martedì 7 febbraio 2012

Come non uscire da questa crisi

Guest post di Antonio Turiel, Traduzione di Massimiliano Rupalti



Immagine dal blog di Stephen Rees, http://http://stephenrees.wordpress.com


Come non uscire da questa crisi

di Antonio Turiel

Cari lettori,

alcuni giorni fa ho avuto l'onore di partecipare ad un evento organizzato dal Comune di Figueres. Si trattava di una tavola rotonda sul cambiamento climatico ed il protocollo che devono avere i comuni per affrontarlo. Mi ha invitato l'assessore all'Ambiente locale, il quale, di sicuro, non è per niente in linea con il post che ho dedicato al tetto fotovoltaico installato in una piazza centrale della nostra città (mi ha spiegato i suoi motivi ed anche se non li condivido pienamente, almeno ora posso capire le ragioni che sono state addotte per giustificarlo). Nonostante questa, diciamo, lettera di accompagnamento non molto apprezzata, l'assessore, che mi aveva già sentito parlare in un altra occasione, ha voluto che fossi presente in questa occasione – imparzialità che gli fa onore.

Senza entrare nei dettagli, la tavola rotonda stava procedendo verso percorsi sempre più cupi: prima un imprenditore del settore delle energie rinnovabili “di prossimità”, realista e ponderato, ha descritto i vantaggi e gli inconvenienti (e gli innumerevoli ostacoli) della sua attività; poi è toccato a me fare una rapida panoramica della crisi energetica globale, delle sue connessioni con la crisi economica e su come la via d'uscita che tenteremo di percorrere assurdamente ci porterà ad aggravare il problema del cambiamento climatico (tema che al quale ci siamo già approcciati in un post) senza cambiare significativamente il corso generale degli eventi, se non di peggiorarlo. Per ultimo ha parlato il Direttore del Consiglio consultivo per lo sviluppo sostenibile (CADS) della Generalitat de Catalunya, che avevo conosciuto l'ultimo giorno che sono stato a Radio Catalunya (ma questa è un'altra storia), che mi ha sorpreso facendo un discorso abbastanza nero e deprimente sul futuro che ci aspetta. Con una leggera venatura di speranza nel finale, ma essa stessa con tono dimesso.

Dopo l'evento stavamo con diversi partecipanti, alcuni di loro con responsabilità politiche, bevendo qualcosa (in modo molto frugale, l'austerità sta permeando l'amministrazione) ed ho osservato qualcosa che noto da qualche tempo: un certo fatalismo alla
Mad Max (come amano dire alcuni lettori per descrivere visioni apocalittiche). Così, qualcuno diceva che l'essere umano è condannato all'estinzione, mentre qualcun altro sosteneva la rivoluzione sanguinosa era il capitolo successivo della nostra storia. E lo dicevano così, tranquillamente, come se la cosa non gli appartenesse, come se non fossero loro ed i loro famigliari ad essere passati per le armi. Il più moderato diceva che apprendiamo solo a forza di schiaffoni e che ci sarà una reazione solo quando ci beccheremo il primo forte (il che, disgraziatamente, è abbastanza sicuro: quello sì, bisogna vedere se poi riusciamo a rimetterci in piedi).

Ciò che preoccupa di questa dose di sur-realismo, che a poco a poco si sta insinuando nella nostra classe politica (coloro che hanno un contatto più ravvicinato con chi è amministrato, temo), è che tanto fatidico è per il nostro futuro l'eccesso di trionfalismo e la fiducia (il “non far nulla” col quale si sono superate le crisi in Spagna) quanto lo è il disfattismo assoluto e l'inazione. E sta lì il cuore della questione che vorrei discutere oggi, cioè vedere quali misure ed atteggiamenti non ci permettono di uscire dalla crisi e che, anzi, la peggiorano.

Mettiamo in chiaro una cosa ovvia per il lettore assiduo di questo blog. Come abbiamo ripetuto,
questa crisi economica non finirà mai, perlomeno non all'interno del nostro paradigma economico. L'ovvio corollario e che quindi dobbiamo cambiare il nostro sistema economico e perciò anche quello finanziario. Che non ci sia soluzione entro questo paradigma, vale la pena insistere su questo, non vuol dire che non ci sia soluzione abbandonando il paradigma, ed abbiamo già parlato qui di alcuni modi ragionevoli per affrontare questa uscita per la tangente. Ma una tale pretesa viene considerata tanto pazzesca e massimalista da non risultare accettabile. Pertanto si parla e si parla di riformare il sistema politico quando quello che fallisce e manda tutto in cancrena è quello economico. Ciò porta una serie di attitudini dissonanti caratteristiche dei nostri rappresentanti e dei loro cittadini, che in realtà tendono a peggiorare la situazione per il fatto di non capire cosa stia succedendo. Cioè:


  • Inazione nell'attesa del Deus ex Machina: Questa è la pratica più consueta in Spagna negli ultimi decenni. Consiste nell'aspettare che i paesi ricchi d'Europa (Germania, Francia, Inghilterra e i paesi nordici) escano dalla crisi e, con l'afflusso di turisti ed investimenti, ci tolgano dal marasma. Di sicuro questa è stata la scommessa inconfessabile anche del governo precedente, durante i primi anni di questa crisi. Ma a questo livello, con un 22,3% di disoccupazione, con la disoccupazione giovanile al 40% ed essendo più del 50% degli impiegati “mileuristas” (milleuristi, che guadagnano 1.000 euro al mese, ndT), nessun governo si può permettere il lusso di incrociare le braccia e sedersi di fronte alla propria porta ed aspettare. E' che i paesi ricchi non riescono a riprendere il volo e tutto sembra suggerire che torneranno in recessione (nella nuova recessione).
  • Legiferare molto, soprattutto in campo fiscale: Questa è la corrente che ha dominato l'ultima fase del governo precedente e che domina la prima parte del governo attuale. Siccome non si può non fare niente, facciamo molto, e siccome non sappiamo cosa fare, andiamo ad agire sui meccanismi più diretti e che conosciamo meglio. Se c'è contrazione dell'economia, andiamo a stimolare l'investimento diminuendo l'esazione agli imprenditori con diminuzione delle tasse o riducendo i loro costi, soprattutto rendendo più facile il licenziamento e le misure per ridurre gli stipendi – con relativa distruzione del contratto collettivo – nel contesto della cosiddetta riforma del lavoro (che in realtà è una revoca della legislazione del lavoro vigente). Siccome dall'altra parte c'è uno squilibrio fiscale importante (frutto della rapida e non prevista riduzione delle entrate per la caduta stessa dell'attività economica), vengono aumentate le tasse alle classi medie e basse, che sia per via diretta o indiretta. Il problema di tale modo di agire è che inibisce il consumo, in parte per la perdita di reddito della massa di consumatori e in parte per la sensazione crescente di insicurezza e tendenza a risparmiare “per tempi peggiori”, il che ha un impatto negativo sulle imprese che si alimentano del mercato interno. Per un po' si è parzialmente compensato questo effetto negativo grazie alle imprese che si alimentano del mercato estero, delle esportazioni, ma adesso che anche la Cina ed il Brasile mostrano un rallentamento economico (quando non vera e propria recessione) la caduta degli introiti delle imprese è evidente e pertanto la crisi si aggrava; meno imprese, meno introiti per lo Stato, maggiori problemi per far quadrare i conti – maggior deficit – ecc, in una spirale di autodistruzione.
  • Disfattismo ed abbandono: Alcuni nostri rappresentanti, che cominciano ad interiorizzare che da questa crisi non si esce senza saperne il perché, stanno cominciando ad abbassare le difese ed a lasciarsi andare, ma non confidando nel fatto che la cosa si autoregoli, ma desiderando che non si danneggi molto di più. In alto ogni giorno ricevono più biasimo e disprezzo da parte dei cittadini, sempre più sopraffatti da una crisi che minaccia di far precipitare quasi il 50% degli europei un tempo ricchi, nella povertà e nell'esclusione (cosa che è stata anche discussa con una certa profondità in questo blog). Tutto ciò rende i nostri politici un po' cinici e scettici, oltre che leggermente amareggiati, poiché in molti casi si mettono con l'intento di cambiare le cose ed invece le cose cambiano loro. Questo abbandono è un atteggiamento umano ma infantile ed è inaccettabile in chi deve fare da riferimento e guida ai propri cittadini in questi tempi difficili.
  • Tentare di risolvere la crisi con misure di risparmio energetico: Altri identificano giustamente che c'è un problema di energia, ma saltano la connessione energia-economía (come se fossero due aspetti differenziati ed indipendenti) e credono che ciò che si deve fare è spingere sul risparmio e l'efficienza energetica, oltre alla ricerca sull'energia rinnovabile. Non tengono conto che tutto ciò che uno risparmia lo consumerà un altro, perché il sistema economico cerca di massimizzare l'output (la produzione, di quello che sia, beni o servizi) e che pertanto il nostro sistema economico è programmato per lo spreco, non potendo funzionare efficientemente in altro modo. L'efficienza energetica, un altro dei luoghi comuni della proposta di azione politica, non è sempre ottenibile: a volte guardiamo solo ad una parte del ciclo di vita di un prodotto – per esempio l'uso di lampadine efficienti – senza tenere conto che la spesa energetica totale – per esempio maggior costo energetico di fabbricazione nell'utilizzare materiali rari, difficili da processare, importati da molto lontano ed il cui riciclaggio è costoso. Anche nei casi in cui si ottenga una maggior efficienza, in un'economia di libero mercato tale guadagno di efficienza implica un maggiore costo energetico e non minore (è detto il paradosso di Jevons, che Quim ha discusso in dettaglio in un post). In alcuni casi, quando ho segnalato questo problema con l'efficienza, i gestori giustamente hanno sottolineato la necessità di regolare il consumo di risorse, ma senza rendersi conto che l'attuazione di una restrizione legislativa tale è incompatibile con un sistema di libero mercato e che può dar luogo a molti problemi indesiderabili. Per ultimo, riguardo all'incentivazione della ricerca sulle energie rinnovabili, non è meno curiosa tale affermazione, come se non avessimo già investito e ricercato per decenni in tali fonti, come se siccome adesso ne abbiamo bisogno otterremo quello che vogliamo (e questo senza parlare dei limiti di massimo potenziale e di altro tipo che hanno). Ma ciò che mi allarma di più è che la gente che mi sente parlare di crisi energetica ed è consapevole, tende ad incidere sul risparmio energetico e non si rende conto che il suo problema non è energetico, in primo luogo, ma economico. Che differenza fa risparmiare energia (che alla fine consumerà qualcun altro) se il suo problema è che non ha capitale per pagarsi i suoi progetti, per il mantenimento dell'infrastruttura, per preservare l'impiego, per dar da mangiare alla gente... La crisi energetica è solo il sintomo, il problema è più grave e profondo e non è altro che l'insostenibilità di tale sistema economico e produttivo (e quindi finanziario) e per come è impostato. Tentare di agire sulla crisi energetica, il sintomo, è come pretendere di curare un cancro con l'aspirina solo perché al paziente fa male la testa.
  • Eccesso di garantismo: L'altro giorno, giustamente, quando ho cominciato a parlare più seriamente di questi temi ed i miei interlocutori erano disposti ad andare un po' più in là, è sorta una questione che credo a lungo termine sarà una questione chiave: la necessità, in certi momenti, di saltare come un torero la legislazione vigente. Non sto parlando, naturalmente, di trasgredire la legislazione penale né nessun'altra che influisca sulla salute ed il benessere delle persone, ma meramente di quelle amministrative, emerse da un ambiente di ampie risorse dove l'attività è più controllata e regolata e la parsimonia è la norma, il che può essere letale quando il tuo obbiettivo è assicurare cibo alla gente. Non ho potuto sviluppare il mio argomento perché i miei interlocutori si sono allarmati alla mia affermazione iniziale, posto che l'Amministrazione non deve violentare le norme (nonostante che lo faccia molto di frequente ed in materie penalmente più gravi). Tuttavia, penso a cose molto più semplici e banali. Per esempio, è certo che la normativa del Comune X non permette di avere un orto in un terreno abbandonato se non si soddisfano le procedure Y e Z. Bene, si tratta semplicemente di “chiudere un occhio” su questa normativa o anche di revocarla, se così risolviamo un problema più grande, anche se la città diventa un po' meno chic (per esempio nella mia città è proibito stendere il bucato se questo si vede dalla strada e quindi chi ha solo un balcone deve comprarsi un'asciugatrice se vuole evitare di pagare multe in continuazione). Insomma, che risulta conveniente avere un po' di margine per potersi adattare ad una situazione che ancora oggi suona come inimmaginabile e da pazzi, ma che fra non molto sarà il nostro pane quotidiano (che ci daranno ogni giorno).
  • Volontariato male inteso: L'altro giorno la nuova sindaca di Madrid ha fatto un appello perché i cittadini si facessero carico dei servizi in modo volontario (sembra incredibile, ma la notizia è vera). Il che è anche buono, perché uno degli elementi chiave della transizione è il sostegno della comunità. Ciò che dimostra che la signora sindaca non ha capito la sostanza della situazione è la sua affermazione: “mi piacerebbe che per questi spazi pubblici, centri culturali e polisportivi che abbiamo costruito e per i quali non possiamo fare fronte a tutte le le necessità che hanno a causa della crisi, i cittadini di Madrid si coinvolgessero per renderli redditizi". Il grassetto sta nella notizia originale ed è molto opportuno, perché lì sta la chiave dell'errore della signora sindaca, o del subconscio che l'ha tradita facendole dire quello che avrebbe dovuto tacere, ed è che la sua motivazione è la redditività, non il servizio. E 'chiaro che la strada da seguire è quella del coinvolgimento dei cittadini, di fronte a istituzioni che falliscono, anche se per cose più importanti che mantenere un centro polisportivo (il cui mantenimento, come accade sempre in Spagna, non viene considerato come spesa corrente del contraente). Succede che se gli amministrati assumono il ruolo degli amministratori, perché vogliono un'amministrazione? La socializzazione della gestione comporta la perdita di senso del Comune. Anche se molti Comuni potrebbero fallire e siano quindi questi municipi ufficiosi e volontari che esercitano il potere locale reale. In ogni caso questo tipo di “soluzione” non solo non risolve il problema, ma ne crea uno nuovo: quello dell'eliminazione dell'amministrazione locale in via di fatto (il che ricorda la terza frase del “collasso).
Insomma, una collezione curiosa di cattive pratiche per gestire una situazione inedita, quando più che mai c'è la necessità di chiarezza di idee e fermezza d'azione. Ma per la quale, probabilmente, il popolo stesso deve avere le idee chiare e la prima cose è, insisto, capire ciò che sta accadendo (ecco un testo semplice per coloro che ancora non lo capiscono) e di fronte a questo agire da adulti, non da bambini. Ora, tornate a leggere le proposte che abbiamo fatto a suo tempo e fermatevi a pensare se in realtà non sono molto più pratiche di ciò che si sta facendo.

Saluti,
AMT


Traduzione da "The Oil Crash" a cura di Massimiliano Rupalti

domenica 5 febbraio 2012

Neve??? Ma com'è possibile????


Gli scienziati del mondo presi alla sprovvista dalla tempesta di neve


Notizie dell'ultimissimo momento: il riscaldamento globale non lo è! 

"Questa è arrivata adesso: una recente tempesta di neve lascia gli scienziati completamente basiti"

Dr. J. Hansen, NASA. "Che cosa posso dire? Questa non l'avevo vista arrivare. Una tempesta di neve? Non posso argomentare contro una cosa del genere."


Il pannello intergovernativo sul cambiamento climatico ha aperto una sessione di emergenza per rispondere al problema

"Benvenuti, amici scienziati!!"

"NEVE? CHE Cxxxx!?"

"Come è pouto succedere?"
 

"Una vita di ricerca rovinata"
 

"Ordine, ordine!"


Nel frattempo, altri climatologi accolgono le notizie senza scomporsi

"Verrà Luglio, e vi dimenticherete tutti della neve e crederete al nostro imbroglio di nuovo!"

"Wa-ha-ha!"


La prossima settimana: la pioggia in Europa nega la realtà della siccità in Africa



Ripubblicato da "Effetto Cassandra" del Novembre 2010
Fonte dell'immagine

venerdì 3 febbraio 2012

Perché i biocarburanti non sono una buona idea

Traduzione dell'originale in inglese su Cassandra's Legacy di "supervice" da "comedonchisciotte"(con qualche lisciatura dell'autore)



Lo scorso anno ho partecipato a un dibattito pubblico sull'energia con un funzionario di alto livello del governo italiano, un "tecnocrate" se vi piace usare questo termine. Quando ho espresso dubbi forti sui biocarburanti come fonte di energia, la sua reazione è stata aggressiva. Mi ha attaccato personalmente, facendo capire che dovevo essere sul libro paga dell'industria petrolifera, dato che è ovvio che a loro non piacciono i biocarburanti. Poi ha aggiunto che questo fatto era provato dalle asserzioni contro i biocarburanti pronunciate dal ministero saudita del petrolio. Inoltre, ha sostenuto, parlare contro i biocarburanti è un modo di impedire ai poveri del Brasile di usufruire del benessere che la globalizzazione porterà loro non appena il mercato mondiale dei biocarburanti da etanolo sarà liberalizzato (*).

I dibattiti sono sempre un’esperienza formativa, e questo non ha fatto eccezione. Una delle cose che ho imparato è che i tecnocrati non sono altro politici che non devono preoccuparsi troppo del proprio collegio elettorale. Come fanno di solito i politici, nei dibattiti il loro istinto li porta immediatamente all'attacco personale; è una strategia sviluppata alla perfezione da migliaia di anni di dibattiti politici. Il mio oppositore la ha applicata preoccuparsi troppo della contraddizione implicata nell'accusarmi di essere sul libro paga dell'industria petrolifera - pensate che io ho trascorso gli ultimi dieci anni predicando l’arrivo del picco del petrolio!

Un'altra cosa che ho imparato da questo dibattito è come, già oggi, l'industria dei biocarburanti è diventata così grande che è politicamente scorretto parlare in pubblico contro i biocarburanti. Se lo fai, bisogna che ti prepari a essere sotto attacco: questo è quello è successo a me. Se si vuole scampare da questo tipo di attacchi, bisogna essere molto preparati sull’argomento. In questo, si può trovare un grande aiuto leggendo il libro recente "The Biofuel Delusion" di Mario Giampietro e Kozo Mayumi. Se siete incerti sul perché i biocarburanti sono un vero disastro, questo testo ve lo spiegherà sulla base di un'analisi dettagliata, corredata con dati in abbondnaza.

È una sfortuna (davvero, è un scandalo) che questo libro sia così caro; quasi 70 dollari per una copia. Ma se siete coinvolti di un dibattito sull’energia, è un buon investimento.

I biocarburanti sono una questione complessa e Giampietro e Mayumi impiegano quasi 300 pagine per sviscerarla in tutti i suoi aspetti. Il punto principale della loro analisi è basato sui fondamenti della fisica: l'efficienza della fotosintesi è bassa, e per questo sono necessarie molto estese. Se noi pensassimo a un ammontare di biocarburanti comparabile ai bisogni attuali per il trasporto, il bisogno è semplicemente impensabile: non ci sarebbe più spazio per la produzione di cibo. Come affermato semplicemente dagli autori a pagina 128, “la piena sostituzione dell’energia di fossile con gli agro-biocarburanti è impossibile."

Le immense zone che sono necessarie sono solamente uno dei problemi dei biocarburanti. Più in generale, l'agricoltura è una buona tecnologia per produrre cibo, ma è terribilmente costosa per le risorse che richiede. Ha bisogno di terra, acqua, fertilizzanti, insetticidi, lavoro meccanico, tutte risorse che di norma arrivano dai combustibili fossili. Prendendo tutto in considerazione, l'EROEI (Energia Ritornata su Energia Investita) del biocarburante è generalmente molto basso, a meno che l'energia utilizzata derivi da lavoro umano a basso costo, come è nel caso della canna da zucchero brasiliana.

Al di fuori del Brasile, il bisogno di un sussidio di energia che derivi dai combustibili fossili rende i biocarburanti incapaci di adempiere alla loro promessa di essere una tecnologia "sostenibile". Non potranno aiutarci a ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili, e neppure a ridurre le emissioni di gas serra nell'atmosfera.

Ovviamente, la storia dei biocarburanti è più complessa di quanto si possa raccontare in un breve riassunto e Giampietro e Mayumi esaminano l’intero spettro delle possibilità nel loro libro. Ci sono i biocarburanti migliori degli attuali? O, forse, modi di utilizzo della forma attuale dei biocarburanti in un modo più efficace? Sì, certamente; c'è la promessa di una "seconda generazione" di combustibili (etanolo di cellulosa) e la possibilità di coltivare aree marginali, inadatte alla produzione di cibo. Ma i fattori fisici del problema non cambiano molto e, proprio adesso, i biocarburanti e l'agricoltura convenzionale sono già in competizione per la terra e le risorse.Una delle conseguenze potrebbe l’incremento dei prezzi degli alimenti che abbiamo già visto negli anni passati.

Alla fine, cosa ci vogliamo fare con i biocarburanti? Pensiamo realmente che il modo di risolvere i nostri problemi energetici sia quello di una tecnologia inefficiente per sostenere un sistema di trasporto di per sé inefficiente? L'unica spiegazione che posso dare per la così forte enfasi data ai biocarburanti è che, una volta che una cattiva idea è stata perfezionata, inizia a guadagnare forza e poi diviene quasi impossibile da fermare.

A questo punto, vi potreste domandare come è andato a finire il dibattito col mio interlocutore tecnocratico. Beh, sono stato tentato di usare le sue stesse tattiche e accusarlo di essere sul libro paga della lobby dei biocarburanti. Ma non sono un politico e non ci sono riuscito; anche perché avevo visto che non era necessario. Se avete un po' di esperienza nel parlare in pubblico, avete sviluppato anche voi un sesto senso su quello che pensa il pubblico. In questo caso, mi era chiaro: il pubblico era con me, non con il tecnocrate che mi fronteggiava. Non si sono bevuti l'idea che i biocarburanti siano in grado di risolvere il problema dei combustibili nel mondo senza far morire di fame le persone, per non parlare sull'ipotesi che la globalizzazione faccia diventare ricchi i contadini brasiliani. Se ne è reso conto anche lui? Difficile dirlo. Alcuni mesi più tardi, ha ottenuto un posto di livello ancora più alto nel nuovo governo Monti.


* La recente abolizione dei sussidi statali sull’etanolo di mais negli Stati Uniti probabilmente è una buona cosa, ma non mette assolutamente fine ai sussidi statali sui biocarburanti, come si può leggere in un interessante articolo di Mike Sheldon pubblicato su "The Oil Drum". Da notare che l'abolizione dei sussidi arriva insieme all'abolizione dei dazi sull’etanolo importato dal Brasile e questo potrebbe rendere l’etanolo più conveniente! Resta ancora da vedere l’effetto sui contadini brasiliani.

domenica 29 gennaio 2012

Centenario della teoria della deriva dei continenti di Alfred Wegener: l'inizio della scienza dei sistemi della Terra

Traduzione di Massimiliano Rupalti dall'originale su "Cassandra's Legacy"


Alfred Wegener (1880-1930) durante una spedizione scientifica in Groenlandia nel 1912. La sua teoria della “deriva dei continenti”, presentata la prima volta nel gennaio di quell'anno, ha dato inizio ad una rivoluzione scientifica in geologia che ha profondamente influenzato il modo in cui comprendiamo il funzionamento dei sistemi terrestri oggi.


Un secolo fa, nel gennaio 1921, Alfred Wegener ha presentato per la prima volta la sua teoria della “deriva dei continenti” ad un convegno tenuto a Francoforte, in Germania (*). Wegener aveva raccolto dati geologici e paleontologici che davano peso ad una vecchia osservazione, quella cioè, che i margini dei continenti ai lati opposti dell'Oceano Atlantico sembravano corrispondere, come in un gigantesco puzzle. Di conseguenza, Wegener ha proposto che gli attuali continenti fossero attaccati insieme un tempo, ma che siano andati alla deriva e lentamente allontanati l'uno dall'altro per cento milioni di anni. (fonte dell'immagine: J. Floor Anthony)


La storia della teoria della deriva dei continenti abbraccia diversi decenni. Inizialmente rifiutata dalla maggior parte dei geologi, ha gradualmente acquisito consenso fino a diventare la norma negli anni 1950. In seguito è diventata parte di quella che chiamiamo “tettonica a placche”, che è un pilastro di tutto quanto sappiamo della scienza dei sistemi terrestri.

Occasionalmente, la storia travagliata della teoria di Alfred Wegener è stata appropriata in modo perverso dai negazionisti climatici, per sostenere di essere discriminati dalle istituzioni scientifiche. Ma ciò mostra soltanto che i negazionisti climatici non capiscono come funziona la scienza. Tutte le nuove teorie scientifiche sono soggette ad esame attento e quella di Wegener non ha fatto eccezione. La sua accettazione ha avuto bisogno di tempo per diverse ragioni, compreso l'inizio della Prima Guerra Mondiale, subito dopo la sua presentazione. Tuttavia è stato principalmente perché al tempo di Wegener non c'era evidenza che i continenti potessero realmente muoversi e nessuna prova che lo facessero. Quando prove sperimentali soddisfacenti su questo punto sono diventate disponibili, la teoria è stata universalmente accettata. E' vero che il dibattito sulla deriva dei continenti è stato più aspro del consueto, ma non è stato diverso da qualsiasi dibattito scientifico, come potete leggere in dettaglio a
questo link. Wegener stesso inorridirebbe se vedesse il suo nome associato alla “scienza spazzatura” sul clima, come a volte accade (guardate qui, per esempio).

La rilevanza dell'idea della deriva dei continenti di Wegener (e del meccanismo sottostante: la tettonica a placche) non è solo questione di un vecchio dibatto scientifico. E' la base della moderna scienza dei sistemi terrestri che comprendono anche la scienza del clima. La deriva dei continenti è una manifestazione delle forze dinamiche esistenti sulla Terra, nella regione che chiamiamo “mantello”. E' a causa del flusso di materia dalla crosta al mantello e viceversa che il sistema mantiene una concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera sufficiente per consentire la fotosintesi delle piante. Senza la tettonica a placche non potrebbe esserci vita sulla Terra. Infatti Venere e Marte non hanno alcuna tettonica a placche attiva e – a quanto ne sappiamo – nessuna vita organica.
 

Ma la tettonica a placche non conserva solo il biossido di carbonio nell'atmosfera. Ne regola anche la concentrazione e, di conseguenza, la temperatura della superficie della Terra. L'anidride carbonica è un gas serra che agisce come la “manopola del termostato” della Terra. Il meccanismo della tettonica a placche ha lentamente ridotto la sua concentrazione in modo da mantenere una temperatura media costante, nonostante il graduale aumento della radiazione solare attraverso tempi geologici (circa il 10% ogni miliardo di anni). Questa regolazione è lontana dall'essere perfetta: duranti gli Eoni passati la Terra ha visto ere glaciali e periodi molto caldi ma, in media, le temperature sono rimaste entro i confini necessari alla vita per esistere. Sfortunatamente questo meccanismo di regolazione è troppo lento per rimediare alle perturbazioni che stiamo causando oggi al clima con le nostre emissioni di biossido di carbonio. Tuttavia, quello che sappiamo sul meccanismo della tettonica a placche e le sue conseguenze sulla storia passata del nostro pianeta, ci rende più prudenti su quello che stiamo facendo agli ecosistemi. Questa conoscenza risale, in ultima analisi, al lavoro di Alfred Wegener: scienziato e pioniere della scienza dei sistemi della Terra.

Potete leggere quanto fosse moderna la visione della scienza dei sistemi della Terra di Alfred Wegener da
questo estratto dell'UCMP (University of California Museum of Technology):


"Gli scienziati sembrano non capire sufficientemente che la scienza della Terra deve contribuire con prove nella direzione di svelare lo stato del nostro pianeta alle sue origini e quella verità della materia può essere raggiunta solo mettendo insieme tutte queste prove...solo mettendo insieme le informazioni fornite da tutte le scienze della Terra possiamo sperare di determinare la “verità”, vale a dire, trovare il quadro che mostra tutti i fatti conosciuti nella migliore disposizione e che perciò ha il più alto grado di probabilità. Inoltre dobbiamo essere sempre pronti alla possibilità che ogni nuova scoperta, non importa quale scienza la fornisca, modifichi le conclusioni che abbiamo disegnato.”

* Wegener, Alfred (1912). "Die Herausbildung der Grossformen der Erdrinde (Kontinente und Ozeane), auf geophysikalischer Grundlage" (in tedesco). Petermanns Geographische Mitteilungen 63: 185–195, 253–256, 305–309. Presentato all'incontro annuale della German Geological Society, Francoforte sul Meno, 6 gennaio 1912.

venerdì 27 gennaio 2012

Il meteorologo inesistente, ovvero: gli avatar del nulla

L'internet è tutto un acceso dibattito: ma con chi stiamo esattamente dibattendo? Con persone reali o con avatar del nulla?


C'è un interessantissimo articolo di George Monbiot sul Guardian, dove racconta di come ha scuccato un imbroglione sul web. C'era il sito di una ditta specializzata in previsioni meteorologiche, "Positive Weather Solutions" (PWS) che lavorava per svariati quotidiani britannici. Il sito aveva un elenco di svariate persone, con tanto di faccia  nome, che lavoravano per la ditta. Alcuni avevano anche il loro blog personale.

Bene, Monbiot ha fatto una piccola ricerca e ha scoperto che sono tutti meteorologi inesistenti. Foto prese dal web, nomi inventati; insomma degli avatar del nulla.

Gianni Comoretto ha commentato su questa storia:

"Potenza di TinEye. Gli metti dentro la foto di un tuo contatto di Facebook con 'prominenti credenziali' che ti invita a cena e scopri che è contemporaneamente una meteorologa alternativa, una ragazza da appuntamenti ucraina, una modella svedese e una cantante dilettante islandese. Il mondo virtuale deve avere 15 miliardi di abitanti, in multitasking"

Questa storia è interessante perché dimostra cosa sta succedendo nel web: il mondo virtuale si sta espandendo e sta sommergendo il mondo reale.  Nel caso particolare di questa ditta PWS, era solo un imbroglio di bassa lega per far sembrare che una dittarella di una singola persona avesse molti dipendenti. Tuttavia, ci sono dei casi molto peggiori di false identità sul web. Io stesso ne ho scuccato uno in pieno che faceva propaganda anti-rinnovabili (e il perpetratore ha anche confessato!). Però è stato altrettanto ingenuo di questi PWS a farsi scuccare facilmente. Ce ne sono di molto peggiori e più furbi, specialmente fra i negazionisti climatici. Questi non sono per niente facili a identificare con certezza. Monbiot ne ha parlato più volte e io stesso ho pubblicato una serie di post sull'argomento, con il titolo "robot negazionisti" (uno, due e tre). Insomma, bisogna starci attenti, perché su internet non sai mai se quello con cui parli è una persona vera o un avatar del nulla. E la cosa peggiora sempre di più!

(a proposito di meteorologi inesistenti, mi è venuta in mente una cosa: ma i nostri meteorologi, non so, tipo Luca Mercalli o Luca Lombroso, non saranno mica virtuali anche loro? Sarebbe strano, perché mi ricordo di averli incontrati in carne ed ossa più di una volta. Ma, chissà, magari sono degli avatar in 3D!)


L'articolo di Monbiot sul Guardian


Imaginary Friends
January 26, 2012

The weather forecasters used by the Daily Mail and other papers don’t appear to exist.

By George Monbiot, published on the Guardian’s website, 26th January 2012

Earlier this month, I questioned the credentials of the alternative weather forecasters being used by the Daily Mail, the Express, the Telegraph and the Sun. I suggested that their qualifications were inadequate, their methods inscrutable and their results unreliable. I highlighted the work of two of these companies: Exacta Weather and Positive Weather Solutions (PWS).

Now the story has become more interesting: do the people from Positive Weather Solutions, making its forecasts and quoted in news articles, exist?

A sharp-eyed reader has sent me a screenshot he took from the PWS website at the end of last year. As you can see, it shows eight people whom the company lists as its forecasters and experts. (Well, seven and a cup of tea, currently standing in for its chief assistant forecaster). Some of these pictures are of striking young women with, er, prominent credentials. They have, the website claims, been producing PWS’s forecasts and writing its blog posts. They have also been quoted in the Daily Mail.

So who are they? A picture search suggests an impressive range of talents. Take “Serena Skye”, for example, listed by PWS as a “contributing weather forecaster”. She also turns out to be a mail order bride, a hot Russian date and a hot Ukrainean date. How she finds time for it all we can only guess.

“Emma Pearson”, as well as working as PWS’s assistant weather forecaster, also features on 49,800 hairdressing sites, modelling the emo hairstyle. (Emo, m’lud, is said to be a form of music, popular with certain members of the younger generation).

“Kelly Smart” has a remarkably busy life: as an egg donor, a hot date, a sublet property broker in Sweden, a lawyer, an expert on snoring, eyebrow threading, safe sex, green cleaning products, spanking and air purification. Perhaps more pertinently, she’s also a model whose picture is available via a company called istockphoto.

“Charlotte Haines”, another assistant weather forecaster, has achieved rather less in life. She is listed only as a “pretty blonde woman”. But she does have a qualification that might have appealed to Positive Weather Solutions: her photo is labelled “royalty free”.

As well as their pictures, I have looked up the names of these people, alongside search terms such as “weather” and “forecasting”. Beyond the material generated by Positive Weather Solutions, I have so far found no further evidence of their existence. Yet PWS uses them to make its forecasts and write its blog posts. Charlotte Haines PBW, RF* writes a blog for the company called Charlotte’s Web. In it she predicts the weather, talks about her children and discusses her golfing skills. At the bottom of these posts is this disclaimer: “the opinions expressed by Charlotte Haines are not necessarily those of Positive Weather Solutions.” So whose are they?

(*Pretty Blonde Woman, Royalty Free)

Emma Pearson EMO also writes forecasts, using a similar style. Intriguingly, in August last year she claimed that she would be appearing at the Eisteddfod in Wrexham. “Come and say hello! Look for the young lady, that’s me, with a Positive Weather Solutions white t-shirt on!” But look for whom, exactly? The girl with the emo haircut?

Both Charlotte and Emma have been quoted in the Daily Mail and their forecasts have formed the basis of some prominent stories. In April last year, for example, their claims were all that justified an article titled “It’s sunshine all the way as forecasters predict 21c by Grand National weekend”. Citing both women as sources at different points in the report appeared to lend it weight. But are either of them real?

The Mail also used Emma Pearson to predict “a 20 per cent chance of rain for Prince William and Kate Middleton’s wedding at the end of the month.”

I phoned Jonathan Powell, who runs PWS, and asked him who these people are. He told me that a lot of contributors had been assisting his service. The photos

“were put up there just for holding or were avatars of people who were contributing. Or people who wanted to contribute. They came and went.”

He said he removed them from the site in mid-December.

“There was no intention of being misleading. We’re sorry if that was the case. But we’re trying to clean our act up.”

“But using other people’s pictures is a deception isn’t it?”, I asked.

“OK, you’ve got me on that.”

“Does Charlotte Haines exist?”

“Charlotte did.”

“Can I have her contact number?”

“I can fish that out for you no trouble at all. I’ll have to go back to the office to get it.”

“Could I have the other people’s numbers too?”

“OK I’ll get you all the details. No problem.”

Two hours later he sent me an email.

“Quite frankly, the filing system I have is a mess and I cannot put my hands of the information you require. … Your column which was understandably critical of us at Christmas made me face a few things about the company and where it was going, and now as I can’t find anything to back anyone up then quite frankly PWS is now more trouble than its worth and in debt. Therefore, I have taken the decision after 6 years to close the business forthwith.”

I wrote back:

“Thanks for letting me know. You never did use people with those names though, did you? And I’m guessing you wrote Charlotte’s blog and Emma’s forecasts yourself?”

I have not yet heard back from him.

Twenty minutes after Jonathan Powell sent me his email, the following statement appeared on its website:

“It is with regret that because of illness and the current economic climate, PWS has ceased trading.”

Will this make the Daily Mail, the Daily Express and other papers less inclined to use poorly qualified forecasters in the future? If I were Charlotte Haines or Emma Pearson, I might be able to make a firm prediction. But the most I can say is that I doubt it.

www.monbiot.com

martedì 24 gennaio 2012

A che punto siamo con la crisi

Guest post di Antonio Turiel da "The Oil Crash". 
Traduzione di Massimiliano Rupalti






Immagine da scitizen.com




20 Dicembre 2011
di Antonio Turiel


Cari lettori,

Ancora una volta facciamo l'inventario dei fatti rilevanti associati alla crisi energetica, ed al processo di degenerazione economica e sociale ad esso associato, accaduti durante l'anno che sta per finire. Mettendo insieme tutti i fatti si ottiene una prospettiva più chiara di come stanno rapidamente accelerando i problemi e meno rapidamente la presa di coscienza rispetto alle cause ultime dei problemi stessi. Dato che la lista è lunga, passo a riassumerla senza ulteriori indugi:

  • La primavera araba. Le tensioni nel prezzo degli alimenti, già sufficientemente evidenti durante la seconda metà del 2010, si sono acutizzate enormemente all'inizio dell'anno. Una politica malintesa di liberalizzazione dei prezzi ha portato al fatto che in molti paesi del nord Africa e del Medio Oriente il prezzo di molti alimenti di base (olio, farina, zucchero) crescesse di prezzo anche fino al 50%, praticamente dalla sera alla mattina. Ciò, in paesi in cui l'alimentazione rappresenta il 70% del reddito, era semplicemente insostenibile. Il primo paese dove si è verificata un'esplosione sociale è stata la Tunisia, seguita dall'Egitto, dalla Libia, Yemen, Barhein, Siria... In ogni paese la rivolta ha assunto caratteristiche diverse: così, in Tunisia la rivolta è stata principalmente popolare, mentre in Egitto l'esercito ha avuto un ruolo importante nel processo di transizione. In Libia si è scatenata la guerra civile e in Yemen la repressione è durata mesi, ma alla fine il presidente è caduto. Il Barhein è stato occupato dell'Arabia Saudita (e continua ad esserlo, anche se nessuno ne parla) e in Siria la repressione, sempre più violenta, non accenna a fermarsi. La sincronia delle rivolte e la caduta dei regimi autoritari che perduravano da vari decenni, tutti allo stesso tempo, indicano che le cause probabilmente comuni sono più esterne che interne, cosa che rafforza l'idea che il costo della vita insostenibile ha portato molti alla disperazione e alla rivoluzione: sono le rivolte della fame, delle quali abbiamo già parlato. Alcuni paesi hanno riconosciuto il potenziale pericolo ed hanno messo in atto programmi per l'assistenza alla propria popolazione più svantaggiata, come nel caso del Marocco e dell'Arabia Saudita. Nel caso di quest'ultimo paese, i piani di assistenza sociale posti in atto per neutralizzare il malcontento comportano costi finanziari tali che l'Arabia Saudita, principale esportatore mondiale, non può più permettersi che il prezzo di un barile di petrolio scenda al di sotto dei 95$. Questo secondo un' analisi di Paul Horsnell, capo ricercatore sulle materie prime della Barclays Capital. Ma, per contro, sappiamo che il prezzo di un barile di petrolio non dovrebbe superare gli85-90$ per evitare di cadere in una nuova recessione. Quindi non avremo una situazione agevole da ora in avanti e giustamente, ora che l'Europa si ritira dall'Iraq, suonano tamburi di guerra intorno all'Iran. Intanto, i prezzi dei generi alimentari rimangono alti ed i problemi di fornitura non sono stati affatto risolti.

  • La diminuzione di 1Mb/d (milione di barili/g)delle riserve.
    Come mette in evidenza l'ultimo Oil Market Report della Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) da più di un anno e mezzo il mondo sta consumando approssimativamente un milione di barili giornalieri (1 Mb/d) di petrolio in più di quelli che produce (vedere a pag. 55). Ciò è possibile perché si stanno riducendo le riserve industriali (quelle che le imprese conservano per garantirsi le normali operazioni) e quest'estate si è utilizzata anche una piccola parte delle riserve strategiche (quelle che sono conservate dalle nazioni per far fronte a possibili interruzioni nelle forniture). Il problema è precedente alle rivolte in Nord Africa e nel Medio Oriente ed è stato aggravato dalle stesse, specialmente la guerra civile in Libia, che ha comportato la perdita temporanea di 1,5 Mb/d che la Libia esportava (e dei quali per il momento se ne sono recuperati solo 0,6 Mb/d). A parte le violente interruzioni conseguenza delle rivolte, è ovvio che c'è un problema strutturale con la produzione e la fornitura di petrolio, nonostante la presunta capacità di riserva dell'OPEC (i barili che potrebbe produrre in un breve lasso di tempo ma che tengono di riserva per controllare i prezzi): esattamente quando è cominciata la guerra in Libia, era evidente l'incapacità dell'OPEC, in particolare dell'Arabia Saudita, di compensare questo deficit. L'Arabia Saudita ha tentato di camuffare la sua impotenza con dichiarazioni pompose, ma la cosa certa è che i movimenti in quel paese (ne abbiamo discusso nel post "La minaccia saudita") mostrano che stiamo già entrando nel cambio di era.

  • Il disastro di Fukushima.
    Come sapete già, l'11 di Marzo del 2011 un forte terremoto e un successivo tsunami hanno distrutto una buona parte della costa orientale del Giappone. Le vittime dirette di entrambi i disastri sono quasi 16.000, e la distruzione di numerose fabbriche sicuramente sta causando una certa scarsità di elementi di alta tecnologia su scala mondiale. Tuttavia, la maggior parte della gente ricorda principalmente il disastro della centrale nucleare di Fukushima-2 che, come conseguenza del terremoto, lo tsunami e la perdita di raffreddamento hanno portato alla fusione dei nuclei dei tre reattori che erano attivi al momento del sisma. Questo incidente nucleare giunge mentre si cominciavano a spegnere gli echi dell'ultimo incidente di gravità analoga, quello di Cernobyl in Ucrania di 25 anni prima, ed ha riaperto il dibattito sull'opportunità di continuare con l'energia nucleare. La Germania ha deciso di decommissionare immediatamente una parte delle proprie centrali nucleari più vecchie, mentre in altri paesi si annunciano moratorie. Tutto questo porta la IEA a dire, nel suo World Energy Outlook del 2011(di cui abbiamo dato un'eco qui), che non ci sono grandi piani di espansione per l'energia nucleare nel mondo, più che altro c'è una certa tendenza alla contrazione in Europa Occidentale (senza tener conto del picco di produzione dell'uranio, del quale la IEA sembra essere ancora meno consapevole che di quello del petrolio). Tutto questo aumenterà la pressione sulle altre materie prime energetiche, specialmente in Giappone.

  • Rapporto HSBC.
    Il 22 Marzo del 2011 la banca di investimenti HSBC (la decima al mondo per dimensione) fece uscire il suo rapporto "Energía nel 2050: le restrizioni di accesso al combustibile pregiudicheranno le notre proiezioni di crescita?" (in inglese). Il rapporto è abbastanza Business As Usual (BAU), ma conclude che c'è una tendenza reale all'aumento dei prezzi del petrolio e che ciò presuppone un rischio per la stabilità economica mondiale.
 




 


  • Joan Puigcercós. 
    Poco prima di lasciare la presidenza della Sinistra Repubblicana di Catalogna, Joan Piugcercòs è stato intervistato, nel marzo di quest'anno, in un programma di grande audience (in Catalogna) della rete catalana TV3. In questo programma (quí il link al vídeo) parla col presentatore di Peak Oil e delle sue gravi conseguenze per l'economia (fino al minuto 33). Un piccolo passo in più verso il riconoscimento del problema per la Spagna.

  • François Fillon. 
    Il primo ministro francese ha riconosciuto, il 5 aprile scorso davanti all'Assemblea Nazionale francese, che “la produzione di petrolio può solo diminuire”, come riferisce Crisis Energética (blog di Aspo-Spain). Niente pare essere dato per scontato a queste latitudini, nonostante nel paese d'oltralpe ci sia un certo dibattito (peraltro abbastanza ben smorzato).
    .

  • Jeremy Grantham.
    Il cofondatore di GMO, uno dei fondi d'investimento più grandi del mondo, ed autentico “squalo” di Wall Street, si è fatto un bel bagno di realtà quest'anno. Nella sua lettera trimestrale agli investitori del mese di Aprile li ha introdotti al concetto di “Peak Everything” o la Grande Scarsità, come ha commentato Juan Carlos Barba da questo stesso blog. Nella lettera di Luglio ha abbondato ancora di più riguardo ai concetti di limiti della crescita e sulla necessità di cambiare filosofia di investimento (anche questo è stato commentato, più brevemente, su questo blog). La lettera trimestrale che avrebbe dovuto uscire ad Ottobre è stata posticipata ed è appena uscita: la newsletter più breve mai scritta (da lui, è sottinteso). Nota: il link sarà in funzione fino alla pubblicazione seguente, dopo di che dovrete registrarvi al sito del GMO (è gratuito) per poter continuare ad accedervi.

  • Congresso di Barbastro.
    Nel Maggio di quest'anno si è celebrato il Primo Congresso Internazionale "Picco del petrolio: realtà o finzione?" a Barbastro. Non è la prima conferenza tematica di livello internazionale sul tema in Spagna (c'è stato anche il convegno ASPO del 2008 a Barcellona), ma era un buon momento per tastare il polso della consapevolezza nazionale sul problema...che è poca. Il congresso ha tenuto un livello molto buono, con presentazioni molto interessanti. Potete trovare una descrizione dettagliata dello stesso nel post "Barbastro nello specchietto retrovisore" ed anche in un artícolo di Crisis Energética.

  • Los indignados (gli indignati). 

    Con sorpresa di tutti, una manifestazione di protesta convocata da un incombente movimento cittadino, il 15M (che prende il nome dalla data di convocazione della prima manifestazione il 15 Maggio 2011) riesce ad aggregare qualcosa di diffuso ed esteso, la sensazione di rabbia nella società contro il progressivo processo di esclusione sociale al quale ci vediamo sottomessi (primi segni della temuta Grande Esclusione, probabilmente). La convocazione è un successo e nelle principali capitali spagnole scendono varie migliaia di persone che protestano contro i tagli e la regressione nel benessere sociale, contro l'usura delle ipoteche e le magre prospettive di lavoro. Alla Porta del Sole di Madrid, alcuni dei manifestanti, probabilmente ubriachi dell'emozione di verificare la buona risposta della città alla convocazione e con la voglia di andare oltre, di fare qualcosa di più, decidono di non muoversi dal posto e campeggiare lì, nel luogo più emblematico della Spagna, il punto da cui partono tutte le strade spagnole, il Chilometro Zero. Le autorità li tollerano un paio di giorni, ma il lunedì notte la polizia municipale di Madrid sgombera in malo modo le poche decine di persone accampate. Tempismo sbagliato: la stessa notte una moltitudine di 10.000 persone si ammassa nella piazza ed in altre città si verificano reazioni simili. Il movimento diventa conosciuto come quello degli indignati (prendendo probabilmente spunto dal piccolo libro di Stéphane Hessel). L'occupazione delle piazze ha avuto una recrudescenza quando a Barcellona la polizía tentò di sgomberare la Piazza di Catalogna con grande forza, e, a partire da quel momento, il movimento ha languito per poi isolarsi nelle assemblee di quartiere (nelle quali temo partecipi meno gente, quella più impegnata). Ma sono ancora lì come una catasta di legna in attesa di una nuova scintilla. E' quello che temono i politici tradizionali e che potrebbe essere la nostra ultima speranza.
 


  • Rivolte a Londra. 
    All'inizio di Agosto alcune proteste inizialmente pacifiche per la morte, a causa di colpi d'arma da fuoco (provenienti dalla polizia), di un piccolo criminale sono degenerati, dopo alcuni scontri iniziali con la polizia, nelle agitazioni più importanti, a Londra e nelle altre grandi città inglesi, degli ultimi decenni. Le agitazioni hanno potuto essere soffocate solo grazie ad un gran dispiego di forze di polizia per le strade, dopo una grande distruzione di proprietà e saccheggi generalizzati e si sono concluse con più di 3.000 arresti. Sulle cause di tale esplosione su scala tanto grande, gli esperti indicano la disillusione per le scarse prospettive di futuro in un paese dove le grandi regalie del petrolio stanno cessando ma hanno permesso di dare sussidi a tre generazioni di disoccupati sotto lo stesso tetto. Il maggior timore è che di fronte ad una nuova onda recessiva queste rivolte si ripropongano, aggravate.
  

  • Peter Voser. 
     L'amministratore delegato della Shell, Peter Voser, in un'intervista al Financial Times il 21 di settembre, ha ammesso che i pozzi di petrolio attualmente in produzione declinano ad un ritmo medio del 5% annuo e che nei prossimi dieci anni servirebbe mettere in produzione (non semplicemente trovare le riserve) l'equivalente di 4 Arabie Saudite, circa 36 Mb/d, semplicemente per mantenerci al livello di produzione attuale (che, come sappiamo, ci porta ad una crisi senza fine). Un'impresa tale è semplicemente impossibile. Ovviamente si metteranno in produzione nuovi pozzi ma non potranno compensare completamente questo declino, quindi è chiaro che, se è vero quello che dice il Sig. Voser, durante i prossimi anni vedremo cambiamenti radicali nelle nostre vite.

  • Occupy Wall Street. 
    Da certi movimenti iniziali di malcontento in Febbraio a Madison contro le politiche radicali del governatore del Wisconsin, il movimento di protesta di strada negli Stati Uniti è andato via via prendendo impulso e in settembre il movimento assume una dimensione completamente diversa con il marchio “Occupa Wall Street”. La classe media si sente sempre più indifesa, spossessata ed in pericolo e comincia a mostrare una certa reazione. Come in Spagna, il movimento è minoritario ma si percepisce che l'appoggio popolare è abbastanza ampio. Con maggiore o minore eco, le proteste si riproducono in tutto il mondo occidentale, dal Giappone alla Russia, recentemente Francia, Italia, Grecia ovviamente, ecc, e forse di minore entità, al momento, in Germania.

  • Colpi di Stato in Grecia ed Italia. 
    Durante tutto l'anno i problemi finanziari dei paesi periferici dell'Europa non hanno fatto che aggravarsi: l'anno scorso è stato necessario “salvare” la Grecia e l'Irlanda; quest'anno Portogallo e Italia e la Spagna è sull'orlo di esserlo (quello del “salvataggio”, lo abbiamo già spiegato, è mero sarcasmo). Con una grande contestazione di piazza, manifestazioni e disordini continui quasi ogni giorno per protestare contro le misure di austerità e tagli che sono aumentati, il primo ministro greco Yorgos Papandreu, il 30 ottobre, ha annunciato che avrebbe convocato un referendum per dare al popolo greco l'opportunità di esprimere se è d'accordo con il pacchetto di misure di austerità che il loro Governo vorrebbe applicare. I mercati reagiscono molto male a tale annuncio e in meno di una settimana Papandreu ha lasciato la guida del Governo greco e dall'Europa – è tutto dire – veniva imposto un governo di coalizione fra i due grandi partiti (di segno opposto) e condotto da Lucas Papademos, ex-Goldman Sachs e col profilo del tecnocrate. Non passa nemmeno una settimana che il gran prestigiatore, il maestro dell'elusione, il primo ministro italiano Silvio Berlusconi viene spinto a dimettersi, dal momento che l'Italia ha avuto bisogno dell'aiuto deciso dell'Unione Europea. Il nuovo primo ministro, Mario Monti, dal profilo accademico e tecnocratico, è un altro ex-Goldman Sachs. Il messaggio non può essere più chiaro: la democrazia è alla portata solo (almeno nominalmente) di coloro che se la possono pagare. Come se ci fosse qualche dubbio.

  • WEO (World Energy Outlook) 2011. 
    Abbiamo già commentato qui il difficile puzzle rappresentato dall'ultimo rapporto annuale della IEA. In mezzo ad avvertimenti minacciosi sul fatto che non ci basti il tempo per far fronte al pericolo dei cambiamenti climatici, il WEO del 2011 ci mostra uno scenario di stagnazione della produzione di petrolio convenzionale con tendenza al ribasso e combinato con cinque casi di studio, cinque “sottoscenari nello scenario”, quattro dei quali con possibilità inquietanti per il futuro. E soprattutto gli investimenti necessari da effettuare nei prossimi anni nel settore energetico sono, a dire della stessa IEA, grandiosi: 38 miliardi di dollari in 25 anni.
  • Scarsità mondiale di diesel. 
    Mentre sto scrivendo, il mondo si trova sotto l'effetto di una intensa crisi di scarsità, già reale, di diesel. C'è probabilmente scarsità di prodotti da raffinazione dovuta al fatto che una parte dei petroli non convenzionali, coi quali si supplisce alla caduta della produzione del petrolio convenzionale, non sono adatti per produrre il diesel in modo competitivo. E' solo questione di tempo e questa crisi, che condiziona tutti i paesi fuorché l'Europa ed il Nord America, finirà per arrivare anche lì. Dato che una parte considerevole del parco dei veicoli privati e tutto il trasporto ed i macchinari sono diesel, la sua mancanza potrebbe provocare problemi a cascata di una certa importanza.

  • Rapida degenerazione della condizione finanziaria europea.
    Tutti questi eventi avvengono sotto il segno di un degrado accelerato delle condizioni di finanziamento del debito pubblico nell'Unione Europea, di fronte alle quali i leader politici sono incapaci di trovare una soluzione e prendono solo misure destinate a ridurre il debito. La domanda che aleggia ora è quando cadrà la Spagna ed avrà bisogno di essere salvata.


Saluti,
AMT