domenica 5 giugno 2011

Referendum nucleare: io non ci sto

(nota, questo testo esprime opinioni personali di Ugo Bardi)




Con l'imminente referendum sul nucleare, la politicizzazione del problema energetico si completa dopo un tragitto che dura da qualche anno. Oramai, il nucleare è ufficialmente "di destra" mentre le rinnovabili sono ufficialmente "di sinistra". E' molto grave che una questione così importante per il futuro del paese sia stata ridotta a un scontro fra ideologie ormai obsolete e, su questo, entrambi gli schieramenti hanno pesanti responsabilità. Personalmente, pur avendo espresso più volte la mia opinione negativa sull'opportunità di reintrodurre l'energia nucleare in Italia, non riesco a seguire questa logica di scontro settario. Permettetemi di dire che, se il problema viene posto in questi termini, io non ci sto. 


Tre anni fa, nel 2008, un documento collettivo dell'associazione ASPO-Italia sulla questione dell'energia nucleare sosteneva che:

.... è impossibile dare un giudizio su una questione così importante come l’infrastruttura energetica del paese senza considerare questioni come la distribuzione della ricchezza nella società, la centralizzazione o meno della produzione e altri fattori. Tutti questi elementi sono parte di una visione del futuro che è anche politica. Tuttavia, politicizzare certe questioni in termini di contrapposizione fra schieramenti opposti rende impossibile prendere decisioni importanti. Le politiche energetiche devono essere seguite con coerenza e consistenza per periodi ben più lunghi di quelli che vedono l’avvicendamento dell’una o dell’altra parte politica al governo. L’energia non è né di destra nè di sinistra. Il problema energetico è al di sopra delle parti e dovrebbe essere trattato da tutti con estrema neutralità perché dal rifornimento energetico dipende il futuro della nazione; più che da qualsiasi altro parametro economico.

.....

Comunque la si voglia vedere, il problema energetico ci accompagnerà per decenni nel futuro e lo si può risolvere solo con investimenti a lungo termine. Ma è impensabile che gli operatori preposti a investire sull’energia lo facciano in un clima politico che vedrebbe il necessario sostegno finanziario e legislativo per una o un’altra tecnologia andare e venire in dipendenza dei risultati delle elezioni. La questione energetica in Italia ha bisogno prima di tutto di un accordo che veda al primo posto il bene del paese. Se riusciamo a lavorare con coerenza verso un nuovo paradigma energetico, l’attuale crisi del petrolio e dei combustibili fossili non sarà un problema ma un'opportunità per rinnovare il sistema produttivo del paese e renderlo nuovamente competitivo.


Sfortunatamente, sembra che la situazione si sia evoluta esattamente nei termini che preoccupavano i membri di ASPO-Italia nel 2008. La questione energetica è stata politicizzata nel senso più basso del termine; ovvero è diventata una questione ideologica; uno strumento per lo scontro settario.

Su questo, il governo in carica ha gravi responsabilità; avendo ritenuto che il mandato degli elettori gli desse automaticamente il potere di imporre la scelta nucleare dall'alto, senza un dibattito e senza una valutazione approfondita della tecnologia e delle reali necessità del paese. Ma anche l'opposizione, come pure una sezione importante del movimento ambientalista, non è mai riuscita a mettere in piedi un dibattito su questo argomento, limitandosi a demonizzare il nucleare e a utilizzarlo come arma politica. Entrambi gli schieramenti hanno presentato il problema nei suoi termini più emozionali e superficiali, senza minimamente riuscire ad approfondirlo. E nemmeno ci hanno provato. Il referendum abrogativo è un ben misero sostituto di questo mancato dibattito. E' veramente triste pensare che ci si aspetti che gli elettori prendano una decisione saggia su un problema di vitale importanza per l'intero paese sulla base dei dibattiti televisivi di infimo livello che abbiamo visto negli ultimi giorni.

E' lo stesso problema che abbiamo con la questione climatica. L'idea che il problema climatico esiste ed è grave è vista come "di sinistra" mentre l'idea che è un imbroglio e che comunque non è grave è "di destra". Anche qui l'opinione del pubblico si basa su dibattiti televisivi e articoli di giornale di basso livello. Poi si va al voto, e la fazione che vince ritiene di aver avuto ragione. Eh, si, a maggioranza si può anche abrogare la legge di gravità, ma questo non vuol dire che dopo uno si possa buttare dalla finestra dal quinto piano senza farsi male.

Il problema energetico (così come quello climatico) non si può affrontare in questo modo. Non è un problema ideologico: arrivare alla conclusione che il nucleare è "di destra" mentre le rinnovabili sono "di sinistra" è un'assurdità. Vuol dire che la fazione che prevale in un certo momento farà del suo meglio per affossare la tecnologia che ritiene contraria alla propria visione ideologica. Se negli ultimi tempi il governo se l'è presa con le rinnovabili, con il referendum l'opposizione tenta invece di affossare il nucleare. Può darsi che oggi vinca la fazione anti-nucleare; ma le cose potrebbero cambiare di nuovo nel futuro. Già è successo nel passato con il referendum anti-nucleare nel 1987 e il successivo ritorno del nucleare. Sembra che non riusciamo a fermare il pendolo nucleare dall'oscillare.

Ma per una seria politica energetica per il paese c'è bisogno di un consenso ampio e basato su valutazioni approfondite. Solo così si può ottenere quel clima di stabilità e di certezza che permette agli investitori di fare scelte lungimiranti. Invece, stiamo sbagliando tutto: guardate cos'è successo con il fotovoltaico, con il governo che ha fatto del suo meglio per creare incertezza e per distruggere un'industria in crescita che stava dando lavoro a decine di migliaia di persone. Come è possibile gestire un paese in questo modo?

Allora, permettetemi una nota personale. Come la penso sull'energia nucleare l'ho detto più di una volta (per esempio qui, qui e qui e nel documento citato più sopra). La mia posizione è che l'energia rinnovabile è di gran lunga preferibile a quella nucleare per una serie di ragioni: meno costosa, più sicura, più semplice, più efficiente e non soggetta agli stessi problemi di approvvigionamento di combustibili. Tuttavia, non ho mai pensato che fosse il caso di dichiararsi "contro" il nucleare e quando mi danno di "antinuclearista" o addirittura di "storico oppositore del nucleare" mi si rizzano tutti i capelli in testa. Come tutti, ho le mie antipatie e le mie simpatie, ma se devo dare un contributo a questa discussione cerco di evitare questo tipo di semplificazioni.

L'altro giorno, mi hanno invitato a parlare sulla questione nucleare a un circolo ARCI non lontano da Firenze. Ho fatto del mio meglio per esporre il problema nella sue varie sfaccettature, tecniche, economiche, e anche strategiche. Ma ho visto con sgomento che è impossibile - ormai - parlare di nucleare in questi termini. Questo mi è successo più di una volta negli ultimi tempi. La gente non si aspetta un approfondimento del problema: si aspetta soltanto un si o un no deciso. Ormai, il problema è totalmente politicizzato.

Non mi fate parlar male delle persone che si sono riunite per sentirmi al circolo ARCI - assolutamente no; anzi, fatemi dire che sono eccellenti persone che ringrazio per avermi invitato e per avermi ascoltato con grande attenzione. Sono persone che, come me stanno cercando di farsi un'idea di quello che sta succedendo e che cosa possono fare per affrontare la situazione. Ma sono influenzati, come tutti, dal dibattito televisivo. E il dibattito televisivo non approfondisce la questione: la trasforma in uno scontro di piazza dove vince chi urla di più.

Allora, permettetemi di dire che se il problema deve essere posto in questi termini, io non ci sto. Non vi so dire adesso cosa farò esattamente il giorno del referendum; può darsi che farò come Gennaro Carotenuto che dice "voterò si, ma con gran pena," così come mi hanno detto che faranno molti dei miei colleghi. Oppure, può darsi che non prenderò nemmeno la scheda grigia sul nucleare. Non lo so e non è particolarmente importante. Quello che è importante è il futuro di questo disgraziato paese e non mi aspetto niente di buono se non troviamo un modo migliore di affrontare i grandi problemi che abbiamo davanti: quello energetico e quello climatico.