giovedì 11 novembre 2010

La sindrome di Venere




Venere: un pianeta ben diverso dalla Terra, con una temperatura di superficie di 460 C causata dall'effetto serra associato a un'atmosfera satura di CO2. Purtroppo, Venere ci mostra un possibile destino del nostro pianeta via via che l'intensità dell'irradiazione solare aumenta. In principio, ci vorranno ancora centinaia di milioni di anni prima che la Terra si trasformi in un inferno di fuoco come Venere, però non si può escludere che possa avvenire anche molto prima. Questa è l'opinione di James Hansen che nel suo libro "Tempeste" accusa gli scienziati di non dire veramente al pubblico quali sono i rischi che corriamo con il cambiamento climatico in corso.


Vi consiglio di leggere il libro di James Hansen "Tempeste," però facendo attenzione a una cosa. State attenti a non avere a portata di mano strumenti taglienti o contundenti mentre lo leggete; altrimenti potreste essere tentati di usarli contro voi stessi.

Quello di Hansen è un libro complesso e che affronta una molteplicità di argomenti; sia politici che scientifici. Il nocciolo della faccenda è - comunque - l'accusa che fa Hansen ai suoi colleghi climatologi di essere troppo conservativi, di non voler raccontare in pubblico i rischi che corriamo con il riscaldamento globale. Ovvero, secondo Hansen, i rischi potrebbero essere molto più gravi e immediati di quanto uno non si possa rendere conto dai rapporti IPCC, dai dati pubblicati e, in generale, da quello che si dice nel dibattito.

Quali sono questi rischi? Beh, secondo Hansen e altri quello che si rischia è un "runaway greenhouse effect", un "effetto serra incontrollato" che potrebbe essere generato dalla liberazione in atmosfera degli idrati di metano. Questo potrebbe portare a un riscaldamento talmente intenso da causare l'estinzione della maggior parte dei vertebrati, come è già successo alla fine del Permiano, 250 milioni di anni fa. Al limite estremo, potrebbe portare all'evaporazione degli oceani e alla sterilizzazione del nostro pianeta, che diventerebbe un gemello di Venere dove queste cose sono accadute centinaia di milioni di anni fa.

Ora, prima di mettervi a urlare "dalli al catastrofista" notate che queste non sono previsioni - sono scenari. Ovvero, sono eventi incerti ma fisicamente possibili. Sappiamo che l'intensità della radiazione solare aumenta gradualmente - molto lentamente, ma inesorabilmente - circa il 6% in più ogni miliardo di anni. Se la Terra deve mantenere una temperatura compatibile con la vita, questo aumento deve essere compensato dall'ecosfera terrestre con una riduzione della concentrazione di CO2. Questa concentrazione si deve dimezzare, circa, per ogni 2% di aumento dell'intensità della radiazione solare. Questo è quello che è osserviamo nel passato geologico della Terra: la concentrazione di CO2 si è gradualmente ridotta mantenendo la temperatura entro i limiti necessari per il mantenimento della vita.

Oggi, come fa notare Hansen, ci troviamo in una situazione in cui il sole non è mai stato così intenso come nel passato e - contemporaneamente - stiamo immettendo nell'atmosfera una gran quantità di gas serra a una velocità mai sperimentata nel passato del pianeta. Gli effetti di queste due condizioni combinate sono imprevedibili. Può darsi che non succeda niente di veramente grave a parte un riscaldamento di qualche grado; oppure può darsi che tutto il sistema vada fuori equilibrio - appunto - la sindrome di Venere.

Attenzione: questo non vuol dire che ci aspettiamo che una cosa del genere accada in tempi brevi. Anzi, ci sono ragionevoli argomentazioni per dire che potrebbe non accadere mai. Ma non possiamo escludere l'ipotesi peggiore. E, comunque, non importa nemmeno finire come Venere. Basterebbe qualcosa di simile a quello che è successo alla fine del Permiano per spazzare via la specie umana e la maggior parte dei vertebrati. Questa è una cosa che è già successa e quindi è provato che potrebbe succedere di nuovo.

Fatemelo ripetere: questi sono scenari, non previsioni. Una previsione è qualcosa che uno si aspetta che accada in un tempo specifico. Uno scenario è qualcosa che potrebbe accadere - non si sa quando ma per il quale è bene essere preparati. Uno si mette la cintura di sicurezza quando entra in macchina non perché prevede un frontale contro un TIR proprio quel giorno. Se la mette perché lo scontro con un TIR (o cose del genere) è un evento possibile. E' uno scenario, non una previsione.

Su questo punto, non è il solo Hansen a notare la reticenza degli scienziati. Parlare chiaramente di certi rischi non è cosa molto popolare. Fate caso al quarto rapporto dell'IPCC: la faccenda del rischio connesso con gli idrati di metano non c'è nella "sintesi" e meno che mai nel "summary for policymakers". La trovate solo nelle sezioni I e II, si, ma bisogna andarsela a cercare.


Quindi, alla fine dei conti, il problema posto da Hansen è un problema di comunicazione. E, in effetti, il dogma fino ad oggi nella comunicazione pubblica sul cambiamento climatico è stato di non allarmare la gente. Il terrore è quello di essere tacciati di "catastrofismo", di scatenare reazioni imprevedibili e forse anche violente, di allontanare la gente spingendola verso chi gli racconta bugie rassicuranti.

Però, pensateci solo un attimo: tutto questo è esattamente quello che sta succedendo. Gli scienziati sono tacciati di catastrofismo e allarmismo, oggetto di minacce di morte e di cacce alle streghe e c'è pieno, là fuori, di gente che fa successo raccontando bugie rassicuranti. Quindi, è possibile che sia stato un clamoroso autogol quello di cercare a tutti i costi di non allarmare troppo la gente?

A questo punto, ci accorgiamo che il problema è uno di strategia di comunicazione. Come dobbiamo comunicare il pericolo del cambiamento climatico? Con quali dati? A chi? Con quali obbiettivi?

Appena ci poniamo queste domande, vediamo che una strategia di comunicazione non esiste. Sono domande che, semplicemente, nessuno si è mai posto in modo professionale. Gli scienziati non sono preparati in questo campo. Non è il loro mestiere e questa è probabilmente una delle ragioni principali del clamoroso insuccesso del tentativo di prendere misure serie contro il cambiamento climatico.

Ora, io non sono uno specialista di comunicazione e non so se veramente potrebbe essere opportuno un cambiamento di strategia nel modo in cui comunichiamo certe cose. Vedo però che peggio di così le cose non potrebbero andare. Allora, non sarebbe il caso di provare a smettere di sforzarsi di indorare la pillola a tutti i costi?

Attenzione: questo che sto dicendo non vuol dire lanciare allarmi ingiustificati. Assolutamente no; ripeto che vuol solo dire che dobbiamo raccontare le cose come stanno. Vuol dire che la fisica del cambiamento climatico ci indica che eventi catastrofici sono possibili, e non li possiamo ignorare. E se non li possiamo ignorare, vuol dire che dobbiamo dire pubblicamente e con chiarezza che questi rischi esistono.

Questa, perlomeno, è la posizione di Hansen; che anche lui è uno scienziato, non uno specialista in comunicazione. Io tenderei a essere d'accordo con lui, ma c'è qualcuno che legge che è un professionista in queste cose e che ci può dare un'opinione informata? E, anche se non siete specialisti, che cosa ne dite?


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Ah.... sul "runaway greenhouse effect" potete dare un'occhiatina a questo link - vale la raccomandazione fatta all'inizio. Evitate di avere vicino a voi oggetti taglienti o contundenti.


http://csep10.phys.utk.edu/astr161/lect/venus/greenhouse.html

Oppure anche potete guardare questo video, alquanto agghiacciante, di Stephen Hawking

http://www.youtube.com/watch?v=weHr1aTC5-o&feature=related