martedì 20 settembre 2016

Alcune riflessioni sul crepuscolo dell'era del petrolio – parte terza

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR
Guest post di Louis Arnoux

Parte prima.

Parte seconda

Parte terza - Trovarsi leggermente oltre il bordo del dirupo


La “Sindrome della Fatina dei Denti” che ho discusso nella seconda parte è, dal mio punto di vista, la ragione fondamentale per cui coloro che si attaccano al BAU afferreranno qualsiasi pezzo di informazione che potesse in qualche modo e superficialmente sostenere la loro ideologia e li piegarono perché si adattassero al loro punto di vista, generando nel processo molta confusione.

Probabilmente è anche giusto dire che i sostenitori delle varie versioni della “transizione energetica” non sono immuni da questo tipo di sindrome quando ignorano i problemi esplorati nelle parti prima e seconda. E' possibile andare oltre ad una tale confusione?

La necessità di allontanarsi dell'ideologia


L'impatto della “sindrome della Fatina dei Denti” è molto più sentita nei media principali e fra i politici – col risultato finale che molte persone comuni (e molti esperti) finiscono per diventare molto confusi su cosa pensare e fare in materia energetica.   In particolare, spesso incontriamo articoli che sostengono, anche in modo sensazionalistico, diverse tecnologie di transizione energetica; oppure che le rifiutano sottolineando ciò che presentano come caratteristiche problematiche senza nessuna profondità di analisi.

Per esempio, in una discussione recente fra esperti energetici è stato sottolineato un articolo del 2013 del Daily Mail come caso emblematico. [1] Il Regno Unito sta infatti installando diversi generatori diesel costosi e sovvenzionati da usare come sostituti nei momenti di basse forniture energetiche da parte dei generatori eolici.  Questo articolo presentava questa politica come molto problematica ma non metteva le cose in prospettiva riguardo a quello che tali problemi ci dicono sulle sfide di una qualsiasi “transizione energetica”.

In Nuova Zelanda, dove ho vissuto quasi metà della mia vita prima del ritorno alla mia cara Provenza (modalità De reditu suo, per far l'occhiolino ad un post precedente di Ugo ), circa il 73% dell'elettricità è ritenuta rinnovabile (con il 60% di idroelettrico, il 10% di geotermico, il 3% di eolico e circa lo 0,1% di FV); l'equilibrio viene generato da gas e carbone.

C'è una politica per raggiungere il 90% di rinnovabili per il 2025. Ora, con quel mix abbiamo avuto per molti anni una cosa simile a quella che il Regno Unito sta costruendo, con un numero di generatori sostitutivi di emergenza distribuiti senza che questo fosse un gran problema.

Le principali differenze che vedo col Regno Unito sono che (1) in NZ ci sono solo 5 milioni di persone che vivono in un'area che è circa la metà di quella della Francia (quindi il problema principale è una questione di produzione rinnovabile pro capite) e (2) il sistema è in gran parte idroelettrico, quindi incorpora una grande quantità di immagazzinamento di energia, chi i “vivaci” kiwi hanno imparato a gestire molto bene. Ne segue che qualche generatore diesel o a gas lì non è un gran problema. Al contrario, il Regno unito dal mio punto di vista ha di fronte un grosso problema a diventare “verde”.

L'esempio sopra illustra la necessità di districarci dall'ideologia e guardare accuratamente nelle specifiche dei sistemi quando consideriamo materie come il potenziale delle varie tecnologie come turbine eoliche, FV, veicoli elettrici e così via, così come i fattori di capacità ed i livelli di EROI nel contesto del diventare 100% rinnovabili.   Troppo spesso, problemi vitali continuano ad essere evitati sia dal partito BAU che da quello non BAU, ma ignorarli spesso porta a “soluzioni” erronee e persino pericolose. Così, come conclusione di questa serie in tre parti focalizzata sul “Indagare l'appropriatezza della domanda”, ecco alcuni problemi fondamentali che vedo davanti a noi (l'elenco non è esaustivo):

“Apocalypse now”


Perlomeno dai primi anni 70 e dal lavoro dei Meadows, abbiamo saputo che il mondo industriale globalizzato (MIG) è su una rotta di autodistruzione, cioè BAU (Business as usual). Ora sappiamo che viviamo nella parte finale del processo, la fine dell'era del petrolio, che sta facendo precipitare quello che ho chiamato il Re Drago del “fallimento petrolifero”, in stile Seneca, cioè dopo una lenta e relativamente dolce ascesa (cioè “crescita economica”) siamo all'inizio di una caduta improvvisa da un dirupo termodinamico.

Il problema principale è il cambiamento dell'intero sistema. Ciò significa che la chiave è pensare in termini di sistemi complessivi in cui la termodinamica dei sistemi complessi operano molto lontani dell'equilibrio.

In termini di epistemologia e di metodi, ciò richiede quello che in antropologia viene chiamato “circolo ermeneutico”: spostarsi ripetutamente dai particolari, i dettagli, al sistema complessivo, migliorando la nostra comprensione dell'intero e da questo tornare poi ai particolari, migliorare la nostra comprensione degli stessi, tornare a considerare l'intero e così via.

La sostituzione dell'intero sistema, cioè diventare 100% rinnovabili, richiede un enorme attuazione energetica, una specie di “accumulo primitivo” (una strizzatina d'occhio a Marx) che attualmente, col paradigma prevalente e l'insieme di tecnologie, non è fattibile. “Avendo in mente la “mano energetica” (Figura 5), da dove potrebbe venire questa energia necessaria in un contesto di netto declino dell'energia netta del petrolio, di effetto Regina Rossa, e, riguardo alle rinnovabili, di effetto Regina Rossa inversa/cannibalizzazione?

Come altro esempio dell'importanza del pensiero di sistema complessivo, Axel Kleidon ha sollevato la questione della fattibilità dell'eolico su scala molto ampia in contrapposizione al solare diretto. [2]

Considerare soltanto le prestazioni e il costo di questa o quella tecnologia energetica alternativa non sarà sufficiente. Senza affrontare le complessità della sostituzione dell'intero sistema, la situazione in cui ci troviamo è una specie di “Apocalypse now”. La sfida principale che vedo è quindi come passare in sicurezza, con una perdita di vita minima, (ci sarà una perdita di vita sostanziale, ciò è diventato inevitabile), dal BAU fossile (e quindi conseguentemente dal nucleare) alla sostenibilità al 100%, che essenzialmente significa, in una forma o nell'altra, una società basata sul solare diretto.

Attualmente abbiamo 17TW di potenza installata a livello globale (in gran parte fossili è un po' di nucleare), cioè, circa 2,3 kW a testa, ma con circa 4 miliardi di persone che bene che vada sono fortemente stressati energeticamente, molti che non hanno per niente accesso all'elettricità e solo ad un trasporto limitato, in un contesto di un'efficienza dei sistemi energetici globali nell'ordine del 12%. [3] per affrontare il Re Drago del fallimento petrolifero e la tempesta perfetta che sta montando, considero che dobbiamo passare a per tutta la popolazione (ipotizzando che si stabilizzi a circa 8 miliardi di persone anziché gli attesi 11 miliardi), più circa 10TW aggiuntivi per affrontare il cambiamento climatico ed altri problemi ecologici legati all'energia, quindi circa 50TW, 100% basato sul solare diretto, per tutto lo spettro di usi energetici, compresi i trasporti, preferibilmente in 20 anni. Dalla posizione in cui siamo adesso, leggermente oltre il bordo del dirupo termodinamico, questo è quanto ho capito essere necessario.

In altre parole, diventare “verdi” e sopravvivergli (cioè evitare l'effetto di Regina Rossa inversa) significa aumentare la nostra “mano energetica” da 17TW a 50TW (come ordine di grandezza approssimativo), con passaggi di efficienza dal 12% ad oltre l'80%.

Per elaborare ulteriormente questo, lo sottolineo ancora, attualmente i 17TW non sono nemmeno sufficienti per approvvigionare tutta la popolazione globale di 7,3 miliardi di persone di un margine ampio. Diventare “verdi” con l'attuale mix di “rinnovabili” e col paradigma collegato significherebbe dedicare una quantità sostanziale di quei 17TW al “accumulo primitivo” del sistema “verde”.

Dovrebbe essere chiaro che con questa situazione qualcosa va mollato, cioè, alcuni di noi diventerebbero ancor più stressati energeticamente e morirebbe o, come hanno fatto cinesi ed indiani, per qualche tempo useremmo molte di più delle risorse fossili rimanenti, ma  questo accelererebbe il riscaldamento globale e molte altre “schifezze”. Alternativamente potremmo affrontare il cambiamento di paradigma in modo da prendere le distanze dall'EROI globale al di sotto di 10:1 e dall'efficienza energetica globale del 12%. Questa è la solita situazione “non si può avere la botte piena a le moglie ubriaca” scritta a grandi lettere.

Messa in un altro modo, quando si guarda la sostituzione completa sistema sociale si deve guardare a tutto quello che serve per far funzionare il sistema, comprese le persone e le loro richieste energetiche – questa è di base una questione di definizioni di limite di sistema legato alla definizione del problema nel senso datogli da David Bhom).

Possiamo illustrare questo considerando i Regno dell'Arabia Saudita (RAS). Come esperimento mentale, rimuoviamo il petrolio (i media hanno detto che il principe della corona del RAS ha visto delle scritte su dei muri che parlavano della fine prossima dell'abbondanza del petrolio). Ciò porta la popolazione del RAS dai circa 27 milioni a circa 2 milioni, cioè attualmente servono 25 milioni di persone per mantenere il flusso di petrolio a circa 10 milioni di barili al giorno (compresi numerosi domestici filippini, medici, avvocati e così via). Più circa tre volte la popolazione d'oltremare per fornire ciò di cui i 25 milioni hanno bisogno per mantenere il flusso di petrolio...

Complessivamente stimo in modo molto approssimativo che circa 1,5g di persone, direttamente collegate alle attività di produzione, trasformazione, distribuzione e trasporto di petrolio richiedevano che il petrolio fosse al di sopra dei 100 dollari al barile per il loro sostentamento (compresi i domestici filippini). Li chiamo “il popolo del petrolio”. [4] Gran parte di loro attualmente sono infelici e si arrabattano, la loro “domanda” di beni e servizi è diminuita considerevolmente dal 2014. Quindi tutto sommato, la sostituzione di tutto il sistema (in modalità “fallo o muori”) richiede di considerare intere reti di catene di produzione dall'estrazione dei depositi minerari, fino alla produzione di metalli, cemento, ecc. per fare le macchine, per usarle per produrre le cose di cui abbiamo necessità per essere 100% sostenibili, così come le necessità energetiche non solo “Quelli del petrolio”, ma dell'intero compendio  di “Quelli dell'energia” coinvolti, sia quelli “fossile” sia quelli “verdi”, mentre nel frattempo dobbiamo mantenere in funzione i sistemi energetici esistenti basati sui fossili il più possibile. Approssimativamente “quelli dell'energia” sono probabilmente nell'ordine dei 3 miliardi di persone (e non è facile convertire una percentuale di “quelli dei fossili” a “quelli verdi”, comprese le loro stesse necessità energetiche – anche questo ha un costo energetico significativo). Ed è qui che entra la Figura 2, con l'interazione di Regina Rossa e Regina Rossa Inversa.

Figura 2
 

Dal mio punto di vista, a livello di sistema complessivo abbiamo un grande problema. Dato il limite della finestra temporale molto stretta, non possiamo permetterci di capire male in termini di come uscirne – non abbiamo neanche tempo a sufficienza per impegnarvisi.

Quadro temporale rimanente

Di fatto, sotto l'influenza della Fatina dei Denti (vedete la seconda parte) e di una sempre più asmatica  Regina Rossa, non abbiamo più 35 anni (diciamo fino al 2050).   Abbiamo al massimo 10 anni, non per dibattere ed agonizzare, ma per fare veramente, coi prossimi 3 anni che sono cruciali. La termodinamica di tutto questo, riassunta nella prima parte, è solida come una roccia.

Questo quadro temporale, unito alla sfida della Pearl Harbor petrolifera e i limiti della Regina Rossa inversa, secondo me significa che nessuno dei “fare” attuali, in senso rinnovabile, può starci dentro. Infatti gran parte di questi fare sta peggiorando le cose – mi riferisco qui alle attuali interazioni fra tentativi di diventare verdi che stanno ampiamente all'interno del paradigma prevalente ed i tentativi BAU duri a morire di mantenere in funzione i fossili, come forse esemplificato  nelle attuali politiche del Regno Unito discusse in precedenza.

Collegamenti deboli


Malgrado il suo potere apparente, il MIG di fatto è estremamente fragile. Incarna diversi collegamenti molto deboli nelle sue reti. Ho sottolineato il problema del petrolio, un problema che definisce il quadro temporale complessivo per affrontare la “Apocalypse now”.

In aggiunta a questo ed al cambiamento climatico, ci sono altre sfide che sono state proposte in modi diversi da una gamma di ricercatori negli ultimi anni, come disponibilità di acqua potabile, grande degrado del suolo, inquinanti, degrado della vita negli oceani (circa il 99% della vita è acquatica), minacce agli alimenti fondamentali (ad esempio ruggine dello stelo, epidemie del grano, ozono troposferico, ecc.), perdita di biodiversità e sesta estinzione di massa, fino al lavoro di Joseph Tainter a proposito dei collegamenti fra flussi di energia, potenza (in TW), complessità, superamento e collasso. [5]

Questi collegamenti deboli attualmente si stanno spezzando o stanno per spezzarsi e le rotture formano una valanga che si auto alimenta (VAA) o “Tempesta perfetta”.   Hanno tutti lo stesso quadro temporale di circa 10 anni come ordine di grandezza per agire.   Richiedono tutti un  bella “botta” energetica come prerequisito per gestirli (la “botta” è un'unità flessibile ed elastica di qualcosa di sostanziale che di solito non si possiede).

E' tutto bruciato


Figura 6 – Carbonio tutto bruciato

 

Una ricerca recente mostra che la sensitività alle forzanti climatiche è stata sottostimata in modo sostanziale, il che significa che dobbiamo aspettarci molto più riscaldamento sul più lungo termine di quanto propagandato finora. [6] Ciò inasprisce ulteriormente ciò che già sapevamo, cioè che non esiste alcun “bilancio del carbonio” di fossili che il MIG possa ancora bruciare e nessun modo per restare al di sotto dell'obbiettivo fortemente politico e fuorviante dei 2°C della COP21 (Figura 6). [7]

I 350 ppm di CO2 equivalente sostenuti da Hansen et al. è una stima sicura – un confine superato nei tardi anni 80, circa 28 anni fa. Quindi la realtà è che non possiamo in realtà evitare di togliere il CO2 dall'atmosfera, in qualche modo, se vogliamo evitare di cercare di sopravvivere in poche aree infestate di zanzare del profondo nord e sud, mentre circa l'80% del pianeta diventa non abitabile sul lungo termine. La Cattura Diretta dall'Aria di CO2 (CDA) è a sua volta una cosa che richiede una bella “botta” di energia, quindi i 10TW aggiuntivi che considero sono necessari per toglierci dai guai.

Errore cognitivo


Figura 7 – Errore cognitivo dell'EROI


La saga della “Brexit” forse è l'ultima dimostrazione su larga scala di una lunga serie di errori cognitivi. Vale a dire, l'errore da parte delle élite che prendono le decisioni nel fare uso di conoscenza, esperienza e competenza per affrontare con efficacia le sfide all'interno del quadro temporale necessario per farlo.

L'errore cognitivo probabilmente è più evidente, ma rimane in gran parte non visto, riguardo all'energia, il Re Drago del fallimento petrolifero e le questioni di ritorno energetico sull'investimento (EROI o EROEI).  Ciò che possiamo osservare è un errore triplo del BAU, ma anche delle alternative “verdi” più attuali (Figura 7): (1) la traiettoria di sviluppo del BAU dal 1950 è errata; (2) c'è stato un errore nel non tenere conto di oltre 40 anni di avvertimenti e (3) c'è stato un errore nello sviluppare alternative praticabili.

Tuttavia, anche se sono critico verso aspetti delle recenti valutazioni della fattibilità di diventare 100% rinnovabili, [8] penso che rimanga fattibile con le conoscenze attuali.  Ad esempio, non serve alcun “miracolo”, per arrivare nell'ordine dei 50TW 100% solari che ho sottolineato in precedenza, ma penso anche che un collasso dal lato del dirupo di Seneca non sia più evitabile.   In altre parole, considero che sia ancora possibile in parte recuperare la situazione mentre il MIG collassa, nella misura in cui un numero sufficiente di persone si rende conto che non si può cambiare paradigma dal lato in discesa della curva di Seneca, così come si potrebbe fare dal lato in salita, cosa che attualmente le nostre élite, in modalità errore cognitivo del tutto conclamata, non capiscono.

Per illustrare ulteriormente questo argomento e sottolineare perché ritengo che siano necessari EROI di produzione ben al di sopra di 30 per farci uscire dai guai, guardate la Figura 8.

Figura 8 – La necessità di EROI molto alti


Questo è ricavato da tentativi analoghi di Jessica Lambert et al., forse per sottolineare ciò che comporta scivolare giù dal burrone termodinamico.
Charles Hall ha mostrato che un EROI di produzione di 10:1 corrisponde ad un EROI per l'utente finale di 3,3:1 ed è a il minimo indispensabile perché una società industriale funzioni. [9]  In termini sociologici, per un 10:1 pensate alla Corea del Nord.

Come mostrato nella Figura 7, attualmente non conosco alcuna alternativa, che sia basata sui fossili non convenzionali, nucleare o tecnologie “verdi” con EROI di produzione al di sopra di 20:2 (cioè equivalenti all'EROI di bocca di pozzo del petrolio), gran parte rimangono al di sotto di 10:1. Penso sia fattibile tornare al di sopra di 30:1, in modo 100% sostenibile, ma non seguendo le modalità prevalenti dello sviluppo tecnologico, dell'organizzazione sociale e del modo di prendere le decisioni.

Le domande difficili


Così l'errore cognitivo prevalente ci riporta alla “indagine sull'appropriatezza della domanda” di Bohm.   A conclusione di un articolo del 2011, Joseph Tainter ha sollevato quattro domande che, dal mio punto di vista, affrontano esattamente tale richiesta (Figura 9). [10] Ad oggi quelle quattro domande rimangono senza risposta sia da parte dei sostenitori del BAU sia da parte dei sostenitori del diventare 100% rinnovabili.

Ci troviamo in una situazione senza precedenti. Come sottolineato da Tainter, nessuna civiltà precedente è mai riuscita a sopravvivere al tipo di situazione in cui ci troviamo. Tuttavia, le persone che vivevano in quelle civiltà erano prevalentemente rurali ed avevano una rete di salvataggio nel fatto che la loro fonte energetica era per il 100% solare, fotosintesi per il cibo, le fibre e il legname – potevano sempre continuare ad andare avanti, anche se questo poteva avvenire in condizioni dure. Noi non abbiamo più questa rete di sicurezza, tutto i nostri sistemi alimentari dipendono completamente da quella rete energetica proveniente dal petrolio che sta per scendere a terra e i nostri sistemi di fornitura alimentare non possono funzionare senza di essa.

Figura 9 – Quattro domande



La Figura 10 riassume come, secondo me, le quattro domande di Tainter, le sue analisi e le mie si uniscono per definire la situazione unica in cui ci troviamo. Se vogliamo evitare di scivolare in fondo al dirupo termodinamico dobbiamo passare ad una nuova “fonte energetica”.

A questo proposito, affrontare la tempesta perfetta di tipo VAA mentre si porta avanti un un passaggio del genere esclude la “contrazione” della nostra base energetica (come vorrebbero molti “verdi”) e necessita l'abbandono dell'attuale paradigma di uso dell'energia molto dispendioso – quindi il passaggio da 17TW fossili a 50TW basati al 100% sulle rinnovabili e con oltre e con oltre l'80% di usi utili dell'energia come ho sostenuto prima, in un quadro temporale di 20-30 anni.

Figura 10 – Pronti a saltare in una nuova fonte energetica?



La Figura 10 sottolinea che l'umanità è passata attraverso diversi passaggi del genere negli ultimi 6 milioni di anni circa. Ogni passaggio ha comportato:

(1) un nexus di innovazioni rivoluzionarie che comprendono la termodinamica e tecniche relative,
(2) innovazione sociale (alla “istituzione immaginaria della società” di Cornelius Castoriadis) e
(3) innovazioni che riguardano la psiche umana, cioè come pensiamo, e decidiamo ed agiamo.

Il nostro dilemma, mentre abbiamo già iniziato a scivolare lungo il dirupo termodinamico dei combustibili fossili, richiede analogamente un tale nexus se vogliamo riuscire in un nuovo “passaggio di fonte energetica”.   Concentrarsi soltanto sulla termodinamica e sulla tecnologia non basterà. Il tipo di cambiamento di paradigma al quale continuo a far riferimento integra tecnologia, innovazioni sociali ed innovazioni che riguardano la psiche umana sui modi di evitare l'errore cognitivo.

Ciò è chiedere molto, tuttavia è necessario affrontare le domande di Tainter.

Questa sfida è una misura dell'enorme pressione della selezione in cui l'umanità è riuscita a mettersi. Attualmente, vedo molte cose che succedono in modo creativo in tutti questi tre domini intimamente collegati. Avremo successo nel fare il salto oltre il dirupo?


[1] Dellingpole, James, 2013, “Il segreto sporco della follia del potere Britannico: generatori a gasolio inquinanti costruiti in segreto da società straniere per intervenire quando non c'è vento per le pale eoliche – ed altri eco scandali folli ma veri”, su The Daily Mail, 13 luglio.

[2] Come ulteriore esempio, Axel Kleidon ha mostrato che estrarre energia dal vento (così come dalle onde e dalle correnti oceaniche) in qualsiasi grande scala avrebbe l'effetto di ridurre la “energia libera” utilizzabile dall'umanità (libera in senso termodinamico, a causa degli alti livelli di entropia che queste tecnologie generano e al contrario della raccolta diretta dell'energia solare attraverso la fotosintesi, il fotovoltaico e il solare termico, che invece aumentano l'energia libera disponibile per l'umanità) – vedete Kleidon, Axel, 2012, In che modo il sistema terrestre genera e conserva lo squilibrio termodinamico e cosa significa questo per il futuro del pianeta?, Max Planck Institute for Biogeochemistry, pubblicato su Philosophical Transaction of the Royal Society A,  370, doi: 10.1098/rsta.2011.0316.

[3] E.g. Murray e King, Nature, 2012.

[4] Questa etichetta è un ammiccamento alla “Gente di mare” che è rimasta coinvolta nella fine improvvisa dell'Età del bronzo circa 3.200 anni fa, in quella stessa parte del mondo che è attualmente amaramente invischiata in combattimenti atroci e nel terrorismo, cioè MENA.

[5] Tainter, Joseph, 1988, Il collasso delle società complesses, Cambridge University Press; Tainter, Joseph A., 1996, “Complessità, risoluzione dei problemi e società sostenibili” su Scendere alla terra. Applicazioni pratiche di economia ecologica, Island Press e Tainter, Joseph A. e Crumley, Carole, “Clima, complessità  risoluzione dei problemi nell'Impero Romano” (p. 63), su Costanza, Robert, Graumlich, Lisa J., and Steffen, Will, curatori, 2007, Sostenibilità o collasso, una storia integrata e un futuro per i popoli della terra, The MIT Press, Cambridge, Massachusetts e Londra, Regno Unito, in cooperazione con la Dahlem University Press.

[6] Vedete per esempio Armour, Kyle, 2016, “Sensitività climatica in aumento”,  www.nature.com/natureclimatechange, 27 giugno.

[7] Per una buona panoramica vedete Spratt, David, 2016, Climate Reality Check, marzo.

[8] Per esempio, Jacobson, Mark M. e Delucchi, Mark A., 2009, “Un percorso di sostenibilità per il 2030”, su Scientific American, novembre.

[9] Hall, Charles A. S. e Klitgaard, Kent A., 2012, Energia e ricchezza delle nazioni, Springer; Hall, Charles A. S., Balogh, Stephen, e Murphy, David J. R., 2009, “Qual è l'EROI minimo che deve avere una società sostenibile?” su Energies, 2, 25-47; doi:10.3390/en20100025. Vedete anche Murphy, David J., 2014, “Le implicazioni del declino dell'EROEI della produzione petrolifera” su Philosophical Transaction of the Royal Society A, 372: 20130126,http://dx.doi.org/10.1098/rsta.2013.0126.

[10] Joseph Tainter, 2011, “Energia, complessità e sostenibilità: una prospettiva storica”, Innovazione ambientale e transizioni sociali, Elsevier