venerdì 28 giugno 2019

Come ci siamo ridotti -- un post di Miguel Martinez


Questo post di Miguel Martinez è talmente bello e centrato che ve lo passo tutto intero. Più di una volta mi hanno chiesto perché non uso twitter e whatsapp, se non occasionalmente. Beh, adesso lo so! Grandissimo Miguel. (UB)

“La tecnologia è neutrale, dipende dall’uso che ne fai”

“Ma tu non hai Whatsapp? Perché non te lo installi, guarda che è facilissimo! Ah, ma non hai nemmeno lo smartphone?”
Negli ultimi anni, è aumentata in modo esasperata quella che chiamano polarizzazione politica.

In un bell’articolo di un po’ di tempo fa, Ugo Bardi mi ha fatto riflettere sul fenomeno. Prendiamo questo impressionante grafico (che lui ha tratto da qui):



Un fenomeno analogo lo vediamo anche in Italia.

La polarizzazione riguarda innanzitutto le emozioni: da entrambe le parti, l’odio per i singoli portatori di idee avverse è cresciuto immensamente.

Questo avviene a discapito dei contenuti. Di cui non mi voglio occupare qui, quindi non mi interessa in questo momento parlare di “ciò che distingue la Destra dalla Sinistra” – stiamo parlando del meccanismo della polarizzazione.

Un esempio: l’italiano medio che si riconosce come di destra non ha in realtà la minima idea di quali siano i valori culturali degli immigrati “africani” (quali poi? gambiani? nigeriani? senegalesi?).

Sospetto che il suo vero odio vada molto di più verso la Laura Boldrini, identificabile come esempio assoluto del sinistrismo; il fatto che lei sia “amica dei negri stupratori” è spesso semplicemente un pretesto in più per dare addosso a lei.

Analogamente, viene spesso notato come le persone di sinistra si agitino molto di più per la minima battuta sessista da parte di un esponente di destra, mentre non si accorgono magari del padre marocchino che picchia la figlia perché si “veste da occidentale”.

Questa contraddizione esiste, e potrebbe aiutarci a riflettere su molte cose; invece, viene usata esclusivamente per dimostrare l’ipocrisia della sinistra. E quindi per rafforzare proprio il ciclo della polarizzazione.

In questa polarizzazione, si ritiene che l’altro agisca per pura malvagità.

E se il problema è solo la cattiveria di alcuni individui, la soluzione è semplice: eliminiamo quegli individui.

Quelli di Casapound sono malvagi e diffondono il razzismo e l’odio, quelli del PD hanno la segreta missione di renderci tutti omosessuali mangiatori di kebab vegano.

Io invece credo che la polarizzazione sia intrinseca nei mezzi elettronici.

Lo smartphone è il principale ambiente in cui la gente vive oggi. E’ totalizzante quindi quanto potesse essere la fabbrica ai tempi della rivoluzione industriale, ma seduce e quindi non suscita rancore; anzi, la sua forza sta nel far lavorare gratuitamente miliardi persone per raccontare storie, del mezzo, quindi, che è tutto, non te ne accorgi nemmeno.

In questo ambiente totale di vita, gli algoritmi creano incessantemente affinità tra persone che vivono in mondi chiusi e quindi si polarizzano attorno a discorsi, affinati incessantamente per cullarli nei loro desideri di identità e di certezza.

Se io scrivo un lungo post, come qui, riesco a presentare una serie di argomenti, a cogliere  sfumature e contraddizioni, a suggerire ipotesi ammettendo che potrebbero essere sbagliate.

Poi, nella discussione dei contenuti con chi la pensa diversamente, possono emergere nuove idee: tesi, antitesi, sintesi.

Posso cambiare opinione, senza chiedere scusa a nessuno.

Questo diventa fisicamente impossibile nello spazio dello schermo del telefono, occupato da un’immagine emotivamente eccitante e da una didascalia che afferma con vigore una posizione. Non posso criticare quella posizione: o la condivido, o la odio.

Il tutto nel tempo concesso tra un messaggio Whatsapp e quello successivo: tra maggio e giugno del 2018, la specie umana passò 85 miliardi di ore a scambiarsi messaggi Whatsapp; e  negli Stati Uniti, l’utente medio tocca lo smartphone 2.617 volte al giorno.

Questo ci indica i limiti dell’attenzione che l’utente può dedicare a ogni singola interazione.

Ho seguito un esempio recente, che spiega bene cosa stia succedendo.

Tomaso Montanari è stato da poco nominato presidente del Comitato tecnico scientifico per le Belle Arti del Mibac, ed è una persona che conosco bene, anche perché abita nel mio stesso quartiere.

E’ un uomo di una cultura immensa, e ha il merito – in una città piena di intrighi e di cricche – di aver sempre criticato apertamente coloro con cui non era d’accordo.

Quest’anno, gli studenti italiani hanno avuto la fortuna di avere un testo per la maturità tratto da un libro di Montanari, che merita di essere letto tutto. E che dovrebbe essere il vero manifesto del Conservatore Italiano, che coglie l’importanza politica dello sterminato patrimonio culturale italiano.

Tomaso forse avrebbe da obiettare per la definizione, ma io la trovo giusta, visto che lui è rigorosamente attaccato alla sacralità dell’arte italiana da una parte e dall’altra a quella della Costituzione e dei Padri Fondatori della Repubblica.

E si arrabbia facilmente quando vede toccare l’uno o l’altra.

Dategli lo spazio di un libro, e sa scrivere benissimo e arricchire il lettore; dategli lo spazio di un articolo, fa ragionamenti molto interessanti.

Ma dategli lo spazio di un tweet, dove non c’è il minimo margine di manovra, ed ecco cosa succede:
 
E’ uno sfogo emotivo, non un ragionamento: in una cinquantina di parole, non puoi dire (ad esempio) che Scespirelli era l’ironica definizione data da Ennio Flaiano, non puoi fare un’analisi delle opere di Zeffirelli o della variegata carriera di Oriana Fallaci (o del ruolo di Ferruccio De Bortoli nell’averle praticamente estorto un testo delirante), non puoi definire con più precisione cosa intendi per “Firenzina”…

Dietro tutte queste espressioni, ci sono i mille sottintesi di lunghi scambi con amici, che capiscono perfettamente le battute e i riferimenti.

Solo che non siamo tra amici.

Sui social, per citare un altro mezzo analogo, siamo Nell’acquario di Facebook.

Visibili da ogni parte, allo stesso identico modo. E quindi costretti a trasformarci in personalità a una sola dimensione, sempre uguali e senza alcun contesto:  il mezzo trasforma una grande mente come Montanari in un twittatore medio.


La tuittata media di Montanari gli guadagna 102 retweet e 534 cuoricini: ha detto una cosa forte, e questo piace molto ai tifosi.

Il poeta preislamico arabo ‘Antarah si vantava:
َبمثقف صدق الكعوب مقوجادت له كفي بعاجل طعنةمَبالليل معتس الذئاب الضربرحيبة الفرغين يهدي جر
“Le mie mani furono generose su di lui con veloci colpi della dritta lancia
aprendo una ferita il cui suono guida nelle tenebre i lupi a caccia di preda “
La maggior parte dei tifosi si limita a mettere cuoricini a chi la pensa come loro.

Ma ai tempi di ‘Antarah, non c’era l’Acquario: oggi, una minoranza di tifosi setaccia tutti i giorni la rete alla ricerca di tweet bellicosi di parte avversa, da catturare ed esibire ai propri tifosi, per dimostrare la malvagità dell’altro.

E così il tuittino di Montanari arriva… al Ministro degli Interni della Repubblica Italiana in persona. Il quale si presenta ai suoi con il topo rosso appena catturato in bocca:

 
Ora, i tifosi di Salvini non hanno mai letto una riga di Montanari, e non intendono farlo (e probabilmente non hanno visto un film di Zeffirelli né letto un libro della Fallaci).

Però hanno capito che c’è un triste snob di sinistra che infanga i morti.

Soffermiamoci sulla frase “Che lasci ogni incarico pubblico e chieda scusa all’Italia”.

Innanzitutto, Salvini ha in un certo senso ragione. Twitter ti permette di dire solo “A”, e non una frase intera.

E “A”può essere solo perfetto, oppure sbagliato – logicamente o moralmente. Su Twitter, non hai lo spazio per dimostrare che “A” era comunque una mezza verità, o una semplicazione.

Il bambino dice, Merda!

O ha fatto bene a dirlo, o ha fatto male; e se ha fatto male, può solo chiedere abiettamente scusa, senza peraltro venire perdonato, se non è appunto più un bambino.

Ma c’è un altro elemento importantissimo: quella specie di ordine che Salvini dà costituisce un Imperativo Esorcistico.

L’Imperativo Esorcistico è un ingrediente essenziale della polarizzazione:
“Mai più violenza sulle donne!”, “Fuori gli immigrati clandestini dall’Italia!”, “Diciamo no all’omofobia!”, “Chiudiamo i covi fascisti!”, “Yankee go home!”…
Non va confuso con alcuna azione concreta, ovviamente.

Basterebbe questo per rendere ridicolo il Ministro degli Interni agli occhi di chiunque.

Ma la polarizzazione richiede che anche la parte avversa creda all’efficacia dell’Imperativo Esorcistico: chi dice Yankee go home! sta davvero per deportare fisicamente i cittadini statunitensi, e quindi va immediatamente colpito.

Montanari prova a correre ai ripari, scrivendo l‘articolo sul Fatto Quotidiano che avrebbe dovuto scrivere prima, ma ovviamente non se lo fila nessuno: un articolo ragionato non ci sta sullo schermo di uno smartphone.

Il livello a cui si arriva, si riassume tutto in questo scambio:
Da cui apprendiamo che Montanari “si vergogna” di stare in un paese in cui Salvini è vicepresidente del consiglio: il trucco retorico è interessante, perché per definizione, non parliamo delle cose di cui ci vergogniamo. Diciamo che Montanari si vanta di vergognarsi. Non certo perché Montanari sia tipo da trucchi retorici, è che ormai è invischiato.

Nella pacata replica dello sconosciuto che commenta, ricompare l’Imperativo Esorcistico. Ma mentre Salvini si esprime in maniera impersonale (“il Diavolo esca dal corpo…”), Sparaballe si rivolge direttamente con il tu a Montanari (“Satanasso, esci dal corpo…”), cosa più interessante forse della destinazione precisa cui invita Montanari a recarsi.

Specularmente, un certo Gildo Leone adopera lo stesso tipo di Imperativo Esorcistico nei confronti del Ministro degli Interni:
Da questo confronto, tutti escono perdenti.

Montanari (Montanari!) sembra un cretino qualunque che perde tempo su Twitter; il Ministro degli Interni fa la figura del ragazzino deficiente. Salvini non è Sparaballe, Montanari non è Gildo Leone, ma entrambi sembrano in qualche modo complici del più idiota dei propri ammiratori e ritwittatori.

Certo, un po’ di fango sull’avversario resta: se ci identifichiamo con la sinistra, ci sentiamo confermati nel sospetto che Salvini sia uno che abusa della propria posizione per minacciare la gente; se siamo di destra, che quelli di sinistra siano professoroni snob che si divertono a insultare i morti.

Proprio per questo l’odio personale cresce velocemente, a discapito di ogni contenuto: in questo scambio non appare alcuna traccia delle idee di Montanari (che io condivido in grandissima parte) sul rapporto tra patrimonio  culturale e cittadinanza.

Cosa ne possiamo concludere?
 
Vernon Lee notò durante la Prima guerra mondiale, come nulla si somiglia di più di due eserciti in guerra tra di loro – divise, armi, gerarchie, bandiere, addestramento forgiano alla fine comportamenti simili.

Perché competono sullo stesso terreno, che non è creato da loro: nel 1914, era la geologia della Francia nordorientale più la tecnologia industriale dell’epoca; per noi sono gli strumenti elettronici.

Che sono talmente poco neutrali, che riescono a trasformare velocemente addirittura Tomaso Montanari in ciò che su uno smartphone compare come uno sparatore indistinguibile dai propri avversari, proprio come la cannonata tedesca era indistinguibile da quella francese.

Ma a quel punto, possiamo cominciare a pensare che è la guerra, sono i cannoni che stanno facendo la storia, molto più degli apparenti contendenti? Non furono certo i “valori francesi” a uscire vincitori dalla guerra – furono l’inflazione e gli aerei e la militarizzazione della vita e la crisi dell’industria bellica da riconvertire e la violenza come modo di gestire la società.

Oggi, gli smartphone e i social non siano più “neutrali” della Dicke Bertha:


E non dipende da come li usi.

E’ la Grossa Bertha a usarci.