considerare non solo lo scenario ottimistico della graduale accettazione del libro seguita da varie azioni positive da parte dei diversi protagonisti, per esempio nuove politiche e così via, per cambiare la rotta di collisione dell'umanità con diversi limiti naturali e fisici, ma anche lo scenario pessimista nel quale il libro sarebbe stato nel migliore dei casi frainteso e, nel peggiore, “naturalmente”, deliberatamente ed intenzionalmente diffamato e discreditato (a che per questo il suo impatto sarebbe stato molto scarso sui 40 anni successivi). 

Sarebbe stata una domanda legittima da porsi nel 1972? E se fosse stata posta correttamente e si fosse risposto correttamente, si sarebbe potuto fare tutto diversamente riguardo sia il contenuto del libro sia la sua spiegazione e promozione o la sua difesa? Se si dà uno sguardo veloce alla più recente formulazione del Club di Roma di “Un Nuovo Percorso verso lo Sviluppo del Mondo”, che può essere visionato qui, si vede subito che il Club ora vede questo Percorso generale come consistente di CINQUE componenti interattivi o “cluster di problemi interconnessi” e cioè:

1. Ambiente e Risorse: Cambiamento Climatico, Sicurezza Energetica, Ecosistema ed Acqua

2. Globalizzazione:  Distribuzione della Ricchezza e del Reddito, Occupazione; Ristrutturazione Economica, Mercato e Finanza

3. Sviluppo Internazionale: Crescita Demografica, Stress Ambientale, Povertà, Produzione di Cibo, Salute  e Occupazione

4. Cambiamento Sociale: Valori, Cultura, Identità e Comportamento

5. Pace e Sicurezza: Giustizia, Democrazia, Governance, Solidarietà, Sicurezza e Pace
Sono molto d'accordo col percorso soprastante a causa della mia esperienza professionale nel campo dell'assistenza allo sviluppo. 

Ma mi chiedo anche se nel caso il Club di Roma avesse provato ad elaborare una tale formulazione del “Nuovo Percorso per lo Sviluppo Mondiale” nel 1972, avrebbe (o avrebbe potuto) elaborare gli stessi cinque gruppi di problemi e variabili interattive ora elencate sopra. Siccome molte idee e pratiche e le loro teorie di base si sono evolute significativamente da allora in ognuna delle cinque aree e domini elencati, per esempio ricordiamo “le altezze dominanti” dell'economia e, più tardi, l'andirivieni fra Stato e Mercato, quale può essere il giusto equilibrio fra i due nei vari e diversi contesti nazionali?  

Ma quello che sembra chiaro è che il primo libro dei Limiti dello Sviluppo (LTG) si concentrava principalmente nel modellare misure di variabili ai punti 1 e 3 e solo secondariamente (o almeno in misura molto minore) ai punti 2,4 e 5. 

E questo nonostante l'obbiettivo del libro (un qualche tipo di impatto positivo sulla direzione dell'umanità) probabilmente sarebbe stato servito meglio o raggiunto ottenendo qualche cambiamento positivo nelle variabili e sub variabili che potrebbero essere più adatte ai punti 2,4 e 5. Perché senza senza alcuni cambiamenti a quelle variabili chiave intermedie o “mediative”, le rimanenti variabili economiche e fisiche trattate nello studio avrebbero potuto non ricevere sufficiente attenzione. Ed infatti questa realtà molto probabilmente indica alcune delle possibili ragioni per le quali al di fuori dei due scenari che ho suggerito sopra... (quello ottimista e quello pessimista) è stato quello pessimista che è risultato essere più corretto. Cioè, il libro NON è stato accolto particolarmente bene, accettato o considerato per l'azione. E molto sfortunatamente l'umanità ha perso 40 anni di tempo prezioso. 

Ugo Bardi ha già descritto molto bene e dettagliatamente le ragioni specifiche per le quali ciò è accaduto e quali sono stati gli attori e le forze “negative” o le influenze nella sua rivisitazione dei Limiti dello Sviluppo. Quindi non c'è alcun bisogno di ripeterle qui. 

Vorrei solo indicare alla considerazione dei lettori di questo blog che se “il cambiamento sociale” era di fatto l'obbiettivo del primo libro LTG, e se il suo contenuto e gli scenari erano orientati per far sì che tale cambiamento sociale alla fine accadesse, sarebbe stato possibile prevedere che il palese o anche solo tacito ed implicito suggerimento che tale cambiamento che sarebbe dovuto venire a discapito di molti valori sociali, molte identità, molti aspetti della cultura e molti aspetti del comportamento umano esistenti.  

Cioè, il contenuto e le implicazioni tacite o implicite del primo libro LTG, anche se non non faceva “raccomandazioni” specifiche ai governi, alla società civile, al settore privato o al settore pubblico internazionale (tipo, per esempio, di fondare un'istituzione come l'IPCC per studiare il cambiamento climatico in profondità e fare raccomandazioni), sarebbe stato in netto conflitto con lo status di allora di molte delle variabili umane, sociali, culturali, politiche, istituzionali ed ideologiche ricondotte al punto 4 sopra. 

Ed ugualmente il libro sarebbe anche entrato in conflitto con l'allora status delle variabili al precedente punto 5, vale a dire: sistemi di governo, sistemi politici democratici esistenti così come una diversa interpretazione della gente di “giustizia e solidarietà” (sia intra-generazionale sia intergenerazionale). Siccome molti aspetti esistenti di queste variabili chiave verrebbero minacciate dal libro e dai suoi argomenti  e prove, sarebbe stato possibile prevedere che il libro sarebbe stato rifiutato ed alla fine attivamente screditato da diversi attori... fino al momento in cui le prove a suo favore osservabili tutt'intorno non diventassero travolgenti, vale a dire il punto che stiamo rapidamente raggiungendo – o abbiamo già raggiunto – proprio ora, 40 anni dopo.  

Quanto sopra non è intesa in nessun modo come una critica al Club di Roma o agli autori di LTG, che credo abbiano fatto un lavoro ammirevole e valido. E naturalmente è anche piuttosto facile per me – o per chiunque altro – indicare “ex post” che il rifiuto del libro “poteva essere anticipato o previsto”. Io stesso NON lo avevo previsto e infatti ero orientato sul campo dello “scenario ottimista”, o “tipo di aspettativa” fino al momento in cui ho cominciato a vedere chiaramente e ad analizzare ciò che stava accadendo tutt'intorno come molto più in linea con lo “scenario pessimista”. 

Ma ora, a cosa fatta sembra piuttosto facile “prevedere” (o “post-vedere”) che i vari attori e forze sarebbero risultati anche più attivamente contro il libro. Ne elencherò solo alcuni generici che mi vengono in mente (ovviamente ce ne potrebbero essere molto di più): 

i) Le identità professionali di economisti sia famose che meno famose e le scuole di economia che potrebbero essersi sentiti minacciati o che potrebbero aver pensato che il libro non dava ai loro campi e ai loro modelli la considerazione e lo status (e la priorità?) che pensavano di meritare. Ma l'economia, le sue teorie ed alcuni dei suoi attori chiave “meritano” di fatto tale considerazione? La “teoria della dinamica dei sistemi” era una “intrusa” in un dominio economico altrimenti privato ed esclusivo?

ii) Vari interessi d'affari o economici e i loro relativi gruppi di appoggio e sotenitori che non volevano sentire (e certamente non volevano che il grande pubblico sentisse) che (la crescita economica perpetua” non avrebbe funzionato e che alcune restrizioni e limiti qualitativi e quantitativi prima o poi devono applicare alle proprie attività

iii) Diversi interessi politici, gruppi, partiti o tendenze che direttamente o indirettamente lavorano per gli stessi interessi del settore privato di cui sopra

iv) Diversi interessi ideologici e culturali in modo più ampio nella società umana ed in diversi fra i paesi più ricchi in particolare (o in paesi meno ricchi materialmente le cui popolazioni aspiravano alla definizione mainstream di “sviluppo” visto come ricchezza materiale) riguardo ogni modifica agli “stili di vita” attuali o futuri che l'accettazione delle idee e delle scoperte del libro potrebbero alla fine comportare

v) Vari interessi religiosi che potrebbero aver pensato che il libro potesse implicare di dover frenare la crescita della popolazione per questo finire in conflitto sia con la dottrina religiosa sia con le sue pratiche relative o norme (di tutte le principali religioni monoteistiche e dei loro vari sottogruppi)

vi) Vari interessi accademici e dei media che potrebbero risultare attivamente in favore o sotenitori di un qualsiasi altro interesse già elencato sopra

vii) E una volta che i media o l'accademia mainstream (o almeno alcune parti selezionate di queste) si sono rese conto è chiaro che l'attuale “sistema di propaganda” sarebbero a loro volta entrati in gioco per fare ciò che i sistemi propagandistici sanno fare così bene. Vale a dire fare molto di più di mentire e ingannare semplicemente sui singoli fatti, ma di, direttamente  o indirettamente, subdolamente o non tanto subdolamente disinformare, travisare, fuorviare, gettare discredito, avanzare idee  e valori sbagliati o comunque non propriamente costruttivi, o identità culturali, o conclusioni generali o specifiche, o linee d'azione, semplicemente perché favoriscono certi gruppi specifici o “clienti”, o interessi politici, economici e culturali del sistema della propaganda stesso; e, allo stesso tempo svilire e sminuire idee, valori, identità conclusioni o linee d'azione più corretti o scientifici, o più costruttive ed accurati, o più sensibili o plausibili.

Chiunque abbia dubbi su quest'ultimo punto e su come funzioni un componente del sistema propaganda deve solo guardare le “News” della Fox per qualche giorno per osservare come i suoi anchormen e commentatori trattano l'idea del cambiamento climatico, l'industria del petrolio e del gas, il fracking per i gas di scisti, lo sviluppo delle sabbie bituminose, il “drill, baby, drill” e tutti quei “fuorviati”, “abbraccia-alberi” e “sinistroidi” assortiti. E siccome, parlando in generale, l'ultima preoccupazione dei propagandisti è quella dei fatti o della verità, argomenti corretti e prove scientifiche sempre più evidenti non sono d'aiuto; i più capaci fra loro sono in grado di far satira e screditare, nella mente delle persone, anni di lavoro scientifico minuzioso e attento con una sola insinuazione culturale o di identità, o una calunnia contro una presunta ideologia o persino l'identità nazionale o regionale dello scienziato o dei suoi sostenitori. 

A questo propoasito, nella testa di certi segmenti delle audience americane, il solo termine “Club di Roma” potrebbe già essere sospetto, il che è probabilmente perché viene spesso enfatizzata dai propagandisti e dagli ideologi la difficoltà di attaccare e screditare il “MIT”, che è famoso negli Stati Uniti per il suo lavoro scientifico e tecnico e per vari contributi anche al complesso militare-industriale degli Stati Uniti. Mentre è molto meno difficile per gli O'Reilly di questo mondo dipingere a tinte fosche istituzioni come il Club di Roma come “un mucchio di socialisti europei a favore dell'ONU” (che per un parte significativa dell'audience televisiva americana è gradualmente diventato un puro anatema ancora grazie agli stessi tipi di propaganda). 

Quindi, anche se ora non si può fare molto per il fatto che il primo tentativo di LTG non è riuscito a prevedere o affrontare le reazioni facilmente prevedibili di cui sopra di almeno una parte significativa dei sistemi umani politici, ideologici e culturali e dei loro sottosistemi (ad esempio parti dei media ed anche parti del mondo accademico) è certamente indispensabile fare qualcosa su questo adesso. E penso che l'ultimo libro collegato, “2052” (di Jorgen Randers, ndt.) è molto più realistico nel tenere conto di tutto quanto detto sopra nella sua narrativa. 

Non voglio provare ad approfondire più di quanto abbia già fatto Jorgen Randers gli scenari futuri possibili. Penso che faccia già un lavoro eccellente ed avrei molto poco da aggiungere, quindi accetto semplicemente i suoi attuali punti di vista (e quelli degli autori dei suoi “scorci”) come le più probabili e le più qualificate in questo momento. Vale a dire, per “riassumere” in termini riduzionistici, che abbiamo un'opportunità del 50% di andare oltre i 2,3 gradi al di sopra delle temperature dell'era preindustriale ad un certo punto di questo secolo e a quel punto innescare il cambiamento climatico autosostenuto. Ma questo non significa che ulteriori, raffinati e migliori argomenti e modelli scientifici  (e la ricerca che permetterebbe di realizzarli) in favore o contro certi scenari non potrebbero o non dovrebbero essere svolti. E le previsioni più recenti sono infinitamente meno favorevoli e prevedono almeno 3,6°C di aumento, se non molto di più, se non vengono superati i punti di non ritorno chiave (come di recente sembra sempre più probabile). 

Per esempio, quanto è probabile (e quando è più probabile che accada) che il metano dell'Artico comincerà a contribuire significativamente al cosiddetto “auto-sostentamento” dell'aumento delle temperature ed ai suoi anelli di retroazioni auto amplificanti? Molto è stato studiato e scritto anche su questo tema e probabilmente abbiamo ancora bisogno di sapere molto di più anche se, probabilmente, sappiamo già abbastanza da sapere che c'è una forte possibilità che avvenga, o almeno sappiamo tanto quanto non abbiamo mai sperato di sapere entro margini realistici di errore empirico o concettuale. Dopo che sarà successo (se succede) lo sapremo con certezza. E nel frattempo un po' di prevenzione non vale solo una sterlina, ma circa 1000 sterline di cura (visto che è probabile che nessuna cura ex-post esista o che non funzioni affatto). 

Quindi, secondo me, anche se è molto importante continuare a fare sempre di più e sempre meglio, la ricerca scientifica e l'analisi in tutte le aree e le variabili e le loro relazioni che sono collegate ai LTG (ed alle variabili del cambiamento climatico in particolare) a questo punto potrebbe essere più importante lavorare proprio su quelle altre variabili che non sono state sufficientemente affrontate nel e dal primo libro. Vale a dire come raggiungere quella parte dell'umanità che rimane in gran parte per lo più ignorante e/o addirittura attivamente recalcitrante (non dovremmo considerare solo coloro che sono stati convinti, vale a dire i vare gruppi e componenti della cosiddetta massa o movimento della “sostenibilità”, ma la stragrande maggioranza dei nostri 7 miliardi di abitanti terrestri umani che ancora o non sanno o non se ne interessano abbastanza, o che non sanno cosa fare o come poterlo fare) da prendere a bordo per cominciare ad agire sulla minaccia all'esistenza stessa che, molto probabilmente, affronta l'intera umanità. Anche se la portata esatta, la tempistica e l'evoluzione specifica della minaccia continuano ad essere studiate scientificamente. 

In altre parole potrebbe essere più importante ora portare a sopportare quello che sappiamo o che possiamo ancora imparare nelle scienze geofisiche, fisiche, naturali, biologiche, ecologiche e demografiche riguardo le sorgenti e i pozzi, la “capacità di carico” e i LTG, ma ANCHE quello che sappiamo sulla società umana e come giungere a cambiarla in termini di scienza politica, economia politica, cultura, vari componenti dell'identità umana, psicologia, ideologia, governance e tutte le loro istituzioni collegate ed i vari mezzi e metodi disponibili per tentare di modificare o cambiarle sufficientemente in modo da portare cambiamenti sociali, economici, politici e sistemici necessari a raggiungere una autentica sostenibilità prima che possa essere troppo tardi. 40 anni sono andati perduti dal primo avvertimento del tutto cristallino e non dovremmo perderne altri 40. Dovrebbe essere scritto un nuovo LTG focalizzato su “come cambiare e riconfigurare praticamente la società umana” e i suoi attuali paradigmi sistemici in modo che questa si conformerà molto meglio ai limiti fisici, ecologici e/o demografici?



venerdì 7 dicembre 2012

WEO 2012: la IEA riconosce il declino della produzione di petrolio greggio

Da “The Oil Crash”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Di Antonio Turiel


Cari lettori,

Questo sarà un post breve, molto breve. In realtà è un semplice commento a due grafici molto rivelatori sulla produzione di petrolio nel mondo. 

Il primo grafico l'ho pubblicato su questo blog due anni fa quando, col suo rapporto annuale (WEO 2010) la Agenzia Internazionale pre l'Energia (IEA) ha riconosciuto per la prima volta che il mondo aveva raggiunto il proprio zenith produttivo di petrolio greggio nel 2006:



Ciò che mostra il grafico è che il petrolio greggio (le tre fasce di diversa tonalità di azzurro più in basso) non aumenterà mai oltre i livelli raggiunti nel 2006. I giacimenti attualmente in produzione (fascia di colore azzurro scuro) declinano molto rapidamente, ad un ritmo del 5% all'anno, complessivamente per tutti i giacimenti (alcuni in realtà aumentano la produzione, ma altri la diminuiscono più rapidamente: il declino del 5% annuo vale come media di tutti i giacimenti). Nel 2010 la IEA fantasticava che con i giacimenti ancora da sfruttare (fascia color indaco) e con i giacimenti ancora da scoprire (fascia di colore celeste) si potrebbe mantenere una produzione di petrolio greggio costante fino al 2035 di circa 70 milioni di barili al giorno (Mb/g). 

Abbiamo già commentato diverse volte quanto questa supposizione sia poco verosimile (l'ultima volta nell'intervista televisiva), ma in ogni caso sembrava un passo da gigante che la IEA accettasse che la produzione di petrolio greggio non sarebbe aumentata fino alla fine dei tempi. C'era ancora una certa dose di ottimismo nelle sue previsioni, poiché secondo la IEA grazie ai liquidi del gas naturale (fascia viola) soprattutto ed anche un po' di petrolio non convenzionale (fascia gialla), la produzione dei cosiddetti “tutti i liquidi del petrolio” potrebbe ancora aumentare dagli 86 Mb/g del 2010 fino a 96 Mb/g nel 2035. Questa categoria, “tutti i liquidi del petrolio” è stata opportunamente introdotta dalla IEA circa un decennio fa per camuffare i problemi col petrolio che sgorga realmente dalla roccia, quello che ha il miglior costo di produzione e che è più versatile (non dimentichiamo che i liquidi del gas naturale non sono adatti per raffinare gasolio, il che sta già provocando problemi). In ogni caso, quei 96 Mb/g per il 2035 costituivano anche un passo nell'accettazione della realtà, oltre alle rettifiche successive al WEO del 2007, il quale prevedeva ancora una produzione di tutti i liquidi del petrolio di 120 Mb/g per il 2030, cioè circa 125 Mb/g per il 2035. Vale a dire che in soli tre anni le previsioni della IEA per la produzione di tutti i liquidi del petrolio sono state ritoccate al ribasso di nientemeno che il 23%, da 125 Mb/g a 96 nel 2035. Non veniva ancora riconosciuto che anche la produzione congiunta di petrolio più succedanei del petrolio andrà a breve a diminuire, ma a poco a poco si stava giungendo a valori più ragionevoli. 

Quest'anno, la pubblicazione del WEO 2012 è stata un po' confusa dalla fanfara mediatica circa la presunta indipendenza energetica degli Stati Uniti per il 2035 che questo rapporto annunciava. Abbiamo già discusso qui che le prospettive reali non sono per niente positive. Da un lato, perché raggiungere un tale scopo implica forti aggiustamenti nel consumo di petrolio che il paese dovrebbe intraprendere, come ho detto nel post specifico su quel tema. Dall'altro lato, perché come ci insegna Matthieu Auzanneau, le prospettive di crescita del petrolio leggero da roccia compatta sono molto sovrastimate. Tutto ciò ha fatto sì che si trascurasse un grafico molto significativo che si trova nel WEO di quest'anno: 

Guardatelo bene. Questo grafico si confronta con quello precedente. E' tagliato a colonne per momenti specifici e per questo si perde un po la nozione della continuità temporale, ma è lo stesso tipo di grafico. Notate cosa succede al petrolio greggio (come dice la legenda, corrisponde alle tre fasce inferiori, con la stessa interpretazione che nel grafico precedente). Davvero. La IEA non lo ha strombazzato ai quattro venti (e per questo me lo sono perso all'inizio) ma sta riconoscendo che nel suo scenario centrale la produzione di petrolio greggio diminuisce da qui al 2035. Continua ad essere fantasioso il fatto che si possa trovare tanto petrolio come dicono e che il petrolio che oggi non si sfrutta si può mettere in produzione al ritmo che essi stimano, ma anche accettando il suo scenario fantastico, la IEA riconosce per la prima volta nella sua storia che la produzione di petrolio greggio diminuirà. Diminuirà e comincia a farlo in quantità significative: 5 Mb/g in meno per il 2035 (da 70 Mb/g nel 2005 a 65 Mb/g nel 2035). 

E' per dissimulare un tale nera prospettiva che la IEA ha scatenato la fanfara del futuro energetico degli Stati Uniti (che in realtà è orribile, se si analizza correttamente come abbiamo detto). E in questo grafico specifico, perché non si veda il declino, hanno infilato la produzione dei liquidi del gas naturale e il proverbiale petrolio da scisti, separato, in questo caso, dagli altri petroli non convenzionali. Con tutto questo la IEA ottiene che la produzione di tutti i liquidi del petrolio arrivano, sulla carta, a 97 Mb/g, analogamente a quello che diceva nel 2010. E per mascherare ancora di più lo scenario, in quest'occasione aggiunge i guadagni di processo (la fascia viola finale, una categoria spuria della quale parleremo in una prossima occasione), cosa cosa che non aveva mai fatto finora. 

I dati non sono buoni, non sono per niente buoni. La IEA non può mentire perché è un organismo pubblico creato da paesi con una tradizione democratica più seria della Spagna, ma allo stesso tempo deve cercare il modo per presentare le cose con l'ottica più favorevole, anche esagerando la bontà di alcune cose. Quello che accade è che il sacco delle buone notizie è sempre più vuoto e stiamo rimanendo senza più trucchi per mascherare come si presentano tanti problemi. 

Saluti.
AMT











giovedì 6 dicembre 2012

Il Tramonto del Petrolio

Da “The Oil Crash”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Di Antonio Turiel


Cari lettori,


inizio questo post come finisce quello precedente: con il grafico della previsione dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) contenuto nel suo ultimo rapporto annuale sulla produzione di petrolio riferito allo scenario centrale, quello delle Nuove Politiche. Questo grafico, come già detto, mostra che su scala globale la produzione di petrolio greggio comincerà presto il suo declino. Le previsioni della IEA contengono alcuni elementi diciamo ottimistici, per non qualificarli fantasiosi, in quello che si riferisce alla produzione futura dei giacimenti di petrolio ancora da scoprire e ancora da coltivare, oltre a gonfiare considerevolmente le prospettive dei petroli non convenzionali, coi quali ottiene che nel 2035 si arrivi a marcare i 100 milioni di barili al giorno (Mb/g) dai quasi 87 Mb/g del 2011. Tutto questo lo abbiamo già commentato nel mio ultimo post.

Carlos de Castro ha fatto un interessante commento a questo stesso post sulla corretta interpretazione delle cifre di questo scenario. Mi ha fatto venire in mente di fare un piccolo esercizio, con numeri semplici, per mostrare che, anche nello scenario meraviglioso della IEA per il futuro, le cifre non quadrano. Che, anche nella migliore delle ipotesi per il futuro, stiamo già entrando nella fase di declino del petrolio. Vediamolo.

Ho preso il grafico sopra, l'ho riportato ad alta definizione (600 dpi) ed ho misurato l'altezza relativa delle barre. Poi, mediante un semplice regola del 3, ho convertito le barre in un valore equivalente di produzione per ogni anno rappresentato, espresso in Mb/g. Ecco i miei risultati:



2000   65.9    65.9    65.9    73.8    74.9    74.9    76.7
2005   70.0    70.0    70.0    79.7    82.0   82.0    83.9
2011    68.2    68.2    68.2    80.2    83.2   84.4    86.2
2015    64.1    68.2    68.2    82.6    86.8   89.3    91.7
2020   56.3    65.3    66.5    82.1     88.0   91.1     94.0
2025   48.0    61.1     65.9    82.1     89.2   93.3    95.8
2030   36.7    56.4    65.3    82.1     90.9   94.6    97.6
2035    25.9   52.2    65.3    83.2     93.3   97.0   100.0


Logicamente, e dato il metodo, questi valori hanno un certo margine di errore, ma sicuramente è abbastanza piccolo (per esempio, per il 2035 la produzione totale di petrolio a me risulta di 100 Mb/g mentre il rapporto dice che è di 99,7 Mb/g, quindi probabilmente l'errore delle cifre che do rispetto a quelle reali della IEA dev'essere inferiore allo 0,5%).

A partire da qui ho elaborato un grafico continuo (semplice estrapolazione lineare per gli anni per i quali non abbiamo dati); i colori corrispondono approssimativamente a quelli del grafico della IEA:


























Ricordiamo le diverse categorie. La fascia nera più in basso rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio attualmente in produzione (2011) . La fascia di colore azzurro celeste rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio che sono già conosciuti ma che non vengono sfruttati o per mancanza di domanda o per eccesso del costo di produzione. La fascia di colore blu rappresenta la produzione di petrolio greggio che dovrà arrivare dai giacimenti ancora da scoprire  Tutte le altre fasce rappresentano petroli non convenzionali, succedanei imperfetti del petrolio. La fascia viola rappresenta la produzione dei liquidi del gas naturale  quella gialla viene dalla produzione di tutti i principali petroli non convenzionali eccetto il petrolio da scisti  la fascia rossa è quella del petrolio da scisti e la verde (a differenza del colore usato nel rapporto della IEA) rappresenta i miglioramenti di raffinazione.

Rappresentata in forma continua, anche se con un'estrapolazione lineare fra punti consecutivi, uno si fa un'idea più completa di quale sia lo scenario che la IEA considera come il più prossimo al futuro corso degli eventi. In particolare, il declino dolce della produzione di petrolio greggio si fa più palpabile.


Ma, tornando al commento di Carlos de Castro, questo grafico occulta un fatto fondamentale. Stiamo sommando diverse categorie di idrocarburi dando per scontato che siano equivalenti... ma non lo sono. I petroli non convenzionali, tutti, hanno densità energetiche per volume di circa il 70% di quella del petrolio greggio. Dall'altro lato, i miglioramenti nella raffinazione si riferiscono all'aumento di volume dei prodotti procedenti dalla raffinazione di petrolio, aumento di volume che ovviamente non presuppone un aumento dell'energia che si estrae dal petrolio. Ciò non significa che i prodotti raffinati a partire da un barile di petrolio contengano esattamente la stessa energia di un barile di petrolio, o anche meno, a causa alla perdita nel processo di trasformazione (il Secondo Principio della Termodinamica è sempre in agguato). In realtà questi prodotti contengono più energia di quella del barile originario, perché la loro elaborazione si usa gas naturale, per l'idrogenazione degli idrocarburi più insaturi. Ciò che ovviamente accade è che l'energia dei prodotti raffinati da un barile di petrolio è uguale all'energia del barile originale più quella del gas naturale impiegato per raffinarlo. In ogni caso, i guadagni di energia non vengono dal petrolio ma dal gas, cosicché se ciò che ci interessa sapere è quanta energia proviene dalla produzione di petrolio in sé stessa, dobbiamo semplicemente sopprimere la fascia corrispondente ai miglioramenti di raffinazione. Facendo questi aggiustamenti (i petroli non convenzionali hanno circa il 70% dell'energia in volume del petrolio greggio (*), i miglioramenti di raffinazione non aumentano l'energia del petrolio) otteniamo il seguente grafico, in milioni di barili equivalenti a petrolio greggio al giorno:


























Questo è il grafico che la IEA dovrebbe presentare, se facesse i conti come dovrebbe, cioè riportando i flussi di energia, non i volumi. Come si vede, le prospettive di aumento di produzione, quando espressi in termini di energia associata, sono molto più magre e meno allettanti: passeremmo da 79,5 Mb/g (intesi ora come equivalenti energetici) nel 2011 a 87,5 Mb/g nel 2035.

Nonostante tutto, questo grafico non racconta tutta la storia, visto che è un grafico di energia grezza o totale, ma ci dice quanta energia resta a disposizione della società una volta sottratta l'energia richiesta per la mera produzione energetica, per il mantenimento stesso di questi flussi. Per fare una stima dell'energia netta abbiamo bisogno di conoscere l'EROEI delle diverse fonti di idrocarburi assimilati al petrolio. Ricordiamo che l'EROEI è ricavata dalla formula seguente:

EROEI = Et/Ep

dove Et è l'energia totale prodotta da una fonte e Ep è l'energia necessaria per la sua produzione, entrambe prese lungo tutta la vita utile della fonte in questione. Assumerò che, dato l'elevato numero di giacimenti e sistemi di produzione, che il sistema stia in equilibrio dinamico, cioè che tanto Et come Ep si possano prendere come valori istantanei (semplificazione che in realtà addolcisce il declino). Con questa formulazione, l'energia netta En che ci consegna una fonte energetica durante la sua vita utile (e, se abbiamo molte fonti in momenti diversi della loro vita utile, vale ugualmente in modo istantaneo per tutto l'insieme) è:

En = Et-Ep = Et·(1-1/EROEI)

Ci manca soltanto di conoscere i valori di EROEI di tutte le diverse categorie del grafico della IEA. Conoscere quei valori è un compito difficile e non esente da controversie, a seconda della metologia impiegata. Non farò una discussione accurata di tutti questi valori. Ne proporrò semplicemente alcuni che mi paiono ragionevoli. Siccome i numeri sono sul tavolo, chiunque può giocare con essi e proporre i cambiamenti che gli parranno più opportuni ed ottenere così la propria versione. E' anche il caso di dire che questo esercizio dovrebbe farlo la stessa IEA, di modo da dare un'idea più chiara di quale sia il futuro della disponibilità di energia per la società (perché dare il dato lordo, che include la spesa per l'implementazione ed il mantenimento dei sistemi di produzione di petrolio, è abbastanza ingannevole). Ecco i miei valori; sono tutti costanti nel tempo, il che in realtà addolcisce il declino:

+ Per il petrolio greggio attualmente in produzione assumo un valore di EROEI di 20, in sintonia con le stime più consuete. Un valore tanto alto ha poco impatto, visto che sottrae solo un 5% di energia netta.

+ Per il petrolio greggio non sfruttato, più caro, assumo un EROEI di 5. Alcuni autori lo quantificano in 3 o persino 2, altri in 10. Il valore di 5 mi pare un compromesso ragionevole: sufficientemente piccolo da spiegare che alcuni di questi giacimenti non si siano potuti sfruttare economicamente finora, ma sufficientemente grande da permettere che ora, con prezzi alti, li si possa sfruttare. Ciò implica un ritorno di energia netta del 80% dell'energia lorda.

+ Per il petrolio ancora da scoprire, assumo un EROEI di 3. I giacimenti da scoprire sono prevalentemente in acqua profonde, dove tipicamente si devono perforare 4 o più pozzi secchi prima di arrivare ad uno che produca petrolio. Inoltre, ha dei ritmi di declino più rapidi del petrolio in piattaforma o sulla terraferma, il che implica dover perforare di più o fare perforazione orizzontale. Hanno maggiori problemi di mantenimento e molti si trovano in zone tropicali, dove il passaggio di uragani obbliga a chiuderli periodicamente e causano loro dei danni, aumentando il costo produttivo in termini di Ep. Fanno parte di questa categoria anche i petroli artici, con difficoltà analoghe. Il ritorno di energia netta qui sarebbe il 66% dell'energia lorda.

+ Per i liquidi del gas naturale, assumo un EROEI di 5. Se il gas naturale da cui provengono fosse solo convenzionale, un EROEI di 20 sarebbe più ragionevole, ma una parte molto grande di questi liquidi dovrà venire dal gas non convenzionale, che ha un EROEI molto basso. Di nuovo, un 80% di energia netta su quella lorda.

+ Per i petroli non convenzionali, compreso il petrolio da scisti, assumo un EROEI di 2. Questa categoria comprende prevalentemente i biocombustibili, con un EROEI di 1 o inferiore e gli scisti petroliferi, che ha un EROEI di 3 o inferiore. Ciò comporta che solo il 50% dell'energia lorda arriva ad essere sfruttata come energia netta.

Tenendo conto di tutti questi valori si ottiene il seguente grafico:

Anche questo grafico avrebbe dovuto produrlo la IEA se prendesse sul serio il proprio lavoro e, come vedete, spiega una storia ben differente da quella ufficiale. Secondo questo stesso grafico, l'energia netta di tutti i liquidi del petrolio, anche con la gonfiatissima previsione futura della IEA, giungerebbe al suo picco verso il 2015, con un valore massimo di 79,7 Mb/g nel 2035. Insomma, che ci troveremmo molto prossimi allo zenit dell'energia netta del petrolio, messaggio estremamente allarmante. 

Cosa succederebbe se, invece di proporre delle stime tanto gonfiate come quelle della IEA, facessimo un piccolo bagno di realismo? E' difficile fare una stima precisa di come andrà in realtà la produzione delle diverse categorie di liquidi assimilati al petrolio (per lo meno per me che non sono geologo; i membri di ASPO, tuttavia, hanno delle buone stime di tutte quante). Tuttavia, risulta facile fare un'approssimazione un poco più realistica circa il futuro reale della produzione di petrolio. Approssimazione discutibile, se volete. Qui lascio le ipotesi e i numeri di modo che chi volesse ripeta i calcoli a proprio piacere: 

+ Secondo l'edizione del 2010 del rapporto annuale della stessa IEA, e secondo L'amministratore Delegato della Shell, Peter Voser, il declino dei pozzi di petrolio greggio attualmente in produzione è del 5% all'anno e non del 3,3% , come si evince dal presente rapporto. Rettifico questa tendenza.

+ Di pozzi che attualmente non vengono sfruttati, sicuramente non tutti si potranno mettere in produzione, in parte perché il prezzo del barile perché risultino convenienti è eccessivo perché la società lo possa pagare (abbiamo già detto che, contrariamente a ciò che afferma l'ortodossia economica, l'energia non è una merce qualsiasi e non tutti i prezzi sono pagabili dal nostro sistema attuale), e in parte perché non c'è metodi efficaci per processare questa potenziale produzione (il caso più ovvio è quello che già tante volte abbiamo commentato del giacimento di Manifa, in Arabia Saudita, il cui petrolio ha un contenuto talmente alto in vanadio che non c'è raffineria al mondo che lo possa lavorare). Credo anche che la IEA pecchi di ottimismo in quanto al potenziale di queste fonti. Tenendo conto di tutto ciò, riduco questa quantità alla metà. 

+ In quanto ai giacimenti ancora da scoprire, è risaputo che le stime della IEA presuppongono un ritmo di scoperte che è di 4 volte superiore a quello degli ultimi 20 anni. Aggiungete a questo che in un contesto di instabilità economica la tendenza delle grandi compagnie non è di investire ulteriormente in esplorazione e sviluppo, ma di meno (da 2008 al 2009 l'investimento è crollato del 19%, recuperando solo di poco negli anni successivi quando avrebbe dovuto crescere enormemente per compensare le crescenti difficoltà della produzione). Di fatto, molte compagnie petrolifere hanno tirato i remi in barca ed hanno rinunciato alla ricerca continua di più petrolio. Pertanto, riduco questa quantità ad un quarto di quanto stimato dalla IEA.

+ In quanto ai liquidi del gas naturale, solo un terzo del loro contenuto in massa contiene catene di idrocarburi sufficientemente lunghe da poter essere sfruttate come combustibile per le attuali macchine, raffinato a benzina (ma non diesel, combustibile che pone molte sfide specifiche). Si dovrebbe fare una grande revisione degli attuali motori a benzina perché possano sfruttare direttamente i gas più leggeri (il nome “liquidi del gas naturale” è abbastanza ingannevole), cioè il propano e il metano (si può anche sintetizzare etanolo a partire dall'etano e sfruttarlo direttamente). I costi di adattamento non sono molto elevati, ma richiedono ugualmente un certo investimento al quale la società è poco propensa in tempi di crisi e, inoltre, la cosa vale solo per motori a benzina (quando in Europa la maggior parte del trasporto privato è a gasolio e tutte le macchine pesanti vanno a gasolio in tutto il mondo). Per essere generosi, accetto che un terzo di questi liquidi del gas naturale siano sfruttabili come sostituti del petrolio. 

+ In quanto al petrolio da scisti, abbiamo già detto che le stime sono molto gonfiate. Lo riduco alla metà.

+ Il resto dei petroli convenzionali lo lascio tale quale com'è.

Con queste premesse, il grafico dell'energia netta che otteniamo è il seguente:


Il risultato è visibile: l'anno dell'inizio del declino terminale dell'energia netta è già qui. In realtà, potrebbe essere un qualsiasi anno da qui al 2015, in quanto i dati che ho fornito vengono discretizzati ogni 5 anni e pertanto la datazione non può essere più precisa di quella mostrata. Dall'altro lato, va detto che il picco dell'energia netta del petrolio non significa il picco di tutta l'energia, posto che la maggior parte delle fonti hanno ancora un po' di margine per il loro declino e in parte compenseranno questa caduta. Tuttavia, nella misura in cui il declino del petrolio sia più forte, la caduta sarà più difficile da compensare e ad un certo momento non lontano, associata all'esaurimento della crescita della maggior parte delle fonti, la caduta sarà inesorabile. Per ultima cosa vorrei evidenziare che la caduta dell'energia netta del petrolio non sarà riconosciuta fino a che non sia evidente quella del volume (come era mostrato nel primo grafico), visto che il concetto di energia netta è più difficile da cogliere. Sappiamo già che l'educazione economica classica non può riconoscere il concetto di EROEI, per questo la spiegazione che si darà quando la produzione di petrolio declinerà è che non si sta investendo sufficientemente nell'esplorazione e nello sviluppo (come già sta succedendo in Argentina), senza comprendere che i conti economici non possono tornare se non tornano quelli energetici. Questo darà luogo a dibattiti infiammati che porteranno a politiche sbagliate che faranno più male che bene, a posizioni più radicalizzate e all'adozione finale, in molti casi, di misure draconiane di taglio populista che non risolveranno nulla, anzi, che aggraveranno il tutto. 

Il fatto finale è che l'era del petrolio è giunta alla sua fine. Continuerà ad esserci petrolio disponibile per molti decenni, ma sempre in quantità minori e alla fine sarà un bene di lusso. La nostra epoca di accelerato sviluppo economico, basato sul petrolio a buon mercato è già finita. E' il tramonto del petrolio. E se non lo sappiamo riconoscere, potrebbe essere anche il nostro.

Saluti.
AMT



(*) Nota di Ugo Bardi.

Riguardo al valore del 70% usato per correggere le densità dei combustibili non convenzionali, ho chiesto spiegazioni più dettagliate a Turiel, il quale mi risponde: 

"The bio-diesel used in Spanish blends have an energy density of about 75% that of normal diesel, as you know), according to the specifications by the Spanish Corporación de Reservas Estratégicas (CORES). So it implies a similar percentage with respect to oil, and even less for gasoline.

    Regarding Tar Sans, one should discount the energy contribution by the natural gas used in the upgrading as we are interested in the energy carried by the oil source itself (the same way we discard processing gains); otherwise we are adding up the energy by gas - and yes, this is really problematic for bio-fuels, as their energy mainly comes from gas (besides, you should utterly take this into account when evaluating the EROEI, not to discount this energy twice!!). Taking into account that each barrel of processed tar sands requires about 2.000 cf of gas, that is, 2 MBTU. A barrel of crude oil contains 5,6 MBTU, so even if tar sand-derived oil was like crude oil (it isn't) we would have 65% energy density (from the oil part).

    Natural gas liquids have an energy density of about 60-70% that of oil.

    And for tight oil, as you, I have no data.

    So, at the end I decided to apply a flat rate of 70% to all categories. 

The final result obtained using different assumptions should not deviate very much from this rough estimate."

















































mercoledì 5 dicembre 2012

Io e la Fusione Fredda

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


(Lo scienziato, Dott. Hans Zarkov, lavora giorno e notte per perfezionare un dispositivo col quale spera di salvare il mondo... Il suo grande cervello si sta indebolendo a causa del grande sforzo.)

Alcune persone sembrano pensare che la scienza sia così, ma la vita quotidiana del ricercatore non è per niente simile a quella del Dott. Zarkov che costruisce una nave spaziale in cantina. Nella scienza, come nella gran parte dei compiti della vita, sussiste la regola “1% ispirazione e 99% sudorazione”


Quando dico di aver fatto alcuni esperimenti sulla fusione fredda, nel 1989, vedo che molta gente sembra essere molto interessata a quel mio vecchio lavoro. Non credo che quello che ho fatto sia particolarmente rilevante, ma ho pensato che avrei potuto raccontare quella storia - se non altro per mostrare quanto sia facile essere presi dall'entusiasmo. Ma potrebbe anche essere un modo per mostrare come funziona il metodo scientifico.

Lasciatemi tornare al 1989, quando Fleishmann e Pons hanno dichiarato che potevano ottenere la fusione dei nuclei di deuterio in una provetta. Ricordo distintamente il clima di euforia di quei mesi. Era una scoperta straordinaria: stava per cambiare tutto nella scienza. E non solo nella scienza. Pensavo che anche molte storie di fantascienza avrebbero dovuto essere riscritte.

In luglio di quell'anno, ho fatto un viaggio a Berkeley, per lavorare al Lawrence Berkeley Laboratory durante l'estate. Laggiù avevano uno dei migliori laboratori di elettrochimica del mondo e se c'era qualcuno che era in grado di replicare gli esperimenti di Fleischmann e Pons, questi erano proprio loro. Così, quando arrivai a Berkeley una delle prime cose di cui ho parlato con i miei colleghi è stata la fusione fredda. Sono stato sorpreso di scoprire che erano delusi. Avevano provato a replicare l'esperimento di fusione fredda elettrochimica quasi immediatamente dopo il primo annuncio. Ma non avevano ottenuto niente e avevano concluso che tutta la storia era una truffa o uno sbaglio. Ricordo distintamente di aver sentito il mio capo al laboratorio discutere di fusione fredda al telefono con qualcuno e dire, scandendo bene le parole, “guarda, era solo un errore di misurazione”.

Ho passato quell'estate a Berkeley lavorando su un soggetto non correlato alla fusione fredda, ma non mi ero arreso del tutto. Vedete, l'annuncio di Fleischmann e Pons aveva scatenato tutta una serie di annunci simili. Alcuni dicevano di poter osservare la fusione fredda nei gas emessi dai vulcani ed altri di osservarla in metalli diversi dal palladio, semplicemente esponendoli al deuterio gassoso. L'atmosfera generale ricordava vagamente gli “avvistamenti di Elvis”. Qualcuno vede qualcosa ed immediatamente altra gente riferisce di aver visto qualcosa di simile. Forse l'elettrochimica non era il solo modo per ottenere la fusione fredda. Forse c'erano altri modi, persino migliori! Quindi, appena rientrato in Italia, in Settembre, ho pensato di poter fare qualcosa io stesso. Avevo un laboratorio attrezzato con varia strumentazione per cui, perché non fare un tentativo? In quel periodo non dovevo insegnare ed ero libero dai compiti amministrativi che ho oggi, quindi potevo lavorare relativamente in pace per almeno un paio di mesi.

Non vi tedierò coi dettagli di quello che ho fatto (*). Lasciate solo che vi dica che le mie impostazioni erano ispirate al lavoro di Scaramuzzi ed altri a Frascati e che si basava sul confronto di test fatti sul deuterio e con idrogeno su campioni di palladio. Ma non sono riuscito ad ottenere nulla: nessuna traccia di fusione fredda a prescindere da quello che facevo. Alla fine mi sono arreso. Non sono stato l'unico a rimanere deluso. L'entusiasmo era passato e l'intera faccenda della fusione fredda si stava spegnando. Nessuno riusciva ad ottenere risultati convincenti e diversi ricercatori cominciavano a vergognarsi per essere stati troppo frettolosi nel pubblicare ciò che avevano pensato fosse una prova della fusione fredda. Era diventato ovvio quasi a tutti che il concetto di “fusione fredda” era stato tutto un errore.

Quindi, ecco la storia, più o meno. Ora, possiamo trarne un insegnamento? Forse. Per prima cosa, nella scienza non ci sono cose come esperimenti falliti finché documenti quello che stai facendo e fai una corretta analisi dei dati che ottieni. Naturalmente, i miei esperimenti non potevano provare che la fusione fredda non esiste (**), così come nessun esperimento può provare, oltre ogni concepibile dubbio, che non esistono gli unicorni. Quello che i miei esperimenti hanno potuto provare è che la fusione fredda era lontana dall'essere così facile da ottenere come sembrava allora (non ero il solo ad essere arrivato a questa conclusione). Se mai ci fosse stata una qualche fusione fredda nel mio esperimento, sicuramente avveniva su una scala estremamente piccola e doveva essere molto, ma molto difficile da individuare.

Ma credo ci sia altro che possiamo imparare da questa esperienza. Una cosa è quanto facilmente si possa essere travolti dal clima “ho visto Elvis”. All'inizio, la gente mi diceva che ero un cattivo sperimentatore se non riuscivo ad osservare la fusione fredda. “Su,” dicevano, “tutti vedono la fusione fredda. Perché tu non riesci a vedere nulla?” E, sapete, l'effetto “ho visto Elvis” è forte: alcune volte ho pensato di aver realmente osservato un segnale che mostrava che sì, era in corso una fusione fredda! Ma poi rifacevo l'esperimento ed il segnale era scomparso. Una delle caratteristiche della “scienza patologica”, infatti, è che i risultati sono sempre al limite della sensibilità dello strumento.

Non ero l'unico ad aver visto fantasmi di fusione fredda. Ricordo di aver discusso con un collega che mi ha raccontato che aveva lo stesso problema con il suo esperimento. Usava un rivelatore di neutroni e vedeva lo stesso segnale di emissioni col deuterio e con l'idrogeno. La sua conclusione? Be' non era che il suo rilevatore di neutroni era alquanto inaffidabile, ma che si può ottenere la fusione fredda anche con atomi di idrogeno! Non dirò il nome del collega, ma, fortunatamente per la sua reputazione, sembra che non abbia mai pubblicato questa sua idea.

Alla fine, tuttavia, penso che il punto principale è che il metodo scientifico funziona. E' vero, gli scienziati sono esseri umani, possono essere vittima delle proprie aspettative, dell'effetto “ho visto Elvis” e possono fare errori, naturalmente. Ma, in generale, il sistema esclude i cattivi risultati. E' la scienza, ragazzo mio!



(*) Nel caso siate interessati a questo tipo di cose, vi do qualche dettaglio sull'esperimento. Ho usato un sistema che era stato costruito per studi sulla catalisi. Era costituito da una camera di reazione collegata con una camera in ultra-alto vuoto equipaggiata con uno spettrometro di massa. Nella camera di reazione esponevo il campione di palladio al deuterio a diverse pressioni e temperature. La mia idea era che se la fusione fredda avveniva, sarebbe avvenuta all'interno del reticolo del palladio ed avrebbe generato nuclei di elio che sarebbero rimasti intrappolati lì. Così, dopo la reazione, pompavo via il deuterio, aprivo la camera di reazione e riscaldavo il campione ad alta temperatura in modo da liberare l'elio nello spettrometro di massa. Qui, il problema è che la molecola di deuterio (D2) ha la stessa massa dell'elio atomico, per cui le due masse non si distinguono in un normale spettrometro di massa. Per questa ragione facevo passare il gas emesso dal campione attraverso una trappola costituita da titanio appena evaporato che avrebbe assorbito il deuterio, lasciando il solo elio. Non sarebbe stato possibile eliminare il deuterio al 100% ma, se l'effetto di fusione fredda era significativo, pensavo che sarebbe stato possibile vedere una differenza ripetendo l'esperimento usando del normale idrogeno. Tuttavia, come racconto nel testo principale, non ho mai potuto vedere niente di significativo.

(**) Si potrebbe dire che non ho visto la fusione fredda perché non sono mai potuto arrivare a pressioni veramente alte nel mio sistema. Vero; però, più tardi, altri ricercatori hanno fatto qualcosa di simile usando pressioni probabilmente centomila volte più alte di quelle che usavo io. Non hanno trovato niente nemmeno loro (Silvera and Moshary, Physical Review B, 42, 14, 1990, p. 9143)

lunedì 3 dicembre 2012

La previsione della IEA è fuori da ogni limite ragionevole

Da “Our Finite World di Gail Tverberg.  Traduzione di Massimiliano Rupalti

La International Energy Agency (IEA) fornisce previsioni petrolifere inverosimilmente elevate nel suo nuovo 2012 World Energy Outlook (WEO). L'agenzia dichiara, fra le altre cose, che gli Stati Uniti diventeranno il più grande produttore di petrolio al mondo intorno al 2020 e il Nord America diventerà un esportatore di petrolio dal 2030.

Figura 1. Interpretazione dell'autrice delle previsioni della IEA sulla futura produzione di petrolio nello scenario “Nuove Politiche”, basato sulle informazioni fornite dal World Energy Outlook della IEA del 2012.


La figura 1 mostra che questo aumento deriva soltanto dall'aspettativa di crescita della produzione del tight oil (petrolio da scisti) e dai liquidi del gas naturale. L'idea che diventeremo esportatori nei prossimi anni c'è nonostante la caduta della produzione, perché la “domanda” diminuirà molto.

Le previsioni sul prezzo del petrolio che stanno dietro a queste a ad altre previsioni nel rapporto sono approssimativamente le seguenti: 

Figura 2. Interpretazione dell'autrice dei prezzi medi futuri del petrolio mondiale così come forniti dal WEO 2012 della IEA. (la previsione fornita dalla IEA è più “concava verso il basso” ). Le quantità storiche sono basate sulla Revisione Statistica della BP delle quantità di Energia Mondiale del 2012.

Una ragione per la quale le stime del WEO 2012 sono irragionevoli è perché i prezzi del petrolio sono irragionevolmente bassi in relazione alle quantità di produzione previste nel rapporto. Sembra che questo avvenga perché la IEA dimentica il problema dei ritorni decrescenti. Mentre il petrolio facile da produrre comincia a scarseggiare, e dobbiamo spostarci verso giacimenti più difficili, i costi di estrazione aumentano. Infatti, ci sono prove che il petrolio “intrappolato” a cui si fa riferimento nell'Allegato 1 ha già cominciato a raggiungere i limiti di produzione, agli attuali prezzi. Il solo modo in cui questi limiti di produzione potrebbero essere ragionevolmente superati è con prezzi del petrolio più alti – molto più alti di quanto la IEA presume nelle sue previsioni. 

Prezzi del petrolio più alti causano enormi problemi a causa del loro impatto sull'economia mondiale. La IEA infatti dice, nella sua prima slide per la stampa, che gli attuali prezzi del petrolio agiscono già da freno sull'economia globale. Prezzi del petrolio più alti significano anche che il costo degli investimenti richiesto per raggiungere gli obbiettivi di produzione saranno anche più alti di quanto previsto dalla IEA, aggiungendo un altro impedimento al raggiungimento dei sui livelli di produzione previsti. 

Se i prezzi più alti portano le economie delle nazioni importatrici di petrolio in recessione i prezzi del petrolio crolleranno, riducendo l'incentivo a investire in nuove infrastrutture per la produzione di petrolio. Di fatto, potremmo ritrovarci a raggiungere il “picco del petrolio” a causa di una difficile situazione economica: Mentre sembra esserci un sacco di petrolio a disposizione, il costo della sua estrazione potrebbe arrivare a un punto in cui è più costoso di quanto si possano permettere i consumatori. Di conseguenza, un po' del petrolio che conoscevamo, e che abbiamo contato come riserva, dovrà essere lasciato nel sottosuolo. 

Il FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha recentemente fatto un modello rilevante per questo problema in una saggio dal nome “Petrolio ed Economia Mondiale: Alcuni Futuri Possibili.” (Qui un articolo del Washington Post). Questa analisi potrebbe fornire alcune intuizioni su quale sia la reale situazione.

Il problema dei ritorni decrescenti

Un problema che la IEA non ha adeguatamente modellato è quello del declino qualitativo della risorsa, che porta alla diminuzione dei ritorni e ad un aumento del “reale” (al netto dell'inflazione) costo di produzione. Questa situazione viene spesso descritta come un riflesso del Ritorno sull'Investimento Energetico (EROEI). 

La ragione per cui i ritorni decrescenti sono un problema è perché quando un produttore decide di estrarre petrolio, o gas o carbone, esso cerca la risorsa più economica, la più facile da estrarre, per prima. E solo quando questa risorsa è in gran parte esaurita che il produttore cercherà luoghi dove è presente la risorsa più costosa, più difficile da estrarre. Così, nel tempo, i costi adeguati all'inflazione dell'estrazione di una risorsa tendono ad aumentare. 

Figura 3. Illustrazione dell'autrice degli impatti del declino della qualità della risorsa.

Nei termini del triangolo sopra, i produttori tendono a partire dal vertice, con il “meglio” delle risorse e continuano verso il basso. Un risultato di questo approccio è che il costo per unità di produzione tende a salire, anche laddove ci siano miglioramenti tecnologici e guadagni di efficienza, perché la qualità della risorsa declina.
Le riserve tendono ad aumentare nel tempo con questo approccio, perché mentre i produttori scendono nel triangolo del diagramma, essi vedono sempre un aumento della quantità di risorse di minore qualità. Le nuove riserve sono sempre più costose da estrarre,  al netto dell'inflazione. Benché non ci sia una luce lampeggiante che dice “al di sopra di questo prezzo i clienti non saranno in grado di permettersi di comprare più questa risorsa”. Di conseguenza, la qualità delle riserve sempre più bassa viene aggiunta alle quantità riportate, anche se in certi casi il costo dei prodotti fatti con quelle riserve (diciamo benzina o gasolio) spediranno le economie in recessione.

Andrebbe detto che il problema dei ritorni decrescenti esiste per quasi ogni tipo di risorsa. Sussiste per l'estrazione di uranio poiché ce n'è sempre ancora a disposizione, solo più difficile da raggiungere o in minore concentrazione. I ritorni decrescenti sussistono per oro, rame e per quasi ogni altro tipo di metallo. Ciò significa che spesso ci serve più petrolio per l'estrazione e la lavorazione dei metalli, poiché scaviamo più in profondità e troviamo il minerale misto a più alte percentuali di prodotto di scarto.

Il problema dei ritorni decrescenti sembra sussistere anche per le rinnovabili. Il primo biocombustibile sviluppato è stato l'etanolo dal mais, visto che il processo di estrazione di alcol dal mais è conosciuto da molto tempo. Approcci più nuovi, come l'etanolo da biomassa e biocombustibile da alghe, tendono ad essere molto più costosi. Di conseguenza, quando aggiungiamo nuova produzione di biocombustibile, è probabile che sia più costoso e così più difficile che il cliente se lo possa permettere. Se lo vogliamo, avremo bisogno di sovvenzioni sempre maggiori. 

Anche l'energia eolica è soggetta ai ritorni decrescenti. L'eolico a terra è stato sviluppato per primo ed è di gran lunga meno costoso di quello in mare. Le prime unità eoliche allacciate alla rete elettrica non disturbano la rete stessa in modo molto significativo. Le ultime unità di pale eoliche aggiungono costi sempre maggiori: linee di trasmissione di lunga distanza, immagazzinamento elettrico ed altri bilanciamenti – cose che vengono generalmente trascurate nel fare le prime analisi dei costi. 

I ritorni decrescenti sembrano esserci anche per quanto riguarda l'efficienza energetica. Abbiamo lavorato a lungo sull'efficienza energetica. Abbiamo la tendenza a raccogliere prima i frutti più a portata di mano. Le spese che arrivano in un secondo momento per l'efficienza potrebbero essere meno convenienti.

Perché il petrolio da scisti non aumenterà come nella Figura 1

Il Tight Oil, altrimenti detto “petrolio da scisti” è ritenuto essere il salvatore del petrolio statunitense, se crediamo alla IEA. I movimenti a Bakken e a Eagle Ford ne sono i migliori esempi conosciuti. Le aree migliori sembrano essere state perforate prima e le aree che sono state perforate ora hanno rendimenti bassi. Egli ha anche mostrato che il pozzo medio a Bakken ora richiede un prezzo da 80 a 90 dollari al barile, che è molto vicino al prezzo di vendita recente. Se si desidera un aumento di produzione, il prezzo dovrà cominciare a crescere (e continuare a crescere) per fornire l'incentivo necessario a perforare pozzi in aree meno vantaggiose.

Ci sono anche altri problemi. Se c'è necessità di perforare un numero sempre maggiore di pozzi solo per stare in pari o addirittura un numero ancora maggiore per aumentare la quantità di petrolio prodotta, cominciamo a raggiungere limiti di diversa natura: numero di impianti disponibili, numero di lavoratori disponibili, miglia percorse da parte dell'acqua da usare nel fracking. Forse il problema che limiterà per primo la produzione, comunque, sono i limiti del debito disponibile ai produttori. Rune Likvern ha anche mostrato che i flussi di contante dall'estrazione di petrolio da scisti tendono ad andare “in rosso”, quindi serve una quantità sempre maggiore di finanziamento del debito quando le operazioni aumentano. Ad un certo punto, le imprese giungeranno al limite del loro credito e dovranno smettere di fare nuovi pozzi finché il flusso di contante non recuperi. 

Prove riguardo al tasso di crescita dei costi di estrazione del petrolio

La Bernstein Research ha recentemente pubblicato informazioni che mostrano che il costo marginale della produzione di petrolio era di 92 dollari nel 2011, per quanto riguarda i produttori non OPEC  e non ex Sovietici, al 90% della produzione. Questo costo sta aumentando del 14% all'anno (o circa il 12% all'anno al netto dell'inflazione). Anche a un livello di costo marginale medio, i costi sembrano crescere ad un tasso di crescita composta annua del 9% (o circa il 7% al netto dell'inflazione). Guardate anche questo post su FTAlphaville. Se prendiamo il costo di 92 dollari al barile del 2011 al 90% della produzione e lo aumentiamo del 7% all'anno (probabilmente dovremmo usare un 12% all'anno), il costo reale sarà di 169 dollari al barile nel 2020 e 467 nel 2035. Sono di gran lung amaggiori delle stime dei prezzi fatte dalla IEA e mostrate nella Figura 2. Non c'è ragione di credere che Bakken ed altri costi di produzione di petrolio da scisti sarebbero sostanzialmente più a buon mercato. 

Altri problemi che non sembrano essere stati trattati dal WEO 2012 della IEA

Ci sono altri tre problemi che la IEA non ha ben considerato, secondo me.

1. Aumento reale del fabbisogno di combustibili di alcuni tipi 

Il WEO 2012 mostra un crollo della “domanda” di combustibile. La domanda, per come la definiscono gli economisti, ha a che fare con quanto i clienti possono permettersi. E' ben possibile che la domanda crollerà perché la gente non si potrà permettere i combustibili.

Mi sembra che sarebbe meglio cominciare ad analizzare come il reale bisogno di combustibili stia cambiando. Una volta determinato questo, possono essere fatti degli adattamenti per riflettere su altri modi in cui possano essere forniti gli stessi benefici, sempre che sia possibile.
A proposito del reale bisogno di combustibili, se guardiamo le specie che sono in qualche modo simili agli umani come scimpanzé e gorilla, scopriamo che questi animali non hanno alcun bisogno di combustibili, perché vivono nel modo in cui si sono biologicamente adattati: c'è solo un numero relativamente piccolo di essi (meno di 1.000.000 milione per specie) che vivono in territori che sono limitati per i loro adattamenti biologici. Essi non hanno bisogno di cucinare il cibo o di lance e altri strumenti per tenere lontani i predatori, o di rifugi per ripararsi dagli elementi.

Gli esseri umani non vivono in modo da essere biologicamente adattati. Perché siamo tanti, dobbiamo coltivarci il cibo e raccogliere l'acqua da risorse naturali. Siccome non abbiamo grosse e robuste mascelle e siccome c'è poco cibo facilmente masticabile a disposizione, abbiamo la necessità di cuocere gran parte del nostro cibo. Siccome viviamo in aree diverse del mondo, ci serve un rifugio e dei vestiti adatti. Quando gli esseri umani si spostano nelle città, abbiamo esigenze ancora più grandi. Ci servono antibiotici e vaccini per prevenire epidemie. Ci serve combustibile per il pendolarismo, a meno che non dormiamo sul pavimento della fabbrica dove lavoriamo. Ci servono combustibili fossili per cucinare, perché i combustibili tradizionali come letame o ramoscelli non li abbiamo a disposizione in quantità sufficienti nelle aree urbane. 
Un altro bisogno di combustibile, oltre a rispondere direttamente ai bisogni umani, è per compensare il continuo degrado (entropia) delle infrastrutture costruite. Tutte queste infrastrutture si logorano. Le strade hanno bisogno di manutenzione almeno ogni anno, specialmente nei climi freddi. Le linee elettriche di trasmissione hanno bisogno di essere re-installate dopo ogni grande tempesta. 

Anche la popolazione, naturalmente, sta crescendo. Quando mettiamo questi problemi insieme (aumento del bisogno di combustibili con l'urbanizzazione ed aumento dell'entropia), è chiaro che i servizi agli esseri umani da parte dei combustibili continueranno ad aumentare, che la “domanda”, così come la misurano gli economisti, sembri aumentare o meno. 

Gran parte di questi servizi dei combustibili dovranno venire da combustibili fossili, piuttosto che da rinnovabili, per due ragioni: 1) questo è il modo in cui ora è costruita la nostra infrastruttura ed è costoso e serve molto tempo per cambiarla. 2) Le risorse biologiche sono molto limitate in confronto ai bisogni di 7 miliardi di esseri umani. Secondo Chew, ne Le Ere Oscure Ricorrenti, la deforestazione è cominciata in diverse aree 6.000 anni fa, quando la popolazione mondiale era di circa 20 milioni di persone.

2. Sostituzione del petrolio

La IEA sembra errare nella direzione di assumere che la sostituzione possa essere fatta più rapidamente di quanto non si possa realmente fare. In generale, ogni qualvolta si faccia una sostituzione, devono essere creati nuovi dispositivi che usino il nuovo combustibili o devono essere sviluppate nuove centrali che trasformino un tipo di combustibile in un altro. Fare entrambe queste cose andrà ad aggiungersi temporaneamente alla domanda di combustibili fossili. C'è anche un costo in questo. 

Solo la porzione più pesante dei liquidi del gas naturale possono essere aggiunti direttamente nella fornitura di benzina. Gran parte dei Gas di Petrolio Liquefatti sono usati per altri scopi, come fare plastiche, o propano per il riscaldamento di casa o GPL. Il GPL viene usato per cucinare in alcune parti del mondo e per alimentare veicoli che sono stati progettati appositamente.

3. Aumento di efficienza
La IEA sembra assumere che l'aumento di efficienza può avere un grande impatto sulla necessità di petrolio. La questione sembra perdere di vista è che gli aumenti di efficienza sono una lama a doppio taglio. Quando un dispositivo viene reso più efficiente, l'effetto abituale è che può essere alimentato a minor costo. Questo significa che più gente se lo può permettere e la domanda potrebbe aumentare. All'inizio, l'elettricità era molto costosa. Quando il suo costo è crollato con l'aumento dell'efficienza, il suo uso è aumentato drammaticamente.

Mettere insieme tutti questi problemi

E' molto chiaro per me che la IEA stima il petrolio in modo esagerato, a mano che i prezzi non siano molto più alti. Naturalmente, i prezzi non possono realmente essere molto più alti, altrimenti l'economia entrerà in recessione. Di conseguenza, e probabile che la produzione sia degli Stati Uniti sia del resto del mondomsiano inferiori alle previsioni della IEA.

Sarebbe utile avere una stima migliore di dove è diretto esattamente il mondo. Un modo in cui possiamo farlo è adattando le indicazioni di un nuovo saggio del FMI dal titolo Petrolio ed Economia Mondiale: Alcuni Futuri Possibili. Il lavoro considera che in un qualche momento sconosciuto, da adesso al 2020, il momento in cui il tasso di aumento nella fornitura di petrolio si presume che diminuisca del 1%. Mentre non viene dichiarato nel rapporto, esso mi sembra che ciò sia simila a ciò che è realmente accaduto nel 2005, quando il tasso di aumento della produzione del petrolio è sceso al 1.3% di aumento annuo a 0,1, una diminuzione del 1,2%. (Figura 4, sotto).

Figura 4. Produzione mondiale di greggio (compreso il condensato) basati principalmente sui dati della statunitense EIA, con linee di tendenza misurate dall'autrice.

Ho alcune osservazioni da fare riguardo a un tale adattamento:
(a) Il modello potrebbe essere adeguato per considerare il fatto che un calo nell'andamento del tasso del 1,2% ha effettivamente avuto luogo nel 2005, piuttosto che semplicemente assumere che avverrà una diminuzione del 1% ad un certo e non specificato punto in futuro. Mi par che lo spostamento nell'andamento della linea dell'estrazione di petrolio sia alla base di molti dei problemi nel mondo degli ultimi anni.

(b) Il trattamento nel modello dei ritorni decrescenti dovrebbe essere adeguato. Da quanto ho capito questo viene attualmente considerato assumendo un aumento annuale del 2% dei reali costi di produzione. Il modello potrebbe essere adattato per riflettere un costo annuale più realistico (più alto)  per la produzione di petrolio e, indirettamente, de prezzi alla vendita necessari.

(c) Gli autori del rapporto del FMI suggeriscono di costruire un modello più basato sulle risorse, e sono d'accordo che ciò sarebbe d'aiuto. Ci sono molte interconnessioni che l'attuale modello non è in grado di cogliere adeguatamente. Un modello più basato sulle risorse, specialmente uno che consideri i bilanci dei governi mondiali, sembrerebbe essere migliore.

Cosa penso che stia accadendo adesso



Come indicato sopra, la produzione mondiale di greggio sembra aver raggiunto il plateau, a partire circa dal 2005. Questo sta avendo le sue conseguenze sull'economia con effetti diversi nel tempo. L'effetto maggiore in questo momento sembra essere sulle finanze dei governi che importano petrolio, anche se è cominciato prima, con alcuni aspetti più evidenti.

In generale, ciò che accade quando giungiamo ad una situazione di ritorni decrescenti, e quindi un aumento dei prezzi del petrolio reali, sembra essere quanto segue:

Quando i prezzi del petrolio salgono, il prezzo del cibo e del pendolarismo tendono ad aumentare. Entrambi sono considerati essenziali da gran parte dei consumatori, quindi i consumatori riducono le spese superflue per avere denaro sufficiente per quelle essenziali. Questo porta a licenziamenti nelle industrie superflue, come agenzie viaggi e ristoranti. L'aumento di lavoratori licenziati porta un aumento dei fallimenti e problemi per le banche. L'edilizia e il prezzo di vendita de beni immobili tendono a crollare a causa della domanda in contrazione, aggiungendosi ulteriormente ai problemi di fallimento.

I governi dei paesi importatori di petrolio vengono trascinati in questo in molti modi: (1) Le loro entrate vengono ridotte, perché ne hanno di meno dalle tasse pagate dalla gente che viene licenziata dal lavoro e da aziende con minori vendite. (2) Viene loro richiesto di sostenere le banche che stanno fallendo e di stimolare l'economia. (3) Viene anche chiesto loro di pagare i lavoratori che sono stati licenziati dal lavoro. Il risultato di tutto ciò è che molti governi di paesi importatori di petrolio si ritrovano con enormi buchi di bilancio e la loro capacità di chiudere quei buchi declina. Questo schema è esattamente quello che vediamo oggi in molti paesi dell'Eurozona, degli Stati Uniti e del Giappone.

Le dichiarazioni sull'aumento della produzione di petrolio negli Stati Uniti sono solo una distrazione. I ritorni decrescenti significano che gli Stati Uniti non aumenteranno mai molto la produzione. I costi del petrolio rimarranno alti e questo sarà il reale problema che turberà le economie del mondo.