sabato 14 ottobre 2023

I dati sull’estate 2023 confermano l’aumento preoccupante del riscaldamento globale





Dal "Fatto Quotidiano" del 20 Settembre 2023


L’estate meteorologica è terminata il 1° settembre e adesso possiamo fare un po’ di conti su come è andata in termini di clima. Sono da poco disponibili i dati per le temperature a 2 metri di altezza dal NOAA e dal gruppo indipendente “Berkeley Earth”. Sono arrivati anche i dati dell’università dell’Alabama (UAH) per misure della bassa troposfera.

I risultati per i tre set di misure sono molto simili: fino a inizio giugno le temperature del 2023 sono state alte, ma non le più alte misurate. Invece, da giugno ad agosto sono schizzate in su battendo tutti i record. Per avere una valutazione di tutto l’anno dovremo aspettare un po’, ma le estrapolazioni del NOAA danno il 93% di probabilità che il 2023 sarà il più caldo in assoluto mai misurato.




Ora lo dicono i dati: l’estate 2023 è la più calda della storia a livello globale: “Effetto dell’attività dell’uomo e della combustione. L’Onu: “Il collasso climatico è iniziato”

Ovviamente, sarebbe sciocco tirare conclusioni soltanto da questa estate, ma i dati che abbiamo sono importanti perché confermano la tendenza all’aumento progressivo delle temperature della Terra. Questo non vuol dire che ogni luogo del pianeta si stia riscaldando nello stesso modo. Infatti, per quanto riguarda l’Italia, secondo gli ultimi dati forniti dal CNR, finora il 2023 non è stato così caldo come il 2022. Questa è probabilmente la ragione per cui c’è chi ha reagito con un certo scetticismo alle notizie di questa estate sulla base di ragionamenti tipo “a Voghera faceva freschino i primi di agosto”. Ma non è che in Italia ne siamo usciti senza danni: i dati sono ancora parziali ma parlano di qualche migliaio di decessi addizionali correlati alle ondate di calore specialmente al Sud e fra le persone anziane. Non sono così tanti come nel 2022 quando ne abbiamo avuti 18.000, ma non sono nemmeno un numero trascurabile.

Così, comunque la vogliamo vedere, la situazione è preoccupante. Ovunque nel mondo ci sono segni di una grave crisi climatica in atto e non è solo una questione di temperature. Vediamo fusione dei ghiacci, ondate di calore, incendi, alluvioni e cose del genere. I dati dell’Artico sono particolarmente preoccupanti. Per farvi un’idea di quanto sia grave la situazione da quelle parti potete dare un’occhiata al blog “Arctic-News” di Sam Carana. In più, per l’anno prossimo ci aspettano ondate di calore globali ancora più intense con l’arrivo del ciclo di correnti marine chiamato El Niño nell’Oceano Pacifico.

Ce la possiamo ancora fare a invertire la tendenza? In linea di principio sì, se ci mettiamo tutti d’accordo e accettiamo di fare qualche sacrificio per ridurre le emissioni e prenderci cura dell’ecosistema che ci fa vivere. Ma per fare dei sacrifici bisogna aver fiducia verso chi ti chiede di farli. E qui sta il nocciolo del problema. In tutto il mondo, l’opinione pubblica è spaccata in due: da una parte la preoccupazione si sta trasformando in panico con visioni apocalittiche del futuro. Dall’altra parte c’è il rifiuto totale di tutto quanto arrivi dall’entità chiamata “scienza”, considerata meno affidabile di una cartomante di provincia. Nel mezzo, c’è un gran numero di persone perplesse che non sa più cosa pensare.

Crisi climatica, luglio 2023 si conferma il mese più caldo di sempre. 1,5 gradi sopra la media 1850-1900

Purtroppo, in queste condizioni possiamo fare poco più che scambiarsi insulti tipo “allarmista” da una parte e “negazionista” dall’altra. Per agire seriamente contro il riscaldamento dovremmo ricreare un po’ di fiducia nella scienza, specialmente dopo gli ultimi tre anni in cui quelli che avrebbero dovuto difenderla sembrano aver fatto del loro meglio per maltrattarla. Ma come fare? Sembrerebbe una cosa ancora più difficile che invertire la tendenza al riscaldamento globale per il quale, perlomeno, sappiamo cosa dovremmo fare. E allora? Beh, qualunque cosa succeda alla fine avremo quello che ci meritiamo

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sabato 7 ottobre 2023

Il "miracolo" del fracking spiegato. Potrebbe accadere di nuovo?


Un'immagine dalla presentazione della tesi di Louis Delannoy all'INRIA di Grenoble il 15 settembre 2023. Louis (lo vedete in basso a sinistra nell'immagine) ha lavorato sulla transizione energetica utilizzando modelli che prendevano esplicitamente l'EROEI (rendimento energetico dell'energia investita) in considerazione. I risultati sono in linea con quanto già sappiamo: la transizione è possibile ma non facile. Tuttavia, l'approccio di Delannoys ai calcoli ha portato a diversi spunti interessanti. Il primo riguarda il modo in cui il tight oil ha rivoluzionato il mercato petrolifero negli anni 2010. Si scopre che lo shale oil è stato un piccolo miracolo tecnologico. Può essere ripetuto? Una questione cruciale per il futuro dell’umanità. Il testo che segue si ispira alla tesi di Delannoy, pur riportando mie riflessioni personali. 


“Game Changer” è un termine abusato, ma si applica perfettamente all’impatto del fracking sul mercato petrolifero negli anni 2010. Mentre gli esperti erano in gran parte concordi nel ritenere definitivo il calo della produzione petrolifera statunitense, inaspettatamente il mercato è stato inondato dal nuovo “tight oil” o “shale oil” prodotto dal “fracking”, che ormai supera la produzione di petrolio convenzionale negli Stati Uniti con un rapporto superiore al 60%/40%. La produzione USA di tight oil è ancora in aumento, e potrebbe continuare ad aumentare almeno per qualche anno, anche se a costi di estrazione in aumento.  (fonte immagine)


Il successo dell’operazione tight oil solleva diverse domande: perché ha avuto tanto successo? Perché non è arrivato prima? Perchè non è stato previsto? Quanto durerà? Può essere replicato al di fuori degli Stati Uniti?  

La visione biofisica dell’estrazione petrolifera presuppone che le risorse “facili” (cioè quelle a basso costo) vengano estratte per prime. Queste sono le risorse che forniscono il più alto EROI (rendimento energetico per l'energia investita) e quelle che forniscono il ritorno economico più elevato. Man mano che queste risorse si esauriscono, lo sforzo di estrazione si sposta verso un EROI inferiore e quindi risorse più costose. I prezzi devono essere aumentati per mantenere il profitto e ciò influisce negativamente sulla domanda. Il risultato è la familiare "curva di Hubbert" a forma di campana. (qui visto in un'illustrazione dell'articolo originale del 1956 di Marion King Hubbert).


È stato a causa di questa visione che, negli anni 2000, molti esperti tendevano a liquidare il petrolio di scisto come una moda passeggera. Quando l’industria ha iniziato a estrarlo, la reazione è stata che, dal momento che il petrolio di scisto è arrivato molto dopo l’inizio del declino del petrolio convenzionale, doveva trattarsi di un tentativo disperato di estrarre da risorse a basso EROI. In effetti, la complessità e la sofisticazione dei macchinari necessari per le varie operazioni di trivellazione dello shale oil sono impressionanti. Si potrebbe pensare che l'intero macchinario sia inefficiente e costoso, un'impressione rafforzata dalle molteplici dichiarazioni nei media finanziari secondo cui gli investitori per la maggior parte non hanno guadagnato nulla con il fracking. 

Ma non sembra essere così. Diamo un'occhiata alla tabella all'inizio di questo post. Mentre il greggio convenzionale negli Stati Uniti ha ora un EROI di circa 10 alla bocca del pozzo, la stima riportata da Delannoy da un articolo di Brandt et alè intorno a 30 per lo shale oil, sempre alla bocca del pozzo. Non c'è da riporre troppa fiducia in questi numeri; sono affetti da grandi incertezze. Ma sono in contrasto al modello biofisico semplificato che vede l’estrazione muoversi gradualmente da risorse con EROI elevato a risorse con EROI basso. 

Allora, cosa è successo? Ebbene, è una delle regole dell'universo che " Dio sceglie le cose stolte per confondere i saggi ( 1 Corinzi 1:27 ). I saggi, ovvero gli "esperti", tendono a concentrarsi su ciò che sanno e a respingere ciò che sanno. Non funziona così.  Il record degli esperti nella comprensione delle rivoluzioni tecnologiche è estremamente scarso. In campo energetico, tendono a riporre molta fiducia nelle "nuove tecnologie", ma quasi sempre scommettono su quelle sbagliate, ad esempio l'idrogeno. Parallelamente, si perdono le vere rivoluzioni, come quella dello shale oil. 

Anche di recente, gli esperti sono totalmente incapaci di credere o comprendere il nuovo punto di svolta, l’energia fotovoltaica, che ora ha un EROI abbastanza grande da distruggere tutte le alternative fossili. La maggior parte degli esperti non ha familiarità con la tecnologia fotovoltaica. Non riescono proprio a capire come una lastra grigia apparentemente semplice possa competere e superare le gigantesche turbine a vapore azionate da un enorme impianto nucleare. Fortunatamente, le tecnologie efficienti tendono ad affermarsi per la pura forza della loro efficienza. È successo per lo shale oil; sta accadendo per il fotovoltaico. Osserviamo i cambiamenti che avvengono anche se spesso non li comprendiamo. Come al solito, il futuro decide per noi. 

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Alcuni altri punti da considerare

1. L’ascesa del tight oil viene talvolta usata per denigrare i modelli biofisici e la curva di Hubbert. Questo è un grave errore. Il modello biofisico descrive perfettamente ciò che è accaduto negli Stati Uniti negli ultimi 20 anni se si tiene conto dell’elevato EROI dello shale oil. La tecnologia è uno dei fattori che possono cambiare la partita: gli aerei non invalidano la legge di gravitazione universale di Newton. 

2. Il tight oil è stato un successo, ma ciò non significa che sia una buona cosa, né che durerà per sempre. Ci mantiene dipendenti dai combustibili liquidi e rinvia la transizione tanto necessaria alle energie rinnovabili. Fortunatamente, anche questa risorsa ad alto EROI non può durare per sempre. Nonostante alcune affermazioni ottimistiche su “secoli di prosperità”, è probabile che raggiunga il suo picco nei prossimi anni, per poi iniziare a diminuire in modo irreversibile. 

3. La storia secondo cui gli investitori non hanno guadagnato nulla con lo shale oil è un po’ più difficile da comprendere. Se lo shale oil ha un EROI così buono, come è possibile che le persone non ne abbiano tratto profitto? In via provvisoria, ciò può essere spiegato assumendo che i profitti siano stati quasi completamente reinvestiti in nuove trivellazioni. Si noti, infatti, quanto è ripida la curva di crescita della produzione di shale oil. A quanto pare, gli investitori hanno aspettato che il petrolio di scisto guadagnasse un posto stabile nel mercato prima di iniziare a pensare ai profitti. Leggiamo sui giornali finanziari che la maggior parte degli investitori hanno dichiarato che ora smetteranno di buttare denaro in nuovi pozzi di shale, concentrandosi ora sulla massimizzazione dei profitti. Potrebbe essere uno dei motivi del recente aumento dei prezzi. Il che vuol dire, ovviamente, che la produzione si avvia verso il declino. 

3. È una cosa buona che l'EROI delle tecnologie di produzione di liquidi alternative allo shale oil, come Coal to Liquids (CTL) e Gas to Liquids (GTL), abbiano un EROI così basso (guardate l'immagine della tesi di Delannoy sopra ). Ciò significa che quando il tight oil inizierà a diminuire, non vedremo una corsa ai combustibili sintetici (grazie a Dio!). Potremmo assistere a un tentativo di spostarsi verso le sabbie bituminose, ma anche in quel caso l’EROI è probabilmente troppo basso per ripetere il miracolo dello shale oil. 

4. Resta una questione aperta in un contesto geopolitico. Perché il tight oil viene estratto solo (o quasi solo) negli Stati Uniti? Chiaramente, l’industria statunitense ha sviluppato tecnologie efficienti per la perforazione orizzontale e la fratturazione idraulica. Ma questi non sono così complessi da non poter essere replicati altrove, e la stessa industria statunitense potrebbe essere interessata ad applicarli in altri paesi. Allora perché, ad esempio, la Russia non sta sviluppando il petrolio di scisto della Formazione Bazhenov, situata nella Siberia occidentale ? Lo afferma l' Energy Information Administration statunitense, l'intera area potenziale dello shale di Bazhenov dispone di risorse di tight oil pari a più di mille miliardi di barili. Forse è un'esagerazione (spesso queste stime lo sono), ma è una cifra enorme che corrisponde a circa 30 anni di consumo ai ritmi attuali. Esistono molte altre potenziali risorse di tight oil nel mondo, ma nessuna viene sfruttata a un ritmo significativo. Questa partita geopolitica è destinata a rimanere per ora un mistero, e possiamo solo sperare che la rivoluzione fotovoltaica renda presto obsoleti i combustibili liquidi.



Louis Delannoy durante la discussione della sua tesi il 15 settembre 2023 a Grenoble. Indossa una maglietta "Limiti alla Crescita" (potete comprarne una su Zazzle ). 




sabato 30 settembre 2023

Possiamo fidarci dei modelli climatici? Oppure sono lo stesso imbroglio di quelli del COVID?

 


Quando parlo di clima sul "Fatto Quotidiano" mi appaiono spesso commenti di persone che si stupiscono del mio scarso spirito critico. Questo mio grave difetto non mi mette in grado di notare che il cambiamento climatico è soltanto una riedizione del caso del COVID. Ovvero è un modo di terrorizzarci sulla base di un pericolo inesistente con il doppio scopo per i terrorizzanti di renderci schiavi e guadagnarci sopra.

Ora, qui c'è da notare per prima cosa che la strada per l'inferno è lastricata di generalizzazioni. Il fatto che una certa cosa somigli a un altra cosa non vuol dire affatto che siano la stessa cosa. Visto da lontano, un elefante potrebbe somigliare a un topo, ma sarebbe rischioso assumere che lo sia. C'è come minimo, un fattore di scala da considerare, ma anche dei fattori fisici fondamentali che rendono un'epidemia una cosa completamente diversa dalla perturbazione del sistema climatico in corso. Se è vero che io sono stato molto critico su come la "scienza" sia stata sfruttata orrendamente da una banda di incompetenti psicopatici per maltrattare intere popolazioni, questo non vuol dire che il concetto si possa trasferire tal quale ad altri campi della scienza. 

Vediamo di ragionarci un po' sopra. Per prima cosa, diamo un'occhiata a uno dei modelli tipici mostrati in un recente rapporto dell'IPCC .



Superficialmente, ci vediamo certe somiglianze con le curve epidemiologiche che il governo ci propinava giornalmente al tempo della pandemia. Vediamo qualcosa che cresce esponenzialmente (o quasi) a meno che non si faccia qualcosa per "appiattire la curva" che andava di moda dire al tempo del Covid. E si potrebbe pensare che cose tipo i lockdown potrebbero essere usate contro il riscaldamento e potrebbero portare a un disastro simile. Ma è solo una somiglianza superficiale.

In primo luogo, con il clima, abbiamo delle misure di una grandezza fisica, la temperatura. E' una cosa ben diversa dai test PCR del coronavirus, i quali sono una meraviglia della tecnologia moderna, ma sono molto delicati e quello che misurano è molto incerto. Ne abbiamo parlato fino alla nausea nel periodo della pandemia, ma nessuno dei grandi sapienti che apparivano in TV si è mai preoccupato di discutere l'incertezza nelle misure PCR, cosa che si impara al primo anno di università in qualsiasi corso di studi in materie scientifiche. Questo non vuol dire che le misure PCR fossero sbagliate, solo che non avrebbero dovuto essere prese come oracoli divini. Notate invece come le curve dei modelli climatici sono sempre rappresentate insieme a una stima dell'incertezza. I climatologi sono (di solito) persone serie. Non hanno niente a che vedere con la banda di tronfi incompetenti che hanno imperversato in TV al tempo della pandemia.  

Ciò non significa che i modelli climatici debbano necessariamente essere giusti. Il problema qui è che la discussione sul cambiamento climatico è stata spesso dirottata in un dibattito sulla possibilità che i modelli possano fare previsioni accurate. Questo è solo uno degli elementi del problema e non il più importante. I modelli multiparametrici di sistemi complessi sono principalmente strumenti per interpretare i dati: hanno lo scopo di dirti cosa sta causando cosa e come. Nel caso del cambiamento climatico, i modelli ci dicono che la correlazione tra temperatura e concentrazione di gas serra è coerente con una relazione causale secondo quanto sappiamo della fisica atmosferica. In altre parole, forniscono la prova che i gas serra stanno forzando il sistema climatico a riscaldarsi.

Ma si potrebbe arrivare a questa conclusione anche senza modelli: solo sulla base della fisica e delle osservazioni conosciute. Del resto Svante Arrhenius era già arrivato a una stima ragionevolmente corretta dei parametri del sistema nel 1896, senza ricorrere a modelli sofisticati. Supponiamo quindi che la concentrazione di gas serra continui ad aumentare (o anche solo rimanere la stessa). In tal caso, possiamo aspettarci che anche le temperature continuino ad aumentare e questo non è sicuramente una buona cosa per noi. I modelli climatici, per inciso, tendono ad essere ottimisti nel senso che normalmente non sono in grado di descrivere il tipo di bruschi cambiamenti climatici che si verificano sotto forma di "Seneca Cliffs" che sono stati osservati in un passato remoto. Nella scienza del clima, sono spesso chiamati "punti critici climatici", attraversarne uno sarebbe sicuramente estremamente negativo per noi. Fra le altre cose, questi "punti critici" non esistono in epidemiologia, che studia sistemi sostanzialmente più semplici del clima terrestre. 

Detto questo, rimane il problema tipico dei modelli multiparametrici: quello di separare i ruoli dei parametri che hanno effetti simili sul sistema. I modelli climatici potrebbero sovrastimare il ruolo dei gas serra e sottovalutare gli effetti di raffreddamento dei processi metabolici dell'ecosistema, come sostenuto, ad esempio, in questo articolo da Makarieva et al. In tal caso, rischiamo di trascurare il ruolo di un fattore importante in ciò che stiamo vedendo.

Ma corriamo veramente il rischio di commettere gli stessi errori con la mitigazione del cambiamento climatico che sono stati fatti con il tentativo di appiattire la curva durante l'epidemia di Covid-19? Ossia, rischiamo di sconvolgere il tessuto sociale per un rischio sopravvalutato o per l'errata attribuzione delle cause del problema? Improbabile, e, in ogni caso, il lockdown da Covid non ha avuto praticamente nessun effetto climatico -- proprio come non ne ha avuti sulla diffusione del virus. Insistere con una misura che è stata dimostrata doppiamente inefficace vorrebbe dire raggiungere un grado di pubblica imbecillità anche superiore a quello della media degli esperti televisivi degli ultimi tempi. 

Ma comunque vada bisogna mantenere un atteggiamento aperto e accettare che, con i nuovi dati, i modelli debbano cambiare (che è esattamente quello che non è stato fatto con l'epidemia di Covid). L'unica cosa certa è che i disastri sono inevitabili se i sistemi complessi sono lasciati ai politici da gestire.




mercoledì 20 settembre 2023

Casa di Legno o Casa di Pietra? Tutte e due hanno le loro ragioni di essere

 


Un contributo di Saverio Aiolfi. Come personale commento, mi trovo in queste settimane intento a traslocare in una casa costruita nel '700. Con dei muri in pietra spessi 30 centimetri, questa vecchia magione ha una inerzia termica gigantesca, è un po' l'antitesi di quella di legno che descrive Aiolfi. Entrambe richiedono un certo adattamento alle condizioni climatiche esterne. entrambe hanno una loro logica che è il risultato di secoli di evoluzione. Sono molto diverse dalle case di oggi, pensate più come astronavi che isolano gli abitanti dai cambiamenti esterni. E spesso isolano troppo. Sono delle trappole mortali che trattengono tutti i veleni prodotti all'interno, come pure l'umidità. Insomma, più andiamo avanti, più facciamo errori. Ma leggetevi questa storia raccontata da Aiolfi. Certe volte si riesce anche a rimediare. 


Mi chiamo Saverio Aiolfi e abito nella bassa parmense, precisamente a Carzeto di Soragna.

Nell'ormai lontano 2006 ho deciso di dare vita al mio sogno di trasferirmi in campagna e costruire una casa che fosse il più possibile ecologica ma anche più economica di una casa in muratura (è sempre stata una mia convinzione, e lo è tutt'ora, che l'ecologia non deve essere una cosa per ricchi).

Ho quindi comprato un vecchio rustico da abbattere con un po' di terra intorno e ho iniziato a studiare il mondo delle case in bioedilizia.

Fin dall'inizio mi sono reso conto di quanto fosse una giungla quel mondo, tra metodi diversi di costruzione, materiali diversi utilizzati, prezzi molto più alti di quelli che mi aspettassi, e tantissimo marketing che fa leva sulla forma cercando di nascondere la sostanza.

Mi sono concentrato sulle case in legno, che ritengo essere la risorsa rinnovabile per eccellenza per realizzare edifici abitativi, e dopo quasi due anni di studi e più di venti preventivi chiesti sono riuscito a trovare una soluzione con un rapporto qualità/prezzo tra i migliori sul mercato e soprattutto con un costo inferiore ad una casa tradizionale (considerando i prezzi di costruzione della mia zona).

Purtroppo anche in questo settore come in praticamente tutti gli altri il marketing la fa da padrone, e questo porta troppo spesso a fare scelte che poi si rivelano sbagliate o non ottimali. L'unico modo per non farsi fregare dal marketing è metterci il tempo e l'impegno necessario per acquisire le competenze che servono a fare le scelte giuste, o quantomeno a ridurre gli errori il più possibile. Purtroppo la maggior parte delle persone non ha né il tempo né la voglia (e a volte nemmeno la capacità) di approfondire un determinato argomento ad un livello tale da diventare un piccolo esperto in materia, ma in seguito questa superficialità si paga in maniera spesso irreparabile.

Come metodo di costruzione ho scelto la blockhaus, in modo tale da avere tutte le pareti perimetrali portanti fatte da travi di legno bilamellare (dieci centimetri di spessore, e il fatto che sia bilamellare conferisce maggiore resistenza e stabilità alla casa rispetto al “vecchio” tronco singolo), poi chiaramente c'è anche la coibentazione (fibra di legno, altri dieci centimetri di spessore) e il rivestimento interno in perlinato. Il legno è padrone assoluto.

Questo tipo di parete, assieme al tetto coibentato allo stesso modo e ventilato, permette di ottenere un edificio in classe energetica A1.

Le pareti fatte in questo modo sono inoltre naturalmente traspiranti, il che non solo garantisce un ottimo comfort abitativo, ma impedisce anche la formazione di ristagni di umidità e quindi di muffe.

In pratica viene coniugato un metodo di fabbricazione antico con i progressi della tecnologia per ottenere dal legno il meglio come materiale da costruzione.

A volte mi capita di parlare con persone che mi dicono di aver fatto anche loro una casa ecologica e ad alta prestazione energetica, poi quando chiedo informazioni sulla tipologia scelta c'è quasi sempre da mettersi le mani nei capelli.

Sono quasi tutte case “all'americana”, con una sottile intelaiatura in legno che fa da struttura portante e poi tutto il resto sono materiali isolanti (la maggior parte delle volte di bassa qualità e non certo ecologici come polistirene, lana di vetro, lana di roccia) e rivestimenti in cartongesso o intonaci sigillanti che rendono la casa una scatola che non respira.

Io le chiamo “le case di cartapesta”.

Gli unici reali vantaggi sono i bassi consumi e l'elevata classificazione energetica (da B in su). Purtroppo i mass media parlano solo di questi ultimi aspetti dato che sono quelli a più alto impatto emotivo e di maggiore facilità comunicativa tralasciando totalmente gli aspetti più tecnici; la gente si ferma alla superficie e il marketing ha gioco facile nel vendere delle case che sono destinate a durare pochi decenni e poi devono essere demolite.

Io ho preferito pensare al futuro, non solo mio ma anche di chi verrà dopo di me.

Tornando a noi, nell'estate del 2009 è iniziata la costruzione, e pochi mesi dopo ero già nella mia nuova casa, quindi i tempi di costruzione sono stati brevissimi.

Oltre ad essere al 100% ecologica è anche al 100% elettrica, alimentata da pannelli fotovoltaici e con impianto di riscaldamento / raffrescamento / acqua calda sanitaria a pompa di calore.

In quegli anni praticamente nessuno progettava case unendo tutti questi elementi, e le persone con cui ne parlavo facevano facce molto perplesse mentre ascoltavano il mio racconto. Alcuni hanno anche cercato di dissuadermi sottolineando i rischi di andare incontro all'ignoto facendo cose che quasi nessuno faceva, però le idee in testa erano chiare e soprattutto supportate da una conoscenza approfondita della materia. E poi nella mia vita ho sempre fatto scelte controcorrente.

I vantaggi si sono visti fin da subito, e vanno ben oltre la soddisfazione di aver costruito qualcosa di totalmente ecologico e alimentato solo con energia rinnovabile.

La spesa annua per l'energia ammonta in media a 200 euro, quindi praticamente niente. Il conteggio è fatto considerando sia quello che spendo per prelevare dalla rete elettrica nazionale l'energia che mi serve quando i pannelli non producono, sia quello che ricavo immettendo nella rete l'energia che non uso quando i pannelli producono più di quello che mi serve.

Considerando che produco in media sette megawatt all'anno e ne consumo in media circa 5 e mezzo, dovrei in realtà essere in guadagno, ma purtroppo lo scambio sul posto non è un reale scambio: ciò che immetto in rete mi viene pagato in base al PUN (prezzo unico nazionale), vale a dire che mi viene pagata solo l'energia, mentre io in bolletta pago anche tutti i costi accessori, da qui la differenza.

Negli ultimi anni si stanno diffondendo le batterie di accumulo per immagazzinare l'energia prodotta dai pannelli e non usata in tempo reale. Personalmente credo che al momento (anno 2023) siano troppo costose e poco performanti e che quindi nonostante tutto sia ancora più conveniente rimanere allacciati alla rete elettrica nazionale, ma sono fiducioso che nei prossimi anni la tecnologia renderà conveniente anche la totale indipendenza energetica, se non altro per singole abitazioni o piccoli gruppi di esse.

Il comfort abitativo è nettamente migliore rispetto alle case in muratura, sia perché la parete traspirante fa in modo che l'umidità dentro casa si senta molto meno (grande vantaggio in pianura padana), sia perché viene trasmessa l'impressione di vivere dentro alla natura e non in un involucro artificiale.

La casa è inoltre naturalmente antisismica, per come è costruita. Questo aspetto non viene mai considerato perché si pensa che i terremoti tanto in pianura non ci sono, oltre al fatto che costruire antisismico costa tantissimo e quindi si scarta a prescindere; qui invece è tutto compreso nel prezzo.

In definitiva devo dire che fare una casa di questo tipo è stata una delle decisioni migliori che ho preso nella mia vita.

Per ulteriori approfondimenti si può leggere il blog https://laveracasadilegno.wordpress.com/ nel quale ho caricato tantissime foto e raccontato molti più dettagli in vari articoli.

Negli anni ho inoltre continuato a tenermi aggiornato sulla materia e di conseguenza esperienza e competenze sono aumentate e migliorate, tanto che oggi potrei realizzare qualcosa di ancora migliore.

Quasi quasi la vendo e ne faccio un'altra! :-)

giovedì 14 settembre 2023

Geoingegneria: l'ultima scommessa del genere umano

Chi riesce a leggere le scritte sui muri carbonizzati delle case di Lahaina comincia a capire che la situazione climatica ha preso una brutta piega. Tuttavia, la reazione del pubblico è stata principalmente quella del tizio con la cravatta rossa a sinistra dell'illustrazione di Tol. Potremmo chiamarlo "il paradosso di Tol:" Le persone odiano le cose che gli fanno bene. Eppure, quel tipo di reazione sta dominando il dibattito sui social media e negli ambienti politici di destra. Data la situazione, è possibile che i poteri costituiti passino a un nuovo piano d'azione. Il "Piano C", basato sulla geoingegneria.


Negli ultimi decenni, l'idea di agire per contrastare i danni arrecati all'ecosistema dalle attività dell'uomo si è mossa lungo almeno due fasi progettuali. 

"Piano A": Accordi globali. Già nel 1972 lo studio "The Limits to Growth" proponeva una possibile procedura. Consisteva nel trovare accordi governativi globali per attuare azioni per ridurre le emissioni. L'impronta di queste prime idee è visibile tuttora nelle COP (conferenze delle parti), iniziate nel 1995 a Berlino. Ma, dopo quasi trent'anni, vediamo che questo approccio non può funzionare. I governi tendono ad agire secondo le istruzioni dei loro sponsor, tipicamente lobby industriali che non hanno alcuna intenzione di consentire ai loro rappresentanti di firmare la loro condanna a morte. Ed è proprio questo il tentativo di azzerare le emissioni: un attacco diretto alla lobby dei combustibili fossili. Come ci si aspetterebbe, hanno reagito con una strategia di ritardare, minimizzare e occasionalmente demonizzare i loro avversari. Finora hanno avuto successo. Non ci sono prove che i vari trattati negoziati alle COP abbiano influito in modo significativo sulle emissioni; al massimo hanno generato un diffuso greenwashing che non ha fatto male a nessuno ma non ha fatto nulla di utile.

"Piano B" La transizione. L'idea ha preso forma in tempi recenti quando la drastica riduzione del costo delle energie rinnovabili ha portato all'idea che l'eliminazione graduale dei combustibili fossili non fosse un sogno per hippy ma una possibilità reale. La crescita rapida della produzione di energia rinnovabile negli ultimi anni ha dato concretezza a questa idea. Quindi, il piano era (ed è tuttora) che non dobbiamo preoccuparci troppo di ciò che la gente pensa del cambiamento climatico. Potrebbero credere che sia una bufala, ma accetteranno energia a basso costo, aria pulita, acqua pura, ecc. Quindi, eliminiamo i combustibili fossili e tutto andrà bene. 

Ora ci rendiamo conto che anche se il Piano B è perfettamente possibile, ha problemi fondamentali. Il primo è lo stesso dei trattati globali: sostituire i combustibili fossili significa distruggere l'industria dei combustibili fossili, e non ci si può aspettare che la prendano allegramente. Sembrano prendere sul serio la minaccia e una delle contromisure è una campagna di pubbliche relazioni contro tutto ciò che può essere definito "verde".

Il successo della campagna di denigrazione si basa in gran parte su come il pubblico ha perso la fiducia nella scienza dopo la cattiva gestione della crisi del Covid. Il risultato è un intero ecosistema di vermi memetici che si nutrono del cadavere di quella che una volta era la credibilità del meme chiamato "scienza". Ha anche dato vita e sostanza al "Paradosso di Tol" espresso nell'immagine all'inizio di questo post. Il dibattito sui social media ci mostra la rabbia incandescente diffusa contro tutto ciò che può essere visto come "verde". Proposte che fino a pochi anni fa sembravano del tutto innocenti, dall'isolamento domestico alle cucine a induzione, ora sono viste come trucchi diabolici progettati per schiavizzarci o ucciderci.

Gli scenari più ottimistici mostrano che le rinnovabili potrebbero portare le emissioni a zero entro il 2040-2050, ma solo per un accordo globale concertato per dedicare grandi quantità di risorse alla transizione. Visto il forte contraccolpo contro le rinnovabili e le cose green in generale, difficilmente si potrà ottenere un simile accordo nel prossimo futuro. Al contrario, è perfettamente possibile che alcuni governi lavoreranno attivamente per rallentare o addirittura invertire la penetrazione delle energie rinnovabili nel mix energetico mondiale. Lo stiamo già vedendo accadere, per esempio in TexasAnche se fosse possibile eliminare gradualmente i fossili entro - diciamo - il 2040, potrebbe essere comunque troppo tardi per salvare l'ecosfera così come la conosciamo.

Piano C. Geoingegneria o "L'Ave Maria delle élite". I membri delle élite mondiali non sono più intelligenti della gente comune, almeno in media. Ma alcuni di loro cominciano a vedere che hanno un grosso problema. Veramente molto grossoSicuramente sono meglio equipaggiati della gente comune per sopravvivere durante il caos che li attende. Ma se le cose si mettono davvero male, non c'è alcuna garanzia che anche i miliardari sopravviveranno. 

Consideriamo ora che le élite hanno poteri decisionali al di là di qualsiasi cosa la gente comune possa fare. Pensate alla guerra in Ucraina; la gente comune è stata consultata? No. Nella migliore delle ipotesi, gli è stato detto chi dovevano odiare; nel peggiore dei casi sono stati arruolati e mandati in trincea. E questo è tipico di come le élite mondiali gestiscono le risorse: investendo centinaia di miliardi di dollari in attività che non avvantaggiano nessuno tranne le lobby industriali. 

Ma si noti anche che le élite, non importa quanto potenti, non sono un gruppo affiatato che si riunisce nel seminterrato della casa di Bill Gates per adorare il demone Baphomet. Sono una galassia di lobby che spingono in direzioni diverse per fare soldi con i loro prodotti: guerre, droga, carburanti, eccetera. Quindi, difficilmente possono gestire il tipo di piano globale che sarebbe necessario per ridurre le emissioni a zero in pochi anni. L'industria del petrolio e del gas da sola ha un budget dell'ordine di diversi trilioni di dollari, circa il 3%-5% del PIL mondiale. Nessuna lobby è abbastanza potente da contrastarli. Anche bombardarli servirebbe a poco perché i motori dei bombardieri funzionano con combustibili fossili. 

Tuttavia, è possibile agire sul cambiamento climatico con budget molto inferiori. Qui ci imbattiamo nella temuta parola "geoingegneria" (1), spesso considerata equivalente a un sacrilegio contro la Dea Gaia in persona. Tuttavia, non possiamo dimenticare che gli esseri umani hanno controllato l'ecosistema da quando hanno imparato ad accendere il fuoco; poche centinaia di migliaia di anni fa. Ma non discutiamone. Il punto è che è possibile agire sul clima con tecnologie come la gestione della radiazione solare (SRM) per costi che possono essere inferiori a 100 mld$ ( Vedi Sovacool 2021 ) (2). Questo è un costo inferiore a quello della guerra in Ucraina. Le lobby hi-tech, come l'industria aerospaziale, potrebbero essere in grado di ottenere questo tipo di sostegno finanziario dal governo. 

Questo "Piano C" presenta numerosi vantaggi rispetto ai piani precedenti. Uno è che non deve essere internazionale. È come iniziare una guerra; hai bisogno solo di una parte per decidere che dovrebbe iniziare. Allo stesso modo, un singolo paese potrebbe avviare un piano SRM globale. Immaginiamo che la Cina, da sola, decidesse di collocare specchi nello spazio per ridurre l'irraggiamento solare. Difficile immaginare che qualcuno possa fermarli. Lo stesso vale per gli Stati Uniti o anche solo per la California. Anche Elon Musk o Bill Gates, da soli, potrebbero impegnarsi in un simile piano.  

Un altro vantaggio del "Piano C" è che non si scontra direttamente con gli interessi dell'industria dei fossili. Li lascia liberi di impegnarsi nel greenwashing mentre continuano a produrre combustibili fossili, proprio come hanno fatto finora. Quindi, non hanno motivo di impegnarsi contro l'idea della geoingegneria. Non danneggia nemmeno l'emergente lobby delle energie rinnovabili, che può avere tempo sufficiente per costruire un'infrastruttura in concorrenza con la lobby dei combustibili fossili. È vero che, in questo momento, il pubblico ha un atteggiamento fortemente negativo nei confronti del meme "geoingegneria". Ma questo può essere rapidamente cambiato da una campagna di pubbliche relazioni ben gestita. 

Infine, si noti che il Piano C ha lo stesso vantaggio del Piano B in quanto non è necessario convincere tutti quanti che il cambiamento climatico esiste ed è una brutta cosa. Potrebbe anche essere implementato senza dire nulla a nessuno tranne che ai più alti livelli di governo. Supponiamo che la luminosità del sole diminuisca di circa l'1%-2% (è tutto ciò che serve). Ce ne accorgeremmoNo. Allora, non ci accorgeremmo che qualcuno stia mettendo degli specchi nello spazio? 

Nota che NON sto dicendo che la geoingegneria, e l'SRM in particolare, ci salveranno (e NON sto dicendo che le scie chimiche esistono e sono un piano del governo per sterminarci! (2), (3)). Il sistema climatico fa parte dell'ecosistema ed è un sistema complesso difficile da riparare con misure semplici. Alcune forme di geoingegneria sono come saltare da una finestra per scappare da un edificio in fiamme. La tua probabilità di sopravvivenza va da zero a poco sopra lo zero. Ma chi lo sa? Potresti atterrare su qualcosa di morbido. (4)

Quello che sto dicendo qui è che la porta è aperta per una spinta importante nella direzione della geoingegneria da parte di determinate lobby nazionali o internazionali. E credo che lo vedremo accadere presto. Se accadrà, sarà inarrestabile, di sicuro non per niente che la gente comune possa fare. È uno sforzo che potrebbe ritorcersi contro chi ci si è impegnato, ma è qui che ci troviamo. Come sempre, il futuro ha modi per gestirsi le cosei senza considerare ciò che gli umani gracili pensano che dovrebbe fare. 

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Appunti: 

1. Esistono diverse tecnologie di geoingegneria. Uno relativamente a basso costo è il rimboschimento. Farebbe molto per raffreddare il pianeta, anche se non abbiamo dati quantitativi che ci dicano se potrebbe compensare l'aumento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Ha il vantaggio di non danneggiare direttamente la lobby dei fossili e potrebbe essere accoppiato con un'espansione delle energie rinnovabili che renderebbe il legno inutile come combustibile. Va da sé che una forte spinta verso i biocarburanti ritenuti "verdi" (come sostenuto da alcuni governi ) significherebbe la morte per le foreste del mondo e probabilmente anche per l'umanità

2. È notevole come l'idea della geoingegneria abbia generato alcuni strani memi sul Web, con quello sulle "scie chimiche" particolarmente resistente. È così testardo e così sciocco che ci si chiede se possa far parte di un piano per screditare l'opposizione alla geoingegneria. Se così fosse, confermerebbe che è in preparazione un'importante spinta in quella direzione. O, forse, che sia già in corso un piano di geoingegneria: chi lo sa?

3. Alcune persone sono preoccupate per i "blocchi climatici" messi in atto dalle élite malvagie. Mi sembra improbabile. I blocchi si sono rivelati inefficaci per quasi tutto, incluso l'impatto sulla curva di crescita della CO2. Inoltre, nessuno fa soldi con i blocchi, quindi perché preoccuparsi di nuovo con loro? 

4. Potrebbe esserci un "Piano D" se anche il Piano B fallisce? Forse, ma devi pensare a qualcosa come un  Gotterdammerung del mondo reale suonato sulle melodie della musica di Wagner. 


mercoledì 13 settembre 2023

Una discussioncina sul clima

 


Lo so che non ci si dovrebbe mai mettere a discutere su facebook di nessuna cosa, che tanto nessuno mai cambia idea e neppure ammette di avere avuto torto. Tuttavia ho fatto un eccezione per un thread che mi è capitato davanti in un sito di amici delle foreste. Dovresti pensare che, in principio, persone che si occupano della salute delle foreste dovrebbero essere i primi a preoccuparsi delle conseguenze del riscaldamento globale. Dovrebbero andare d'accordo benissimo con i climatologi, i quali sono spesso i primi a sostenere la necessità di riforestare (con qualche eccezione, ma è un'altra storia). Invece, mi sono stupito di vedere che in quel sito gira l'idea che la scienza del clima è tutta un imbroglio, che è una scusa per chiuderci in casa come al tempo del Covid, che non c'è prova che il CO2 generi riscaldamento, Insomma, le solite cose che girano nei peggiori siti anti-scienza. 

Fra le altre cose, un membro del forum ha citato positivamente le esternazioni di John Clauser, premio Nobel per la meccanica quantistica, che si è improvvisato climatologo per sostenere che "non esiste un emergenza climatica", apparentemente perché più fa caldo più ci sono nuvole, e siccome le nuvole riflettono la luce del sole, tutto si aggiusta da se. E la scienza del clima, chissà perché, non ne tiene conto. Non entro nei discorsi di Clauser, perché non dice nulla che sia verificabile: sono solo sue opinioni non basate su dati o studi (ti verrebbe da pensare che un premio nobel avrebbe il dovere di essere un po' più rigoroso, ma lasciamo perdere). Se vi interessa una breve discussione sulle affermazioni di Clauser, le trovate sul Blog di Dana Nuccitelli

Quello di cui vi volevo parlare, invece, è di come è andata la discussione. Vedete all'inizio del post la domanda che mi fa una signora, ovvero "ci sono studi che calcolano l'effetto delle nuvole?" con la persona che aggiunge "a me non risulta."

Bene. Sono andato su Google Scholar è ho trovato 740.000 studi che citano "clouds" e "climate change". Al che la signora ha precisato che voleva solo sapere se l'effetto delle nuvole è calcolato nei modelli. Non era proprio questo, ma sono tornato su Google è ho trovato 164.000 studi che citano "clouds" e "climate models". Diciamo che mi sembrano sufficienti per confutare l'affermazione della signora che "non le risultano" studi del genere, In entrambe i casi, ho incluso delle schermate dei risultati della mia ricerca. Al che la signora mi risponde


E qui ti trovi di fronte all'abisso. A parte la maleducazione di darmi di ignorante senza ragione, a parte che sono vent'anni che mi occupo di clima e che cosa fanno e non fanno i modelli lo dovrei sapere, l'abisso è che questa signora mi accusa di aver fatto esattamente quello che una persona seria fa quando ti chiedono un informazione. Non solo rispondi, ma fornisce i dati su cui basi la tua risposta.E invece questa qui te la rigira come se fosse un'ammissione di ignoranza. Come è possibile ridursi a questo livello in una discussione?

Dopo di che la discussione è andata avanti come sempre su Facebook, con la signora che ha continuato a inistere che i modelli non prendono in considerazione le nuvole e, fra le altre cose accusandomi di "trincerarmi dietro gli studi scientifici".

Beh, ho lasciato quel gruppo e non se ne parla più. Ma alla fine dei conti che conclusioni possiamo trarre? Beh direi le seguenti

1. Non metterti mai a discutere sui social con qualcuno che ne sa meno di te di un certo soggetto. Se non ti può sconfiggere con la competenza, finisce sempre per sconfiggerti con la persistenza.

2. La vicenda del COVID ha distrutto completamente il prestigio della scienza nella mente di moltissime persone, anche intelligenti, ma che ora si trovano con il dente avvelenato e rifiutano qualsiasi ragionamento che sia vagamente basato su fatti e dati scientifici.

3. Ogni discussione razionale su problemi importanti è ormai diventata impossible. Non vale più neanche la pena di provarci. 

E allora? E allora, andrà come deve andare e avremo quello che ci meritiamo -- queste sono le regole dell'universo. 









sabato 9 settembre 2023

"Oscura e Celeste": Capolavoro e Fallimento

 


A mio parere, Marco Malvaldi è uno dei migliori scrittori italiani come intelligenza, brillanza e creatività. E' noto principalmente per i suoi romanzi polizieschi della serie del "Barlume" ma la sua produzione copre anche altri campi. Qui si cimenta nel "giallo storico" con risultati che sono allo stesso tempo eccellenti e pessimi; che del resto è quello che ti aspetti dalle persone geniali. Non è un caso che Malvaldi abbia scelto Galileo nel ruolo di investigatore, visto come lui fu censurato e ridotto al silenzio. E' una vicenda che oggi si sta ripetendo nei confronti di ogni innovazione in quella strana entità che chiamiamo "scienza"


Di questo libro di Marco Malvaldi mi sentirei di usare allo stesso tempo la definizione di "capolavoro" e di "fallimento". E' un libro estremamente interessante che vale la pena di leggere, e, allo stesso tempo, un libro deludente, che ti lascia con l'idea che avrebbe potuto essere qualcosa che non è stato. 

Ma andiamo nei dettagli, cominciando dal titolo. E' una delle cose sbagliate del libro. Dalla copertina, non si capisce di cosa si tratti, ma nel retrocopertina si legge che "Oscura e Celeste" si riferisce alla figlia di Galileo Galileo, Virginia, ovvero Suor Maria Celeste, nota per avere assistito il padre durante gli ultimi anni della sua vita. Si, che tipo di libro è? Uno si aspetterebbe una storia della vita di Suor Maria Celeste, magari romanzata. Ma, in realtà, la figlia di Galileo ha un ruolo molto marginale nel romanzo, dove invece il protagonista indiscusso è Galileo Galilei stesso.

Così, cominci a leggere senza sapere esattamente cosa aspettarti, e ti trovi immediatamente immerso in una ricostruzione della vita a Firenze nel '600, scritta con una maestria e un'attenzione veramente eccezionali. Del resto, non ti aspetteresti di meno da uno scrittore geniale come Marco Malvaldi che riesce a rivitalizzare i personaggi di quel periodo, da Galileo in persona, al granduca Ferdinando II di Toscana. La descrizione è condita con osservazioni dei paralleli fra allora e oggi che aiutano a capire come la storia di Galileo e della censura a cui fu sottoposto si sta ripetendo oggi. Sta succedendo esattamente la stessa cosa nei riguardi di chiunque cerchi di innovare e cambiare qualcosa in quella struttura ormai ossificata e inutile che chiamiamo "scienza".

Via via che leggi, ti aspetti che l'autore approfondisca la questione del dibattito scientifico al tempo in cui si discuteva del modello geocentrico e di quello eliocentrico; una discussione che fu allo stesso tempo l'apoteosi e la disgrazia di Galileo. Però, gradualmente, il romanzo cambia soggetto e vira verso un "giallo storico" in cui Galileo si trova a investigare sulla morte di una suora del convento in cui viveva sua figlia Virginia. 

Qui, Malvaldi entra in un campo che conosce bene, quello del romanzo poliziesco, e costruisce una storia molto ben congegnata, in cui Galileo gioca il ruolo di Sherlock Holmes, mentre il suo ex allievo e discepolo, il canonico Niccolò Cini, gioca più o meno quello di Watson. E' una bella sfida costruire un'inchiesta di tipo moderno in un'epoca in cui di queste cose non se ne parlava proprio. Ma Malvaldi ci riesce piuttosto bene, con Galileo che dipana l'imbroglio basandosi strettamente soltanto sulle conoscenze che poteva avere all'epoca. 

Si, ma a spese della coerenza del romanzo, che perde l'aggancio con quello che avrebbe potuto essere il suo tema principale: quello del parallelo fra i tempi di oggi e i tempi moderni. Un parallelo che comincia bene all'inizio, ma poi svanisce gradualmente. E, onestamente, ci sarebbe piaciuto sapere di più della personalità di Suor Maria Celeste, che invero rimane oscura sia nella storia come nel romanzo. Che vale comunque la pena di essere letto: ricco di idee, geniale, istruttivo, e avvincente. 

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A parte il giudizio sul romanzo, vorrei aggiungere qualcosa proprio sul fatto che l'autore abbia scelto Galileo come protagonista. Malvaldi è laureato in chimica, ha cominciato la sua carriera come ricercatore, per poi darsi principalmente alla scrittura. Ma rimane uno scienziato, e ha scritto recentemente un saggio sull'entropia (che mi propongo di leggere appena posso). 

Ora, quella cosa che chiamiamo "scienza" comincia con Galileo Galilei, rimane in sordina per un paio di secoli, e poi diventa l'ideologia (o religione, se volete) ufficiale del mondo occidentale nel diciannovesimo secolo -- e lo è tuttora. Con il trionfo della scienza, arriva la sua versione narrativa, il romanzo "giallo" moderno. Lo si fa partire con "I delitti della Rue Morgue" (1841) di Edgar Allan Poe,  ma il genere "sfonda" con Conan Doyle e la sua serie di Sherlock Holmes, di cui il primo romanzo fu pubblicato nel 1886. Sherlock Holmes è il prototipo dello scienziato: uno che ragiona soltanto secondo la logica e prove scientifiche. E non è un caso che Malvaldi abbia trasformato Galileo in uno Sherlock Holmes ante-litteram. I romanzi gialli, o polizieschi se preferite,  sono diventati oggi talmente popolari che non si riesce a pubblicare un romanzo, o a produrre una serie televisiva, se non in forma di un giallo o comunque di un'investigazione.

L'idea del romanzo giallo è che un investigatore, pubblico o privato che sia, si impegna a scoprire l'assassino sulla base di logica, esperimenti, e prove inconfutabili. E quasi sempre ci riesce: è così che deve essere la storia. Ma perché tanto successo di un genere che fino all'800 non esisteva proprio? E' perché fino all'800 la scienza non era ancora la religione ufficiale dello stato moderno. Il romanzo poliziesco come esaltazione della scienza è un genere perfettamente parallelo alle vite dei santi nel medioevo come esaltazione della religione del tempo, il cristianesimo. 

In entrambi i casi, gialli e vite dei santi, la fantasia e il mondo reale hanno poco a che vedere l'una con l'altro. Certo, nelle inchieste giudiziarie, il metodo galileiano aiuta molto, ma non è quasi mai decisivo. Leggetevi la storia dell'omicidio di Marta Russo nell'ottimo libro di Vittorio Pezzuto "Di sicuro c'è soltanto che è morta" e capirete cosa voglio dire. Dopo anni di investigazioni, il meglio che tutto il nostro sistema giudiziario è riuscito a fare è stato condannare due persone senza uno straccio di prova, letteralmente a furor di popolo, . Un'operazione di demonizzazione perfettamente simile ai processi per stregoneria di qualche secolo fa. Negli Stati Uniti, c'è stato il caso di O.J. Simpson e dell'omicidio di sua moglie, anche quello simile sotto molti aspetti.

Peggio ancora, il metodo Galileiano non funziona nemmeno quando applicato a quello che dovrebbe essere proprio il suo campo, la scienza vera e propria.  Pensate alla recente pandemia da Covid: ogni tanto arrivava un provvedimento teoricamente basato sulla "scienza" (che si suppone essere galileiana); bavagli, chiusure, distanziamenti, disinfezioni: su cosa si basavano? Sostanzialmente, sul nulla, a parte le esternazioni dell'esperto di turno che sosteneva di parlare in nome della scienza. O pensate al cambiamento climatico: potete portare tutte le prove che volete, ma tantissimi vi risponderanno che non ci credono e che è tutto un imbroglio. E non c'è modo di convincerli. 

In sostanza, dopo un paio di secoli di entusiasmo, ci stiamo accorgendo che la scienza non è per niente quella meraviglia che pensavamo che fosse. Lo sapevamo già che Sherlock Holmes non è mai esistito, ma ora sappiamo anche che non potrebbe mai esistere. E allora smetteremo di scrivere e leggere romanzi gialli? Probabilmente si. Personalmente, lo spero dato che non mi sono mai piaciuti.