domenica 9 marzo 2014

La Grande Dissonanza

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Di Antonio Turiel


- Come va? Sei a casa coi bambini, giusto? Ti vedo sempre coi tuoi figli qui in giro, molto bene, tu...

Ci eravamo incontrati uscendo dalla stazione ferroviaria ed entrambi andavamo di fretta, pensando di arrivare a casa e fare le faccende del tardo pomeriggio, probabilmente.

- Quando non lavoro sto sempre coi miei figli – gli ho risposto io.

- Questo è molto bello – mi ha risposto – Sono ancora molto piccoli, no? Ma poi crescono e prima che te ne rendi conto vanno già all'università... 

Ho abbozzato un sorriso fra il triste e lo stanco e gli ho detto:

- Non so se i miei figli andranno all'università.

Deve aver pensato che scherzassi ed ha insistito un po', al che gli ho detto, con un po' più di fermezza:

- Non credo che i miei figli andranno all'università.

Un tale atteggiamento da parte mia è, ovviamente, difforme, dissonante rispetto al sentire sociale, si potrebbe dire. Il fatto che io, che ho una formazione universitaria superiore, non dia per scontato che anche i miei figli avranno una formazione universitaria, è anche peggio di un'eccentricità: è un sovvertimento dell'ordine naturale delle cose ed una barbarie. Tuttavia, il mio modo di vedere le cose è perfettamente coerente con ciò che vedo intorno a me: alti tassi di disoccupazione (26%) che sono alle stelle quando si parla di disoccupazione giovanile (più del 50% dei minori di 25 anni che vogliono un lavoro non riescono a trovarne uno), una situazione economica melmosa, un alto indebitamento pubblico e privato che fanno presagire un recupero economico lento, una diminuzione progressiva dei salari pubblici e privati... e tutto questo senza tenere conto del fatto che la mancanza di risorse garantisce che questa crisi non finirà mai. Non fraintendete le mie parole, non è che io desideri che i miei figli non vadano all'università, è che non so se quando dovranno prendere quella decisione lo considereranno conveniente. Inoltre non so se per allora il mio potere d'acquisto mi permetterà di pagargliela. Più che altro, il fatto è che credo che sarà difficile che accada un cosa del genere. Naturalmente,, se loro vogliono ed io posso ci proveremo, ma nutro molti dubbi su questo possibile futuro. Dubbi fondati nei più di sei anni di crisi che abbiamo alle spalle nella mia conoscenza del nostro inesorabile declino energetico. Declino che non implica necessariamente la distruzione della classe media, ma la nostra mancanza di reazione di fronte ad esso sì che la implica.

Perciò, la mia mancanza di fede in un brillante futuro (mancanza di fede in realtà che motiva lo scrivere questo blog, nella speranza che alla fine mi sbagli riguardo alle mie magre prospettive rispetto alla razza umana e che possiamo invertire la situazione)è una posizione perfettamente logica e razionale. Peggio ancora, è la posizione più logica e razionale che si possa assumere vedendo i dati e la scarsa azione della politica per combattere la crisi che abbiamo visto finora. Pertanto, questo ottimismo implicito che la maggioranza proietta sul futuro (accettando che c'è una crisi, ma nonostante questo fa piani per un futuro in continuità col passato, coi figli che vanno all'università o che si comprano un mini-appartamento), in realtà è una dissonanza cognitiva sociale, collettiva anche se tale dissonanza è curiosamente il comportamento sociale accettabile e il mio quello disadattato.

Questa Dissonanza Cognitiva Collettiva non è, naturalmente, niente di nuovo, ma sta alla base stessa del nostro sistema economico, a cominciare dalla psicopatia della teoria economica convenzionale nelle sue diverse versioni. Che il nostro sistema abbia bisogno di una crescita infinita del proprio consumo di risorse, che non solo sono scarse ma sono per di più esauribili, fino a giungere allo spreco delle stesse come vera essenza del valore economico dei giorni nostri e che la distruzione dell'ecosistema, del nostro habitat e il degrado dell'ambiente in generale sia la cosa socialmente accettabile, mostra non solo il suo carattere lunatico e suicida, ma quanto sia profondamente squilibrato ed ingiusto (visto che molte volte si estenalizzavano ad altri paesi gli squilibri di questo malcostume, fino ad arrivare all'epoca in cui non resta altro rimedio che 'internalizzarle' qui). E nonostante le prove schiaccianti dei fatti, denunciare le barbarie che si commettono in nome del nostro sistema economico è considerato come infantile e persino da disadattati.

La psicopatia che ci inculca il nostro sistema è così profonda che la gente è già giunta ad accettare senza battere ciglio le peggiori aberrazioni possibili, come strappare il futuro ai figli. La predicazione generale è che ci dobbiamo preoccupare soltanto del presente, anche se questo implica essere in competizione coi figli o addirittura distruggere il loro futuro. In alcune occasioni mi trovo che, parlando della gravità del cambiamento climatico o della crisi delle risorse (e particolarmente del picco del petrolio) a volte qualcuno dica, per tranquillizzarsi di fronte a notizie tanto inquietanti: “per fortuna di questo se ne dovranno preoccupare i nostri figli e i nostri nipoti”. Mi corre sempre un brivido lungo la schiena nell'ascoltare cose del genere, perché per me la mia vita sono i miei figli (a volte quando qualcuno mi chiede perché mi complico la vita facendo quello che faccio, dico che ho due buoni motivi). E', di nuovo, un altro aspetto della Grande Dissonanza in cui vive tronfia la nostra società, forse la peggiore: la noncuranza per la discendenza. Nella cultura che ha preceduto questa desolazione morale, limitata ed ignorante com'era, e nella maggior parte delle occasioni atavicamente ingiusta, c'era come valore sociale la conservazione di almeno una parte della discendenza (anche era solo per il proprio interesse). Col progresso materiale e sociale i figli sono passati dall'essere un investimento per il futuro all'essere un vero e proprio motivo di gioia e di continuità della propria esistenza oltre l'inesorabile morte di ognuno. Ma qualcosa è andato storto in questo percorso ed ora siamo giunti alla demenza attuale, per cui per non privarci di un piccolo piacere in più siamo capaci di immolare i nostri propri figli. Prima i genitori davano una spintarella ai propri figli. Anche adesso, ma all'indietro.

Il grado di conformismo alle contraddizioni multiple del nostro sistema economico è talmente elevato che, nonostante l'inutilità di cercare di mantenere un sistema che cresce esponenzialmente nel proprio consumo materiale e di energia in particolare, si pone l'enfasi nel trovare più materia prima e più energia per alimentare la bestia, essendo la crescita per la crescita il fine ultimo, invece di renderci conto che ciò che serve è ripensare il problema.


E così quando parliamo di crisi energetica di solito gli interlocutori informati si concentrano sulla mera ricerca di nuove fonti di energia, ciò non è altro che un'ulteriore forma di Grande Dissonanza: anche se riuscissimo a raddoppiare la nostra disponibilità di energia, se mantenessimo il tasso di crescita del consumo energetico adeguato (il 2,9% all'anno come da media storica) ci ritroveremmo che in soltanto due decenni si ripresenterebbe la scarsità l'energia: praticamente è un sospiro in termini storici, nonostante l'impresa che implicherebbe il duplicare l'energia consumata rispetto ai livelli attuali. E come spiegava Tom Murphy, per poter continuare a crescere a questo ritmo in meno di 400 anni dovremmo assorbire tutta la radiazione che giunge alla Terra dal Sole, in 1300 anni dovremmo assorbire tutta l'energia emessa dal Sole e in 2500 anni (poco meno del tempo trascorso dalla fondazione di Roma) dovremmo assorbire tutta la radiazione di tutte le stelle della nostra galassia. In realtà ci sono limiti invalicabili prima: in “soli” 450 anni il calore dissipato dalle nostre macchine farebbe bollire gli oceani. E' chiaro pertanto che la nostra folle corsa per l'energia illimitata è condannata a finire entro alcune generazioni, costretta da limiti che neanche il più illuso può pensare che siano superabili, tuttavia anche persone molto intelligenti si lasciano prendere dalla Grande Dissonanza Collettiva e sono facile preda della notizia del giorno, di una nuova promessa di energia illimitata ben pubblicizzata da media, esagerazioni che non si traducono mai in pratica (l'ultima delle quali potrebbe essere la notizia di un grande successo nella National Ignition Facility, secondo la quale si sarebbe ottenuto per la prima volta che una reazione di fusione nucleare a confinamento inerziale producesse più energia di quella consumata – niente di più lontano dalla realtà, come si è già spiegato quando l'esperimento era venuto alla luce lo scorso ottobre: in realtà l'energia prodotta è circa l'1% dell'energia consumata dai laser, cosa che pochi media hanno riportato correttamente).

L'Astuzia dell'Idea di Hegel si è trasformata, per nostra disgrazia, nella Stupidità dell'Idea; l'inconscio collettivo è più inconscio che mai. La grande Dissonanza porta a chiudere gli occhi, a volte serrandoli come fanno i bambini, di fronte le realtà scomode e alle decisioni improrogabili. E' molto difficile combattere questa Grande Dissonanza che pervade tutto, che pervade tutti, alla quale siamo stati tutti indottrinati. In questi giorni mi sono sorpreso vedendo come un paio di autori della blogosfera il cui lavoro e sforzo divulgativo nell'ambito della Scienza e dell'Economia, rispettivamente, apprezzo ed ammiro, mi criticano personalmente per la divulgazione che faccio, in qualche occasione con denigrazioni piuttosto gravi ma non per questo meno generiche. Non esiste una cosa come la crisi energetica, mi dicono, esagero, mi lascio trasportare da teorie della cospirazione, non ho nessuna idea di cosa sia la Fisica o la Geologia, i miei dati provengono da fonti dubbie (ma non so quali siano le fonti migliori che hanno loro), che in realtà il fracking sta cambiando il mondo, che gli Stati Uniti producono più petrolio che mai (dipende da cosa chiami petrolio, chiaro) o che i reattori autofertilizzanti ci forniranno energia nucleare infinita (chi se ne frega se in 60 anni di sperimentazione sono stati costruiti solo una decina di prototipi con un'infinità di problemi; questa tecnologia ce l'abbiamo dietro l'angolo, come quella della fusione, come l'auto elettrica...). Ancora e ancora la stessa cecità, la stessa mancanza di prospettiva, la conoscenza sommaria di quello che succede che non resiste alla minima analisi critica che so che queste persone potrebbero fare se solo gli dedicassero un pomeriggio. Ma non solo non si vede, c'è un desiderio inconscio di non vedere, un terrore implicito di quello che si potrebbe vedere, che barcollino le basi delle nostre convinzioni. E' meglio pensare che la scarsità di energia non ha niente a che vedere con l'attuale crisi economica, nonostante che secondo EuroStat nell'Europa dei 28 paesi il consumo di energia primaria è scesa di più del'8% fra il 2006 e il 2012:


E' meglio non guardare troppo nei dettagli e sperare che si troverà una soluzione a tutto. Allo stesso modo, è meglio pensare che del tema del cambiamento climatico se ne stia esagerando l'importanza e credere che le gravi alterazioni climatiche che stiamo vivendo quest'inverno (soprattutto nel Nord Atlantico, negli Stati uniti e in Giappone) non abbiano nulla a che vedere con la destabilizzazione della Corrente a Getto (Jet Stream) polare frutto dell'indebolimento della stessa in conseguenza del riscaldamento dell'Artico (questione che ho sicuramente spiegato nel post un anno senza estate e che mi valse parecchie critiche da parte di molti che mi hanno accusato di dire che nel 2013 non ci sarebbe stata l'estate – e che ovviamente hanno letto solo il titolo).

1. Con un Artico freddo e sano la corrente a getto polare è forte e veloce, ma con l'Artico riscaldato la corrente a getto perde forza.
2. E' quando le ciclogenesi ti mangiano e nevica alle canarie. 
Viñera de Ramón su elpais.com. 17 febbraio 2014

Tornando alla conversazione con la quale ho aperto il post, da qualche tempo ho trovato un modo adeguato di compensare le mie risposte brusche e socialmente inaccettabili.

- L'unica cosa che mi interessa è che i miei figli siano felici.

- – mi ha detto dopo qualche secondo – perché siano felici non c'è nessuna necessità di andare all'università – e dopo una breve pausa – e in realtà è quello che importa.

E' che in un momento di crisi ed incertezza come quello attuale, nel quale in fondo più di uno percepisce dentro di sé che la melodia sociale forse è una cacofonia, una posizione tanto dissonante come la mia si può far accettare solo facendo appello ai valori semplici, primari, fondamentali. La felicità, il benessere non materiale. Una melodia semplice per scappare da tanto frastuono.

Forse ciò di cui abbiamo bisogno non è di complicare i discorsi, ma di semplificarli.

Antonio Turiel, Febbbraio 2014.