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martedì 18 dicembre 2012

Scienza del Clima: stesso destino dei “Limiti dello Sviluppo”?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti



Gli studi sull'esaurimento delle risorse , come “I Limiti dello Sviluppo” del 1972, sono stati attaccati e demonizzati negli anni 80 e quindi consegnati al bidone della spazzatura delle idee scientifiche “sbagliate”. Ora è il turno della scienza del clima di essere attaccata e demonizzata. Due storie parallele che si svolgono in tempi diversi.



Negli anni 1950, il problema dell'esaurimento dei minerali ed il problema climatico iniziavano ad essere riconosciuti. Nel 1956 Marion King Hubbert pubblicava il primo studio che esaminava l'esaurimento del petrolio a livello mondiale, studio che suggeriva il modello che oggi prende il suo nome, il “Modello di Hubbert”. Pressappoco nello stesso periodo, nel 1957, Roger Revelle è stato coautore, insieme a Hans Suess, del primo saggio che osservava che la concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera stava aumentando come risultato della combustione di combustibili fossili e indicava gli effetti climatici relativi.

Sia gli studi climatici sia quelli sull'esaurimento del petrolio avevano a che fare con sistemi complessi e non lineari, così le stime quantitative delle tendenze future sono diventate possibili solo con lo sviluppo dei computer digitali. I primi modelli generali di circolazione (GCM) sono stati sviluppati al NOAA della NASA nei tardi anni 60. Il primo modello del mondo che esaminava il sistema economico mondiale alla luce dell'esaurimento delle risorse è stato pubblicato da Jay Forrester nel 1971, col titolo di “World Dynamics”. Un anno dopo, nel 1972, apparve lo studio più dettagliato “I Limiti dello Sviluppo”. Gli eventi hanno segnato una rapida crescita dei due nuovi campi di ricerca: “Scienza del Clima” e “Modellizazione del Mondo”.

Lo studio del 1972 “I Limiti dello Sviluppo” aveva già identificato gli elementi principali del comportamento del sistema mondiale. Ecco i risultati di base di quello studio.


Come vedete, il modello aveva già identificato i “punti di non ritorno” del sistema dove l'esaurimento graduale delle risorse naturali e l'aumento dell'inquinamento avrebbero portato al collasso della produzione industriale ed agricola e, più tardi, al collasso della popolazione. La scelta fatta per costruire questo modello è stata quella di “aggregare” la maggior parte delle variabili coinvolte, cioè di considerarle tutte insieme per limitare le inevitabili incertezze che si hanno quando si ha a che fare con singole variabili. Mancando dati sufficienti per costruire un modello molto dettagliato, l'approccio dello studio dei “Limiti dello Sviluppo” è stato euristico ed orientato alla comprensione del comportamento del sistema, piuttosto che a fare previsioni esatte. 

Sull'altro versante delle simulazioni, gli scienziati del clima si sono ritrovati ad affrontare la grande complessità del clima mondiale, per il quale spesso mancavano dati sufficienti. Il risultato è stato che la modellizzazione climatica è cresciuta con un consistente sforzo sperimentale per misurare i parametri del sistema. Diversi di questi parametri richidevano studi estensivi per essere compresi e quantificati. Col tempo, i modelli sono cresciuti in sofisticazione quando i dati in entrata sono diventati più dettagliati ed affidabili. Forse a causa di questa stessa sofisticazione, i modelli hanno avuto dei problemi nell'affrontare la questione dei “punti di non ristorno”, cambiamenti repentini che potrebbero risultare dal rafforzamento di retroazioni (feedback) all'interno del sistema climatico. La conseguenza è stata una tradizione a presentare i risultati dei modelli climatici come curve dolci e continue. Ecco qua, per esempio, le curve dell'aumento delle temperature contenute nel primo rapporto del IPCC del 1990.


I risultati delle simulazioni non sono cambiate di molto nell'ultimo rapporto del IPCC del 2000. Ora, ecco la differenza fra i due campi di ricerca: La modellizzazione del mondo, con la sua visione di collasso, sembrava fornire una minaccia più immediata e preoccupante che non le dolci curve della scienza del clima. La differenza ha avuto conseguenze. 

Sappiamo cos'è accaduto allo studio iconico della modellizzazione del mondo: “I Limiti dello Sviluppo” del 1972. E' parso sufficientemente minaccioso a molta gente da subire una serie di attacchi politici negli anni 80 che lo hanno portato nel bidone della spazzatura delle teorie scientifiche “sbagliate”. Il problema non è stato solo la demonizzazione di un singolo studio, ma il fatto che un intero campo scientifico sia stato posto in cattiva luce, il che ha portato alla scomparsa quasi totale dei fondi per la ricerca in quell'area. Solo in anni recenti stiamo assistendo al tentativo laborioso della modellizzazione del mondo di riemergere come legittimo campo di studio. 

Il problema con la scienza del clima, tuttavia, è che la sua visione del problema è diventata gradualmente sempre più drammatica. Con la calotta polare del nord sulla strada della fusione completa, siccità, alluvioni ed uragani, la questione del cambiamento climatico repentino non può più essere ignorata. Gli scenari che tengono conto dei punti di non ritorno cominciano a sembrare ancora più preoccupanti di quelli forniti dalla modellizazione del mondo negli anni 70. 

Quindi potrebbe non essere un caso il fatto che stiamo vedendo una reazione contro la scienza del clima molto simile a quella vista negli anni 80 contro la modellizzazione del mondo. Uno sforzo concertato viene portato avanti per demonizzare la scienza del clima e gli scienziati del clima agli occhi del pubblico e per far passare tutta la faccenda per uno scherzo o, peggio ancora, una truffa premeditata. Fra le altre cose, gli attuali attacchi alla scienza del clima sono più aggressivi e violenti di quanto lo sia stato qualsiasi altro attacco contro la modellizzazione del mondo. Oggi, le tecnologie di demonizzazione sono molto meglio conosciute e raffinate di quanto lo fossero negli anni 80. La costruzione del “Climategate” per esempio, è un vero capolavoro di come ingannare il pubblico. 

Così, quello che stiamo vedendo sono due storie parallele che si svolgono in tempi diversi. Non è impossibile che la scienza del clima farà la stessa fine della modellizzazione del mondo negli anni 80: demonizzata e ridicolizzata da un attacco politico concertato e ben finanziato e conseguentemente rimossa dal parco dei campi di studio legittimi. Se questo accadesse, potrebbero tranquillamente passare un paio di decenni prima di renderci conto che studiare scienza del clima era importante. A quel punto, sarà sicuramente troppo tardi. 

Forse, tuttavia, la recente ondata di sintomi del cambiamento climatico, dagli uragani alla fusione delle calotte di ghiaccio, renderanno il problema così chiaro da risparmiare la scienza del clima dal destino della demonizzazione toccato alla modellizzazione del mondo. Tuttavia, la campagna anti-scienza è ancora in corso ed abbiamo già perso un sacco di tempo. E' troppo tardi? Solo il tempo ce lo potrà dire.






sabato 26 maggio 2012

Sul ritorno dei limiti dello sviluppo

Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti. 




Quaranta anni dopo, “I limiti dello Sviluppo” torna a fare notizia. Prima o poi, qualcuno doveva pur notare che la crisi economica che stiamo vedendo intorno a noi è qualcosa che ricorda in modo inquietante lo scenario “caso base” dello studio dei Limiti del 1972. Alla fine qualcuno lo ha fatto. Ecco un mio commento sull'evento pubblicato su "Financialsense" il 4 Aprile 2012.


IL PUBBLICO SI RISVEGLIA RIGUARDO AI LIMITI DELLO SVILUPPO

Di Ugo Bardi

Recentemente, il Web è stato in fermento intorno a uno studio del MIT che prediceva un “collasso economico globale” a partire dal 2030. Ugo Bardi, che di recente ha pubblicato il libro The Limits to Growth Revisited, condivide i suoi punti di vista sullo studio e le sue implicazioni.







Quest'anno, ricorre il quarantesimo anniversario del controverso studio “I Limiti dello Sviluppo” condotto originariamente nel 1972. E' stato sponsorizzato dal gruppo di esperti chiamato “Club di Roma” e realizzato da un gruppo di ricercatori  del MIT, condotti da Dennis Meadows, che hanno usato i più potenti computers del tempo. Usando dati che risalivano nel tempo di centinaia di anni, hanno creato un modello a lungo termine delle grandi tendenze globali tenendo conto di esaurimento delle risorse, tassi di nascita e di morte, crescita della popolazione, inquinamento e cibo pro capite (vedi immagine).

E' stato un tentativo audace che, usando metodi innovativi, ha mostrato la crescita economica vissuta fino ad allora sarebbe stata impossibile da mantenere oltre i primi decenni del ventunesimo secolo. Non è stata una profezia di sventura, ma un avvertimento che comprendeva modi e metodi per evitare il declino indicato dai calcoli. Ma non è stato capito. Dopo un momento di intenso interesse durato pochi anni e che ha portato lo studio a diventare molto conosciuti al grande pubblico, sono arrivate forti reazioni negative. Negli anni 80 e 90, lo studio è stato attaccato, demonizzato e ridicolizzato in tutti i modi possibili. L'apparente fine della crisi petrolifera alla fine degli anni 80 e la conseguente e generale ondata di ottimismo hanno consegnato lo studio dei Limiti al bidone della spazzatura delle idee scientifiche “sbagliate”, insieme ai dinosauri di Venere e all'evoluzione del collo delle giraffe secondo Lamarck. Leggende metropolitane sugli “errori” dello studio dei Limiti sono ancora comuni oggi, nonostante non siano altro che leggende.

Ma , col cambio di secolo, l'atteggiamento generale sembra stia cambiando. Nel 2004, alcuni degli autori della versione originale dei “Limiti” hanno pubblicato "Limits to Growth; The 30-Year Update", confermando i risultati del precedente studio del 1972. Nel 2011, Ugo Bardi ha pubblicato "The Limits to Growth Revisited" (Springer) che ripercorre l'intera storia dello studio, dal suo inizio alla demonizzazione fino alla nuova tendenza di rivalutazione. Nel 2008, il fisico Australiano Graham Turner (1) ha confrontato i dati del mondo reale con quelli dello scenario del “caso base” dello studio originale del 1972, trovando una buona concordanza. Un risultato impressionante tenendo conto che lo scenario copre più di tre decenni! Questi sono solo esempi del ritorno di interesse sui vecchi Limiti che ora sono percepiti come sempre più rilevanti per noi, specialmente di fronte alla crisi economica in corso.

Oggi, con il quarantesimo anniversario del primo libro, il ritorno di interesse sui Limiti sembra letteralmente esplodere. Il 6 Marzo del 2012, la rivista dello Smithsonian ha pubblicato un commento citando il lavoro di Turner (2). Il pezzo dello Smithsonian è stato ripreso il 4 Aprile da  Eric Pfeiffer su Yahoo news (3), il che sembra essere la prima apparizione dello studio sulla stampa mainstream del ventunesimo secolo (dal 5 Aprile ha ricevuto oltre 13.000 commenti!).

Sfortunatamente, il pezzo di Pfeiffer è pieno di imprecisioni ed errori. Fra questi, Pfeiffer dichiara che “questo post è stato pubblicato per riflettere sul fatto che il MIT non ha aggiornato la sua ricerca dallo studio originale del 1972”, il che non è vero: lo studio è stato aggiornato due volte, nel 1992 e nel 2004. Poi Pfeiffer dice che “lo studio diceva che la crescita illimitata è ancora possibile se i governi mondiali attuassero politiche ed investissero in tecnologie verdi che ci aiuterebbero a limitare l'ampliamento della nostra impronta ecologica”, mentre lo studio diceva esattamente il contrario: cioè che la crescita economica illimitata è impossibile e che le tecnologie verdi ed altre forme di politica potevano al massimo evitare il collasso.

Il testo di Pfeiffer mostra come sia difficile, ancora oggi, capire lo studio dei Limiti. Tuttavia, è un'importante pietra miliare della percezione pubblica che certe tendenze che stanno avendo luogo sono insostenibili. La rinnovata diffusione dello studio potrebbe portare a riconsiderare le idee proposte come modi per evitare il collasso nello studio del 1972 (e ripetuto nelle edizioni successive). Abbiamo perso quarant'anni che potevao essere usati per prepararci per quello che vediamo accadere oggi nel mondo dell'economia ma, forse, non è troppo tardi per fare qualcosa per ridurre l'impatto della crisi. Il futuro non può essere mai predetto esattamente, ma possiamo essere preparati ad esso, e lo studio dei Limiti,  e le sue versioni successive, ci possono essere di grande aiuto in questo.

Riferimenti

1.Graham Turner (2008). "A Comparison of `The Limits to Growth` with Thirty Years of Reality" . Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO)
2. http://www.smithsonianmag.com/science-nature/Looking-Back-on-the-Limits-of-Growth.html#ixzz1rCjl1Wn4
3. http://news.yahoo.com/blogs/sideshow/next-great-depression-mit-researchers-predict-global-economic-190352944.html 







giovedì 5 giugno 2014

Dennis Meadows: è troppo tardi per lo sviluppo sostenibile

DaEnergy skeptic”. Traduzione di MR



Un'immagine della conferenza di ASPO di Pisa del 2006, organizzata da ASPO-Italia. Dennis Meadows(in piedi) sta parlando. Seduto vicino a lui, il moderatore Jean Laherrere. In questo articolo da "EnergySkeptic" l'autore riparte da quella conferenza di ormai quasi dieci anni fa per aggiornare la situazione sulla base del recente convegno "L'Era dei Limiti". Col tempo, Meadows sembra diventare più pessimista e non ne mancano le ragioni.





[Dennis Meadows ha parlato alla conferenza ASPO sul picco del petrolio del 2006 a Pisa. Molti degli scienziati e dei relatori hanno detto che Meadows aveva ragione sui Limiti della Crescita  nelle loro presentazioni – infatti, il suo modello è apparso essere in anticipo coi tempi. Meadows odia fornire date ma, messo sotto pressione, ha detto che anche se pensava al 2030 come al più probabile quadro temporale per il collasso nel 1972 sulla base di varie proiezioni del modello, l'uso esponenziale delle risorse e la crescita della popolazione sembrano aver anticipato il quadro temporale a circa il 2020. Alla conferenza sui “Limiti della Crescita”del 2014 ha detto che il quadro temporale sembra essere il 2015-2020].

Dennis Meadows è uno dei coautori de “I Limiti dello Sviluppo (Crescita)”. Nel 1972, la squadra di 66 scienziati che ha messo insieme per lo studio originale su I Limiti della Crescita ha concluso che il risultato più probabile sarebbe stato un improvviso ed incontrollabile declino sia della popolazione sia della capacità industriale. Dmitry Orlov sulla presentazione di Dennis Meadow alla conferenza “L'Era dei Limiti” del 2014: “Dennis aveva acconsentito di presentarsi con riluttanza a questa conferenza. Si è ritirato dalle discussioni del Club di Roma ed ha trovato usi più gioiosi per il suo tempo. Ma è sembrato felice del risultato, dicendo che questa è la prima volta che si è trovato di fronte ad un pubblico che non ha avuto bisogno di convincere. Piuttosto, si è preso il tempo di aggiungere alcuni dettagli che credo siano importanti in modo cruciale, fra questi il fatto che il suo modello WORLD3 è preciso solo finché vengono raggiunti i picchi. Una volta avvenuti i picchi (fra il 2015 e il 2020) tutte le scommesse sono inutili: passato quel punto, la capacità predittiva del modello non è affidabile perché gli assunti sui quali si basa non saranno più validi”.

Alla conferenza 'L'Era dei Limiti' del 2014 ha anche detto che nel 1972 avevamo raggiunto circa l'85% della capacità di carico della Terra ed oggi siamo intorno al 125% ed ogni mese che ritardiamo nel tornare entro i limiti erode l'ulteriore capacità della Terra di tollerarci. “La ragione per cui non abbiamo una risposta al cambiamento climatico”, ah detto, “non è perché non abbiamo modelli migliori. E' perché la gente se ne frega del cambiamento climatico”. Questo potrebbe essere il nostro epitaffio. “Nel 1972 c'erano due possibili opzioni a disposizione per andare avanti – superamento dei limiti (overshoot) o sviluppo sostenibile. Nonostante la miriade di conferenze e commissioni sullo sviluppo sostenibile tenutesi da allora, il mondo ha optato per il superamento dei limiti.  Le scimmie pelate bipedi hanno fatto ciò che hanno sempre fatto. Hanno dominato e sottomesso la Terra. Di fronte alle prove inequivocabili dell'arrivo di una minaccia alla propria esistenza, hanno tergiversato e per poi cercare di cavarsela.

La civiltà globale sarà solo la prima di molte vittime del clima, Madre Natura ci sta venendo addosso ad un tasso di cambiamento che supera qualsiasi passaggio paragonabile negli ultimi 3 milioni di anni, a parte forse le meteoriti o i super vulcani che hanno disperso i nostri antenati in coppie a malapena sufficienti da essere in grado di riprodursi. Questo cambiamento sarà vissuto più a lungo e sarà più profondo di molti di quei fenomeni. Abbiamo alterato alla radice i cicli dell'azoto, del carbonio e del potassio del pianeta. Potrebbe non tornare mai più ad essere un ecosistema nel quale i bipedi mammiferi con cervelli bicamerali siano possibili. Perlomeno non per milioni di anni”.

La presentazione video comincia a 17:30, sotto le slide

http://deepresource.wordpress.com/2012/05/28/dennis-meadows/ 

E' troppo tardi per lo sviluppo sostenibile

Smithsonian Institution Washington DC, 29 febbraio 2012


  • Descriverò brevemente cosa abbiamo fatto nel 1970 -1972 e riassumerò i principali contributi del nostro studio.
  • Poi descriverò cinque ragioni per le quali è troppo tardi per realizzare lo sviluppo sostenibile.


  1. La discussione pubblica ha difficoltà con messaggi subdoli e condizionanti.
  2. I sostenitori della crescita cambiano la giustificazione del loro paradigma piuttosto che cambiare il paradigma stesso. 
  3. Il sistema globale ora è ben al di sopra della capacità di carico.
  4. Ci comportiamo come se il cambiamento tecnologico possa sostituire il cambiamento sociale. 
  5. L'orizzonte temporale del nostro attuale sistema è troppo corto.


  • Di conseguenza, suggerirò che è essenziale ora mettere più enfasi nell'aumentare la resilienza del sistema. 

Quello che abbiamo fatto

Una squadra di 16 persone ha lavorato sotto la mia direzione per elaborare un modello computerizzato che rappresentasse le cause e le conseguenze della crescita nei fattori fisici principali che caratterizzano lo sviluppo globale nel periodo 1900 – 2100. Il modello è stato dapprima concepito da Jay Forrester, che ha lo descritto nel suo libro World Dynamics. La mia squadra ha scritto e pubblicato tre libri aggiuntivi sul progetto, “I Limiti dello Sviluppo (Crescita)”, Verso un Equilibrio Globale e Dinamiche della Crescita in un Mondo Finito. Il nostro focus è stato su:

Popolazione        Risorse non rinnovabili
Beni industriali     Inquinamento persistente
Cibo

I nostri principali contributi


  • NON abbiamo provato che ci sono limiti alla crescita fisica su un pianeta finito. L'abbiamo presa come dato di fatto.
  • Abbiamo presentato informazioni su diversi limiti fisici – acqua, suoli, metalli ed altre risorse – per rendere l'idea dei limiti plausibile.
  • Abbiamo descritto le ragioni per cui la crescita della popolazione e della produzione industriale sono intrinsecamente esponenziali. 
  • Abbiamo mostrato che la crescita esponenziale giunge rapidamente ad ogni limite concepibile.
  • I nostri scenari computerizzati hanno dimostrato che la prevalenza di politiche di crescita porteranno al superamento e al collasso, ma non un approccio asintotico ai limiti. 
  • Abbiamo suggerito che i cambiamenti delle politiche potrebbero portare ad uno stato sostenibile, se i cambiamenti affrontano sia i problemi culturali sia quelli tecnici e venissero attuati in fretta.


I Limiti dello Sviluppo (Crescita) ha presentato 12 scenari. Quattro mostravano un equilibrio globale relativamente attraente senza alcun collasso. Tuttavia, è stato scritto sul New York Times:“Non è una coincidenza che tutte le simulazioni basate sul modello del mondo di Meadows finiscano invariabilmente col collasso”. I Limiti dello Sviluppo (Crescita), Peter Passell, Marc Roberts e Leonard Ross, New York Times, 2 aprile 1972. Noi abbiamo detto: “Questi grafici non sono previsioni esatte dei valori delle variabili in ogni specifico anno nel futuro. Sono soltanto indicazioni delle tendenze comportamentali del sistema. Pagina 93, I Limiti dello Sviluppo (Crescita). Tuttavia, una ricerca su Google oggi su “il Club di Roma ha previsto” dà 13.700 risultati, per esempio. “Nel 1972, I Limiti della Crescita, pubblicato dal Club di Roma, ha previsto che il mondo avrebbe finito l'oro nel 1981, il mercurio nel 1985, lo stagno nel 1987, lo zinco nel 1990, il petrolio nel 1992 e il rame, il piombo e il gas naturale nel 1993”. I sostenitori della crescita cambiano la giustificazione al loro paradigma piuttosto che cambiare il paradigma stesso. “Ad ogni singolo stadio – dal suo punto di arrivo prevenuto alla sua codifica prevenuta, all'organizzazione intorno ad una falsa logica alla ricordare e rappresentare male agli altri, la mente agisce continuamente per distorcere il flusso di informazioni in favore dell'abituale obbiettivo buono di apparire meglio di quanto non si sia veramente”, pagina 139 de La Follia degli Stolti; logica dell'inganno e dell'auto inganno nella vita umana, Robert Trivers, Basic Books, New York, NY 2011

Evoluzione della critica


  • Anni 70: non ci sono limiti effettivi.
  • Anni 80: ci sono limiti, ma sono molto lontani.
  • Anni 90: i limiti sono vicini, ma la tecnologi e i mercati possono aggirarli facilmente. 
  • Primo decennio del 2000: la tecnologia e i mercati non sempre aggirano i limiti, ma la politica migliore è quella di perseguire la crescita del PIL, così avremo più risorse per risolvere i problemi.
  • Anni 10 del 2000: se fossimo stati capaci di sostenere la crescita economica, non avremmo avuto problemi coi limiti. 


Data l'energia sufficiente, i minerali potrebbero essere cercati in mare, o dall'acqua marina stessa. Una fonte virtualmente infinita di energia, la fusione nucleare controllata dell'idrogeno, verrà messa in rete probabilmente entro 50 anni. “I Limiti della Crescita” di  Peter Passell, Marc Roberts e Leonard Ross, New York Times, 2 aprile 1972.

“le risorse naturali non sono finite, in un senso economico significativo, per quanto questa asserzione possa essere sbalorditiva. Le loro riserve non vengono fissate ma piuttosto si stanno espandendo grazie all'ingegno umano. Pagina 24, Julian L. Simon, The Ultimate Resource2, Princeton University Press, Princeton, NJ, 1996

Il sistema globale ora è di gran lunga al di sopra della capacità di carico


Per evitare il collasso servirà un orizzonte temporale più lungo di quello fornito dall'attuale sistema

Il petrolio facile è andato


  • Le scoperte di petrolio hanno raggiunto il picco negli anni 60. 
  • Ogni anno dal 1984 il consumo di petrolio ha superato  le scoperte petrolifere.
  • Nel 2009 le scoperte sono state circa 5 miliardi di barili (mb), il consumo di 31 mb.
  • Dei 20 giacimenti di petrolio più grandi del mondo, 18 sono stati scoperti dal 1917 al 1968, 2 negli anni 70. Da allora nessun altro.


La produzione globale di petrolio si sta avvicinando alla fine del suo plateau


  • 1995 – 1999 + 5.5%
  • 2000 – 2004 + 7.9 %
  • 2005 – 2009 + 0.4 %  - dati dal Supplemento Statistico Internazionale – edizione 2010, IEA, pagina 18
  • 2010 – 2030 – 50%*

Proiezione da Petrolio greggio – Panoramica dell'offerta, Energy Watch Group, febbraio 2008, p. 12.

Dal 2012, la capacità di surplus di produzione petrolifera potrebbe sparire completamente e per il 2015, il deficit di produzione potrebbe raggiungere quasi i 10 miliardi di barili al giorno”. - Joint Forces Command degli Stati Uniti, Joint Operating Environment Report, febbraio, 2010.

“Il picco della produzione di petrolio potrebbe essere già arrivato” - Science, pagina 1510, Vol 331, 25 marzo 2011

Ora è essenziale metter più enfasi sull'aumento della resilienza del sistema. Ora è essenziale cominciare a cambiare comportamento.

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Mukerjee, M. 23 maggio 2012. Presto l'Apocalisse: la civiltà ha superato il punto di non ritorno ambientale? Scientific American.

Meadows sostiene che il collasso ora è del tutto inevitabile, ma che la sua forma effettiva sarà troppo complessa da prevedere per qualsiasi modello. “Il collasso non sarà alimentato da una singola causa identificabile che agisce simultaneamente in tutti i paesi”, osserva. “Si verificherà attraverso un complesso di istanze auto rinforzanti” - compresi cambiamento climatico, limitazioni delle risorse e iniquità socioeconomica. Quando le economie rallentano, spiega Meadows, vengono creati meno prodotti rispetto alla domanda e £quando i ricchi non riescono ad avere di più producendo ricchezza reale cominciano ad usare il loro potere per prendere dai segmenti inferiori”. Quando le scarsità montano e la disuguaglianza aumenta, rivoluzioni e movimenti socioeconomici come la Primavera Araba o Occupy Wall Street diventeranno più diffusi – come lo sarà la loro repressione.

Molti osservatori protestano che tali scenari apocalittici non tengono conto dell'ingegno umano. La tecnologia e i mercati risolveranno i problemi nel momento in cui si palesano, sostengono. Ma perché accada questo, asserisce l'economista Partha Dasgupta dell'Università di Cambridge nel Regno Unito, i decisori politici devono guidare la tecnologia con i giusti incentivi. Finché le risorse naturali sono a buon mercato in confronto al loro vero prezzo ambientale e sociale – finché, per esempio, i consumatori di automobili non pagano per le vite perse a causa di condizioni climatiche estreme causate dal riscaldamento da parte delle emissioni di carbonio dei loro veicoli – la tecnologia continuerà a produrre beni ad alta intensità di risorse e peggiorerà il fardello che pesa sull'ecosistema, sostiene Dasgupta. “Non ci si può aspettare che i mercati risolvano il problema”, dice. Randers va oltre, asserendo che il focus sul breve termine del capitalismo, e per esteso dei sistemi democratici, rende impossibile non solo per i mercati ma anche per gran parte dei governi affrontare efficacemente i problemi a lungo termine come il cambiamento climatico.

“Siamo in un periodo di continuo caos la cui grandezza non siamo in grado di prevedere”, avverte Meadows. Non perde più tempo a cercare di persuadere l'umanità dei limiti della crescita. Piuttosto, dice, “sto cercando di capire come le comunità e le città possano tamponare la situazione” contro l'inevitabile atterraggio brusco.

lunedì 28 settembre 2015

I Limiti della Crescita nell'Unione Sovietica e in Russia: storia di un fallimento

Da “Resource crisis”. Traduzione di MR



Qui sopra potete vedere la registrazione completa di una lezione del 2012 data a Mosca da Dennis Meadows, uno degli autori del rapporto sui “Limiti dello Sviluppo” del 1972. E' lungo, più di un'ora, se non avete il tempo di guardarlo tutto, vi suggerisco di andare al minuto 21 e guardare Dennis Meadows che mostra questo libro:



Si intitola “Unione Sovietica nel sistema globale”. Secondo Meadows, negli anni 80, Viktor Gelovani, primo autore del libro, ha adattato all'Unione Sovietica il modello del mondo usato per “I Limiti dello Sviluppo” e lo ha fatto girare, scoprendo che l'Unione Sovietica stava per collassare. Poi, Meadows dice “è andato dalla dirigenza del paese e ha detto: 'la mia previsione mostra che non avete alcuna possibilità. Dovete cambiare le vostre politiche'. E i dirigenti hanno detto: 'no, abbiamo un'altra possibilità: tu puoi cambiare la tua previsione'”. 

L'aneddoto di Meadows è di fatto confermato da Rindzevičiūtė, che ha scritto un eccellente articolo che racconta la storia completa. Viene fuori che non è vero che “I Limiti dello Sviluppo" è stato ignorato in Unione Sovietica, come potrebbe sembrare dai documenti disponibili in occidente. Lo studio dei “Limiti” è stato tradotto in russo, anche se è stato distribuito solo in circoli molti limitati (generando, a proposito, un florido mercato nero, come descrive a pagina 6 Rindzevičiūtė). Diversi scienziati sovietici conoscevano molto bene lo studio, avevano contatti coi loro autori e diversi di loro hanno fatto uno sforzo considerevole per avvertire la dirigenza dell'Unione che il sistema stava per collassare. Non hanno avuto un gran successo, come dice Meadows nella sua conferenza. 

Teoricamente, si può pensare che la dirigenza sovietica avrebbe potuto vedere “I Limiti dello Sviluppo” come uno strumento di pianificazione utile. In linea di principio, avevano alcuni modi di mettere in pratica le raccomandazioni ottenibili dai modelli per evitare il collasso. Ma così non è stato. La reazione della dirigenza sovietica è stata la stessa di quella dell'occidente. Sia i dirigenti sovietici che quelli occidentali erano del tutto legati al concetto di “crescita ad ogni costo” e refrattari ai cambiamenti. Quindi l'avvertimento è stato ignorato da entrambi i lati della cortina di ferro. 

Un altro elemento enormemente interessante di questa storia è il modo in cui mostra che il collasso sovietico è stato sistemico. E' stato causato dalle enormi spesi militari e burocratiche che il settore della produzione dell'economia non era in grado di sostenere. In altre parole, sembra chiaro che non è stato causato da Mishka Mecheny (il matto Gorbaciov) o da un piano malvagio dei servizi segreti occidentali (anche se entrambi potrebbero aver giocato un ruolo). Nel complesso, qui abbiamo una conferma notevole della forza predittiva della modellazione del mondo: negli anni 80 è riuscita a prevedere il collasso di un grosso pezzo dell'economia mondiale. Un altro pezzo, persino più grande, sta collassando in questo momento. 

Un ulteriore punto interessante proviene dall'esaminare se l'attuale dirigenza russa ha imparato qualcosa dall'esperienza della vecchia Unione Sovietica. Apparentemente no, perché oggi non sembra esistere un dibattito serio sull'esaurimento dei minerali in Russia. La maggior parte dei russi sembra essere convinta che le loro risorse minerali siano abbondanti e di potervi attingere a volontà nel prossimo futuro. Quindi, l'esaurimento non è un problema di cui si devono preoccupare. 

La conferenza di meadow conferma questa impressione. Anche senza fare attenzione a quello che dice Meadows, guardate le facce e la postura del corpo dei giovani fra il pubblico – vengono di tanto in tanto mostrati nel video. Posso dirvi che negli anni ho sviluppato un certo livello di capacità telepatiche nel comprendere i sentimenti del pubblico. E vi posso dire che gran parte degli studenti che ascoltano Meadows non gli credono affatto – o così sembra a me (anche una mia amica russa ha detto che questo è stata “la conferenza più noiosa che abbia mai sentito”). Notate anche le domande sciocche e marginali che gli studenti hanno posto a Meadows alla fine della conferenza. Lui gli ha raccontato dell'arrivo della fine del mondo e loro gli chiedono se è conveniente investire nelle società che producono acqua... Ma dai!

Ma la mancanza di comprensione dei limiti della crescita in Russia non è niente di speciale. E' la regola in tutto il mondo. In più, la Russia in questo momento è in piena modalità di emergenza e la principale priorità dei russi è quella di salvare la loro economia dagli attacchi esterni. Non si possono biasimare se non hanno (e, probabilmente, non ne hanno bisogno) il gruppo di Cassandre che abbiamo in occidente, gente con i capelli bianchi che continua a raccontare cose oscure e terribili in arrivo e che nessuno ascolta. 

Con o senza Cassandre, la situazione in Russia potrebbe non essere così male. Dmitry Orlov ha descritto in che modo l'economia sovietica fosse meglio attrezzata dell'economia di mercato dell'occidente per adattarsi e sopravvivere al tipo di collasso sistemico descritto da “I Limiti dello Sviluppo”. Le stesse considerazioni potrebbero valere per l'attuale sistema russo. Quindi il futuro, come sempre, è opaco, ma se mi chiedete quale sarà la prossima economia a collassare, non scommetterei che sarà quella russa.



domenica 2 marzo 2014

Edipo e i Limiti dello Sviluppo





Vi ricordate la storia di Edipo? L'oracolo di Delfi gli predice che ammazzerà suo padre e sposerà sua madre. Uno direbbe: una scemenza totale, no? E invece Edipo ci crede completamente, gli prende un accidente e si ingegna a far di tutto per far si che la profezia non si avveri, scappando il più lontano possibile dai suoi genitori (ovvero da quelli che lui credeva fossero i suoi genitori). Così, arriva a Tebe, dove finisce per sposare la regina della città. Dopo qualche anno, gli arriva la notizia che suo padre (ovvero quello che lui credeva essere suo padre) è morto. Tutto contento, Edipo si affretta a dichiarare che l'Oracolo di Delfi aveva sbagliato tutto. Proprio una bufala, vero? Peccato che non avesse fatto troppo caso al fatto che la regina di Tebe, che lui aveva sposato, beh, aveva proprio l'età giusta per essere sua madre. Fra le altre cose, inoltre, un po prima di sposare la regina, aveva ammazzato un tale che aveva proprio l'età giusta per essere suo padre. Insomma Edipo non era proprio un mostro di intelligenza: se veramente voleva dimostrare che la profezia era sbagliata, avrebbe dovuto fare più attenzione. Poi, sapete come va a finire la storia: Edipo aveva effettivamente ucciso suo padre e sposato sua madre!


E' curioso come ci siano dei punti di contatto fra la storia di Edipo e quella dei "Limiti dello Sviluppo." Vi ricordate lo studio del 1972? Quello che aveva previsto che se non si faceva niente per evitarlo, l'economia globale sarebbe collassata entro i primi decenni del ventunesimo secolo. Ovviamente, lo studio non era una profezia, non arrivava da un oracolo, e non si supponeva che ci entrassero di mezzo gli Dei per fare avverare le previsioni. Niente del genere, ma perlomeno su un punto, sia i denigratori come i sostenitori della bontà dello studio si trovavano d'accordo. Nessuno voleva che gli scenari peggiori si avverassero. Su questo, ragionavano un po' come Edipo che, anche lui, non voleva assolutamente che la profezia dell'oracolo si avveerasse.

Ma, mentre i sostenitori dello studio suggerivano delle strategie di sostenibilità per evitare il collasso, i denigratori si comportavano come Edipo pensando che, forse, se scappavano via lontano il collasso non sarebbe arrivato. Così hanno criticato e demonizzato lo studio per poi ignorarlo completamente. Qualche decennio dopo, notando che il collasso previsto non si era verificato, hanno tirato un sospiro di sollievo dichiarando che le previsioni dei "Limiti" erano sbagliate - proprio come quando a Edipo arriva la notizia della morte di suo padre (quello che lui credeva essere suo padre)

Peccato che sia Edipo come i denigratori dei "Limiti dello Sviluppo" abbiano cantato vittoria troppo presto. Oggi, sfortunatamente per noi, lo scenario "caso base" dello studio si sta rivelando sempre più come una profezia. Perlomeno, la crescita economica che ci aveva accompagnato fino ad oggi sta rallentando e ci sono dei segnali preoccupanti che stiamo per vedere quel collasso dell'economia planetaria che lo scenario "caso base" dei "Limiti dello Sviluppo" aveva previsto entro i primi decenni del ventunesimo secolo. Non era una profezia. Era solo una possibilità che avremmo potuto evitare se fossimo stati un po' più attenti. Non lo abbiamo fatto, e adesso ne stiamo subendo le conseguenze. Anche Edipo, d'altra parte, avrebbe dovuto stare in po' più attento a chi si sposava.




venerdì 19 agosto 2011

Heinberg sui "Limiti dello Sviluppo




Un video recente, sceneggiato e narrato da Richard Heinberg e basato sul suo libro "La fine della crescita"


La tesi di Heinberg è che la fine della crescita sia cominciata nel 2008 e che la cosiddetta "ripresa" sia solo un gioco di prestigio per mascherare, per un po', l'inevitabile declino. Tra le molte interessanti considerazioni, il video contiene un riferimento al libro del 1972 "I limiti dello sviluppo" (vedere al minuto 2.10) che viene definito essere stato "attaccato da economisti mainstream utilizzando sporchi trucchi retorici."

Sembra che, finalmente, stiamo assistendo alla graduale morte della vecchia leggenda che vuole che "I limiti dello sviluppo" sia stato solo un insieme di "predizioni sbagliate" inventate da un gruppo di scienziati pazzi. Stiamo cominciando a comprendere che lo studio non ha mai commesso gli errori che i critici gli attribuiscono; è solo il risultato di quegli "sporchi trucchi retorici" escogitati negli anni '70 e '80.

Ora, se la fine della crescita è iniziata nel 2008, come Heinberg dice, si tratta di un incredibile successo per lo studio de "I limiti dello sviluppo" e, in particolare, per lo scenario "caso base" che generò l'inizio del declino del sistema industriale entro i primi due decenni del 21 ° secolo. Le "predizioni" esatte non sono mai state l'obiettivo dello studio e la crisi in corso non deve necessariamente essere la fine del ciclo che iniziò con la rivoluzione industriale, più di due secoli fa. Nondimeno, è impressionante che gli autori dello studio avessero capito, già nel 1972, come una combinazione di esaurimento delle risorse e accumulo di inquinamento persistente stava per rallentare, e poi invertire, la crescita dell'economia mondiale. Si tratta, chiaramente, del fenomeno che stiamo vedendo oggi e che Heinberg descrive.

Su questo punto, si può anche vedere il mio libro" The Limits to Growth Revisited".


Traduzione dal post originale su "Cassandra's Legacy" di Alessandro Corradini

lunedì 12 febbraio 2018

I Limiti dei "Limiti dello Sviluppo"



Di Igor Giussani

16 novembre 2017

Qualche giorno fa su Facebook Fabio Saracino mi ha segnalato un’interessante intervista di un paio di anni fa a Dennis Meadows, che poi ho scoperto essere stata tradotta in italiano da Massimilano Rupalti e pubblicata sul blog Effetto Cassandra di Ugo Bardi. Per chi non lo sapesse, Dennis Meadows è uno dei tre ricercatori del MIT – insieme alla moglie Donella Meadows, scomparsa prematuramente nel 2001, e a Jorgen Randers – autori della ricerca commissionata dal Club di Roma e poi pubblicata sotto forma di libro con il titolo di The limits to growth (I limiti dello sviluppo nell’edizione italiana). Ho trovato molto interessante l’intervista perché, a mio giudizio, sintetizza perfettamente sia le grandi intuizioni che i limiti del pensiero ecologico legato al Club di Roma.

Per quanto riguarda i meriti, probabilmente non basterebbero centinaia di pagine per rendere onore agli sforzi del team del MIT: sono stati veri e propri pionieri della dinamica dei sistemi, implementando un sistema di analisi che ancora oggi per la sua raffinatezza viene scarsamente compreso da gran parte della scienza ancorata a paradigmi tradizionali. Dopo essere stati oggetto di innumerevoli critiche – spesso volgari e violente – alla fine è venuto fuori che le loro previsioni erano corrette; rimando al capitolo ‘Limiti dello sviluppo o dell’intelligenza?’ di Insostenibile. Le ragioni profonde della decrescita. dove ho cercato di confutare l’insensatezza di gran parte delle denigrazioni ricevute. In questa sede, riporto semplicemente una frase dell’intervista che dimostra come il pensiero di Meadows sia una spanna sopra l’ecologismo convenzionale:

Supponiamo di avere il cancro e che questo cancro causi febbre, mal di testa ed altri dolori. Non sono questi il problema reale, è il cancro il problema! Comunque, proviamo a curarne i sintomi. Nessuno spera di sconfiggere il cancro con quelle cure. I fenomeni come il cambiamento climatico o le carestie sono semplicemente sintomi della malattia di questo pianeta, il che ci riporta inevitabilmente alla fine della crescita.
Il ‘cancro del pianeta’, ovviamente è la ricerca della crescita continua su di un pianeta finito, tema molto caro a noi decrescenti.

Anche la successiva constatazione è particolarmente degna di nota:
Lavoriamo solo sugli aspetti tecnici ma trascuriamo del tutto il fattore relativo alla popolazione e crediamo che il nostro standard di vita migliorerà o almeno rimarrà invariato. Ignoriamo la popolazione e gli elementi sociali dell’equazione, e ci focalizziamo totalmente sulla soluzione degli aspetti tecnici del problema. Falliremo, perché la crescita della popolazione e gli standard di vita sono molto più rilevanti di tutto quanto possiamo risparmiare con una migliore efficienza o con le energie alternative. Pertanto, le emissioni di CO2 continueranno a salire. Non ci sarà soluzione al problema dei cambiamenti climatici se non affronteremo i fattori sociali che ne sono alla base.
A dirla tutta, il pensiero ecologico ispirato a I limiti dello sviluppo – che a torto o a ragione potremmo definire ‘malthusiano’ – ha per lo più totalmente ignorato la questione degli elementi sociali nella problematica ecologica; anzi, ricollegandomi all’ultimo pezzo che ho scritto per DFSN Aboliamo l’umanità, le responsabilità sono state per lo più ricercate in presunte caratteristiche intrinseche al genere umano. Dai prossimi estratti dell’intervista si evince chiaramente come Dennis Meadows non si discosti da lì:
E’ il problema fondamentale. Se in un villaggio chiunque può pascolare il suo gregge su un prato rigoglioso (aperto a tutti, N.d.T.) – chiamato in inglese arcaico “Commons” – entro poco tempo ne beneficeranno soprattutto quelli che scelgono di avere più bestiame. Ma se si va avanti in quel modo troppo a lungo, l’erba finisce e con quella tutto il bestiame…
Dovrebbe cambiare la natura dell’uomo. Siamo tuttora programmati come 10.000 anni fa. Visto che uno dei nostri antenati poteva essere attaccato da una tigre, non si poteva preoccupare del futuro ma solo della propria sopravvivenza. La mia preoccupazione è che, per motivi genetici, non siamo adatti a fare i conti con problemi di lungo termine come i cambiamenti climatici. Fino a che non impareremo a farlo, non ci sarà modo di risolvere problemi simili. Non c’è niente che possiamo fare. La gente dice sempre: “Dobbiamo salvare il pianeta”. No, non dobbiamo.
E’ curioso come, nelle visioni malthusiane, l’entità ‘uomo’ compaia solo nelle versioni ‘cavernicolo’ e ‘industrializzato’, ignorando completamente svariati millenni di storia. Nella prima parte della citazione Meadows fa chiarimente riferimento alla cosiddetta ‘tragedia dei Commons’ di Garret Hardin, omettendo anch’egli il non trascurabile fatto che tale situazione si verifica solo se la mentalità industriale della crescita esponenziale si sostituisce a quella della conservazione che ha caratterizzato per secoli la gestione dei commons. Se esaminiamo le società umane prima dell’avvento dell’industrializzazione, spesso esse erano totalmente concentrate sul futuro; Jeremy Rifkin in Entropia e Donella Meadows (pensatrice che ritengo superiore al suo pur ottimo marito) in Thinking Systemshanno fatto un parallelo tra i proverbi della tradizione contadina e dell’economia domestica con le leggi della termodinamica, evidenziando come la saggezza popolare spesso non sia altro che una versione molto semplificata e grossolana di complessi concetti della fisica. Le civiltà contadine vantavano una genetica diversa dalla nostra? Ne dubito, più probabile che fosse radicalmente diversa la cultura che influenzava la visione del mondo. E se c’è stato un certo interesse per lo studio dell’ascesa e del declino di grandi civiltà del passato, perché sono state quasi completamente ignorate quelle società – come i masi alpini o l’isola di Tikopia, per fare un paio di esempi – le quali sono state capaci di efficaci politiche di restrizione dei consumi e addirittura di controllo demografico? Perché, invece di tirare in ballo a sproposito la genetica, non si è investigato sui rapporti di potere che hanno consentito l’instaurarsi di pratiche talmente virtuose a fronte di scarse o nulle nozioni di ecologia?

Nella parte finale dell’intervista, Meadows si produce in una breve riflessione politica, definendo la democrazia “un esperimento socio-politico molto giovane” che “produce soltanto crisi che non è in grado di risolvere”, paventando l’ipotesi dell’avvento di una rigida dittatura che si faccia carico di affrontare le emergenze ambientali. Personalmente, ritengo che su questo versante sia più attendibile un altro noto esponente del mondo ecologista, l”arcidruido’ John Michael Greer. Nel libro La lunga caduta (in corso di traduzione e pubblicazione per Lu::Ce edizioni) rimarca il fatto che le attuali forme politiche statuali, presentino esse caratteristiche elettorali o dittatoriali, traggono la forza – e di conseguenza anche la debolezza – dallo smisurato approvigionamento energetico reso disponibile dai combustibili fossili e dal petrolio in primis, cioé qualcosa che non può sopravvivere al picco degli idrocarburi, oramai alle porte. Ecco quindi che, invece della ‘oligarchia elettorale’ (così Greer definisce la liberaldemocrazia) o di improbabili fascismi ecologici, potrebbe aprirsi la porta per una riscoperta della democrazia basata su organizzazioni di prossimità e mutuo-aiuto alla maniera delle comunità cittadine nordamericane descritte mirabilmente da Tocqueville in Democrazia in America, quelle che propugnavano un american way of life incentrato sul senso della misura ben diverso dal consumismo esploso nei ‘ruggenti anni Venti’ e proseguito nelle sue degenerazioni fino a oggi. Possibile che questo recupero della dimensione comunitaria e diretta della politica, invece del meccanismo della delega, alla maniera delle riunioni claniche di Tikopia, possa servire per attuare quelle strategie decisive contro il collasso ambientale che oggi sembrano tanto inattuabili?

Solo il futuro potrà dircelo. E’ invece certo che la scienza legato alla studio dei limiti dello sviluppo è uno strumento prezioso e fondamentale per comprendere il mondo e capire che cosa possiamo ragionevolmente permetterci in termini materiali e che cosa no, ma si tratta di uno strumento tecnico che non può funzionare da guida morale o da motore di cambiamenti politici (almeno di quelli auspicabili). Non a caso, Donella Meadows parlava della necessità della ‘visione’, avendo purtroppo capito che ‘tirare a campare’, sopravvivere per sopravvivere, non sono incentivi né per sostenere grandi cambiamenti sociali né per giustificare l’esistenza personale, come dimostrano purtroppo i numerosi casi di suicidio di persone che non riescono a dare un senso alla propria esistenza. Per quanto possa sembrare un imperativo categorico senza appello, anche ‘salvare il pianeta per salvare il pianeta’ potrebbe dimostrarsi solamente un ottimo incentivo per pessimi propositi.

Forse, se oltre agli indispensabili approcci alla sostenibilità si discutesse sul senso di una società che, tanto aumenta la sua distruttività sulla biosfera, tanto più si rivela autoreferenziale (crescita per la crescita, lavorare per lavorare, ecc) allora potremmo trovare la base per quella quadratura del circolo che oggi sembra tanto lontana tra scienza ecologica e cambiamento sociale. Riscoprire una dimensione che sappia riscoprire un controllo sulla propria esistenza e sulla propria comunità contro l’alienazione da megamacchina potrebbe rivelarsi un potente incentivo. A tale scopo sarebbe altresì opportuno mettere da parte un armamentario socio-biologico deterministica che puzza di stantio e ragionare sulla formazione dei modelli mentali del mondo, che occupano un ruolo di primo piano nell’analisi de I limiti dello sviluppo ma che sembrano essere stati completamente ignorati da alcuni suoi presunti estimatori.

“Senza una forte ventata di opinione pubblica mondiale, alimentata a sua volta dai segmenti più creativi della società – i giovani e l”intellighenzia’ artistica, intellettuale, scientifica, manageriale – la classe politica continuerà in ogni paese a restare in ritardo sui tempi, prigioniera del corto termine e d’interessi settoriali o locali, e le istituzioni politiche, già attualmente sclerotiche, inadeguate e ciò non pertanto tendenti a perpetuarsi, finiranno per soccombere. Ciò renderà inevitabile il momento rivoluzionario come unica soluzione per la trasformazione della società umana, affinché essa riprenda un assetto di equilibrio interno ed esterno atto ad assicurarne la sopravvivenza in base alle nuove realtà che gli uomini stessi hanno creato nel loro mondo” . (Aurelio Peccei)



martedì 15 gennaio 2019

Epistemologia di un Impero morente: la crescita può durare per sempre ?

Da "Cassandra's Legacy". Traduzione dall'Inglese di

DI UGO BARDI



Recentemente, Michael Liebreich ha pubblicato un articolo dal titolo “The Secret of Eternal Growth” (Il segreto dell’eterna crescita). Ho pensato e ripensato all’idea se fosse appropriato spendere del tempo a parlare di un altro miscuglio di leggende, inclusa quella che è ormai un classico, gli “errori” che il Club di Roma si dice abbia fatto nel suo rapporto del 1972, “Rapporto sui limiti dello sviluppo”.  Alla fine, ho deciso che valeva la pena fare questo post, non tanto perché il post di Liebreich è sbagliato o ridicolo, ma perché illustra un punto essenziale della nostra civiltà: chi, e come, prende le decisioni ? E su che basi ?

Alla fine, penso che abbiamo un problema di epistemologia, la domanda sulla natura della conoscenza. Per poter prendere decisioni, si deve sapere cosa si sta facendo, almeno in linea di principio. In altre parole, è necessario un “modello” di realtà per essere in grado di agire. Fu Jay Forrester, padre della dinamica dei sistemi e artefice del “Rapporto sui limiti dello sviluppo” , a evidenziarlo. (World Dynamics, 1971, p. 14)

“Tutti utilizzano dei modelli, sempre. Ogni persona nella sua vita pubblica e privata ricorre a dei modelli per prendere decisioni. L’immagine mentale del mondo, che possiede ciascun individuo nella mente, è un modello. Uno non ha una famiglia, un’azienda, una città, un governo o un paese nella sua testa, ma solo idee selezionate e rapporti che usa per rappresentare il sistema reale.”

La grande domanda è da dove vengono queste “idee selezionate”. La mia impressione è che nella mente dei nostri leader ci sia un accozzaglia di idee e concetti innestati dai messaggi casuali che vengono dai media. I nostri leader non usano modelli quantitativi per prendere decisioni, ma solo sensazioni e capricci. È così che nasce un’idea come Make America Great Again.

Il punto è che sembra esistere una certa convergenza di idee e concetti nella mediasfera. In qualche modo, il consenso tende a comparire e ad essere rafforzato dalla ripetizione. Così i capi mondiali tendono a presumere l’esistenza di verità evidenti di per sé, come ad esempio che la crescita economica sia sempre una cosa buona.

L’articolo di Liebreich è un buon esempio di questo processo. Abbiamo un articolo scritto da una persona influente: è collaboratore anziano del Bloomberg, e anche ingegnere. Ciò che è più deprimente è il fatto che sia basato su idee raffazzonate, interpretazioni superficiali, mezze verità e leggende. Per esempio, leggiamo nell’articolo che:

“… un gruppo di ambientalisti preoccupati che si fanno chiamare Club di Roma invitò uno dei decani del nuovo campo della simulazione al computer, Jay Forrester, a creare una simulazione del mondo dell’economia e la sua interazione con l’ambiente. Nel 1972 la sua meravigliosa scatola nera produsse un altro best-seller, “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, che si proponeva di dimostrare che quasi ogni combinazione dei parametri economici finisce non solo con un rallentamento della crescita, ma con un fallimento e il collasso. Questa scoperta, così congeniale al modello dei commissari, derivava completamente da errori nella sua struttura, come segnalato da un giovanissimo professore di economia di Yale, William Nordhaus.”

Notare come Leibreich fornisce un riferimento bibliografico al “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, ma nessuno agli “errori nella struttura” segnalati dal “giovanissimo” William Nordhaus. La verità è che nel 1973 Nordhaus scrisse un articolo criticando Forrester e Forrester rispose con un altro articolo, difendendo il suo approccio. È assolutamente legittimo pensare che Nordhaus abbia ragione e Forrester torto, ma non che i cosiddetti “errori” nel modello siano un fatto assodato. Ho discusso questa storia nel mio libro, The Limits to Growth Revisited e in un recente post su “Cassandra’s legacy”. In sostanza, Liebreich riporta una leggenda senza troppo preoccuparsi di verificarla.

Ci sono molte altre cose in Liebreich che possono essere criticate in termini di errori, attacchi personali, interpretazioni sbagliate, e altro (si veda anche il giudizio critico da parte di Tim Jackson). Ma il punto è come le idee siano lanciate nella mediasfera e lì galleggino, per essere raccolte dalle menti umane come i virus dell’influenza che fluiscono nell’aria. Qui la tesi di Leibreich sembra avere una certa influenza perché è presentata sapientemente: in pratica ci dice che si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Dice che il genere umano può continuare a crescere e diminuendo anche il suo impatto sull’ambiente. È come dire a qualcuno dipendente dall’eroina che l’eroina fa bene alla salute e va bene continuare ad usarla perché il processo tecnologico renderà possibile avere lo stesso effetto, o addirittura maggiore, con una dose minore. Questo è ciò che un tossicodipendente vuole sentirsi dire, ma non funziona così il mondo.

La stessa cosa è vera per i nostri leader e per tutti noi. Tendiamo a fare scelte sulla base di ciò che ci piace, non in base a come stanno le cose. La malattia dell’Impero, infine, è solo una pessima epistemologia.


domenica 4 settembre 2011

Effetto Seneca: perchè il declino è più rapido della crescita


"Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostribeni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece,l'incremento è graduale, la rovina precipitosa.”
Lucio Anneo Seneca, Lettera a Lucilius, n. 91

Da "Cassandra's Legacy", Traduzione di Andrea Schenone e Massimiliano Rupalti



Non vi capita mai, di tanto in tanto, di trovare qualcosa che sembra avere molto senso ma non sapete dire esattamente perché? Per lungo tempo ho avuto in mente l'idea che quando le cose cominciano ad andar male, vanno male alla svelta. Potremmo chiamare questa tendenza “Effetto Seneca” o il “dirupo di Seneca”, dallo scritto di Lucio Anneo Seneca che scrisse che “l'incremento è graduale, la rovina precipitosa”.

Potrebbe essere che è proprio il dirupo di Seneca quello che stiamo affrontando ora? Se fosse così, saremmo davvero nei guai. Con il picco della produzione di petrolio arrivato (o vicino) è dura pensare che vedremo un dolce pendio in discesa dell'economia. Piuttosto, potremmo vedere un declino così rapido che potremo chiamarlo solamente “collasso”. I sintomi ci sono tutti, ma come provare che questo è quello che realmente ci aspetta? Non è abbastanza citare un filosofo romano vissuto duemila anni fa. Abbiamo bisogno di capire quali fattori potrebbero condurci a cadere più velocemente di quanto siamo cresciuti fino ad ora. Per questo, abbiamo bisogno di elaborare un modello e vedere come i vari elementi del sistema economico potrebbero interagire fra loro per generare il collasso.

Ho lavorato su questa idea per un bel po' e adesso penso di poter realizzare un modello del genere. Questo è ciò di cui tratterà il resto di questo post. Vedremo che un dirupo di Seneca può effettivamente essere parte del nostro futuro se continuiamo ad agire come abbiamo agito finora (e probabilmente lo faremo). Ma entriamo nei dettagli.


Modelli di crescita e declino

Il paradigma di tutti i modelli di crescita e declino è il modello di Hubbert. Qui è come apparve la prima volta in un saggio pubblicato da Marion King Hubbert nel 1956 dove mostrava le sue previsioni per il petrolio greggio nei 48 stati più meridionali degli Stati Uniti.


Se siete interessati a questo argomento, probabilmente avrete visto questa figura molte volte e saprete anche che funziona bene come predizione. La produzione di petrolio negli Stati Uniti raggiunse il picco quando Hubbert disse che lo avrebbe fatto, nel 1970. Il modello di Hubbert è mostrato qui perché è una buona descrizione di molti casi storici di regioni produttrici di petrolio, come riportato, per esempio da Adam Brandt nel suo saggio del 2007 "Testing Hubbert". Funziona non solo per il petrolio, ma anche per altre risorse minerali e per risorse biologiche lentamente rinnovabili come le balene (Bardi, 2007).

Possiamo prendere il modello di Hubbert come primo passo per la descrizione di un sistema economico basato sullo sfruttamento di risorse non rinnovabili. L'idea che c'è sotto il modello è che lo sfruttamento comincia con le risorse a più alto ritorno economico. Poi, l'esaurimento lentamente forza l'industria a spostarsi verso ritorni minori. I profitti crollano e la capacità dell'industria di investire in nuove estrazioni crollano di conseguenza. Questo rallenta la crescita e, alla fine, causa il declino della produzione (Bardi et al., 2010). Quindi è un modello molto generale che è in grado di descrivere non solo casi locali ma l'intera civiltà. La maggior parte delle civiltà agricole del passato erano basate su risorse esauribili e suolo fertile come ho scritto in un mio post nel 2009.

Tuttavia, il modello di Hubbert non genera l'effetto Seneca. Non solo la curva di produzione è normalmente ritenuta simmetrica, ma ci sono diversi casi storici nei quali è inclinata all'indiero; qualcosa che si potrebbe chiamare l'effetto “Anti-Seneca”. La prevalenza di questi casi nella produzione di petrolio portò Brandt (2007) a sostenere che (p. 27) ".... non esistono prove nei dati storici che i tassi di declino siano generalmente più evidenti dei tassi di crescita. Questo dovrebbe essere preso come una buona notizia per coloro che sono preoccupati da un veloce declino della produzione che causerebbe un'ulteriore rottura oltre a quella già anticipata per la transizione dal petrolio convenzionale ai sostituti del petrolio convenzionale”.

Bene, ma c'è un problema. I risultati riportati da Brandt sono tutti riferiti a casi regionali e non potrebbe essere altrimenti. Ma in un caso regionale, quando i costi di estrazione aumentano gli operatori si spostano semplicemente dove i costi sono più bassi. Cosa accade quando non ci sono nuove regioni verso cui spostarsi? Ovvero, cosa accade quando esaminiamo l'andamento globale? Si smette semplicemente di estrarre come implicitamente postulato nel modello di Hubbert o si prova a farlo più intensamente? E nel secondo caso, cosa succede?

Naturalmente, non abbiamo dati storici riferiti al ciclo completo della produzione di petrolio di tutto il mondo. Ma esistono modelli che sono più sofisticati di quello di Hubbert e che possono dirci di più sugli andamenti globali. Uno di questi è “World3”, il modello usato nello studio “I Limiti dello Sviluppo”, originariamente pubblicato nel 1972. Il modello è basato su ipotesi non dissimili da quelle che stanno alla base del modello di Hubbert (Vedete questo mio post dove confronto i due modelli), ma considera l'economia mondiale nel suo complesso. Qui sotto abbiamo i risultati per lo scenario “caso base” della versione del 2004.




Qui, vediamo chiaramente che le curve della produzione di cibo e della produzione industriale sono inclinate in avanti. E' l'effetto Seneca; qualcosa che sembra essere una tendenza generale di questi modelli. Per una visione ancora più chiara di questa tendenza, ecco un grafico proveniente dalla copertina principale dell'edizione del 2004 de “I Limiti dello Sviluppo”.





Ora, cos'è che crea l'effetto Seneca in un modello complesso come “World3” ma non in uno più semplice come quello di Hubbert? Per poter comprendere questo punto, proverò ora a costruire modelli del mondo semplici (“a portata di mente”) per vedere quali parametri siano la causa delle curve che pendono in avanti. Vedremo che l'asimmetria è causata principalmente da un fattore che possiamo chiamare “inquinamento”.


Modelli del mondo a portata di mente (Mind sized)


"Mind Sized" è un termine inventato da Seymour Papert nel suo libro “Mind Storms” (Tempeste Mentali, 1980). L'idea è che, per convincersi che un certo fenomeno sia reale, o che potrebbe realmente accadere, c'è bisogno di capire cosa lo rende reale. A questo scopo, il modello deve essere abbastanza semplice da permettere che ce ne si possa fare una ragione all'interno delle nostre menti. Questo era uno dei problemi dello studio “I Limiti dello Sviluppo” nel 1972; il modello era così complesso che la gente tendeva a non credere ai suoi risultati, principalmente perché non capiva come funzionasse il modello, come analizzo nel mio libro su questo argomento (Bardi 2011). Così, vediamo se possiamo realizzare dei modelli del mondo a portata di mente, cercando di esplicitare le loro relazioni con la termodinamica. Questo era il nocciolo della conferenza che ho tenuto in Spagna quest'anno, Entropia, Picco del Petrolio e Filosofia Stoica.

Per costruire questi modelli, userò la “dinamica dei sistemi” (System dynamics), lo stesso metodo usato per lo studio de “I Limiti dello Sviluppo”. E' un metodo di simulazione basato sulla descrizione di sistemi composti come “riserve” collegate l'una con l'altra da “flussi” e controllate da “valvole”. L'esempio classico di questo tipo di sistemi è quello della vasca da bagno. La vasca è la riserva; la possiamo riempire per mezzo di un flusso d'acqua oppure la possiamo svuotare lasciando fuoriuscire l'acqua da dentro. E' chiamato “dinamica della vasca da bagno” ad è possibile leggere un bel saggio su questo tema di Linda Sweeney e John Sterman. Non dovrebbe essere necessario dire che una vasca da bagno deve obbedire alle leggi della fisica, ma a volte lo è. Bisogna ricordare che la massa dev'essere conservata in modo da capire come una vasca si riempia o si svuoti. Più in generale, l'energia deve essere conservata – questa è la prima legge della termodinamica. Bisogna anche ricordare la seconda legge della termodinamica che dice che qualsiasi cosa accada spontaneamente, l'entropia deve aumentare. In definitiva, il fatto che l'acqua fuoriesca dallo scarico di una vasca da bagno ha a che vedere con l'aumento dell'entropia dell'universo.

Così, proviamo a fare un modello semplice e a portata di mente che descriva come un sistema economico sfrutta una risorsa non rinnovabile. Cominciamo con una riserva che chiamiamo “Risorse”. Assumiamo che sia una riserva di energia sulla base dell'idea che l'energia può essere trasformata in altri tipi di risorse (come i metalli) ma non il contrario. La risorsa potrebbe essere, per esempio, “petrolio greggio”, che è la risorsa principale sulla quale si basa la nostra civiltà. Poi, abbiamo un altro contenitore che chiamiamo “Capitale” che rappresenta l'energia stoccata in forme utilizzabili. Potremmo dire che questa riserva è una sezione dell'economia; chiamarla “l'industria del petrolio” o che rappresenta un'intera civiltà. Poi disegniamo i flussi di energia dalla riserva di risorse alla riserva di capitale ed alle dissipazioni sotto forma di calore a bassa temperatura, come prevede la seconda legge della termodinamica. Ed ecco il modello.



Questo è lo stesso modello che ho mostrato in post precedenti (per esempio qui,) ma qui l'ho girato di 90 gradi in modo da enfatizzare il fatto che l'energia va "verso il basso" da potenziali termodinamici più alti verso potenziali termodinamici più bassi, proprio come fa l'acqua in una vasca da bagno o in una fontana. A differenza del caso di una fontana o una vasca da bagno, qui il flusso è governato dal feedback; le risorse si trasformano in capitale in proporzione all'ammontare sia delle risorse sia del capitale. Notate anche che la risorsa decade in parte senza produrre niente (Rate3). Questo è dovuto all'inefficienza del processo produttivo, immaginatevi come esempio le perdite di petrolio nel mare o il gas naturale bruciato alla bocca del pozzo.

Come vedete, la curva di produzione (Rate1 nella figura) è a campana e simmetrica. Infatti, questo modello è equivalente a quello di Hubbert (Bardi and Lavacchi 2009).Il problema è che potete giocherellare quanto volete con il modello, cambiando i valori delle tre costanti; ma le curve non mostreranno l'effetto Seneca; ovvero, la discesa non sarà più veloce della salita. Allora, ci manca qualcosa?


Sembra che, in effetti, ci manchi un elemento che, invece, è presente nei modelli di mondo dello studio "I limiti dello sviluppo". Ciò che ci manca è l'inquinamento o, per meglio dire, gli effetti dell'inquinamento. Nel modello semplice descritto sopra, l'energia degradata è dissipata nello spazio in modo innocuo: non ha alcun effetto sugli altri elementi del modello. Ma sappiamo che, nel mondo reale, questo non è vero. L'inquinamento ha un costo: devono essere spesi denaro e risorse per combatterlo, sia esso l'avvelenamento delle acque o dell'aria o siano effetti come il riscaldamento globale.

Al fine di simulare gli effetti dell'inquinamento, possiamo definirlo come un terzo blocco che drena energia dal capitale sociale in proporzione alle dimensioni sia del capitale sia della quantità di inquinamento. Si noti che, poiché ci sono diverse costanti, ho raggruppato con il nome di "l" (dal termine “loss" (perdita in inglese)), quelle che vanno direttamente da un blocco allo spazio esterno (l1, l2, l3). Ho usato la lettera "k" per i flussi che vanno da un blocco all'altro. Ecco il modello. Vi sto mostrando un esempio di output in cui ho scelto i parametriche mettono in risalto l'effetto Seneca.


I parametri per questo esempio sono k1=0.03. k2=0.3, l1=0, l2=0.01, l3=0.015, Risorse (t0)=1, Capitale(t0) =0.001, Inquinamento(t0)=0.001

Questa è la curva della produzione, per un altro esempio.


Quindi, il modello può generare una curva di produzione di “tipo Seneca” che mostra chiaramente il "dirupo di Seneca". Sale lentamente, poi crolla rapidamente. Come dice Seneca, "la via verso la rovina è rapida."

Ora, possiamo dire a parole ciò che genera il dirupo Seneca? Sì, possiamo. Funziona in questo modo: in primo luogo, considerate che l'effetto dell'inquinamento è quello di drenare capitale economico. In secondo luogo, considerate che il blocco dell'inquinamento cresce alimentandosi dal blocco dell'economia - quindi deve aspettare che l'economia sia cresciuta prima che possa crescere. E' questo ritardo che causa un aumento della quantità di energia sottratta all'economia quando il processo va avanti. Poiché la dimensione della riserva dell'economia determina il tasso di produzione, vediamo anche che il parametro scende rapidamente dopo il picco. Questa è l'essenza dell'effetto Seneca.

Vediamo ora più in profondità il modello. Che cosa è esattamente questo "inquinamento" che causa così tanti problemi? E' quello che gli autori di "I limiti dello sviluppo" chiamarono "inquinamento persistente" per mostrare che si tratta di qualcosa di diverso dalla radiazione infrarossa che scompare innocua nello spazio. E' un concetto molto generale che comprende tutto ciò che è generato dal capitale e sottrarrà risorse dal capitale. Il disastro di Fukushima è un buon esempio di inquinamento che torna a colpire l'industria che lo ha prodotto. Potrebbe essere l'avvelenamento dell'aria o dell'acqua. Potrebbe essere il riscaldamento globale e potrebbero essere anche delle guerre. Le guerre sono grandi produttrici di inquinamento e una guerra nucleare produrrebbe un effetto di Seneca quasi istantaneo.

Ora che abbiamo capito come funziona il modello, possiamo tornare allo studio di Brandt e spiegare perché nella maggior parte dei casi storici le curve di produzione di petrolio sono simmetriche o mostrano forme "anti-Seneca". Abbiamo detto che l'effetto Seneca è generato dall'inquinamento; quindi, questo risultato significa che l'estrazione del petrolio non produce inquinamento? Niente affatto, naturalmente. Significa solo che coloro che estraggono il petrolio non devono pagare per l'inquinamento che producono. Per fare un esempio pratico, nel caso di estrazione del petrolio dai 48 stati meridionali degli USA, l'inquinamento persistente ha soprattutto preso la forma di CO2 e altri gas ad effetto serra aggiunti l'atmosfera. Questo è un fattore che non ci ha ancora colpito, ma, alla fine, qualcuno dovrà pagare per i danni fatti sotto forma di riscaldamento globale. Quando arriverà il conto - e sta arrivando il momento - potremmo scoprire che è più costoso di quello che possiamo permetterci di pagare.

Potrebbe il progresso tecnologico salvarci dal dirupo Seneca? Beh, non automaticamente. In realtà, potrebbe rendere la discesa più ripida! Un modo per simulare la tecnologia è di assumere che le costanti nel modello non siano costanti, ma che varino con il procedere del ciclo. Per esempio, un aumento del valore della costante "k1" corrisponde ai miglioramenti tecnologici nella capacità di sfruttare la risorsa. Questo aumenterà la quantità totale prodotta alla fine del ciclo, ma genererà anche una caduta più ripida dopo il picco, come ho discusso in un mio lavoro (Bardi 2005). Un'idea più interessante sarebbe quella di modificare il modello rendendo la costante "K2" gradualmente più piccola. Questo simulerebbe lo sviluppo di tecnologie che riducono la produzione di inquinamento. In altre parole, il modello ci dice che una "produzione pulita" è una buona idea, nel senso che tenderebbe a rendere il ciclo produttivo più simmetrico.

Si potrebbero provare altri modi per modificare il modello, per esempio aumentando la sua complessità con l'aggiunta di ulteriori blocchi. Che ne direste di un blocco "burocrazia" che si accumula e poi dissipa energia? Beh, si comporterà esattamente come la riserva dell'"inquinamento", forse potremmo dire che la burocrazia è una forma di inquinamento. Per inciso, comunque, con questo stock aggiunto il modello diventa più simile al modello di Tainter che dice che le civiltà declinano e collassano a causa di un aumento della complessità che porta più problemi che benefici. Se continuiamo ad aggiungere sempre più elementi al modello, alla fine si arriva a qualcosa che può essere simile al modello "World 3" utilizzato nello studio de "I limiti dello sviluppo". Abbiamo visto in precedenza che questo modello genera proprio curve inclinate in avanti.

Ci sono molti modi per modificare questi modelli e l'effetto Seneca non è l'unico risultato possibile. Giocherellando con le costanti si può anche generare il comportamento opposto, cioè la curva "anti-Seneca", con il declino più lento della crescita. Come ci si può aspettare, questo avviene utilizzando costanti che riducono al minimo l'accumulo di inquinamento persistente. Ma, in generale, l'effetto Seneca è una caratteristica "robusta" di questo tipo di modelli e viene fuori per una certa varietà di ipotesi. Si può ignorare il dirupo Seneca a proprio rischio.

Esempi storici

Abbiamo esempi storici dell'effetto Seneca? Si, molti, ma non molti per i quali abbiamo dati quantitativi. La civiltà romana, per esempio, ha richiesto circa sette secoli per arrivare al picco e quasi tre secoli per cadere, almeno nella sua parte occidentale (e Seneca stesso può avere percepito il declino romano a suo tempo). Tuttavia, i dati che abbiamo su parametri quali la popolazione romana non sono abbastanza buoni per vedere l'effetto nella forma di una curva inclinata in avanti. Sembra che abbiamo tali dati, invece, per la civiltà Maya. Ecco un immagine tratta da Dunning et al (1998) La scala orizzontale è molto lunga: 10000 anni dal confine tra Pleistocene e Olocene.


In questo caso, l'inquinamento prende la forma di erosione del suolo che drena risorse di capitale e genera il collasso della popolazione. Dobbiamo stare attenti a questa interpretazione, perché alcuni altri autori ritengono che il crollo Maya sia stato causato dai cambiamenti climatici. Ma il modello del mondo sviluppato qui sembra essere compatibile con i dati storici.

Per qualcosa di più vicino a noi, qui c'è una figura presa dall'articolo di Dmitry Orlov "Il Picco del Petrolio è Storia Passata". Qui si fa vedere la produzione russa di petrolio.



L'Unione Sovietica era un'economia quasi chiusa prima di crollare: un "mini-mondo" in sé. Notiamo come la produzione di petrolio russo sia scesa rapidamente dopo il picco; un classico dirupo Seneca. Si noti inoltre come la produzione ripresa in seguito. Ad un certo punto, l'Unione Sovietica cessò di esistere come un sistema isolato economico e entrò a far parte del sistema economico di tutto il mondo. A quel punto, il semplice modello che abbiamo usato non funziona più, probabilmente perché la riserva di capitale ha ricevuto un afflusso di risorse proveniente da una regione al di fuori del modello.

Conclusione: un banchetto di conseguenze

Molto spesso, non riusciamo a capire gli effetti ritardati delle nostre azioni. John Sterman ci ricorda questo punto in un intervento sul riscaldamento globale in cui cita Robert Louis Stevenson : "Tutti, prima o poi, si siedono a un banchetto di conseguenze". I modelli mostrati qui ci dicono che il dirupo Seneca è il risultato delle conseguenze ritardate delle nostre azioni.

Come sempre, il futuro è qualcosa che noi costruiamo con le nostre azioni ed i modelli possono solo dirci che tipo di azioni ci porterà, alla fine, ad un certo risultato. Utilizzati in questo modo, i modelli possono essere estremamente utili e possono anche essere applicati a sistemi che sono molto più limitati di un'intera civiltà, ad esempio a una singola azienda o ai nostri rapporti personali con gli altri. In tutti i casi, l'effetto Seneca sarà il risultato del fatto che provare a mantenere con la forza le cose come stanno può esaurire rapidamente la risorsa che mantiene il sistema funzionante: sia che si tratti di una risorsa fisica sia di una riserva di buona volontà. Il modo per evitare questo esito potrebbe essere quello di consentire al sistema di andare dove vuole, senza tentare di forzarlo ad andare come vogliamo che vada. In altre parole, abbiamo bisogno di prendere le cose della vita con qualche stoicismo, come Seneca stesso avrebbe probabilmente detto.

Pensando alla situazione mondiale e ai problemi in questione, il riscaldamento globale e l'esaurimento delle risorse, ciò che i modelli ci dicono è che il dirupo Seneca può essere il risultato inevitabile del fatto di mettere troppa pressione su risorse naturali già gravemente impoverite. Dovremmo cercare, invece, di sviluppare riserve alternative di risorse come le energie rinnovabili (o l'energia nucleare). Allo stesso tempo, dovremmo evitare di sfruttare risorse altamente inquinanti e costose come le sabbie bituminose, gli scisti di petrolio, il petrolio in acque profonde, e, in generale, di applicare la filosofia "drill, baby, drill" (scava, baby, scava). Tutte queste strategie sono ricette per la rovina. Purtroppo, sono anche esempi di ciò che stiamo esattamente facendo.

Non so cosa direbbe Seneca se potesse vedere questo sforzo planetario che stiamo facendo per mettere in pratica l'idea che egli espresse nella sua lettera al suo amico Lucilio. Posso solo immaginare che la prenderebbe con abbastanza stoicismo. O, forse, commenterebbe con quello che ha detto nel suo "De Providentia " Lascia che la natura si accordi con la materia, che è sua, a suo piacimento; siamo allegri e coraggiosi di fronte a tutto, pensando che non c'è niente di nostro che perisce ".

Ringrazio Dmitry Orlov per essere stato la fonte di ispirazione di questo post con il suo articolo “Peak oil is history”.




Bibliografia


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Bardi, U. and Lavacchi, A., 2009, "A Simple Interpretation of Hubbert’s Model of Resource Exploitation” Energies 2009, 2(3), 646-661; doi:10.3390/en20300646

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Bardi, U., Lavacchi, A., Yaxley L., 2011 “Modelling EROEI and net energy in the exploitation of non renewable resources” Ecological Modelling, In Press.

Brandt, A.R. (2007). Testing Hubbert. Energy Policy, 35(May):3074-3088. DOI: 10.1016/j.enpol.2006.11.004

Dunning, N., D. Rue, T. Beach, A. Covich, A. Traverse, 1998, "Human - Environment Interactions in a Tropical Watershed: the Paleoecology of Laguna Tamarindito, Guatemala," Journal of Field Archaeology 25 (1998):139-151.