lunedì 15 aprile 2013

Il mito del consumo sostenibile

Da “Is Sustainability still possible?”. Traduzione di MR


Di Alison Singer




L'etichettatura ecologica fornisce ai consumatori
 scelte socialmente ed ecologicamente rispettose,
ma incoraggiano anche un ulteriore consumo
 (Foto: per gentile concessione di jetalone via flickr)
In tutto il globo, il concetto di consumo sostenibile viene propagandato come la strada per il futuro, un cambiamento nello stile di vita e nei valori che promette “crescita verde” - crescita economica che non danneggia la natura. Anche se non senza ostacoli e controversie, questo concetto è stato abbracciato dai politici, dai consumatori e dall'industria. L'idea è che, fornendo ai consumatori una gamma di prodotti che riflettono i loro nuovi valori ambientali, il mercato si auto regolerà nel suo percorso verso un futuro più sostenibile, uno in cui gli scaffali dei supermercati vi siano allineati prodotti amici dell'ambiente e in cui lavoratori dei paesi in via di sviluppo ricevano salari equi per il loro lavoro. Etichettatura ecologica, tasse sul consumo di acqua ed energia, incentivi sul riciclaggio, campagne di educazione e comunicazione e pubblicità, sono esempi dei metodi per promuovere il consumo sostenibile, e tutto quanto è approvato dall'OCSE.

Il riciclaggio può rendere perpetuo il paradigma dell'alto
 consumo? (foto per gentile concessione di timtak via flickr)
Tuttavia, il consumo sostenibile non affronta la radice del problema: che la crescita economica senza limiti – a prescindere da quanto ecologicamente orientata – è ugualmente insostenibile. Nello Stato del pianeta 2013, Annie Leonard indica che la concentrazione sul consumo sostenibile “ci distrae dall'identificare e richiedere il cambiamento da parte dei veri motori del declino ambientale... Descrivere i problemi e le soluzioni ambientali di oggi come problemi individuali ha anche un effetto di perdita di potere, lasciando percepire alle persone che il loro più grande potere risiede nel perfezionare le proprie scelte quotidiane”. Un gruppo di ricerca del nord sta cercando di sfatare il mito del consumo sostenibile per aiutare i politici as attuare le politiche veramente efficaci. I miti più dannosi, evidenziati in un recente seminario sul Web (webinar) sono i seguenti:


  • la credenza che piccole azioni individuali avranno un effetto di propagazione;
  • se tutti fanno qualcosa otterremo molto collettivamente;
  • più informazione porta ad un comportamento sostenibile.

La ragione per cui questi miti sono così pericolosi è che essi piazzano il fardello della responsabilità sui consumatori anziché sui produttori e questo a sua volta influenza il tipo di politiche attuate dallo stato. Tuttavia, il focus è ancora sul consumo in sé, anziché su un profondo cambiamento di comportamento verso il ridimensionamento e la decrescita. Questi miti permettono ai governi di emanare politiche di breve termine e minimali, come tasse sull'acqua in bottiglia e sacchetti di plastica, o richiedere etichette energetiche sugli elettrodomestici. Mentre lo sforzo individuale è certamente importante ed un buon punto di partenza, è un terribile punto di arrivo. La Leonard sostiene che il cambiamento radicale comporta tre stadi – una grande visione di come le cose potrebbero funzionare meglio, un impegno per andare oltre l'azione individuale e, infine, l'azione collettiva. Il focus su un consumo sostenibile tiene la società fermamente ancorata sugli individui e aumenta le barriere per intraprendere un'azione collettiva.