venerdì 8 settembre 2017

Secondo giorno della Scuola Estiva di Sostenibilità a Firenze


Il co-presidente del Club di Roma, Ernst von Weizsäcker, parla ai partecipanti, oggi a Firenze



Un commento di Marco Sclarandis



A tutti i partecipanti, in special modo quelli dalla fuggitiva giovinezza.

Chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza.

In questa strofa rinascimentale è contenuta una misura di saggezza inversamente ed enormemente più grande della brevità della strofa stessa.

E detta da uno che si chiamava Lorenzo de Medici Signore di Firenze detto poi “Il Magnifico”, non fa che rendere più limpida la verità che essa ci comunica. Questa lettera è per voi giovani innanzi tutto che starete insieme per una settimana per scambiarvi idee, intenzioni, passioni, speranze, per la vita che vi aspetta. Vi vedo arrivati da poco su quello che ho chiamato “L'albero genealogico assoluto”. Albero sul quale vedo come in una apparizione mistica tutti gli esseri viventi, almeno di questa minuscola Terra, ma per attimi incommensurabili anche quelli che, per ora ipotetici, abitano altri mondi.

Nessuna foglia di questo fantasmagorico albero, germoglia o cade inutilmente. Di questo ogni giorno della mia esistenza, già piuttosto protratta ormai, ne sono sempre più convinto. Da questa convinzione traggo di continuo significato, indispensabile più che mai per affrontare un'epoca che è evidentemente catastrofica.

Ma come ogni cosa, anche la catastrofe genera rimedio a sé stessa. Anzi, a volte solo essa è autentico rimedio. Se il bruco pigro vedesse come catastrofica la sua uscita dalla crisalide morirebbe privato della meraviglia della propria metamorfosi. Non importa che la sua vita da farfalla possa durare solo dalla sera alla mattina o viceversa.

L'universo intero sembra sia sgusciato da un inimmaginabile nulla, in un tempo che confrontato con la vita umana ci fa rasentare la percezione dell'eternità. Una immensa dilagante catarsi, di questa credo che abbiamo assoluto bisogno. Lo credo perché guardo ai rami al tronco alle foglie di questo albero antonomastico e il sogno vi muta le foglie in volatili cantori e poi sento questi canti mutarsi in voci umane e tutte vorrebbero capirsi, raccontare ciò che è stato, ciò che avrebbero voluto essere, ed ora queste voci diventato sempre più grida di aggrovigliata gioia. Tutti i nodi di dolore e sofferenza non riescono a strozzarla in gola.

Quanto vale un chicco di riso?

Una goccia d'olio d'oliva o minerale?

Il sorriso è veramente quotabile in borsa?

Una sosta per raccattare una lattina abbandonata?

A queste domande non c'è risposta definitiva perché sono malposte. Ma nessuno sa quale sia il solo modo per porle giustamente. Nonostante ciò, a queste domande bisogna rispondere, ne va della nostra vita.

Vi saluto augurandovi che riusciate ad accorgervi quando è indispensabile avere ombra, silenzio, rugiada, sonno ed anche fame sete e solitudine. Siate accarezzati dalla brezza della mia ammirazione, e se potessi ringiovanirmi non lo farei, ma vorrei in cambio una anche breve nuova giovinezza, in una vita successiva.


Se tutto fosse senza limiti
quegli attimi fuggenti
diverrebbero senza fine secoli
le rose sequoie spinose orrende
la gioia marcirebbe in noia
e così via senza rimedio
con un limite sposato ad eccezione
restano cunicoli infernali
sotto il terrestre Eden
ma con la pioggia anch'essi
diventano disabitati.



Marco Sclarandis. Pescara 6 settembre 2017.