domenica 12 gennaio 2020

Riflessioni sul Cancrismo



Un Post di Bruno Sebastiani


L’8 ottobre 2019 sul blog “Nuova Eden – alla ricerca del paradiso perduto” è apparso un saggio dal titolo “Riflessioni sul Cancrismo”. Ho riportato nel mio blog l’intero scritto, consistente in cinque fitte pagine di formato A4.
Vorrei approfittare dello spazio offertomi da Effetto Cassandra per rispondere alle critiche e agli argomenti dell’anonimo estensore dello studio (so solo che si chiama Alessandro e che è l’amministratore di Nuova Eden).
Gran parte delle critiche non sono indirizzate alla teoria cancrista in quanto tale ma al comportamento e alle affermazioni di alcuni suoi “seguaci” (se così si possono definire gli aderenti ad un Gruppo di Facebook …), e non le prenderò quindi in considerazione.
Ma anche per quanto riguarda la conoscenza della teoria in questione ci si trova subito davanti alla disarmante premessa “che non ho avuto modo di leggere il libro “Il Cancro del Pianeta”, né l’altro suo seguito”, da cui consegue che “in questo post […] non parlerò del libro, che io non ho letto, ma parlerò di ciò che ho avuto modo di capire e di conoscere attraverso l’autore stesso e le altre persone che hanno velocemente aderito a questa teoria. La riflessione che voglio fare (e le conseguenti critiche) dunque, hanno a che vedere più che altro con l’atteggiamento di chi aderisce al Cancrismo, con il suo punto di vista e con ciò che ho appreso interagendo con i sostenitori di tale teoria e leggendo articoli e scritti reperibili in rete.”
Mi sentirei più a mio agio se Alessandro avesse letto i miei libri, ma poiché alcune “critiche” riflettono effettivamente dei punti controversi della teoria, sono lieto di cogliere questa occasione per cercare di fugare dubbi e perplessità.
Non mi soffermerò sul punto 1 (l’accusa di “misantropia”), sia perché io non odio il genere umano, ma anzi lo amo, sia perché Alessandro stesso afferma che l’accusa non è rivolta alla teoria, ma a “buona parte dei sostenitori”, e dei sentimenti di costoro ovviamente non mi ritengo in alcun modo responsabile.
Al punto 2 troviamo l’accusa di “meccanicismo” o, se preferite, di “materialismo”. In sostanza Alessandro dice: i dati a sostegno della teoria sono certi ed acclarati, ma non si tiene conto di ogni altra “cosa che non sia evidente o dimostrabile”. Non per niente il paragrafo è titolato “La ragione da sola non basta” ed accusa la teoria di non tenere in adeguato conto la “spiritualità”. Quando Alessandro leggerà “Il Cancro del Pianeta Consapevole” si renderà conto che tutto l’ottavo capitolo (“Chi si è parzialmente opposto alla diffusione del male”, da pag. 101 a pag. 204) è dedicato in particolar modo a tutti i movimenti ascetici, religiosi e spirituali che dal lontano Oriente, all’Africa e all’Europa hanno cercato invano di limitare i danni causati dal progresso materiale. Quanto all’affermazione che “la spiritualità … erroneamente viene accostata alla religione o al bisogno di astrazione”, osservo che è da ritenersi corretta ai giorni nostri, ma che dall’antichità fino a poco prima dell’Età moderna i due termini (religione e spiritualità) potevano tranquillamente considerarsi sinonimi, pur con vari distinguo.
Il punto 3 è “uno dei punti focali dell’analisi fatta dal Cancrismo", e cioè "che la comparsa dell’uomo sulla Terra non sia altro che un 'caso', un brutto scherzo dell’evoluzione, un ‘esperimento finito male’”. Per Alessandro le cose non sono andate così. Il paragrafo ha come titolo la famosa locuzione di Einstein, secondo il quale “Dio non gioca a dadi con l’Universo”. Qui non è la mia teoria a dover scuotere i convincimenti di Alessandro, ma quella di autori ben più autorevoli. Mi riferisco in particolare a Jacques Monod e al suo basilare libro “Il caso e la necessità”, dove è specificato che [Le alterazioni nel DNA] sono accidentali, avvengono a caso. E poiché esse rappresentano la sola fonte possibile di modificazione del testo genetico, a sua volta unico depositario delle strutture ereditarie dell'organismo, ne consegue necessariamente che soltanto il caso è all'origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dell'evoluzione: oggi questa nozione centrale della Biologia non è più un'ipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili, ma è la sola concepibile in quanto è l'unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l'osservazione e l'esperienza. Nulla lascia supporre (o sperare) che si dovranno, o anche solo potranno, rivedere le nostre idee in proposito.” (J. Monod, Il caso e la necessità, Oscar Mondadori, 2017, p. 111)
Subito dopo, Monod soggiunge: “Fra tutti i concetti di natura scientifica, quello del caso distrugge più degli altri ogni antropocentrismo ed è il più intuitivamente inaccettabile da parte di quegli esseri profondamente teleonomici che siamo noi.” (ibidem)
La vita nasce dal caso, “soltanto il caso è all'origine di ogni creazione nella biosfera”, ce lo dice la Biologia, che ci dice anche tante altre cose.
In particolare, se l’uomo in quanto “primate” è anch’egli frutto del caso, nel senso che si è evoluto in centinaia di milioni di anni da quelle prime combinazioni casuali che hanno dato origine alla vita, la sua specie è stata oggetto in tempi molto più recenti di un avvenimento del tutto casuale che lo ha trasformato in Homo sapiens: il suo encefalo ha subìto una abnorme evoluzione come conseguenza di una mutazione genetica. Il biologo molecolare Pietro Buffa così descrive la possibilità di un tale accadimento: “Le mutazioni spontanee sono eventi del tutto casuali perché sono il risultato di una complessa catena di cause ed effetti che, di fatto, è impossibile ricostruire secondo un modello deterministico. Si tratta di errori di copiatura inseriti durante la replicazione del DNA e dovuti, secondo recenti indagini, a ‘tremiti quantistici’ che normalmente interessano le basi nucleotidiche. Per alcuni microsecondi una base può risultare instabile rispetto alle altre, un tempo brevissimo ma sufficiente perché l’apparato di replicazione del DNA la scambi per un’altra, commettendo un errore di trascrizione.” (P. Buffa, I Geni Manipolati di Adamo, Uno Editori, 2015, p. 93)
Studi scientifici riportati anche nel blog de Il Cancro del Pianeta confermano l’ipotesi che lo sviluppo del nostro cervello e dell’intelligenza umana siano conseguenti a mutazioni intervenute in uno o più geni (vedi “Quel gene che ha fatto la differenza tra noi e le scimmie” e “Il cervello dell’uomo è così grande a causa di un ‘errore’ genetico”).
La Biologia tende a ristabilire l’oggettività degli accadimenti, il Cancrismo tende ad attribuire loro il corretto significato in rapporto all’armonia che avrebbe continuato a regnare nella biosfera in assenza di quelle imprevedibili mutazioni genetiche, del tutto analoghe a quelle che sono alla base della carcinogenesi.
Il punto 4 e il punto 5 sono tra loro intimamente connessi. “Il cervello non può essere né buono né malvagio, esso è soltanto uno strumento come un altro” e “Il libero arbitrìo esiste ed ogni essere vivente può applicarlo o meno”.
Il discorso qui rischia di divenire assai complesso. Potremmo risalire alla polemica tra Erasmo da Rotterdam (“De libero arbitrio”) e Martin Lutero (“De servo arbitrio”), ma mi limiterò a questa semplice osservazione: se effettivamente fossimo stati liberi di optare per la salvaguardia della “omeostasi” tra tutte le cellule di Gaia (il mantenimento cioè dell’equilibrio tra le varie componenti della Natura), perché non l’abbiamo fatto? Perché abbiamo brutalmente distrutto questo equilibrio a nostro scandaloso vantaggio e continuiamo a farlo senza alcun segno di ravvedimento?
Secondo la mia teoria ciò è addebitabile al micidiale “combinato disposto” di due elementi.
1 – La neocorteccia, ovvero la parte del nostro encefalo frutto di abnorme evoluzione, è venuta a posizionarsi al di sopra di precedenti “strati” di cervello, ben meno potenti quanto a “capacità elaborativa”, ma nei quali erano (e sono) radicati dalla notte dei tempi i nostri istinti più ancestrali, quello di sopravvivenza individuale e della specie, istinti sviluppatisi per garantire la conservazione delle nostre vite a fianco di quelle di tutti gli altri animali, i quali, a loro volta, sono mossi da analoghi istinti.
2 – Questi istinti spingono ogni essere vivente a utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per il raggiungimento del proprio scopo conservativo / espansivo. Lo scontro con gli istinti altrui stabilisce spazi e modalità per la reciproca convivenza. Laddove i mezzi a disposizione di una specie diventano prevalenti, questi garantiscono a quella specie il successo nei confronti delle altre.
È ciò che è accaduto a noi. Siamo divenuti bipedi, abbiamo iniziato ad usare gli arti superiori per produrre strumenti taglienti, abbiamo addomesticato il fuoco, abbiamo sviluppato un linguaggio simbolico che ci ha consentito di coordinare al meglio le nostre attività di caccia, insomma abbiamo sbaragliato ogni avversario nella lotta per la vita, e non potevamo fare diversamente, in quanto sospinti da quegli incoercibili istinti primordiali.
Vorrei concludere le mie osservazioni sullo studio di Nuova Eden con una postilla finale.
Alessandro, l’amministratore di quel sito, aveva pubblicato un post dal titolo “L’uomo, il cancro del Pianeta” nel 2013, ben due anni prima dell’uscita del mio primo libro sul Cancrismo. In tale post aveva mostrato una sincera attrazione nei confronti della teoria, frenata però dalla speranza / illusione di una possibile regressione spontanea della malattia (dovuta essenzialmente ai comportamenti degli “uomini di buona volontà”).
Non è l’unico intellettuale a sentirsi attratto dalla teoria cancrista, ma al tempo stesso a respingerla per paura della sua “radicalità”. Esemplare in tal senso il carteggio intercorso tra me e Igor Giussani, riportato per intero nel mio blog.
Il Cancrismo effettivamente è duro da accettare in quanto sconfessa ogni convincimento antropocentrico di cui ci siamo nutriti sin dalla nascita. Ma una volta accettato è in grado di mostrare al nostro intelletto i guai procurati alla Natura e come quest’ultima sarebbe bella se solo avessimo rispettato gli equilibri stabilitisi in centinaia di milioni di anni.