sabato 4 marzo 2017

Il Picco dell'Uranio

Da “Extracted: How th Quest fot Mineral Wealth Is Plundering the Planet” 33° Rapporto al Club di Roma di Ugo Bardi. Modellizzazione di Michael Dittmar.  

Postato su energyskeptic. Traduzione di MR




Figura 1. Consumo cumulativo di uranio secondo il modello del IPCC 2015-2100 confrontato alle risorse misurate e e dedotte di uranio

[La Figura 1 mostra che il prossimo rapporto del IPCC conta parecchio sull'energia nucleare per mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2,5°C. La linea nera rappresenta quanti milioni di tonnellate di risorse ragionevoli e dedotte sotto i 260 dollari al chilo rimangono (Libro rosso 2016 IAEA). Chiaramente, gran parte dei modelli del IPCC sono irrealistici. L'IPCC esagera anche fortemente la quantità di riserve di petrolio e carbone. Fonte: David Hughes (comunicazione privata)


Questo è un estratto da libro, da leggere, “Extracted” di Ugo Bardi sui limiti della produzione di uranio. Molti cittadini bene intenzionati sono a favore dell'energia nucleare perché non emette gas serra. Il problema è che il tallone di Achille della civiltà è la nostra dipendenza da camion di ogni tipo, che vanno a gasolio perché i motori diesel hanno trasformato la nostra civiltà con la loro capacità di fare lavori pesanti meglio di vapore, benzina o qualsiasi altro motore.

Ai camion è richiesto di mantenere le catene di fornitura in funzione di cui ogni persona ed azienda ha bisogno, dal cibo alle materie prime e alla costruzione delle strade su cui passano, così come l'estrazione mineraria, l'agricoltura, i camion per le costruzioni, legname, ecc.

Le centrali nucleari non sono una soluzione, visto che i camion non vanno a elettricità, quindi qualsiasi cosa generi elettricità non è una soluzione, né è probabile che la rete elettrica possa mai essere 100% rinnovabile (leggete “Quando i camion smettono di andare”, questa cosa non può essere spiegata così in breve). E di sicuro non saremo in grado di sostituire un miliardo di camion e macchinari con motori diesel per il momento in cui il crollo energetico si fa sentire, non c'è nient'altro.

Alice Friedemann www.energyskeptic.com autrice di “Quando i camion smettono di andare: energia e futuro dei trasporti”, 2015, Springer e di “Crunch! Chips e crackers di grano integrale”. Podcast: Practical Prepping, KunstlerCast 253, KunstlerCast278, Peak Prosperity , XX2 report]

Bardi, Ugo. 2014. Extracted: How the Quest for Mineral Wealth Is Plundering the Planet. Chelsea Green Publishing.

Anche se c'è una rinascita dell'interesse per l'energia nucleare, c'è tuttavia un problema di fondo: l'uranio è una risorsa minerale che esiste in quantità finite.

Già negli anni 50 era chiaro che le riserve conosciute di uranio non erano sufficienti ad alimentare “l'era atomica” per un periodo più lungo di qualche decennio.

Ciò ha fatto emergere l'idea del plutonio fissile combustibile “autofertilizzante” dal più abbondante isotopo dell'uranio 238 non fissile. Si trattava di un'idea molto ambiziosa: alimentare il sistema industriale con un elemento che non esiste in quantità misurabili sulla Terra ma sarebbe stato creato dagli esseri umani espressamente per i loro scopi.

Il concetto ha dato vita a sogni di una economia basata sul plutonio. Questo piano ambizioso non è mai stato messo realmente in pratica, però, perlomeno non nella forma immaginata negli anni 50 e 60. Sono stati fatti diversi tentativi di costruire reattori autofertilizzanti negli anni 70, ma la tecnologia si è rivelata troppo costosa, difficile da gestire e prona al fallimento. Inoltre, poneva problemi strategici irrisolvibili in termini di proliferazione di materiale fissile che poteva essere usato per costruire armi atomiche. L'idea è stata attentamente abbandonata negli anni 70, quando il Senato degli Stati Uniti ha promulgato una legge che proibiva il ritrattamento del combustibile nucleare esaurito.

Un'altra idea che coinvolgeva “l'autofertilizzazione” di un combustibile nucleare da un elemento esistente in natura – il torio – ha incontrato un destino simile. Il concetto comportava la trasformazione dell'isotopo 232 del torio in isotopo di uranio 233 fissile, che poi poteva essere usato come combustibile per un reattore nucleare (o per testate nucleari). L'idea è stata discussa a lungo durante i giorni dell'apogeo dell'industria nucleare e viene ancora discussa oggi; ma finora, non ne è uscito fuori niente e l'industria nucleare si basa ancora sull'uranio minerale come combustibile.

Oggi, la produzione di uranio dalle miniere è insufficiente ad alimentare i reattori nucleari esistenti. Il divario fra offerta e domanda di uranio minerale è stato quasi del 50% dal 1995 al 2005, anche se si è gradualmente ridotto negli ultimi anni.

Gli Stati Uniti hanno estratto 370.000 tonnellate negli ultimi 50 anni, raggiungendo il picco nel 1981 con 17.000 tonnellate/anno. L'Europa ha raggiunto il picco negli anni 90 dopo aver estratto 460.000 tonnellate. Oggi quasi tutte le 21.000 tonnellate/anno necessarie per mantenere in funzione le centrali nucleari europee è importato. 



Tavola 1. Il ciclo estrattivo europeo ci permette di determinare quanto delle riserve di uranio stimate originariamente possano essere estratte in confronto a ciò che è successo veramente prima che questo costi troppo per continuare. E' notevole che in tutti i paesi in cui l'estrazione mineraria si è fermata lo ha fatto ben al di sotto delle stime iniziali (dal 50 al 70%). Pertanto è probabile che la produzione finale di Sud Africa e Stati Uniti possa essere a sua volta prevista.  

L'Unione Sovietica e il Canada hanno estratto 450.000 tonnellate ciascuna. Nel 2010, la produzione cumulativa era di 2,5 milioni di tonnellate. Di queste, 2 milioni di tonnellate sono state usate e il settore militare possedeva gran parte del rimanente mezzo milione di tonnellate. 

I dati più recenti disponibili mostrano che l'uranio minerale ora costituisce l'80% della domanda. Il divario viene compensato dall'uranio recuperato dalle scorte dell'industria militare e dallo smantellamento di testate nucleari.

Questa trasformazione di spade in aratri è sicuramente una buona idea, ma le vecchie armi nucleari e le scorte militari sono una risorsa finita e non può essere vista come una soluzione definitiva al problema dell'offerta insufficiente. Con la presente stasi della domanda di uranio, è possibile che il divario di produzione verrà colmato in un decennio, più o meno, dall'aumento della produzione del minerale.

Tuttavia, le prospettive sono incerte, come spiegato su “La fine dell'uranio a buon mercato”. In particolare, se l'energia nucleare dovesse vedere un'espansione a livello mondiale, è difficile vedere in che modo la produzione minerale possa soddisfare l'aumento di domanda di uranio, dati i giganteschi investimenti che sarebbero necessari, che è improbabile che siano possibili negli economicamente avversi tempi odierni.

Allo stesso tempo, è probabile che gli effetti dell'incidente del 2011 alla centrale nucleare di Fukushima condizionino negativamente le prospettive di crescita della produzione di energia nucleare e, con la concomitante domanda ridotta di uranio, i reattori che sopravvivono potrebbero avere combustibile sufficiente per rimanere in funzione per qualche decennio.

E' vero che ci sono grandi quantità di uranio nella crosta terrestre, ma c'è un numero limitato di depositi che sono sufficientemente concentrati da essere estratti in modo redditizio. Se provassimo ad estrarre quei depositi meno concentrati, il processo di estrazione richiederebbe molta più energia di quella che l'uranio estratto potrebbe produrre [EROEI negativo].

Modellizzazione delle disponibilità future di uranio



Tavola 2. Offerta e domanda di uranio fino al 2030

Michael Dittmar ha usato i dati storici dei paesi e delle singole miniere per creare un modello che ha previsto quanto uranio verrà probabilmente estratto dalle riserve esistenti nei prossimi anni. Il modello è puramente empirico ed è basato sull'ipotesi che le società minerarie, quando pianificano il profilo di estrazione di un deposito, prevedono le loro operazioni per farle coincidere con il tempo di vita medio dei costosi macchinari e delle costose infrastrutture che servono per estrarre uranio – circa un decennio.

L'estrazione diventa gradualmente più costosa man mano che alcuni macchinari devono essere sostituiti  e le risorse meno costose sono già state estratte. Di conseguenza, estrazione e profitti declinano. Alla fine la società smette di sfruttare il deposito e la miniera chiude. Il modello dipende da limiti geologici ed economici, ma il fatto che questo ha manifestato la sua validità in tanti casi del passato mostra che si tratta di una buona approssimazione della realtà.
Detto questo, il modello ipotizza i punti seguenti:


  • Gli operatori della miniera pianificano di gestire la stessa ad un livello quasi costante di produzione sulla base di studi geologici dettagliati e di gestire l'estrazione di modo da sostenere il plateau per circa 10 anni.  
  • La quantità totale di uranio estraibile è circa il valore annuale raggiunto (o pianificato) moltiplicato per 10.  

Applicando questo modello a miniere ben documentate in Canada ed Australia, arriviamo a risultati sorprendentemente corretti. Per esempio, in un caso, il modello ha previsto una produzione totale di 319 ± 24 kilotoni, che era molto vicino ai 310 kilotoni realmente prodotti. Quindi possiamo essere ragionevolmente sicuri che possa essere applicato alle miniere di uranio attualmente operanti o pianificate di oggi. Considerando che il plateau di produzione raggiunto delle operazioni minerarie passate di solito era più piccolo di quello pianificato, questo modello probabilmente sovrastima la produzione futura.

La Tavola 2 riassume le previsioni del modello della produzione di uranio futura, confrontando quelle scoperte alle previsioni di altri gruppi e a due diversi scenari nucleari potenziali futuri.

Come potete vedere, le previsioni ottenute da questo modello indicano consistenti limiti dell'offerta nei prossimi decenni – un quadro considerevolmente diverso da quello presentato dagli altri modelli, che prevedono grandi disponibilità.

La previsione del 2009 della WNA (World Nuclear association) differisce dal nostro modello principalmente per l'ipotesi che le miniere esistenti e future avranno un tempo di vita di almeno 20 anni. Di conseguenza, la WNA prevede un picco di produzione di 85 kilotoni/anni intorno al 2025, circa 10 anni dopo che nel presente modello, seguito da un ripido declino a circa 70 kilotoni/anno nel 2030.

Nonostante sia leggermente ottimista, la previsione della WNA mostra che la produzione di uranio nel 2030 non sarebbe maggiore di quanto lo sia adesso
. In ogni caso, il lungo tempo di vita dei depositi nel modello della WNA è incoerente coi dati delle miniere di uranio del passato. La stima del 2006 della EWG (Environmental Working Group) è stata basata sui numeri delle RAR (reasonably assured resources – risorse ragionevolmente certe) e sulla IR (inferred resources – risorse dedotte) del Libro Rosso del 2005. L'EWG ha calcolato un limite massimo di produzione sulla bsae dell'ipotesi che l'estrazione può essere aumentata a seconda della domanda finché metà delle risorse RAR, o al massimo metà della somma delle risorse RAR e IR, non siano usate. Ciò ha portato il gruppo a stimare un picco di produzione intorno al 2025.

Ipotizzando che tutte le miniere di uranio pianificate vengano aperte, l'estrazione annuale aumenterà da 54.000 tonnellate/anno a un massimo di 58.000 (+ o – 4) tonnellate/anno nel 2015. [Bardi ha scritto questo prima che le cifre del 2013 e 2014 fossero conosciute. Il 2013 ha avuto una produzione di 59.673 tonnellate (il totale più alto) e il 2014 di 56.252 tonnellate].


Il declino della produzione di uranio renderà impossibile ottenere un aumento significativo di energia elettrica da centrali nucleari nei prossimi decenni.