domenica 30 gennaio 2011

Gli errori di Al Gore: messaggio e messaggero nella comunicazione sul riscaldamento globale

Al Gore è grasso, Al Gore va in aereo, Al Gore consuma energia. Argomenti ripetuti fino alla nausea dai contraristi ma che sono un'indicazione che Al Gore ha sbagliato qualcosa di importante nel presentare la sua immagine nel dibattito in corso. (fonte)


Anni fa, mi ricordo che mio zio mi disse, "Io voto per Berlusconi; se è diventato ricco lui, vedrai che ci farà diventare ricchi anche noi".

Potete essere daccordo o no con mio zio, ma non si può negare che lui aveva percepito correttamente il messaggio che Berlusconi stava dando - e tuttora sta dando - al pubblico.

Berlusconi ha capito benissimo che il messaggero è parte integrante del messaggio. Il suo presentarsi come avvolto nel lusso e la sua pretesa prestanza sessuale sono parte integrante del suo messaggio. Ed è proprio il messaggio che aveva capito mio zio: "se io sono ricco, potente e ho tante donne" ci comunica Berlusconi, "lo potete essere anche voi".

La coerenza fra messaggio e messaggero è una delle ragioni del successo di Berlusconi. Certo, con le donne, sembra che ultimamente abbia esagerato, e non di poco. Ma il fatto che non ci siano reazioni contrarie particolarmente forti nell'opinione pubblica indica che, nel complesso, la sua strategia continua a funzionare.

Berlusconi non è l'unico che ha capito come gestire la propria immagine. In effetti, una delle strategie più efficaci nella comunicazione per il comunicatore è di immedesimarsi nel messaggio. Ci ricordiamo di George Bush Jr. che è apparso vestito da pilota da caccia su una portaerei per dare il suo messaggio di "missione compiuta" in Iraq. Bush guerriero è forse anche più improbabile di Berlusconi stallone (perlomeno, non puoi comprare in farmacia delle pillole che ti fanno diventare pilota da caccia). Ma anche Bush tendeva a dare un'immagine coerente con la sua politica di potenza militare. In politica, è l'immagine che conta, non la sostanza. Qui, il successo per Bush è stato di breve durata, ma indubbiamente c'è stato.

Ci sono molti altri esempi di leader la cui immagine è coerente con la loro politica - anzi, questa è un requisito cruciale per poter essere un leader. Non è necessario dare un'immagine di grande potenza sessuale o militare. Gandhi, per esempio, con la sua magrezza e il suo lenzuolo di lino addosso dava esattamente l'immagine che voleva dare quando chiedeva sacrifici al popolo indiano. A ognuno la sua immagine. Sarebbe stato sbagliatissimo per Gandhi presentarsi circondato da ragazzine in minigonna, così come per Berlusconi lo sarebbe presentarsi vestito soltanto di un lenzuolo di lino.

Ora, il punto che vorrei discutere qui è la comunicazione di un messaggio che è vitale per la nostra stessa sopravvivenza. Questo messaggio è quello della realtà del cambiamento climatico causato dall'uomo e dalla necessità impellente di prendere provvedimenti per ridurne gli effetti negativi.

Abbiamo detto che messaggio e il messaggero sono strettamente correlati. Qui, ci rendiamo conto che quello che è forse il messaggero principale sulla questione del riscaldamento globale, Al Gore, ha fatto dei gravi errori. Non è riuscito a dare un'immagine di se coerente con il messaggio che cercava di dare.

Quello sul riscaldamento globale è un messaggio che parla di sacrifici. Per quanto si possa indorare la pillola, questa cosa non la puoi ignorare. E, allora, ci voleva un'immagine appropriata. Non che Al Gore si sarebbe dovuto presentare vestito solo di un lenzuolo di lino come Gandhi, ma certamente ha trascurato il problema. Il fatto di essere grasso, di avere estese proprietà, di non negarsi niente di quello che i ricchi possono avere (incluso divorziare dalla moglie per una donna più giovane) - sono tutte cose poco coerenti con il messaggio della necessità di sacrifici. Su questo punto, le forze dell'anti-scienza hanno potuto montare facilmente una campagna aggressiva di denigrazione che è risultata piuttosto efficace.

Il problema si pone anche per quelli che sono i tipici messaggeri del cambiamento climatico: gli scienziati. Se ci pensate sopra, vedrete subito che il tipo di immagine che danno di se gli scienziati non è adatto a parlare di sacrifici. Lo scienziato, nella comune visione, è una figura benevola e anziana, tipo Einstein o il suo alter-ego filmico, Doc Emmett Brown di "Ritorno al Futuro". In questa immagine, lo scienziato viene fuori come il "nonno buono" che ti porta al negozio di giocattoli e ti compra quello che vuoi. Così, lo scienziato nel suo laboratorio inventa tutti quei bei giocattoli che ci piacciono tanto: telefonini, tv a grande schermo, videogames, e tutto il resto. E' la figura di Babbo Natale - che poi in pratica è più un nonno che un padre (e, infatti, in Russia, Babbo Natale viene chiamato "Nonno Gelo").

Se a tutto questo si aggiunge che lo scienziato in media trascura completamente il problema della comunicazione, convinto che basti "far parlare i fatti," allora vediamo che non ci siamo proprio. Non c'è troppo da stupirsi della reazione rabbiosa, addirittura violenta, che si è scatenata quando gli scienziati hanno cercato di dire alla gente che erano necessari dei sacrifici per fronteggiare il riscaldamento globale. E' un'incoerenza di presentazione; uno scollamento fra messaggio e messaggero. E' come per dei bambini prendersi uno scappellotto dal nonno: non si fa, non è nel personaggio. E' come se Babbo Natale portasse veramente il carbone: in pratica non succede mai.

Quindi, dobbiamo ragionare su queste cose; è vitale. Dobbiamo capire che con il messaggio che stiamo cercando di dare non possiamo più presentarci come dei piccoli Babbo Natale o - peggio - come dei nerd che bisogna lasciare in pace, tanto sanno loro cosa fare.

Curiosamente, quale immagine dobbiamo prendere ce lo fa vedere proprio Al Gore. Nel suo film "una scomoda verità" aveva fatto tutto bene; incluso scegliere il modo di presentarsi. Se ci pensate sopra, il momento più bello e più toccante del film è quando Al Gore ci racconta della sua famiglia; di quando si era preoccupato che suo figlio potesse morire. Ne viene fuori un'immagine sincera di una persona preoccupata. E' la figura del padre. 

Siamo arrivati al nocciolo della faccenda: chi è che ti può chiedere dei sacrifici nella tua vita? Tipicamente è tuo padre. E' una persona che non può agire altrimenti che per il tuo bene e che, proprio per questo, ti può chiedere - e anche ordinare - di non fare delle cose che tu invece vorresti fare; dal rubare la marmellata al mangiarti la torta alla crema tutta intera.

Il buon genitore è una figura nella quale hai fiducia e proprio per questo accetti da questa figura anche dei rimbrotti o delle richieste di sacrifici. Pensate a una cosa: nella vita, chi è che vi può parlare di cose brutte come la morte, la sventura e il dolore? Tipicamente, è un religioso. E come lo chiamate un religioso, un prete o un frate? Lo chiamate Padre. Anche se non siete religiosi, sarete daccordo sul fatto che la Chiesa Cattolica in 2000 anni certe cose le ha imparate.

Ne consegue che chi vuole comunicare sull'argomento del cambiamento climatico, deve cercare di assumere un ruolo adatto. Non deve necessariamente assumere il ruolo del padre, ma comunque quello di una persona di fiducia che ti può dare un consiglio disinteressato - per il tuo bene.

Ovviamente, bisogna evitare di scivolare nel paternalismo: se uno vuol prendere un ruolo del genere, non lo può pretendere; deve meritarselo. Ovvero, deve meritarsi la fiducia dei suoi interlocutori. Non è soltanto una questione di immagine ma anche - e soprattutto -  di sostanza. Non siamo politici che controllano i media e anche se lo potessimo fare non sarebbe giusto farlo. Il modo migliore per avere fiducia da chi ti circonda è di essere una persona alla quale si  può dare fiducia.

Su questo punto, io credo che gli scienziati abbiano fatto l'errore di non apparire per quello che veramente sono - ovvero quasi sempre persone oneste, dedicate al loro lavoro, entusiaste di quello che fanno e che fanno per compensi finanziari modestissimi. Pensate a Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC. E' stato oggetto di un'infame campagna di denigrazione ma, a una verifica, ne è venuta fuori una persona ammirevole e di specchiata onestà. L'errore di Pachauri, tuttavia, è stato di essere soltanto una persona onesta e di non preoccuparsi a sufficienza anche di apparire come tale. Lui e moltissimi scienziati sono persone perfettamente adeguate al ruolo di figura di riferimento alla quale si può dare fiducia.

Si tratta allora di cominciare a pensare in questi termini. Tutti quelli di noi (anche se non sono scienziati) che si sentono addosso la responsabilità di salvare gli umani da loro stessi, devono pensare a presentarsi in modo adeguato. Vuol dire prima di tutto essere persone serie nel senso di sapere di cosa si parla, vuol dire lavorare seriamente e con impegno. Vuol dire agire in modo coerente con il messaggio. Non vuol dire andare in giro vestiti con un lenzuolo come Ghandi, ma dobbiamo mettere in pratica le cose che diciamo agli altri. Per esempio, se diciamo che bisogna emettere meno carbonio, non dobbiamo e non possiamo presentarci in giro con la SUV.

Io credo che queste cose tutti noi più o meno le stiamo facendo, ma dobbiamo fare di più per farlo sapere e dobbiamo comportarci in modo consistente. Anche nei dibattiti, è questione di acquisire un certo "stile". Alle volte, ti trovi di fronte a persone che si comportano come dei bambini che fanno le bizze. Con questi, non è necessario essere aggressivi, ma devi riconoscerli per quello che sono. Un bambino che ha una bizza può fare un gran rumore, ma un padre o una madre che gli vogliono veramente bene non gli daranno ragione per questo.

sabato 29 gennaio 2011

mercoledì 26 gennaio 2011

Il "Rapporto Montford:" sono veramente alla frutta


Arriva in questi giorni la traduzione in italiano del cosiddetto "Rapporto Montford." Roba vecchia e stantia già quando era apparsa in inglese, cinque mesi fa, ancora più stantia oggi. E' un'ulteriore disamina del cosiddetto "scandalo Climategate;" come se non ce ne fossero state abbastanza. Mentre la scienza avanza e scopre sempre cose nuove, questi non trovano di meglio che frugare in messaggi vecchi di dieci anni cercando di trovarci la "prova" di un complotto o di chi sa quali imbrogli.

Non hanno trovato nulla e il rapporto Montford non contiene niente che non si sapesse prima. Questa non è scienza, è propaganda politica generata da una fondazione ("Global Warming Policy Foundation") che è politica in origine e che non comprende fra i suoi membri nessuno degli scienziati impegnati nella ricerca climatologica moderna.

Insomma, i diversamente esperti di clima sono veramente alla frutta per ridursi a a non aver niente di meglio da proporre a supporto delle loro tesi. Con gli ultimi dati che indicano un'accellerazione del problema climatico e il fatto che il 2010 sia risultato l'anno più caldo nella storia delle misure di temperatura globale, sarebbe il caso di dedicarsi a qualcosa di più serio.

Comunque, ecco a voi il comunicato in proposito, con il link al rapporto completo. E' pura fuffa, ma vi può incuriosire darci un'occhiata.


Torino - Cosa significa realmente il climategate? Le principali indagini hanno scagionato gli scienziati dell'Università della East Anglia, ma un nuovo rapporto legge tra le righe dei relativi risultati e trova le conferme di alcuni sospetti sulla non imparzialità delle indagini stesse. Il rapporto, condotto da Andrew Montford e pubblicato dalla Global Warming Policy Foundation, è ora disponibile in italiano grazie all'Istituto Bruno Leoni. Il rapporto, preceduto da una prefazione di Maurizio Morabito significativamente intitolata "l'autodistruzione della climatologia", rintraccia i limiti delle maggiori indagini condotte sulle mail dei climatologi. Esse, scrive nell'introduzione Lord Turnbull, "non sono riuscite a raggiungere i loro obiettivi, che prevedevano una conclusione rapida e definitivail ripristino di un livello di fiducia adeguato da parte del pubblico. Le relazioni ricordano più il rapporto Widgery (che esonerò nel 1972 le truppe britanniche dall'accusa di aver sparato su civili inermi a Belfast nella strage del "Bloody Sunday", offendendo i civili definiti come "terroristi dell'Ira armata") che il rapporto Saville (che ha rovesciato le conclusioni di Widgery alcune settimane fa). Scrivendo in un articolo sul periodico The Atlantic, Clive Crook del Financial Times ha parlato di "un ethos da pensiero di gruppo soffocante", di cui fanno parte sia i membri delle Commissioni sia gli scienziati coinvolti, come Andrew Montford ha scoperto".

Il rapporto di Andrew Montford, "L'inchiesta sul climategate", è liberamente scaricabile qui:

http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Papers/Climategate-GWPF-Report-ITA.pdf

lunedì 24 gennaio 2011

Mai mettersi in una situazione senza uscita


Il capitano Kirk, interpretato da William Shatner nella prima serie di Star Trek. Una delle frasi ben note del personaggio è "non mi metto mai in una situazione senza uscita" ("I never put myself in a no-win situation"). La saggezza, alle volte, viene da fonti inaspettate. 


Nella vita, ti capita a volte di dover rinunciare a qualche idea che ti era parsa buona al principio. A me è capitato, per esempio, nel caso dell'idrogeno come carburante per veicoli: Inizialmente avevo abbracciato con entusiasmo il concetto, ma poi mi sono accorto che era una sciocchezza, perlomeno nel modo in cui viene proposta comunemente. Quando l'ho detto pubblicamente, qualcuno mi ha dato di voltagabbana, qualcun'altro mi ha sparato addosso una raffica di insulti - ma mi sembrava giusto dirlo e l'ho fatto.

Ci vuole un certo coraggio per ammettere i propri errori, ma il consiglio del capitano Kirk è quello giusto: non ti mettere mai in una situazione senza uscita. Questo vuol dire che non c'è infamia nel cambiare idea quando ti accorgi di aver avuto torto. Ma lo devi fare appena te ne accorgi. Se invece insisti, ti troverai in una situazione senza uscita. Allora, se non hai più argomenti non ti restano che gli insulti.

Questa è la situazione di molti pseudo-scettici climatici. Credo di potermi immaginare di come hanno cominciato. Inizialmente, sembrava un gioco; era una cosa divertente prendere in giro quei pomposi scienziati. Era un piacere lanciare battute cattive verso quei nerd che si erano fatti trovare con le mani nella marmellata a dir male dei colleghi e a parlare di "nascondere il declino". Ed era facile prendersela con quegli ambientalisti del piffero, verdi fuori e rossi dentro. Tutto questo ti dava una certa notorietà, ti portava lettori al blog e poi, chissà, avrebbe potuto portare anche più lontano.

E poi, invece, ti accorgi che non è un gioco. Ti accorgi che hai di fronte degli scienziati veri e che tu sei solo un dilettante. Ti accorgi che sei un meccanico di biciclette che ha cercato di insegnare agli ingegneri della Boeing come progettare un 747. Ti accorgi che tutte le tue argomentazioni sono state demolite una per una. Che il pianeta si scalda veramente. Che ci stanno arrivando addosso una serie di disastri climatici, uno dopo l'altro e che è colpa nostra. Che siamo di fronte a un rischio serio, grave, imminente, per tutti noi e per i nostri figli.

E allora? E allora sei in una situazione senza uscita e se non hai il coraggio di cambiare idea, non ti restano che gli insulti.

Qui di seguito, vi passo un esempio di un testo di uno pseudo-scettico climatico ridotto allo stremo: senza più argomenti non gli restano che insulti. Credo non abbia bisogno di commenti. (Ma vedi anche questo post di Sylvie Coyaud)

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http://www.climatemonitor.it/?p=15369


Sciacalli, avvoltoi, allodole ed altro bestiario climatico

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  1. Sciacalli climatici: figure tipiche dell’attivismo cambioclimatista estremo: dicesi di coloro che passano il loro tempo a cercare notizie di disgrazie altrui di carattere meteorologico. Spesso non riescono a contenere la gioia quando migliaia sono vittime di alluvioni o uragani. Avendo suscitato ribrezzo fra chi abbia il dispiacere di ascoltarli, si ritirano in gruppi ristretti di persone che la pensano allo stesso modo.
  2. Avvoltoi climatici: figure tipiche della leadership dell’attivismo cambioclimatista estremo: dicesi di coloro che nutrono le loro fissazioni sociopolitiche con le summentovate disgrazie, escogitano elucubrazioni sempre più’ complicate “dimostrando” come abbiano avuto ragione fin dall’inizio. Spesso non riescono a contenere la gioia quando migliaia sono vittime di alluvioni o uragani. Politicamente si ritengono efficaci dato il largo seguito fra le elite radical-chic, ma non si accorgono che proprio la loro azione estremamente polarizzante impedisce che dalle parole si passi all’azione.
  3. Allodole climatiche: figure tipiche del giornalismo cambioclimaconformista: dicesi di coloro che ripetono ogni informazione passata loro “dagli scienziati”, senza mostrare alcuno spirito critico e bevendosele praticamente tutte (a patto, naturalmente, che si tratti di notizie compatibili con catastrofi prossime venture). Sono invidiati da tutti perché nel loro mondo ci sono “buoni” e “cattivi”, e nient’altro. Hanno successo nei media perché’ raccontare scenari catastrofici paga (un tanto ad articolo), ma per lo stesso motivo non riescono a convincere i titillati lettori a passare alla pratica.
  4. Cani climatici: figure tipiche della scienza cambioclimatista che gioca alla politica: dicesi di coloro che, dopo aver studiato e faticato per anni per specializzarsi nel loro ramo, improvvisamente quando si parla di clima diventano esperti in politica, prescrivendo questa o quella soluzione e/o inserendo considerazioni inopportune e ingiustificate nei loro articoli scientifici, abstract inclusi. Molto popolari fra gli “scettici” perché fonte inesauribile di umorismo involontario, sono politicamente inefficaci: rimangono inascoltati perché e’ difficile insegnare al ciabattino come riparare le scarpe.
  5. Iene climatiche: figure tipiche del cambioclimatismo internettiano: dicesi di coloro che, pur simili agli sciacalli, si coalizzano in branchi determinati a isolare e virtualmente eliminare chi la pensi diversamente. Fanno di ogni erba un fascio, e di ogni domanda una lesa maestà finanziata dai fratelli Koch. Ottimi interlocutori per consolidare la propria conoscenza dei vituperi più diffusi, non riescono a capire che se devono ritornare sempre sugli stessi argomenti sarà pure perché quelli sono puntualmente poco convincenti.
  6. Camaleonti climatici: figure tipiche degli scienziati/opinionisti con conoscenze di climatologia: dicesi di coloro che riescono a spiegare come la siccità’, l’alluvione, il tempo sereno e la pioggia che capitino in una stessa regione siano tutte prove della gravità dei cambiamenti climatici di origine antropogenica. Molto popolari tra le allodole climatiche, reagiscono in maniera particolarmente violenta le poche volte che capiscono che le solite storielline non convincono altri che i già-convertiti.
  7. Bradipi climatici: figure tipiche degli scienziati/opinionisti senza conoscenze di climatologia: dicesi di coloro che non si accorgono che la scienza va avanti, e che ci sono nuove teorie, nuove osservazioni, nuove analisi, e invece scrivono tutti gli anni, non necessariamente a Ferragosto, la solita solfa fritta e rifritta. Ottimi per riempire trasmissioni radiofoniche e pagine di giornali, non riescono mai ad essere citati a più di 18 ore dalla loro comunicazione al mondo.
  8. Vermi climatici: figure tipiche del blogging cambioclimatista semiprofessionale: dicesi di coloro che, avendo proclamato l’urgenza dell’azione contro il riscaldamento climatico, gigioneggiano invece in assurde analisi psicologiche dei visitatori al loro sito, cercando di spargere il fango di cui evidentemente si nutrono. Sono salvati da ulteriori imbarazzi dal fatto che gli anziani genitori non passano di solito il loro tempo a leggere i blog dei figli. Influenza nel discorso climatico, zero su zero, visto che non hanno letteralmente niente da contribuire.
  9. Sanguisughe climatiche: figure tipiche della ricerca cambioclimatista: dicesi di coloro che, avendo capito l’antifona, riescono ad agganciarsi al treno delle cornucopie, specie se comunitarie, ottenendo misteriosamente contributi di diversi milioni di euro per progetti misteriosamente senza alcun dettaglio pubblico, su internet o altrove. Si considerano particolarmente influenti, anche se devono impegnarsi a fondo per nascondere ai loro potenti amici l’assenza di risultati concreti.
  10. Ricci climatici: figure tipiche del blogging cambioclimatista semiamatoriale: dicesi di coloro che si gingillano con l’onanismo mentale piu’ sfrenato, e di fronte all’esistenza di persone che non li adulano e non li adorano, sognano di avere la capacita’ di chiudersi dentro un magico campo di forza all’interno del quale scorrano latte e miele.
  11. Maiali climatici: figure tipiche del cambioclimatismo nongovernativo: dicesi di coloro che pianificano la raccolta fondi in base al tema della successiva megaconferenza internazionale ONU, nel senso di escogitare nuovi schemi per presentare i loro obiettivi come fondamentali riguardo la megaconferenza medesima. Avendo perso di vista l’obiettivo iniziale (aiutare chi ha bisogno, invece che raccogliere soldi) corrono continuamente il rischio di concentrare le varie organizzazioni sulla loro sopravvivenza come organizzazioni sempre più’ grandi e sempre meno efficaci.

domenica 23 gennaio 2011

Cambiamento climatico: paleontologi e picchisti a confronto.


Da sinistra a destra, Michael Benton, Telmo Pievani e Peter Ward al convegno "La Fine del Mondo" al festival delle scienze del 2011 a Roma. 


Sono di ritorno dal festival delle scienze di Roma - è stata una cosa un po' faticosa, ma ne valeva la pena. Ho parlato di picco del petrolio insieme a Kjell Aleklett, presidente di ASPO. Ma credo che la conferenza di Micheal Benton e Peter Ward sia stata più interessante della nostra.

Benton e Ward sono due grandi della paleontologia mondiale. Entrambi sono oratori favolosi. Quando cominci a sentirli, non ti stacchi più. Qualcosa di quello che hanno detto lo trovate in due post precedenti su "Cassandra," basati in buona parte sui lor testi. Il discorso di Benton è stato più che altro sulle estinzioni del passato, e ne trovate una versione molto simile qui. Ward ha parlato dell'evoluzione futura del pianeta, è molto di quello che ha detto lo trovate qui.

Una cosa è leggere quello che una persona pubblica, un'altra è parlargli di persona a cena. E, in effetti, Ward e Benton si rivelano persone affascinanti e di grandissima cultura. E' stato curioso questo confronto fra  paleontologi e picchisti (c'era anche Kjell Aleklett a tavola). Sia picchisti che paleontologi hanno una visione a lungo termine del futuro, ma mentre i picchisti ragionano in termini di decenni, i paleontologi ragionano in termini di milioni di anni. In entrambe i casi, comunque, è sempre più della visione dei politici, che ragionano in termini dei pochi anni che li separano dalle prossime elezioni.

Dal punto di vista dei paleontologi, il cambiamento climatico è una minaccia terribile. Loro, che sono esperti di estinzioni di massa, vedono benissimo le somiglianze e capiscono benissimo come potremmo fare la fine dei dinosauri per gli stessi motivi, ovvero riscaldamento globale causato da un effetto serra incontrollato. Sia Benton che Ward non hanno dubbi sul fatto che stiamo distruggendo il pianeta con le nostre emissioni di CO2. Devo dire, però, che vedono la cosa con una certa filosofia. In fondo, tante specie sono esistite, tante sono scomparse, capiterà anche a noi; è nella natura delle cose.

Curiosamente, forse, sono rimasti piuttosto sorpresi dall'esposizione sul picco del petrolio che abbiamo fatto io e Aleklett. Non si aspettavano che il problema fosse così immediato. Un conto è parlare di estinzione; che prende pur sempre un certo tempo. Un altro è rendersi conto che stiamo vedendo - ora - la fine di un era: quella dei combustibili fossili a buon mercato. Peter Ward mi ha detto che era rimasto molto colpito e che era preoccupato per suo figlio, che ha 14 anni e che era anche lui con noi.

E questo porta alla domanda da qualche trilione di dollari: è possibile che il picco del petrolio ci salvi dal riscaldamento globale? E' qualcosa che più di uno mi ha chiesto al Festival e che ho cercato di esaminare nella mia conferenza.

In effetti, sembra che il picco, e il conseguente rallentamento dell'economia mondiale, stiano perlomeno riducendo la crescita delle emissioni di CO2. Questi sono i dati più recenti disponibili, da nature, una slide che ho fatto vedere al convegno. (Da  Friedlingstein et al.  Nature Geoscience  (2010))


Basta questo a salvarci? Purtroppo, molto probabilmente no. Come ho discusso in un post su "The Oil Drum" anche con ipotesi piuttosto drastiche in termini della riduzione di emissioni causata dal picco, è probabile che arriveremo a una concentrazione intorno o maggiore di 500 parti per milione di CO2, che dovrebbe essere più che sufficiente per farci tutti bolliti, specialmente considerando gli ultimi risultati che indicano che il fattore di sensibilità del clima per la concentrazione di CO2 potrebbe essere maggiore di quanto non si credesse.

giovedì 20 gennaio 2011

Chi ha ucciso i dinosauri? Risolto il mistero delle grandi estinzioni


L'estinzione dei dinosauri, 65 milioni di anni fa, è un evento che ha colpito la fantasia di tutti. L'interesse nella questione è stato anche aumentato dalla scoperta - nel 1980 - dell'impatto di un asteroide contemporaneo all'estinzione.  Ma la questione delle grandi estinzioni, delle quali quella dei dinosauri è solo uno dei casi, non si spiega con impatti di asteroidali. Soltanto negli ultimi anni possiamo dire di aver risolto il problema: le grandi estinzioni sono il risultati dei cambiamenti climatici associati a grandi eruzioni vulcaniche. Questo post riassume quello che sappiamo oggi di questo argomento, soprattutto sulla base di un articolo recente di Kidder e Worsley (1)



Non so quanti di voi abbiano il "pallino" dei dinosauri, ma io ce l'ho da quando ero piccolo. Credo di essermi letto il mio primo libro sui dinosauri quando avevo, forse, otto anni. Sicuramente, non sono il solo con questo pallino e l'idea che la terra sia stata popolata nel passato da animali giganteschi e terribili, i dinosauri, è stata un elemento di grande fascino per tanta gente dal tempo in cui si è scoperto che erano esistiti, verso la metà dell'800.

Ma il fatto che oggi i dinosauri non esistano più è anche quella una cosa affascinante. Dove sono finiti? Cosa gli è successo? E non sono soltanto i dinosauri ad essere spariti. Ci sono tantissime specie animali e vegetali che sono esistite nel remoto passato ma che, a un certo punto, sono scomparse. E' il "problema delle estinzioni" che ha dato da pensare ai paleontologi per un paio di secoli almeno. 

Nei libri che leggevo da piccolo sui dinosauri c'erano già molte diverse ipotesi sulle ragioni della loro estinzione. In un libro recente di Michael Benton ("When life nearly died," 2003) ne ho trovate elencate 100, e lui dice che li' si è fermato perché sarebbero state di più. Solo il fatto che fossero così tante indica la grande confusione che regnava. Insomma, fino agli anni 1980, circa, non c'era un'idea soddisfacente sul perché i dinosauri e tante altre specie si fossero estinte - si andava da cose nebulose come la "senilità razziale" ad altre francamente improbabili, per esempio che i dinosauri fossero morti di AIDS.

Con gli anni, tuttavia, la scienza ha progredito enormemente. Oggi, possiamo dire che il problema è stato risolto: è una vera rivoluzione scientifica del ventunesimo secolo. In sostanza, le estinzioni sono una conseguenza delle emissioni di CO2 da parte di grandi eruzioni vulcaniche. Siccome c'è di mezzo la CO2 e siccome ne stiamo emettendo in gran quantità nell'atmosfera, la faccenda potrebbe riguardarci direttamente. Ovvero, potremmo essere prossimi a una nuova grande estinzione, anche se questa non sarebbe causata dai vulcani ma dall'attività umana. Ma vediamo le cose in dettaglio.

La scienza progredisce per prima cosa per mezzo di misure. Le misure servono a quantificare le cose - quando hai dei buoni dati quantitativi, allora puoi costruire delle buone teorie. Il quadro generale delle estinzioni è venuto fuori piano piano, attraverso il lavoro di generazioni di paleontologi. L'immagine si è fatta chiara nel 1982, quando Raup e Sepkoski hanno pubblicato un famoso articolo (2) che fa vedere tutte le estinzioni nel periodo detto "fanerozoico", quello delle forme di vita complesse: piante ed animali multicellulari. Ecco qua i loro risultati in una forma recente:



Vedete che l'estinzione dei dinosauri (marcata come "Cretaceous-Tertiary boundary") è soltanto uno dei tanti casi e non è nemmeno il più grave. Si parla spesso delle "cinque grandi estinzioni" per identificare quelle principali. Ma il punto è che, a partire dal lavoro di Raup e Sepkoski, sappiamo che le estinzioni non sono cose graduali, ma eventi rapidi (su scala geologica) e disastrosi. Nel caso più grave, quello della fine del Permiano, la vita terrestre ha rischiato seriamente di estinguersi completamente.

Partendo da questi dati, è evidente che la causa delle estinzioni deve essere qualcosa di veramente catastrofico - perlomeno nel caso delle cinque grandi estinzioni. A questo punto, è venuta fuori la scoperta di Luis Alvarez nel 1980 (3): un grande asteroide ha colpito la Terra più o meno al momento dell'estinzione dei dinosauri. Certamente è stata una catastrofe planetaria, ma era quella la causa dell'estinzione?

La storia dell'asteroide ha colpito la fantasia di tutti. Già i dinosauri da soli sono spettacolari, ci mettiamo anche gli effetti speciali di un impatto asteroidale e sono veramente i fuochi artificiali. Ma non solo si sono fatti film e scritto libri sull'argomento. Geologi e paleontologi si sono messi a studiare la faccenda con l'idea che forse impatto asteroidali erano la causa di tutte le estinzioni, non solo di quella dei dinosauri. E qualcuno ha anche trovato qualche traccia che ha interpretato come il risultato di altri impatti; in corrispondenza di altre estinzioni.

Questa storia ci fa vedere come la scienza si auto-corregge sulla base dei dati sperimentali. Oggi, sappiamo che non si possono spiegare le cinque grandi estinzioni con degli impatti asteroidali. Può essere stato il caso di quella dei dinosauri, ma tutte le altre sono state causate da eventi interni al sistema terrestre: grandi eruzioni vulcaniche.

C'è voluto un po' di tempo per arrivarci e, ancora nel 2001, un articolo di Wignall (4) invitava alla cautela su questa ipotesi dato che i dati erano molto incerti. Ma oggi sembra che il problema si possa definire come risolto. Nuovi dati e nuove scoperte hanno confermato la correlazione fra i grandi eventi vulcanici chiamati "Grandi Province Magmatiche" (Large Igneous Provinces, LIP) e estinzioni.

Queste grandi province magmatiche sono delle aree immense, tipicamente di aree vaste come l'Italia intera, o anche di più, dove grandi masse di basalto fuso vengono gradualmente emesse dal mantello, accumulandosi in tipiche strutture a gradini. Queste che vedete qui sotto sono alcune delle LIP del passato; oggi geologicamente inattive. Ci sono eventi simili in corso, per esempio a Yellowstone negli USA, ma per fortuna molto più deboli di quelli del passato.





Recentemente, Kidder e Worsley (1) hanno dimostrato la correlazione fra le LIP e le grandi estinzioni. Vedete nella figura seguente, dal loro lavoro, come la correlazione sia veramente ottima. Praticamente a ogni estinzione corrisponde una LIP e viceversa



Figura da Kidder e Worsley "Phanerozoic Large Igneous Provinces (LIPs), HEATT (Haline Euxinic Acidic Thermal Transgression) episodes" Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology Volume 295, Issues 1-2, 1 September 2010, Pages 162-191 

La correlazione implica anche causazione se pensiamo agli effetti di queste grandi eruzioni. Le estinzioni sono causate da una cascata di effetti che nascono in primo luogo dall'emissione nell'atmosfera di grandi quantità di biossido di carbonio che origina dalle LIP. Il biossido di carbonio causa riscaldamento globale. Il riscaldamento globale genera ulteriore biossido di carbonio - può darsi che questo causi, a sua volta, il rilascio degli idrati di metano; gas serra ancora più potenti. Il risultato, in ogni caso, è un "runaway greenhouse effect," un effetto serra incontrollato.

Il calore e la desertificazione colpiscono le specie terrestri. Ma c'è di peggio. La CO2 acidifica gli oceani e il riscaldamento globale blocca la circolazione delle correnti termoaline. Questo causa una generale "anossia oceanica" che, accoppiata alla mancanza di nutrienti minerali, causa la moria di una gran quantità di specie marine. Si sviluppano solfobatteri anaerobici che generano acido solfidrico e questo avvelena ancora altre specie. Insomma, un bel disastro dove la Terra si trasforma in una "hothouse" ("bagno turco") caldissima e inospitale per la vita. Queste condizioni hanno generato la maggior parte delle grandi estinzioni del passato.

E l'asteroide che ha ucciso i dinosauri? Beh, quello si, c'è stato, ma probabilmente non è la cosa che ha ucciso i dinosauri. Ha soltanto intensificato gli effetti di una grande provincia magmatica che - a quel tempo - si stava sviluppando in quella che oggi è l'India. Come si dice alle volte, "agli zoppi grucciate," ai dinosauri sono capitati addosso due disastri planetari insieme (potremmo dire "ai dinosauri, asteroidate").

Insomma, forse non ve ne eravate accorti, ma negli ultimi anni c'è stata una grande rivoluzione scientifica. Abbiamo capito la ragione delle grandi estinzioni del passato; un problema che era rimasto insoluto per oltre un secolo, adesso non lo è più.

E questa scoperta ci porta delle lezioni importantissime per quello che sta succedendo oggi. In primo luogo, ci fa vedere come la scienza riesca ad auto-correggersi. Partendo da un'ipotesi sbagliata ("tutte le estinzioni sono causate da impatti asteroidali") siamo arrivati a capire che non è così. Ma, più che altro, ci fa vedere come sia sensibile il sistema climatico terrestre alla presenza di CO2.

Nel passato, ci sono voluti probabilmente decine di migliaia di anni o anche molto di più perchè le grandi province magmatiche potessero emettere abbastanza CO2 da causare le grandi estinzioni. Ma noi lo stiamo facendo in pochi secoli. Gli effetti potrebbero essere veramente disastrosi: possiamo arrivare alla "sesta grande estinzione" della quale potremmo avere l'onore (per così dire) di essere causa e vittime allo stesso tempo.

E dopo le grandi estinzioni, cosa succede? Come fa il pianeta a ritornare alle condizioni di prima? Beh, per fortuna c'è sempre la buona vecchia Gaia che rimette le cose a posto. In pratica, è l'erosione dei silicati che, piano piano, riassorbe il biossido di carbonio dall'atmosfera, lo trasforma in carbonati minerali, lo sedimenta sul fondo degli oceani e, da li', lo riporta nel mantello attraverso la "subduzione"; il grande nastro trasportatore oceanico.

Ma Gaia si prende il suo tempo: dopo un episodio di LIP ci possono volere milioni di anni - anche decine di milioni - per ritornare alla varietà biologica di prima dell'estinzione. Per noi umani, è un tantino troppo lungo per poterci far conto.....

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1. David L. Kidder, Thomas R. Worsley "Phanerozoic Large Igneous Provinces (LIPs), HEATT (Haline Euxinic Acidic Thermal Transgression) episodes, and mass extinctions"  Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, Volume 295, Issues 1-2, 1 September 2010, Pages 162-191

2. Raup, D.; Sepkoski Jr, J. (1982). "Mass extinctions in the marine fossil record". Science 215 (4539): 1501–1503. 

3. Alvarez, LW, Alvarez, W, Asaro, F, and Michel, HV (1980). "Extraterrestrial cause for the Cretaceous–Tertiary extinction". Science 208 (4448): 1095–1108

4. Wignall, P.B., 2001. Large igneous provinces and mass extinctions. Earth Science Reviews 53, 1–33. 

domenica 16 gennaio 2011

Il sacro furore di Cassandra

Cassandra di Frederick Sandys

Cassandra sembra veramente presa dalla sacra furia: un post al giorno la settimana scorsa (anzi, per più di una settimana). Imbrogli sbufalati (qui e qui), infamie rivelate (qui), disastri mostrati (qui), verità ribadite (qui e qui), problemi discussi (qui) e tante altre cose.

Questa iperattività è dovuta in parte alla pausa fra i due semestri di insegnamento. Ma, in realtà, devo dire che l'argomento clima è talmente interessante, talmente appassionante, talmente ricco di significati, di scienza, di politica, di umanità, che mi ha coinvolto. Imparo cose nuove ogni giorno e mi fanno pena quei poveracci che credono che tutta la faccenda si riduca a elucubrare su email vecchie di 10 anni.

Comunque, anche per non sovraccaricare i lettori (che sono in netto aumento e che ringrazio per l'interesse), ho intenzione di rallentare un po' il ritmo. Cosa non facile perché l'argomento è così interessante che ci potrei fare quattro post al giorno; ma, insomma, ci proverò.

A parte i lettori in aumento, tutto questo lavoro, mio e di tanti altri, sembra avere un certo risultato. Ho la netta sensazione che stiamo vincendo questa battaglia contro il fronte dell'anti-scienza. Ne parlavo l'altro giorno con Michael Mann, il climatologo americano, e mi diceva anche lui che ha la stessa sensazione; stiamo vincendo.

Certo, i terrapiattisti climatici stanno ancora combattendo; ma sembrano a corto di idee, non hanno più argomenti. Sono ridotti a ripetere sempre le stesse cose: "nascondere il declino", "quest'anno è stato freddo", "è tutto un ciclo", "E' un complotto" e "negli anni '70 si parlava di era glaciale" eccetera, eccetera. Sui media, di clima si parla molto poco in questi ultimi tempi, come ci racconta Richard Littlemore su Desmog blog. Un po' è una saturazione dopo l'effetto climategate. In parte può anche essere che al quartier generale dell'anti scienza hanno ragionato che se di cambiamento climatico non si parlava più, allora forse sarebbe sparito da solo (un po' come ragionavano i vittoriani a proposito del sesso).

In Italia, il silenzio mediatico sul clima è quasi totale - pensate soltanto a come, nel 2009, i media avessero fatto infinita polemica sulle nevicate; descritte come prova evidente che il riscaldamento globale non esisteva. Quest'anno, di fronte alle nevicate del dicembre 2010, sulla questione "riscaldamento globale" è stato un silenzio di tomba. Sembra che siano spariti gli interventi negazionisti dei vari De Bellis, Granzotto, Zichichi, eccetera.

Ma il cambiamento climatico sta andando avanti per conto suo e l'evidenza sta diventando talmente forte che non la si può più ignorare. Dal 2010 che è l'anno più caldo della storia, agli incendi in Russia, alle alluvioni in Australia e in Brasile, e tante altre cose, il cambiamento è non solo evidente, ma dirompente. Così, i contraristi si sono ridotti a dover giocare in difesa, cercando di dimostrare che questi eventi non sono statisticamente significativi (vedi "Il Foglio" sulle alluvioni in Australia). Ma, presi tutti insieme, questi eventi sono significativi e, - in ogni caso - nel conflitto mediatico, se sei costretto a difenderti sei già sconfitto.


Ovunque, il fronte dell'anti-scienza è sulla difensiva. Sembrano sempre di più un circolo ricreativo di persone che si incontrano la domenica a giocare a carte e a raccontarsi sempre le stesse cose. Il loro tentativo di darsi un velo di rispettabilità "scientifica" sta naufragando in un fallimento veramente vergognoso per loro, come per esempio nel caso dell'ultimo disastro che è stato il tentativo di dimostrare che gli oceani non si scaldano.

In Italia, sui blog rimangono gli ostinati dell'era glaciale imminente, che somigliano sempre di più a un culto esoterico di provincia in attesa dell'atterraggio degli extraterrestri nel cortile del condominio. Fanno il paio con quelli che aspettano il pianeta Nibiru e che - vedi caso - sono negazionisti climatici anche loro. Persino Claudio Costa, gatto silvestro dell'anti-scienza, è sparito; non si sente più da metà Novembre del 2010. Scoraggiato? Convertito? O forse, semplicemente, non gli hanno rinnovato il contratto? (*)

Per dare un'idea dello sconforto nelle file dei terrapiattisti, credo valga la pena dare un'occhiata a questo sfogo di Teo Georgiadis intitolato "noi cattivi". E' un esempio del fatto che quando uno non ha più argomenti da presentare non gli rimane altro che lamentarsi. E non solo lamentarsi: gli insulti di Georgiadis contro Sylvie Coyaud, ("Ocasapiens") sono particolarmente pesanti e ingiustificati (e Sylvie risponde per le rime come è giusto che faccia).

In fin dei conti, il momento di silenzio dei media sul clima non può che essere che temporaneo. Quindi, si tratta di insistere e continuare il dibattito per dimostrare la mala fede del fronte dell'anti-scienza. Lo spazio mediatico che è la "blogosfera" è particolarmente adatto a questo scopo e, come facevo notare qualche giorno fa, il successo dei blog seri sul clima nelle classifiche, in confronto a quelli non seri, è un elemento importantissimo. Indica che le argomentazioni scientifiche sul clima stanno avendo successo sulla frazione più preparata e intelligente dell'opinione pubblica - quella che legge i blog.

A lungo andare, questo successo deve finire per tradursi in un'azione politica di qualche genere. Certo, servirà a poco se ci arriveremo quando il pianeta sarà ormai stato devastato in modo irreparabile. Ma è un dovere combattere per la verità - come faceva Cassandra con il suo sacro furore. E allora, continuiamo così. Forza, Cassandra! (**)


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(*) C'è anche Maurizio Morabito (aka "il Tafano") che per mancanza di argomenti si è ridotto a farmi da psicanalista della domenica e a criticarmi per un errore nell'attribuzione di un quadro. Beh, sulla psicanalisi domenicale, continua a fare lo stesso errore che fa sul clima: credersi un professionista quando invece è soltanto un dilettante. Quanto al nome del pittore, glie l'ho lasciato così apposta per farlo divertire un po'. Ora che l'ho fatto contento lo posso anche mettere giusto, ringraziandolo per la correzione.  :-) 


(**) Siccome trovo sempre qualche allocco che mi contesta il fatto che Cassandra non è mai esistita, allora preciso che - si, ragazzi - lo so benissimo che, quasi certamente, Cassandra non è mai esistita. E' una metafora - esattamente come quando Freud parlava di "Complesso di Edipo" e lo sapeva benissimo che Edipo, quasi certamente, non è mai esistito. Contenti adesso?