venerdì 14 maggio 2010

Effetto Dunning–Kruger (I parte)


Di Carlo Fusco







Come ho scritto precedentemente, su internet il fatto di mostrare in pubblico la propria ignoranza, senza manifestamente rendersi conto della cosa, mi ha sempre lasciato enormemente perplesso (e anche preoccupato). Adesso so che ciò dipende da una percezione errata di sé e che questo è un problema comune a tutti (facevo bene quindi a preoccuparmi).

Nel 1999 Justin Kruger e David Dunning hanno pubbicato un lavoro che ha dato origine all'effetto che prende il loro nome, Effetto Dunning–Kruger (chimiamolo EDK). L' aricolo ha anche vinto il Premio Ignobel nel 2000. A parte l'aspetto goliardico della cosa, a me sembra essere un lavoro molto serio ed importante (a meno che in maniera recursiva non sia io stesso vittima dell' EDK).

Lo studio consiste nel rilevare in un gruppo di studenti la loro abilità e conoscenza  in una certa disciplina o attività, in ambiti anche molto diversi tra loro. Effettuato il test cognitivo, è stato loro chiesto di valutare la propria performance in relazione al resto del gruppo e questi sono i risultati (il grafico si riferisce alla capacità di riconoscere lo humor, ma gli altri risultati sono praticamente identici per tutti i test).
La linea nera rappresenta la stima effettuata dal soggetto sulla bontà del proprio risultato e l'altra invece il risultato reale. Come potete vedere chi si è classificato tra i peggiori con un punteggio mediocre sbaglia di tanto a valutarsi, infatti ritiene di essersi piazzato ampiamente sopra la media. Inoltre questa tendenza, ovvero il delta fra percezione e realtà, si strige all'aumentare dell'abilità di rispondere bene al test, fino a che la forbice si apre nell'altra direzione, ovvero chi si è classificato in cima si valuta peggio di come sia realmente andato.

Gli autori hanno mostrato che chi è competente da un lato sa valutare bene sé stesso, ma dall'altro sovrastima il gruppo. Basta però mostrare loro i test degli altri e questa errore viene corretto. Gli ignoranti invece continuano a valutarsi male anche se vengono messi a conoscenza dei risultati del resto del gruppo.

Se gli ignoranti vengono istruiti adeguatamente in modo da migliorare le loro conoscenze, una volta che il test viene ripetuto mostrano un miglioramento marcato non solo nel risultato assoluto, ma anche nella capacità di autovalutarsi.

Gli autori concludono che la conoscenza e la metaconoscenza richiedono gli stessi strumenti per la loro comprensione e se questi mancano si viene danneggiati due volte. Non so bene spiegarvi il concetto di conoscenza della conoscenza (meta appunto) per cui faccio un esempio riduttivo. Saper suonare uno strumento è conoscenza, saper capire la musica è meta-conoscenza. Decisamente non occorre essere un pittore per apprezzarne la genialità di Picasso, ma il fatto di conoscere bene l'arte sicuramente aiuta a riconoscere un capolavoro quando ce l'hai davanti. Se si è ignoranti di pittura allora probabilmente guardando questo si potrebbe pensare: anche mio figlio di 6 anni potrebbe dipingere quella roba. Ecco, in questo caso mancando i necessari strumenti si perde sia la conoscenza che la metaconoscenza.

In seguito gli autori assieme ad altri gruppi hanno ampliato lo studio con altre pubblicazioni, per cui la storia dell' EDK non finisce qui, anzi il bello viene nella prossima puntata. 



Sulla sindrome di Dunning-Kruger, si veda anche questo post di Ugo Bardi.

giovedì 13 maggio 2010

Foto dal convegno di climalteranti

Qualche immagine dal convegno del gruppo di Climalteranti, oggi a Firenze presso l'osservatorio Ximeniano.



Da Firenze con Climalteranti


La cupola dell'osservatorio Ximeniano di Firenze insieme con la cupola di Brunelleschi. Foto presa oggi al primo "Summit di Climalteranti".


E' finito solo un paio d'ore fa il primo "Summit di Climalteranti" la riunione del gruppo che gestisce il blog "www.climalteranti.it" e che comprende un bel gruppo di climatologi italiani come pure ricercatori in altri campi interessati in generale al tema della sostenibilità.

Del summit, vi farò un resoconto appena posso. Per ora, mi limito a dire che è stato un convegno estremamente stimolante per il tema assai poco usuale nei convegni scientifici. Era centrato sulla comunicazione ed è stata l'occasione di un incontro fra scienziati, giornalisti e esperti di public relations.

Ringrazio Stefano Caserini per l'organizzazione del convegno, Franco Miglietta per l'organizzazione locale presso l'osservatorio Ximeniano e tutti gli intervenuti, in particolare gli ospiti, Luca Carra e Dalma Domeneghini. Il convegno è stato sponsorizzato da ASPO-Italia che ha fornito un piccolo contributo finanziario all'organizzazione e i cui membri sono apparsi in forze (otto su un totale di 27) al convegno.

Dunning–Kruger, Prologo

Io sono tra quella pattuglia di vecchi che si ricorda di internet prima che il web nascesse. Nel 1992 ho infatti avuto il mio primo approccio col Gopher e poco più in là con i newsgroup.

Sono rimasto molto affascinato da questo modo per me del tutto nuovo di comunicare. Ricordo che ho subito notato che rispetto alla comunicazione interpersonale della vita reale c'era una maggiore aggressività nel linguaggio e la tendenza a corprirsi di ridicolo.

Il primo è facile da interpretare: dal monitor non ti può arrivare un cazzotto sui denti, e in genere l'assenza di un contatto diretto abbassa i freni inibitori. Addirittura si scopre che in molti la gioia che procura il premere in tutta sicurezza i bottoncini che fanno perdere le staffe al prossimo attiva un feedback gratificante (in effetti è una forma di potere sugli altri), per cui spesso la cosa viene fatta di proposito, parliamo dei famosi Troll (da una tecnica di pesca, nulla a che vedere con JRR Tolkien).

Il secondo invece mi ha sempre lasciato perplesso. Senza sforzarmi troppo mi ricordo di aver visto gente che proclamava di aver provato il teorema di Fermat in pochi semplici passaggi (Andrew Wiles ha avuto bisogno di 200 pagine di strumenti matematici molto sofisticati per farlo), il tutto fatto davanti a seri matematici. Gente che pretendeva di curare il cancro col bicarbonato di sodio (per altro provandoci davvero, con diversi morti strada facendo) davanti a medici. Gente che pretendeva di curare l'Aids e praticamente tutte le malattie con le vitamine, gente che faceva la stessa cosa bevendo l'urina. Poi ci sono i motori gravitazionali, il moto pertpetuo ecc. Ok, mi sono detto, questi sono dei Netkook, fanno parte del bestiario di Internet, stanne alla larga e va tutto bene. Ma poi con l'esperienza ho realizzato che questi sono solo esempi estremi di una tendenza molto diffusa e non sempre così evidente. Una tendenza quindi che andrebbe compresa meglio e che invece io non capisco.

Finalmente ho trovato una spiegazione che mi ha illuminato. Devo ringraziare per questo Skeptical Science. Per i non anglofoni, dirò di che si tratta nel mio prossimo intervento su Cassandra.

martedì 11 maggio 2010

Il nerd ed il sole


Una delle falsità che vengono propagate dai negazionisti è che i climatologi ignorino l'attività del sole nei loro modelli. Come dire, che gli ingegneri nella progettazione degli edifici ignorino la gravità o nella costruzione di un ponte ignorino il vento.

I climatologi, come tutti gli scienziati, potranno anche essere incapaci di comunicare, chiusi nel proprio guscio, restii ai cambiamenti e socialmente inetti (dei nerd, insomma), ma non sono certo così idioti da ignorare il *sole*  quando si parla di *riscaldamento* globale (in realtà è proprio il contrario, nel loro lavoro sono piuttosto bravini).

Pensare una cosa del genere, ma come si fa ad essere così arroganti (e stupidi)? Qui abbiamo migliaia di persone che collettivamente dedicano l'intera vita professionale a studiare come varia il clima, parliamo di 10e14/10e15 neuroni che in qualsiasi momento delle 24 ore sono focalizzati sul problema del cambiamento climatico. Un autentico esercito che utilizza il rigore del metodo scientifico, la ragione, la logica e i dati più sofisticati e i mezzi più avanzati che abbiamo mai avuto nella storia dell'umanità, per capire se e come la terra si scalda. Tra l'altro questo è un esercito che fa una sanguinosissima guerra civile, visto che la ricerca della fama e la carriera richiedono l'affermazione delle proprie idee e quindi la demolizione delle opinioni contrastanti. Chi sopravvive è un autentico Rambo.

Poi arriva l'Uriel di turno che pensa che tale prodotto darwiniano di una enorme attività intellettuale e tecnologica è puro escremento bovino e che solo lui col suo blogghetto ti può spiegare le cose. Io proprio non capisco questo genere di arroganza.

Comunque torniamo al punto. Dicevamo del sole. Nei modelli si tiene conto di quello che si sa al momento, e nel caso specifico che il Sole come forzante climatica da un certo momento in poi ha inciso in maniera trascurabile e di conseguenza il parametro viene adeguatamente fattorizzato nei modelli.

Come si sa questo? Da una carrettata di lavori passati attraverso il più massacrante processo di revisione (chi fa questo lavoro, vi garantisco non ci dorme la notte a causa dei reviewers, altro che Uriel). Skeptical science ne ha fatto una raccolta.

L'ultimo in ordine di tempo è del marzo 2010 e ha concluso che il sole in caso di un un nuovo minimo di Maunder non potrebbe influire per di più di 0.3 gradi Celsius su un aumento di circa 4 gradi dovuto ai gas serra.


Ok, ma possibile che tutti questi nerd dicano che il sole non scalda? Certo che lo dicono, per esempio Lockwood et al hanno appena pubblicato che l'attuale minimo solare ha un effetto *locale* sull'Europa non grandissimo, ma altamente significativo di 0.5 gradi sulla media. Qui da noi col sole al minimo fa più freddo che altrove. Questo analizzando i dati del Regno Unito degli ultimi 350 anni e armonizzando i risultati con dei semplici modelli che tengono conto delle dinamiche atmosferiche rispetto al riscaldamento solare e che spiegano come l'Europa sia un po' più influenzata dall'attività del sole. Il resto del mondo, not so much.

Il nerd sarà socialmente inetto, ma come dicevo prima, il suo mestiere lo sa fare bene, come minimo occorre pensare a quei milioni di miliardi di neuroni che proprio in questo preciso momento stanno lavorando su tutto ciò, prima di aprire bocca.

Aggiornamento: ho cambiato lievemente il testo per chiarire meglio alcuni termini e riferimenti (vedi commenti).

L'era glaciale continua a farsi attendere


Meteo e clima sono due cose diverse. Il primo è un fenomeno locale mentre l'altro ha una natura globale.

Anche un bambino capisce questo semplice concetto, non servono certo i climatologi. Il semplice buon senso dovrebbe dirci che quando arriva un'ondata di gelo è una sciocchezza sostenere che il riscaldamento globale non esiste e che anzi stiamo "evidentemente" andando verso una nuova era glaciale (ovviamente questo vale anche per le argomentazioni in senso contrario). Basta quindi usare il cervello per riconoscere questo tipo di argomenti come delle emerite castronerie e classificare come venditori di fumo quelli che se ne servono.

Come per esempio Fox News, il più sfacciato rappresentante degli interessi delle grandi corporazioni, inclusa  l’industria militare, petrolifera e del tabacco. Questo inverno infatti tutti i media di Murdock hanno suonato i loro tromboni contro la scienza del clima quando ci sono state massicce tempeste nel territorio americano. Più si spalava la neve via dalle strade e più loro spalavano letame addosso ai climatologi. Ovviamente ad un migliaio di chilometri da Seattle i canadesi dovevano usare la neve artificiale per far svolgere le olimpiadi invernali, ma questo piccolo dettaglio semplicemente spariva dai telegiornali.

Ok, adesso che l’ inverno è finito, che è successo alla neve americana? Sarà ancora tutta là come monito per gli stolti verso l'imminente arrivo della nuova era glaciale?

Non esattamente.

Il NOAA ci fa sapere nel suo rapporto mensile che non solo in aprile continua l’anomalia di caldo in larga parte del territorio americano, ma anche che il "Rutgers Snow Lab" riporta questo mese come in assoluto quello che ha avuto la copertura di neve nel Nord America più piccola e l'anomalia di questo tipo più grande mai documentata.

lunedì 10 maggio 2010

Siamo tutti Neanderthal


Un bambino (o forse una bambina) neanderthal di circa 30.000 anni fa ricostruito sulla base dei resti fossili all'Università di Zurigo.

Notizie eccezionali dall'ultimo numero di "Science" (7 Maggio 2010). I Neanderthal sono vivi! Siamo tutti un po' Neanderthal.

Potete trovare un riassunto dell'articolo su "Le Scienze" su "Earth News." In sostanza, un gruppo di scienziati, guidati dal prof. Green dell'Università di Santa Cruz, California, hanno esaminato il genoma dei Neanderthal estratto da ossa trovate in caverne in Europa e non ancora fossilizzate. E' stato un lavoro molto complesso e difficile, ma alla fine dei conti hanno trovato che il genoma dei Neanderthal contiene tracce di "interbreeding" con noi Sapiens. Solo delle tracce e, ovviamente, con tutte le incertezze del caso. Ma questo vuol dire che è perlomeno molto probabile che fra i nostri remoti antenati ci sia anche qualche Neanderthal. Era una cosa dibattuta da anni, ma dai resti scheletrici non si poteva veramente dire se i Neanderthal e i Sapiens erano in grado di generare figli. Adesso lo sappiamo: era possibile ed è successo, perlomeno qualche volta.

Non so cosa ne pensate voi; ma è una cosa che a me fa immensamente piacere. I Neanderthal mi sono sempre stati simpatici: non erano affatto i bruti ignoranti che per tanti anni si è detto che erano (come ho scritto qui). Erano un po' diversi da noi, sicuramente più robusti, probabilmente meno bravi a costruire aggeggi. Ma erano perfettamente adattati al loro mondo.

Tutta la faccenda mi fa venire in mente la famosa storia dell'antico dibattito sull'evoluzione fra Thomas Huxley e l'arcivescovo Wilberforce. L'avete sentita raccontare tutti, immagino; c'è quel punto culminante in cui Wilberforce cerca di prendere in giro Huxley chiedendogli se è per parte di madre o di padre che sostiene di essere disceso dalle scimmie. E Huxley, a muso duro, gli risponde che preferisce avere una scimmia come antenato piuttosto che un arcivescovo che usa la sua intelligenza per raccontare fesserie. Bene, io preferisco di gran lunga avere dei Neanderthal come antenati piuttosto che certi Sapiens che vedo in giro oggi, mentitori patologici che passano la loro vita a imbrogliare la gente.

La storia dei Neanderthal non ha niente a che vedere con le fesserie che ci sembrano tanto importanti oggi, i politici, le crisi della borsa e tutto il resto. Ci preoccupiamo di sapere se il picco del petrolio sarà oggi o fra due anni. Quando parliamo di cambiamento climatico, quello che succederà fra cento anni ci sembra talmente lontano da non essere minimamente interessante. Ma quando parliamo dei Neanderthal, parliamo di una storia che è cominciata forse mezzo milione di anni fa e si è conclusa trentamila anni fa - un arco di tempo lunghissimo. Chi lo sa quante cose sono successe, quanto hanno girato per l'Europa (a quel tempo in gran parte ghiacciata) i nostri antenati. Si sono incontrati, osservati, picchiati, amati. Si saranno scambiati punte di freccia, pelli di orso, statuette della dea della fertilità, e chissà che altro. Di tutto quel tempo non è rimasto quasi niente; dei Neanderthal solo qualche osso e qualche tomba dove - forse - il corpo del defunto è stato seppellito coperto di fiori.

Cosa rimarrà di noi fra centomila anni? Non lo possiamo sapere. Ma è bello sapere che i Neanderthal vivono ancora. Viva Neanderthal!