venerdì 17 maggio 2019

Il rumore dell’acqua – viaggiare dove, come, e perché




Matsuo Bashō (1644–1694) ci ha lasciato uno dei più famosi poemi al mondo, tre sole linee nel formato giapponese dell’Haiku:


L’antico stagno
Una rana si tuffa
Il rumore dell’acqua


Il significato del poema ha molto a che vedere col fatto che Bashō era un grande viaggiatore: passò gli ultimi decenni della sua vita a vagabondare per il Giappone sempre alla ricerca della nuova sensazione, di una nuova scoperta che lo ispirava per un nuovo poema.

Bashō era il discendente di una lunga epopea di viaggi che era partita, probabilmente dal centro dell’Africa per gli umani moderni che si sono sparpagliati per tutto il mondo su un arco di tempo di migliaia di anni, sempre camminando, sempre andando avanti. Siamo un popolo di viaggiatori. Lo dimostrano i nostri piedi piatti e larghi, tecnicamente siamo dei plantigradi. Confrontate il piede umano con lo zoccolo di un’antilope: vedete la differenza? Siamo fatti per camminare a lungo e senza stancarci e, quando necessario, possiamo correre fino a sfiancare quasi qualunque preda.

A volte, viaggiamo per pura necessità. Ma spesso lo facciamo perché ci piace, perché ci eccita, perché ci da nuove sensazioni – era probabilmente lo stesso per i nostri remoti antenati. Oggi, vediamo questo piccolo rituale del viaggio svolgersi in estate, verso il mare o verso le montagne, o semplicemente il fine settimana, verso qualche oasi di fresco o di ristoro, a ricordarci i viaggi dei nostri antenati nomadi.

Certo, non viaggiamo più soltanto a piedi, ma il viaggio non è soltanto una questione del mezzo di trasporto che usiamo. E’ una questione di infrastruttura e già al tempo di Bashō si poteva viaggiare perché esisteva in Giappone una rete di monasteri che davano ospitalità al pellegrino. Era un idea che esisteva già in Europa nel Medio Evo al tempo dei pellegrinaggi, lunghissimi viaggi a piedi che portavano i fedeli in Terra Santa e, allo stesso tempo, rivitalizzavano l'economia locale che si attrezzava per ospitare e rifocillare i pellegrini.

E oggi? I pellegrinaggi li chiamiamo turismo, le automobili hanno sostituito i piedi, gli alberghi fanno il servizio che una volta facevano i monasteri. Ma il viaggio rimane non solo un lusso ma una necessità. E allora, dove stiamo andando? Come? Perché? Forse non lo sa nessuno di noi, è solo perché ci piace viaggiare.