lunedì 10 febbraio 2014

Futuro Profondo: l'altro lato del picco del carbonio


Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR

Una recensione del libro di Curt Stager

Di Ugo Bardi



Avevo grandi aspettative per  questo libro, ma sono rimasto deluso. Non che sia un brutto libro, al contrario, è pieno di informazioni interessanti. Tuttavia, mi sono positivamente irritato leggendolo. Ma se qualcosa ti fa arrabbiare ci devono essere delle ragioni e, se si comprendono le ragioni, si ha una possibilità di imparare qualcosa. Così, una cosa che ho imparato da questo libro è una migliore comprensione della difficoltà di mantenere un atteggiamento puramente razionale sul cambiamento climatico, anche per coloro fra noi che sono formati all'approccio scientifico.


Finora, la questione del cambiamento climatico è stata dominata da un atteggiamento che dice – più o meno – che il clima è un grosso problema, certo, ma abbiamo le soluzioni e non succederà niente di terribile, basta che facciamo poche piccole cose come installare finestre a doppi vetri e andare di più in bici al lavoro. Sfortunatamente, ormai è chiaro che non sarà facile. Finora non è stato fatto nulla ed è probabile che nulla si farà prima che sia troppo tardi (sempre che non lo sia già). Quindi, siamo stati presi in una gigantesca tempesta planetaria provocata da noi stessi e ci stiamo tuffando dritti in un futuro in cui il clima gestirà noi, piuttosto che l'opposto. Cosa ci accadrà, quindi?

Un sacco di gente sembra essere convinta che il riscaldamento planetario non sarà poi così male – al contrario, porterà dei vantaggi, dall'idea ingenua di poter risparmiare sul riscaldamento di casa a quella che un oceano Artico senza ghiaccio sarà un a cuccagna per trivellare petrolio. Sul breve termine, entrambe queste aspettative potrebbero risultare soddisfatte – in parte. Ma quale sarà il destino dell'umanità dopo il grande impulso di carbonio? Non molti testi affrontano questo argomento. Uno è il libro di Curt Stager “Futuro Profondo” (Deep Future, 2011), che esamina il futuro fino a 100.000 anni da adesso. Un tentativo ardito di affrontare con un tema affascinante, purtroppo non completamente riuscito.

Un problema di questo libro è l'insistenza di Stager nel sostenere che i cambiamenti futuri saranno dolci e graduali, dando alla gente un sacco di tempo per adattarsi. Questo atteggiamento porta Stager ad alcune dichiarazioni che lasciano perplessi, come “... l'aumento dei livelli del mare saranno più una costosa seccatura che una catastrofe” (p. 132). Capisco che questa frase è stata scritta prima degli uragani Sandy e Haiyan, ma questo non la rende meno fastidiosa. Poi, riguardo al caldo estremo nelle regioni tropicali, Stager sembra pensare di poter dimostrare quanto sia facile adattarsi dichiarando (p. 186) “Non dimenticherò mai di essere rimasto a bocca aperta per lo stupore mentre colonne di muscolosi soldati francesi della Legione Straniera si urtavano e manovravano fra i miraggi ondeggianti di Gibuti, una sacca di depressioni e creste di lava come una fornace...” Coloro fra di noi che non sono dei “muscolosi legionari” potrebbero trovare questo leggermente indisponente, per non dire offensivo.

Di tanto in tanto, l'insistenza di Stager sui cambiamenti lenti e graduali condiziona negativamente anche il contenuto scientifico del libro. Per esempio, non ci troverete una parola sull'anossia dell'oceano – una delle conseguenze a lungo termine più pericolose del cambiamento climatico. E' un'omissione curiosa, perché Stager ci racconta (p. 45) che lui stesso ha navigato le acqua del lago Nyos, in Camerun, solo un anno prima che una gigantesca eruzione di CO2 emessa dal lago uccidesse quasi 2000 persone. Il lago Nyos è anossico, proprio come si ritiene siano stati gli oceani durante le fasi climatiche che hanno portato alle estinzioni di massa. Ma queste eruzioni killer di gas passate non vengono mai menzionate nel libro, probabilmente perché sono in contrasto con la tesi di Stager che i cambiamenti sono sempre lenti e graduali.

L'atteggiamento di Stager si palesa anche dai suoi punti di vista su ciò che gli scienziati del clima dovrebbero dire sul cambiamento climatico. E' chiaro che vede l'atteggiamento di molti dei suoi colleghi come eccessivamente catastrofista. Per esempio, a pagina 240 dice "So anche che almeno una figura ben nota della comunità climatica ha di proposito esagerato i pericoli del riscaldamento globale nelle presentazioni pubbliche, perché me lo ha detto a una conferenza. La sua giustificazione è stata questa: 'Se la gente non è spaventata, non presta attenzione'” Ora, questa dichiarazione è profondamente ingiusta – se non offensiva – rispetto alla comunità scientifica. Se Stager vuole accusare gli scienziati di “esagerare di proposito” i pericoli del riscaldamento globale (e lo fa diverse volte nel libro) deve fornire dati ed esempi. Limitarsi a citare una fonte anonima e non verificabile non è il modo di farlo. (Notate, per inciso, che nelle migliaia di messaggi rubati della controversia del “climategate”, la truppa anti-scienza non è riuscita a trovare una singola frase che indicasse che gli scienziati stessero esagerando alcunché di proposito).

Quindi, un libro interessante, guastato da un atteggiamento che porta spesso l'autore fuori strada nel suo tentativo di minimizzare i pericoli che abbiamo di fronte. Ma merita di essere letto per la sua ampia perlustrazione di un futuro remoto al quale la maggior parte di noi non si ferma mai a pensare. Ci sarà vita dopo il grande impulso di carbonio? La risposta di Stager forse è troppo ottimistica, ma è una possibilità concreta. L'umanità, intesa come specie, potrebbe sopravvivere al cambiamento, anche se la perdita di vite umane potrebbe essere enorme.

Ma la cosa interessante del libro è che evidenzia che ognuno di noi è prevenuto quando guarda ai risultati finali del cambiamento climatico. Di fronte alla catastrofe imminente, alcuni di noi tendono a negarla (li chiamiamo “negazionisti”). Altri, come Stager, non negano il cambiamento, ma cercano di fare del loro meglio per minimizzarlo. E molti di noi reagiscono con un frenetico attivismo climatico mentre, allo stesso tempo, cerchiamo di non guardare il vero volto del disastro imminente. Tuttavia, il grande picco del carbonio è in atto e siamo diretti verso una Terra così diversa che la possiamo considerare un altro pianeta. Prima di atterrarci, possiamo cercare di capire cosa ci troveremo.