domenica 14 dicembre 2014

Ecco come il cambiamento climatico ha alterato la Vita sulla Terra negli ultimi 20 anni

Da “Business Insider”. Traduzione di MR

Di Seth Borenstein

WASHINGTON (Associated Press) — Negli oltre due decenni da quando i leader mondiali si sono riuniti per cercare di risolvere il riscaldamento globale, la vita sulla Terra è cambiata, non solo il clima. Si è fatto più caldo, più inquinato di gas serra, più affollato ed è decisamente proprio peggiorato. I numeri sono crudi. Emissioni di biossido di carbonio: più 60%. Temperatura globale: più 6/10 di grado (°C), Popolazione: più 1,7 miliardi di persone. Livello del mare: più 7,6 cm. Meteo estremo negli Stati Uniti: più 30%. Calotte glaciali in Groenlandia ed in Antartide: meno 4,9 trilioni di tonnellate di ghiaccio.

"Per farla semplice, stiamo rapidamente trasformando il pianeta e cominciando a soffrirne le conseguenze”, dice Michael Oppenheimer, professore di geo-scienze e affari internazionali all'Università di Princeton. I diplomatici di oltre 190 nazioni hanno aperto le relazioni alla conferenza della Nazioni Unite sul riscaldamento globale a Lima, in Perù, per spinare la strada ad un trattato internazionale che sperano di stringere il prossimo anno. Per vedere quanto sia cambiato il mondo dalla prima di queste conferenze – il Summit sulla Terra di Rio de Janeiro del 1992 – la Associated Press (AP) ha esaminato i database di tutto il mondo. L'analisi, che ha riguardato dati dal 1983, si è concentrata su intervalli che terminano nel 1992 e nel 2013. Questo perché gli scienziati dicono che i singoli anni possono essere fuorvianti e le tendenze più a longo termine sono più rappresentative. Il nostro mondo che cambia in numeri:


REUTERS/Lucas Jackson – Un uomo cammina su una strada allagata ad Islip, New York, il 13 agosto 2014.

Meteo impazzito

Dal 1992, ci sono stati più di 6.600 grandi disastri climatici, meteorologici e legati all'acqua in tutto il mondo, che hanno causato più di 1,6 trilioni di dollari di danni e la morte di più di 600.000 persone, secondo il Centro per la Ricerca sull'Epidemiologia dei Disastri in Belgio, che registra le catastrofi mondiali. Pur essendoci un collegamento col clima, non tutto può essere attribuito al riscaldamento antropogenico o al cambiamento climatico. Tuttavia, il meteo estremo è notevolmente aumentato negli anni, dice Debby Sapir, che dirige il centro ed il suo database. Dal 1983 al 1992 il mondo ha avuto in media 147 disastri all'anno collegati al clima, al meteo e all'acqua. Negli ultimi 10 anni, il numero è saltato ad una media di 306 all'anno. Negli Stati Uniti, un indice degli estremi climatici – caldo, freddo, umido e secco – tenuto dalla Amministrazione Oceanica ed Atmosferica Nazionale (NOAA) ha fatto un salto del 30% dal 1992 al 2013, senza contare gli uragani, sulla base di medie di 10 anni.

Il NOAA traccia anche i disastri meteo degli Stati uniti che costano più di un miliardo di dollari, al netto dell'inflazione. Dal 1992, ci sono stati 136 di tali eventi dal costo miliardi di dollari. In tutto il mondo, la media di 10 anni delle perdite legate a fenomeni meteorologici al netto dell'inflazione è stata di 30 miliardi all'anno dal 1983 al 1992, secondo il gigante assicurativo SwissRe. Dal 2004 al 2013, il costo è stato più di tre volte tanto in media, cioè 131 miliardi all'anno. Sapir ed altri dicono che sarebbe sbagliato attribuire tutti, o la maggior parte, di questi aumenti al solo cambiamento climatico. Popolazione e povertà sono fattori a loro volta importanti. Ma osservano una tendenza di aumento dei disastri e di disastri più estremi e ciò corrisponde a quello che gli scienziati stanno dicendo da molto tempo sul riscaldamento globale. E' questo aumento che è “di gran lunga più spaventoso” del semplice aumento della temperatura, dice lo scienziato del clima Donald Wuebbles dell'Università dell'Illinois.


Tifosi di tennis al torneo ATP di Melbourne raccolti intorno ad un nebulizzatore di acqua fredda per raffreddarsi durante gli Australian Open in Australia.

Temperatura

E' quasi certo che il 2014 sarà ricordato come l'anno più caldo in 135 anni di registrazioni, dicono i meteorologi del Centro Nazionale per i Dati sul Clima del NOAA. Se così fosse, questa sarebbe la sesta volta dal 1992 che il mondo stabilisce un nuovo record annuale per l'anno più caldo o lo pareggia. Il globo ha infranto sei record mensili nel 2014 e 47 dal 1992. L'ultimo record di freddo su base mensile è stato stabilito nel 1916. Quindi la temperatura media annuale del 2014 è sulla strada per essere di circa 58,2°F (14,6°C), in confronto ai 57,4°F (14,1°C) del 1992. Gli ultimi 10 anni hanno avuto una media di poco inferiore ai 58,1°F (14,5°C) – 6/10 di grado più alta della media fra il 1983 e il 1992.


Flickr / Ricardo Mangual

Gli Oceani

Gli oceani del mondo sono saliti di circa 7,6 cm dal 1992 e sono diventati un po' più acidi – di circa lo 0,5% - grazie alla reazione chimica causata dall'assorbimento di biossido di carbonio, dicono gli scienziati del NOAA e dell'Università del Colorado. Ogni anno a settembre, la copertura di ghiaccio marino dell'Artico si riduce ad una misura annuale minima – una misurazione che è considerata un indicatore chiave del cambiamento climatico. Dal 1983 al 1992, il massimo che è scesa in media è stato 2,62 milioni di miglia quadrate. Ora la media su dieci anni è scesa a 1,83 milioni di miglia quadrate, secondo il Centro Nazionale per i Dati su Neve e Ghiaccio. Questa perdita – una media di 790.000 miglia quadrate dal 1992 – eclissa il leggero guadagno in ghiaccio marino dell'Antartide, che ha visto un aumento medio di 110.000 miglia quadrate di ghiaccio marino negli ultimi 22 anni.


AP Photo/Nick Ut

La Terraferma

La popolazione mondiale nel 1992 era di 5,46 miliardi di persone. Oggi è quasi di un terzo maggiore, 7,18 miliardi di persone. Ciò significa più inquinamento da carbonio e più persone che possono essere vulnerabili al riscaldamento globale. Gli effetti del cambiamento climatico si possono vedere da più severe stagioni degli incendi. Gli incendi nell'Ovest degli Stati Uniti hanno bruciato una media di 2,7 milioni di acri ogni anno dal 1983 al 1992; ora questa media è salita a 7,3 milioni di acri dal 1994 al 2013, secondo il Centro Nazionale Interagenzie per gli Incendi. Es alcuni degli effetti maggiori del cambiamento climatico sulla terraferma sono localizzati vicino ai poli, dove le persone non li possono vedere spesso. Dal 1992 al 2011, la calotta glaciale della Groenlandia ha perso 3,35 trilioni di tonnellate di ghiaccio, secondo i calcoli fatti dagli scienziati usando misurazioni del satellite GRACE della NASA. L'Antartide ha perso 1,56 trilioni di tonnellate di ghiaccio durante lo stesso periodo.


REUTERS - Smog in Cina.

L'Aria

Gli scienziati indicano semplicemente le emissioni di gas serra, in gran parte biossido di carbonio, che formano una coperta che intrappola il calore nella nostra aria. Non è necessario fare la media annuale della quantità di inquinamento da biossido di carbonio: è aumentata costantemente, del 60%, dal 1992 al 2013. Nel 1992, il mondo ha emesso 24,9 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio; ora sono 39,8 miliardi, secondo il Global Carbon Project, un consosrzio internazionale. La Cina ha triplicato le sue emissioni da 3 miliardi di tonnellate ad 11 tonnellate all'anno. Le emissioni degli Stati Uniti sono aumentate più lentamente, di circa il 6%, da 5,4 miliardi di tonnellate a 5,8. Anche l'India ha triplicato le sue emissioni, da 860 milioni di tonnellate a 2,6 miliardi. Solo i paesi europei hanno visto le proprie emissioni scendere, da 4,5 miliardi a 3,8 miliardi di tonnellate.
Cosa dicono gli scienziati

“In generale, ciò che mi colpisce davvero è l'opportunità mancata”, ha detto in una e-mail Andrew Dessler, uno scienziato del clima all'Università A&M del Texas. “Sapevamo dai primi anni 90 che il riscaldamento globale stava arrivando, eppure non abbiamo fatto sostanzialmente niente per scongiurare il rischio. Penso che le future generazioni potrebbero essere giustificabilmente arrabbiate per questo”. “I numeri non mentono”, ha detto Michael Mann, uno scienziato del clima alla Penn State. “I gas serra stanno aumentando costantemente e la causa è la combustione di combustibili fossili ed altre attività umane. Il globo si sta scaldando, il ghiaccio fonde e il nostro clima sta cambiando di conseguenza”
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Potete seguire Seth Borenstein su Twitter at http://twitter.com/borenbears

sabato 13 dicembre 2014

Sembrerei pazza...

DaDecline of the empire”. Traduzione di MR

di Dave Cohen

Finiamo questa settimana brutale con una nota divertente, si può?

Citerò da una recente intervista ad Elizabeth Kolbert, il cui libro “La Sesta Estinzione: una Storia Innaturale” è uscito all'inizio di quest'anno. Mi piace questa robaccia.

D: C'è una qualche possibilità che l'evoluzione salvi il salvabile? Che il mondo si adatterà ed adeguerà a noi?

R: Penso che ci siano due quadri temporali per rispondere a questo. Il primo è che se ci sono tassi molto elevati di estinzione, l'evoluzione non è sufficientemente rapida. Non bisogna presumere che siccome le cose muoiono più velocemente del normale la speciazione avvenga più velocemente del normale. 

Non abbiamo nessuna prova di questo. L'evoluzione ha la propria scala temporale, che dipende dai tassi di riproduzione. Se si è animali che si riproducono ogni 20-30 anni, c'è un limite a quanto rapidamente ci si possa evolvere. Sul breve termine o sul medio, non penso che ci siano molte possibilità che l'evoluzione tenga il passo. 

Su un termine molto lungo, quando si osservano le estinzioni di massa del passato, sì, alla fine. Quelle nicchie ecologiche vuote vengono riempite e la diversità si diffonde di nuovo. Nei reperti fossili, ciò tende ad impiegare milioni di anni. Stiamo parlando di un tempo molto lungo. Un'estinzione di massa non è una cosa in cui possiamo semplicemente sperare per il meglio. Non funziona in quel modo

Giusto, non funziona in quel modo. Ecco il divertimento.

D: Cosa possiamo fare?

R: Il mio libro espone i problemi su una scala molto, molto ampia. Quali sono i motori di un'estinzione oggi? In effetti avrei potuto sceglierne diversi, ma ho scelto quelli che sono i fattori principali dell'estinzione, che sono delle forze molto grandi all'opera. 

Cambiamento climatico, perdita di habitat, spostamento di specie nel mondo... se proponessi un modo per fermare uno qualsiasi di questi fattori, sembrerei pazza. Non succederà. Non lo faccio

Non potrei essere più d'accordo – solo un pazzo proporrebbe che gli esseri umani cambino il proprio comportamento per fermare le catastrofi create dagli esseri umani come la sesta Estinzione.

Dico solo che questo è ciò che sta accadendo, questo è ciò che alimenta questi tassi di estinzione e lascio che la gente tragga le sue conclusioni su cosa possiamo o dobbiamo fare. 

Tutte queste cose sono molto legate al modo in cui viviamo oggi, con la globalizzazione, la modernità e l'industrializzazione. L'idea che smetteremo improvvisamente di fare quelle cose, sfortunatamente, non credo sia probabile. Come questo si porrà in atto è davvero la domanda del nostro tempo.

Giusto, non è probabile. Leggete qui:.

D: Quindi cosa dice alle persone che lo negano?

R: E’ una cosa interessante. Ci sono dei negazionisti del riscaldamento globale, ma non ci sono in realtà negazionisti della frammentazione dell'habitat, o delle specie invasive. Non ci sono in realtà dei negazionisti dell'estinzione. Si può obbiettare che è perché alla gente in realtà non interessano le altre specie. Non si alterano nemmeno per questo. Non si hanno tante reazioni contrarie quando si dice che i tassi di estinzione sono davvero molto alti oggi. Non credo che questo sia argomento di dibattito. 

Sì, è esattamente l'argomentazione che ho usato in “Avventure in Pianura – parte II”. E il finale...

D: C'è una qualche nota positiva per concludere?

R: La gente mi chiede perché ho scritto questo libro se non espongo una prescrizione riguardo a cosa dobbiamo fare. Io sostengo che è molto importante che ci rendiamo conto di cosa facciamo, di cosa sta succedendo. Questo è il solo modo per cominciare a pensare a come possiamo migliorare questa situazione. Voglio dire che ci sono un sacco di cose che potremmo fare. E' solo che niente di ciò che possiamo fare sarebbe semplice. Quindi, ci sono tonnellate di cose da fare. La prima cosa che potremmo fare è di ridurre in modo molto drammatico le nostre emissioni di carbonio; cosa che possiamo fare, ma lo dobbiamo scegliere. 

La Signora Kolbert è stata davvero brava a non rispondere eludendo la domanda sul “finire su una nota allegra”.

Se la Gigafactory di Tesla può funzionare al 100% con energia rinnovabile, perché non possono anche altri?

Da “computerworld”. Traduzione di MR (h/t Claudio Della Volpe)



La triplice scommessa sulle fonti di energia rinnovabile di Tesla è probabile che superi il proprio fabbisogno di elettricità

La Gigafactory di Tesla, la più grande fabbrica al mondo di batterie agli ioni di litio, si prevede che generi tanta energia rinnovabile quanta gliene serve per funzionare – e dell'altra in più. La scorsa settimana, Tesla ha annunciato che vorrebbe costruire la sua fabbrica fuori Reno, in Nevada. Usando stime prudenti, la triplice scommessa sulle fonti di energia rinnovabile potrebbe generare più di 2.900 MWh di elettricità rinnovabile quotidianamente, che costituisce il 20% in più di quanta ne necessiti, secondo Tom Lombardo, un professore di ingegneria e tecnologia al College di Rock Valley a Rockford, Illinois. “Queste sono stime prudenti della produzione e stime di consumi massimi ed è chiaro che c'è sufficiente energia rinnovabile da far funzionare l'impianto e un po' in eccesso”, ha scritto Lombardo in un post recente.

La fabbrica, la cui preparazione è già iniziata presso il Centro Industriale Tahoe di Reno, sarà a forma di diamante. La forma di diamante, secondo l'AD di tesla Elon Musk, si adatta meglio al profilo dell'ambiente circostante, cosicché per costruirla dev'essere movimentata meno terra. La fabbrica è anche orientata a nord, di modo che i pannelli solari sul suo tetto siano esposti alla massima quantità di luce solare possibile, ha detto Musk. “Questa fabbrica produrrà anche la propria energia. Attraverso una combinazione di geotermico, eolico e solare, essa produrrà tutta l'energia di cui ha bisogno”, ha detto Musk. “Quindi sarà una specie di fabbrica autosufficiente”.

Ritorno dall'investimento delle rinnovabili

Più della metà società di Fortune 100 negli anni scorsi hanno risparmiato collettivamente più di 1,1 miliardi di dollari all'anno riducendo le emissioni di carbonio e implementando progetti di energia rinnovabile, secondo un recente rapporto intitolato “Power Forward 2.0". Collettivamente, il 43% delle società di Fortune 500, o 215 in tutto, hanno anche stabilito obbiettivi in una delle tre categorie: riduzione dell'emissione di gas serra, efficienza energetica ed energia rinnovabile. Se ristrette alle sole Fortune 100, il 60% delle società hanno stabilito gli stessi obbiettivi di energia pulita. Per quanto ammirevole sia per la fabbrica di batterie Tesla di funzionare al 100% con energia rinnovabile, attualmente questa non è un'opzione praticabile per gran parte delle società, principalmente a causa della variabilità dell'energia rinnovabile. La fabbrica di 10 milioni di piedi quadrati di Tesla sarà coperta di pannelli solari e collegata ad un parco eolico vicino e ad una centrale elettrica geotermica, secondo l'AD di tesla Elon Musk. Una fabbrica di batterie di quelle dimensioni si stima che consumi 100 megawatt (MW) di corrente alla capacità di picco o 2.400 MWh al giorno, secondo Navigant Research. Come riferimento, è l'equivalente del consumo di elettricità di circa 80.000 case.

“E' una quantità di energia enorme per un singolo impianto”, ha detto Sam Jaffe, un ricercatore analista titolare di Navigant. Gran parte dell'energia richiesta dalla Gigafactory, ha detto Jaffe, verrà usata per alimentare i forni, che vengono usati per fondere le polveri chimiche in lamine di metallo per la produzione di catodi ed anodi – i poli positivo e negativo di una batteria. La scelta di Tesla dei siti per la sua Gigafactory è stata ottimale per diverse ragioni di cui non necessariamente beneficerebbero altri tipi di fabbriche. Per prima cosa, Reno è anche una delle poche aree del mondo in cui la crosta terrestre è abbastanza sottile da offrire l'accesso all'energia geotermica, cioè calore dal mantello terrestre. Quel calore geotermico è invariabile, costante, e può essere usato nei forni della Gigafactory o per creare vapore per alimentare turbine. Mentre Reno è una regione arida, cosa che preclude le produzioni che richiedono molta acqua, ha però in media 5 ore di picco di sole al giorno in confronto ad altre aree del paese, come il Nordest, che di ore ne ha circa 2. “E' la prevedibilità che risulta molto migliore in quella geografia”, ha detto Jaffe. L'altro uso primario nella Gigafactory sarà quello di caricare completamente le batterie e poi scaricarle in modo da renderle utilizzabili. Tuttavia, in una fabbrica di batterie efficiente, scaricare le batterie può essere fatto caricando altri – alimentare le necessità dovrebbe essere il minimo, ha detto Jaffe. Infine, la Gigafactory produce batterie, che Tesla potrebbe poi usare per immagazzinare a basso costo l'elettricità durante i momenti di bassa produzione di energia rinnovabile.

Non proprio "off grid"

Lombardo non crede tuttavia che la fabbrica sarà energeticamente indipendente sulla base dei suoi impianti di energia rinnovabile. Piuttosto, userà il “net metering”, un metodo con cui Tesla genererà la propia elettricità e venderà l'eccesso ai gestori elettrici. Poi, durante i momenti in cui la produzione di energia rinnovabile di Tesla scende al di sotto della domanda, la rete elettrica gli dirotterà intelligentemente elettricità sulla base di crediti energetici. “E' più affidabile, più conveniente e indipendente dalla posizione”, ha detto Lombardo in una email di risposta a Computerworld. “Nemmeno Tesla andrà necessariamente off-grid. Musk ha detto 'energia netta zero', che significa semplicemente che genereranno tanta energia quanta ne usano”. In media, Reno gode di cinque ore di picco di luce solare al giorno. Considerando un'efficienza media del 20% dei pannelli fotovoltaici a tetto (FV), i 10 milioni di piedi qudrati della Gigafactory produrrebbero 859 MWh di energia solare quotidianamente, ha detto Lombardo. Inoltre, usando l'interpretazione artistica della Gigafactory di Tesla, Lombardo stima che la Gigafactory avrebbe 85 pale eoliche in grado di generare circa 1.836 MWh di corrente al giorno. “Reno non è estranea all'energia geotermica – ha diversi impianti già in funzione. Il più nuovo ha una capacità di 20 MW”, ha scritto Lombardo nel suo blog. “Diciamo che Tesla si mantiene piccola e ne costruisce uno con solo la metà della capacità. Quell'impianto da 10 MW produrrebbe 240 MWh di elettricità da geotermico al giorno. Attraverso l'economia di scala, si prevede che la Gigafactory di Tesla abbassi il costo per kilowatt delle batterie agli ioni di litio della società di più del 30% nel 2017, il primo anno di produzione.

Per il 2020, Tesla crede che la sua Gigafactory produrrà più batterie agli ioni di litio in un anno di quelle prodotte nel mondo nel 2013. Durante una conferenza stampa di fronte al palazzo di stato della capitale del Nevada la scorsa settimana, il governatore Brian Sandoval  ha detto che la Gigafactory avrà un impatto economico di circa 100 miliardi di dollari per il Nevada nei prossimi 20 anni. “Non sarà soltanto la fabbrica di batterie agli ioni di litio più grande del mondo, ma sarà in realtà più grande della somma di tutte le fabbriche di batterie agli ioni di litio del mondo”. Ha detto Musk. “E' prprio una grande fabbrica”.

giovedì 11 dicembre 2014

Combustibili fossili: ci troviamo sull'orlo del Dirupo di Seneca?

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR


Di Ugo Bardi

"Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostri beni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece, l'incremento è graduale, la rovina precipitosa.”
Lucio Anneo Seneca, Lettera a Lucilius, n. 91 

Questa osservazione di Seneca sembra essere valida in molti altri casi, compresa la produzione di una risorsa non rinnovabile come il petrolio greggio. Ci troviamo sull'orlo del “dirupo di Seneca”?

E' un principio ben conosciuto dalle persone che lavorano con la dinamica dei sistemi che ci sono un sacco di casi di soluzioni che peggiorano il problema. Spesso, le persone sembrano essere perfettamente in grado di capire quale sia il problema ma, altrettanto spesso, tendono ad agire sullo stesso nel modo sbagliato. E' un concetto espresso anche come “tirare la leva dalla parte sbagliata”. Coi combustibili fossili, capiamo tutti che abbiamo un problema di esaurimento, ma la soluzione, finora, è stata quella di trivellare ulteriormente e di continuare a trivellare. Spremere un po' di combustibile da tutte le fonti possibili, a prescindere da quanto difficile e costoso sia, ha potuto compensare il declino dei giacimenti convenzionali e mantenere la produzione in crescita negli ultimi anni. Ma è una vera soluzione? Cioè, non pagheremo la crescita presente con un declino più rapido in futuro?

Questa domanda può essere trascritta in termini di “Dirupo di Seneca”, un concetto che ho proposto qualche anno fa per descrivere come la produzione di una risorsa non rinnovabile possa mostrare un rapido declino dopo aver superato il suo picco di produzione.


Non si tratta solo di un modello teorico: ci sono diversi casi storici in cui la produzione di una risorsa ha collassato dopo aver raggiunto un picco. Per esempio, ecco i dati dello storione del Mar Caspio, un caso che ho chiamato “picco del caviale”.


Rischiamo di vedere qualcosa di simile nel caso della produzione mondiale di petrolio e gas? Secondo me sì. Ci sono alcune analogie. Sia i combustibili fossili sia il caviale sono risorse non sostituibili ed in entrambi i casi i prezzi sono saliti rapidamente durante e dopo il picco. Così, se lo storione del Caspio ha mostrato un tale chiaro dirupo di Seneca, il petrolio e il gas potrebbero fare la stessa cosa. Ma lasciate che entri nei dettagli. Nella prima versione del mio modello di Seneca, il rapido declino della produzione è stato interpretato in termini di aumento dell'inquinamento, che pone un peso supplementare sul sistema produttivo e riduce la quantità di risorse disponibili per lo sviluppo di nuove risorse. Tuttavia, ho scoperto che il comportamento di Seneca è piuttosto robusto in questi sistemi ed appare ogni volta che le persone cercano di “stiracchiare” un sistema per forzarlo a produrre più velocemente di quanto questo non possa fare naturalmente.

Nel caso dello storione del Caspio, mostrato più sopra, è poco probabile che l'inquinamento sia la causa del rapido collasso della produzione (anche se potrebbe certamente aver contribuito). Piuttosto, ciò che è successo è che i prezzi alti di una risorsa rara e non sostituibile (il caviale) ha stimolato gli investitori a investire sempre di più risorse per tirarne fuori dal mare quanto più possibile. Ha funzionato, per un po', ma alla fine non si può pescare storione che non c'è. E' finito in un disastro: un caso classico di dirupo di Seneca.

Questo fenomeno può essere modellato? Sì. Sotto, descrivo il modello per questo caso in dettaglio. L'essenza dell'idea è che i produttori debbano reinvestire una percentuale dei loro profitti per sviluppare nuove risorse per mantenere la produzione. Tuttavia, il rendimento dei nuovi investimenti declina col passare del tempo, perché le risorse più redditizie (per esempio i giacimenti petroliferi) vengono estratte per prime. Di conseguenza, sempre meno capitale è disponibile per nuovi investimenti. Alla fine la produzione raggiunge un massimo, poi declina. Se ipotizziamo che le società reinvestano una percentuale costante dei loro profitti in nuove risorse, il modello porta alla curva a campana simmetrica conosciuta come “Curva di Hubbert”. Tuttavia, come descrivo sotto in dettaglio, il declino può essere posticipato se gli alti prezzi forniscono capitale extra per nuovi sviluppi produttivi. Sfortunatamente, la crescita è ottenuta a scapito di bruciare rapidamente le risorse di capitale. Il risultato finale non è più la curva simmetrica di Hubbert, ma una curva di Seneca classica: il declino è più rapido della crescita.


E' questo ciò che abbiamo di fronte coi combustibili fossili? Naturalmente, stiamo solo parlando di modelli qualitativi ma, dall'altra parte, i modelli qualitativi sono spesso robusti e ci danno di cosa aspettarci, anche se non possono dirci molto in termini di previsione di eventi su una scala temporale precisa. Il collasso in corso dei prezzi del petrolio potrebbe essere un sintomo che stiamo finendo le risorse di capitale necessarie per continuare a sviluppare nuovi giacimenti. Così, ciò che possiamo dire è che ci sono alcune buone possibilità di tempi duri davanti a noi – in realtà molto duri. Il dirupo di Seneca potrebbe essere anche parte del nostro futuro a breve termine.
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La curva di Seneca come risultato dell'aumento della percentuale di profitti allocata per la produzione di una risorsa non rinnovabile

Di Ugo Bardi - 7 dicembre 2014

Nota: questo non è un saggio scientifico formale, si tratta più di un calcolo approssimativo del tipo “scritto sul retro di una busta” pensato per mostrare come percentuali in aumento di CAPEX possano condizionare il tasso di produzione di una risorsa non rinnovabile. Se qualcuno potesse darmi una mano per fare uno studio più raffinato e pubblicabile, sarei felice di collaborare!

I fondamentali del modello di dinamica dei sistemi che descrive lo sfruttamento di una risorsa non rinnovabile in un mercato libero sono descritte in dettaglio in un saggio del 2009 di Bardi e Lavacchi. Questo saggio fornisce una descrizione teorica del modello di Hubbert e della curva di produzione “a campana”. Nel modello, si ipotizza che la risorsa non rinnovabile (R) esista in forma di riserva iniziale di misura fissa. La riserva di risorsa viene gradualmente trasformata in riserva di capitale (C) che a sua volta declina gradualmente. Il comportamento delle due riserve come funzione del tempo è descritto da due coppie di equazioni differenziali.

R' = - k1*C*R
C' = k2*C*R - k3*C,

dove R' e C' indicano il flusso delle riserve come funzione del tempo (R' è ciò che chiamiamo “produzione”), mentre “ks” è costante. Questo è un modello “nudo e crudo” che, ciononostante, può produrre la curva di Hubbert e adattarsi ad alcuni modelli storici. Aggiungendo una terza riserva (inquinamento) al sistema genera la “Curva di Seneca”, cioè una curva di produzione inclinata in avanti, col declino più rapido della crescita. Il sistema a due riserve può produrre anche la Curva di Seneca se le equazioni sopra vengono leggermente modificate. In particolare, possiamo scrivere:

R' = - k1*k3*C*R
C' = ko*k2*C*R - (k3+k4)*C.

Qui, “k3” indica esplicitamente la percentuale di capitale reinvestito in produzione, mentre “k4” che è proporzionale alla deprezzamento del capitale (o qualsiasi altro uso non produttivo). Poi, ipotizziamo che la produzione sia proporzionale alla quantità di capitale investito, cioè a C*k3. Notate anche che “ko” è un fattore che definisce l'efficienza della trasformazione di risorse in capitale; può essere visto come collegato all'efficienza tecnologica, ma questo punto non verrà esaminato qui. Ecco il modello come è stato implementato con il software Vensim (TM) per la dinamica dei sistemi. Alle “ks” sono stati dati nomi specifici. Uso anche la convenzione di “modelli a portata di mente” con riserve di energia libera maggiori che appaiono sopra le riserve di energia libera minore.


Se le k vengono mantenute costanti durante il ciclo di produzione, la forma delle curve generate da questo modello è esattamente la stessa del modello semplificato, cioè una curva di produzione simmetrica a forma di campana. Ecco i risultati di un run tipico:


Le cose cambiano se permettiamo a “k3” di cambiare durante il ciclo della simulazione. La caratteristica che rende “k3” (percentuale di investimento produttivo) un po' diverso dagli altri parametri del modello è che è interamente dipendente dalla scelta umana. Cioè, mentre gli altri ks sono limitati da fattori fisici e tecnologici, la percentuale del capitale disponibile reinvestito nella produzione può essere scelto quasi a piacere (naturalmente, rimangono i limiti della quantità totale di capitale disponibile!).

Prezzi più alti porteranno a profitti più alti per i produttori e alla tendenza ad aumentare la percentuale reinvestita in nuovo sviluppi. Si sa anche che nella regione vicina al picco di produzione i prezzi tendono ad essere più alti – come nei casi storici del caviale e dell'olio di balena. Nel caso del caviale, l'aumento del prezzo è stato quasi esponenziale, nel caso dell'olio di balena, più come una curva logistica. Ipotizzando che la percentuale di capitale reinvestito vari in proporzione ai prezzi, alcune modellazioni potrebbero essere tentate. Qui lasciate che vi mostri solo i risultati ottenuti con l'aumento esponenziale.



Ho anche provato altre funzioni per la tendenza all'aumento di k3. I risultati di un aumento lineare sono qualitativamente gli stessi di uno logistico: Seneca domina. Lasciatemi sottolineare ancora una volta che questi non sono intesi come risultati completi. Si tratta solo di prove fatte con qualche ipotesi arbitraria per le costanti. Ciononostante, questi calcoli mostrano che il comportamento Seneca si verifica quando ipotizziamo che i produttori sollecitano il loro sistema allocando percentuali in aumento di capitale per la produzione.



mercoledì 10 dicembre 2014

Il collasso dei prezzi del petrolio: una lezione dalla storia

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi



L'attuale collasso dei prezzi del petrolio trova qualche parallelo con un caso molto più vecchio: quello dell'olio di balena e delle “ossa di balena” nel 19° secolo, essendo entrambi beni che hanno sofferto dell'esaurimento e di un picco di produzione. Notate le oscillazioni molto forti che si verificano vicino al picco e che sembrano aumentare col tempo. Notate anche come i livelli del prezzo medio si sono stabilizzati ad un certo punto: c'è un limite a ciò che le persone sono disposte a pagare per ogni bene. Era vero per l'olio di balena, è vero per il petrolio greggio. Quindi, è probabile che i prezzi del petrolio continueranno ad aumentare per un po', ma poi si stabilizzeranno, perlomeno in media. Immagine da un post del 2008 di Ugo Bardi su "The Oil Drum"


Nel 2008 ho pubblicato un post  su “The Oil Drum” (riprodotto sotto) dove ho cercato di prevedere il comportamento dei prezzi del petrolio greggio sulla base di un confronto col caso storico dell'olio di balena. Nella prima metà del 19° secolo, l'olio di balena era un bene importante, usato principalmente come combustibile per le lampade ad olio. Era, teoricamente, una risorsa rinnovabile, ma le balene sono state uccise così rapidamente che non avevano abbastanza tempo per riprodursi e ricostituire il proprio numero. Così, l'olio di balena si è comportato come se fosse una risorsa non rinnovabile: si è esaurito. Come ho riportato nel post, la sua produzione ha mostrato una curva simmetrica a forma di campana ed un chiaro “picco di Hubbert”. Nel 2008, ci trovavamo quasi alla fine di una fase di rapida crescita dei prezzi del petrolio, una tendenza che – in quel momento – sembrava essere inarrestabile. Ma ho fatto notare che i prezzi non avrebbero potuto continuare a salire per sempre. Ho affermato che: 

“...i dati storici della caccia alle balene ci dicono che un aumento esponenziale dei prezzi non è la sola caratteristica del mercato post picco. La caratteristica principale è, piuttosto, la presenza di oscillazioni del prezzo molto forti. Possiamo attribuire queste oscillazioni ad una caratteristica generale dei sistemi dominati da retroazioni e ritardi temporali. I prezzi devono mediare fra offerta e domanda, ma tendono a correggere troppo da una parte o dall'altra. Il risultato è una successione di distruzione della domanda (prezzi alti) e di distruzione dell'offerta (prezzi bassi)”. 

Sembra che questo sia esattamente ciò che stiamo vedendo per il petrolio greggio: oscillazioni del prezzo molto forti. Pochi mesi dopo la pubblicazione del mio post, i prezzi del petrolio sono infatti collassati. Oggi, stiamo vedendo qualcosa di simile e tendiamo ad interpretare l'attuale ciclo al ribasso come il risultato di scelte strategiche o di cospirazioni, ma è in gran parte un'illusione (l'illusione del controllo). Piuttosto, sembra che il mercato non possa regolare la produzione come funzione del progressivo esaurimento senza questi cicli di distruzione della domanda e di distruzione dell'offerta che alla fine portano ad un declino della produzione. Confrontandolo col comportamento dei prezzi dell'olio di balena, vediamo che in futuro potremmo attenderci un'ulteriore oscillazione ed una tendenza complessiva alla crescita negli anni dopo il picco di produzione. Tuttavia, i prezzi alla fine si dovrebbero stabilizzare, perlomeno in media. 

In questo confronto, dobbiamo tenere conto che c'è una differenza fondamentale da tenere presente quando si compara il caso dell'olio di balena col petrolio greggio. Mentre l'olio di balena è stato gradualmente sostituito con una risorsa più economica e più abbondante (il kerosene), non c'è nessuna possibilità del genere in vista per il petrolio greggio. Alla fine, tuttavia, ciò che cambia è solo quanto le persone sono disposte a pagare una determinata cosa. Le persone compravano ancora l'olio di balena quando il cherosene era dominante sul mercato; erano disposte a pagare un prezzo moderatamente più alto per un prodotto che era percepito come di qualità superiore. Nel caso del petrolio greggio, le persone potrebbero essere disposte a pagare un sacco di soldi per ottenere un prodotto di cui hanno disperato bisogno. Eppure, c'è un limite anche alla disperazione: i prezzi non possono salire all'infinito. Dopo un certo punto, le persone devono semplicemente consumare di meno. Questo sembra essere ciò che sta accadendo proprio ora in molte regioni del mondo, per esempio, in Italia, il consumo di petrolio è diminuito del 35% negli ultimi 10 anni. Così, in futuro, i prezzi del petrolio potrebbero non aumentare quanto si potrebbe temere, ma potrebbero aumentare abbastanza da rendere il petrolio inaccessibile per molti di noi. 
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Ecco l'articolo che ho postato su “The Oil Drum” nel 2008 (ho corretto qualche refuso presente nella versione originale)

Petrolio greggio: quanto può salire? (La caccia alle balene del 19° secolo come modello per l'esaurimento del petrolio e la volatilità del prezzo)


La caccia alle balene del 19° secolo è oggi uno dei migliori esempi che abbiamo di un ciclo completo di sfruttamento di una risorsa naturale.


Le curve di produzione dell'olio di balena e delle ossa di balena negli Stati Uniti nel 19° secolo (dati da “Storia della pesca americana alla balena” di  A. Starbuck, 1878). Entrambe mostrano una curva a campana di Hubbert.


Qualche anno fa, sono apparso in TV per la prima volta nella mia vita. Il petrolio aveva appena superato i 38 dollari al barile ed ero stato invitato a parlare in un canale finanziario nazionale come presidente della neonata sezione italiana di ASPO. Quando ho detto che mi aspettavo che il petrolio sarebbe presto aumentato ben al di sopra dei 40 dollari, tutti nello studio televisivo mi hanno guardato come se avessi appena detto qualcosa di molto divertente. Tutti gli altri esperti presenti si sono affrettati a contraddirmi dicendo che 38 dollari al barile erano solo un picco, speculazione, e che i prezzi sarebbero ridiscesi presto alla “normalità”. Visto retrospettivamente, era una previsione facile che i prezzi del petrolio dovessero aumentare. Dovevi solo sapere qualcosa sulla teoria di Hubbert. Mentre scrivo queste osservazioni, i prezzi del petrolio stanno intorno ai 120 dollari al barile e potrebbero continuare a salire. Ma per quanto tempo? Il problema del modello di Hubbert è che è buono per prevedere la produzione, ma non ci dice niente sui prezzi. 

C'è tutta una serie di modelli economici che cercano di prevedere i prezzi, ma il loro successo è molto limitato. Così, forse la risposta può essere trovata negli esempi storici. Se possiamo trovare una risorsa la cui produzione ha raggiunto il picco e declinato fino, a zero o quasi zero, in passato, allora i suoi prezzi storici potrebbero fornirci qualche idea di cosa attendersi oggi per il petrolio. Ci sono molte risorse che hanno raggiunto il picco e declinato a livello regionale; il petrolio greggio negli Stati Uniti ne è un buon esempio. Ma i prezzi del petrolio statunitense non dipendono solo dalla produzione interna, è condizionato dalle importazioni da altre regioni del mondo. Quindi ciò non è utile a comprendere le tendenze del prezzo a livello globale. Ciò che stiamo cercando è una risorsa globale che abbia raggiunto il picco in tutto il mondo o, perlomeno, in una regione economicamente isolata. Dopo aver molto cercato, il miglior esempio che ho potuto trovare non è quello di una risorsa minerale, ma di una biologica: la caccia alle balene del 19° secolo. Le balene sono, naturalmente, una risorsa rinnovabile, ma se vengono cacciate molto più rapidamente di quanto si possano riprodurre, si comportano come una risorsa non rinnovabile, proprio come il petrolio. Abbiamo dei buoni dati sulla caccia alle balene raccolti in libri come “Storia della pesca americana alla balena” di  Alexander Starbuck (1878). Ai tempi di Starbuck non c'era niente di simile ad un “mercato globale” per i prodotti delle balene. Ma la portata delle navi baleniere era mondiale e gli effetti dell'esaurimento delle balene erano percepiti allo stesso modo da tutti i mercati del mondo. Possiamo quindi prendere i prezzi riportati da Starbuck come direttamente condizionati dal comportamento della curva di produzione. Ecco quindi i risultati dei due prodotti della caccia alle balene, l'olio di balena e le “ossa di balena”. L'olio di balena veniva usato come combustibile per lampade, le ossa fungevano da sostegni per gli abiti femminili, alla moda nel 19° secolo. 


Produzione di olio di balena e prezzi (al netto dell'inflazione), secondo i dati di Starbuck.


Produzione di ossa di balena e prezzi relativi (al netto dell'inflazione) secondo i dati di Starbuck.

I risultati sono chiari: la caccia alle balena ha seguito una “curva a campana” in stile Hubbert, approssimata nel grafico con una gaussiana semplice. Le balene si sono comportate come una risorsa non rinnovabile e alcuni studi dicono che alla fine del ciclo di caccia del 19° secolo, negli oceani erano rimaste soltanto circa 50 femmine della principale specie cacciata: le balene franche. Ora, guardando i prezzi storici, vediamo un aumento nella vicinanza del picco di olio di balena e ossa di balena. Per l'olio vediamo un acuto dopo il picco, per le ossa la tendenza è più attenuata. In entrambi i casi, la crescita dolce è quasi esponenziale. Possiamo vedere questa tendenza esponenziale nei dati lisciati. 


Prezzi limati di olio ed ossa di balena (al netto dell'inflazione).

Sembra che ciò che stiamo vedendo ora per il petrolio greggio ripercorra i dati storici dell'olio e delle ossa di balena. Ci sono anche differenze: per esempio, i prezzi dell'olio di balena non sono aumentati tanto quanto quelli del petrolio greggio stanno facendo oggi. Per le ossa di balena, vediamo un aumento molto maggiore, più di un fattore di 10 dall'inizio alla fine del ciclo di caccia. Questo aumento è paragonabile a ciò che stiamo vedendo oggi per il petrolio greggio. C'è una spiegazione ragionevole per queste differenze. Per prima cosa, né l'olio né le ossa di balena erano così cruciali per la vita nel 19° secolo come lo è per noi il petrolio greggio oggi. Esistevano combustibili alternativi per le lampade: grasso animale o olio vegetale, un po' più costosi e considerati prodotti inferiori, ma utilizzabili. Poi, a partire dal 1870, il petrolio greggio ha cominciato ad essere comunemente disponibile come combustibile per lampade. Probabilmente ha avuto un effetto nel mantenere basso il prezzo dell'olio di balena. Per quanto riguarda le ossa di balena, invece, non esisteva veramente un sostituto eccetto l'acciaio, che probabilmente era molto più costoso durante il periodo che stiamo considerando. Ma i sostegni per gli abiti delle signore difficilmente erano una cosa senza la quale le persone non potevano vivere. In confronto, il petrolio greggio è un bene così fondamentale nel nostro mondo che non sorprende che i prezzi siano aumentati così vertiginosamente. Le linee aere, per esempio, non hanno scelta fra il collasso e l'acquisto di petrolio a qualsiasi prezzo. Per altre attività, le condizioni di scelta potrebbero non essere così nette, tuttavia non possiamo sopravvivere senza petrolio. Se l'aumento esponenziale dei prezzi del petrolio dovessero continuare inesorabilmente per qualche anno, potremmo di fatto assistere a un qualche tipo di distruzione della domanda. 

Ma i dati storici della caccia alle balene ci dicono che un aumento esponenziale dei prezzi non è la sola caratteristica del mercato post picco. La caratteristica principale è, piuttosto, la presenza di oscillazioni del prezzo molto forti. Possiamo attribuire queste oscillazioni ad una caratteristica generale dei sistemi dominati da retroazioni e ritardi temporali. I prezzi devono mediare fra offerta e domanda, ma tendono a correggere troppo da una parte o dall'altra. Il risultato è una successione di distruzione della domanda (prezzi alti) e di distruzione dell'offerta (prezzi bassi)”. Ciò che vediamo attualmente col petrolio greggio è che, molto probabilmente, uno di questi acuti del prezzo. Possiamo immaginare come, nella fase di collasso, tutti cominceranno ad gridare che la “crisi petrolifera” del primo decennio del 21° secolo fosse solo una truffa, proprio come si è detto della crisi degli anni 70. Poi, inizierà un nuovo acuto verso l'alto. 

Anche qui, la storia della caccia alle balene ci può insegnare qualcosa riguardo alla difficoltà che le persone hanno a capire l'esaurimento. Nel libro di Starbuck, non troviamo mai un accenno al fatto che le balene cominciavano a scarseggiare. Al contrario, il declino della caccia veniva attribuito a fattori come la “timidezza” delle balene e al declino del “carattere degli uomini coinvolti”. Starbuck sembra pensare che la crisi dell'industria delle balene dei suoi tempi potesse essere risolta con sussidi governativi. Alcune cose non cambiano mai. Alla fine, la storia della caccia alle balene ci dice che quello che sta succedendo ora col petrolio greggio non avrebbe dovuto prenderci di sorpresa. Il futuro non può mai essere esattamente previsto ma, perlomeno, può essere capito dalle lezioni del passato. Una di queste lezioni, tuttavia, sembra essere che non sembriamo mai in grado di imparare dal passato. 
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Ho riportato i risultati di questo studio sulla caccia alle balene per la prima volta alla conferenza di ASPO a Lisbona nel 2005. In seguito, ho pubblicato un saggio completo su “Prezzi dell'energia ed esaurimento delle risorse: lezione dal caso della caccia alle balene nel diciannovesimo secolo” di Ugo Bardi, Energy Sources parte b. Volume 2, Numero 3 luglio 2007, pagine 297 - 304. Lo potete trovare online qui.

Se volete giocare coi dati di Starbuck, qui trovate la serie completa.



lunedì 8 dicembre 2014

Sovrappopolazione e fattore struzzo

DaTransition Voice”. Traduzione di MR



Di Richard Reese

by Richard Reese
by Richard Reese
by Richard Reese
Garrett Hardin è stato un ragazzo che non solo ha pensato molto, ma ha potuto pensare anche bene. Ho recentemente scoperto un libro di Hardin di cui non avevo sentito parlare, Il Fattore Struzzo: la Miopia della Sovrappopolazione (1998). Hardin è stato una miscela interessante fra un conservatore ecologico ed un conservatore politico che odia la crescita che detestava gli economisti. Ho sperato che questo libro avrebbe fornito spunti freschi sul problema difficile ed urgente della sovrappopolazione.

Spaventato

Dopo che è stato pubblicato Vivere entro i Limiti nel 1993, i critici hanno osservato che Hardin si lamentava della sovrappopolazione ma che non forniva un rimedio. Hardin ha ammesso che era stato intimidito dal tabù esplosivo sul tema, che incenerisce qualsiasi sognatore che fa una gaffe su di esso, predicando stupidamente il buon senso. Così,c'è  il fattore struzzo – non toccare mai problemi ad alta tensione circondati da scheletri bruciacchiati. Non si può vincere, quindi seppelliamo la testa nella sabbia e buona giornata! C'è una fantasia diffusa, inculcataci da miti culturali, secondo cui la nostra società è guidata dalla ragione ed elevata da principi morali. E' una sciocchezza, ma ci rimane difficile vederlo. Molta gente passa tutta la vita, triste vittima della tragedia dei consumatori – miti potenti che ci spingono a passare la nostra vita lavorando per muovere quante più cose possibili dalla natura alle discariche, di modo da guadagnare il rispetto del gruppo dei nostri pari, che soffre della stessa isteria di massa. I consumatori ben allenati non mettono mai in discussione i miti ad alta tensione.

La società moderna è concentrata sull'individuo, non sulla comunità o sull'ecosistema. Tutto ciò che importa sono io. Se posso guadagnarmi la posizione e il rispetto annientando le foreste o la pesca, o spingendo il clima del pianeta fuori equilibrio, lo farò. Non mi importa di lasciarmi dietro un deserto per le future generazioni. Naturalmente, se le future generazioni potessero votare oggi, o se fossimo cresciuti in una cultura sana, il nostro mondo sarebbe radicalmente diverso e di gran lunga più sano.

Tabù di ieri e di oggi

Hardin era affascinato dal potere velenoso dei tabù ed ha invitato un marziano immaginario nel suo libro, per osservare la nostra società come una creatura esterna che ragiona in modo oggettivo (avrei voluto che avesse usato un essere umano dal futuro). I due hanno esplorato nozioni imbarazzanti che faranno contorcere e ringhiare alcuni lettori. Ci forniscono lezioni forti sulla potente presa al collo che i tabù hanno sulla nostra capacità di pensare. I tabù rendono molte idee di buon senso inaccessibili, limitando gravemente la nostra libertà di pensare, spingendo molti a vivere come dei bambini di due anni, psicopatici ecologici, o come compratori cronicamente depressi. I tabù variano da luogo a luogo e da tempo a tempo. Mi ha sorpreso vedere che Hardin ha nominato l'aborto solo una volta, riguardo una citazione del 1886, descrivendo una situazione in cui l'aborto era legale, ma la contraccezione no. In quello scenario, molti medici hanno scelto di infrangere la legge fornendo contraccettivi.

E' importante capire che molte culture selvagge avevano costumi che incoraggiavano la stabilità della popolazione. La loro costante sopravvivenza dipendeva completamente dal cibo proveniente dai selvaggi ecosistemi circostanti e troppe bocche portavano a problemi dolorosi. La loro massima preoccupazione era la salute e la stabilità della comunità, non i capricci dei singoli. Condividevano e cooperavano. Era ovvio per loro che la capacità di carico del loro ecosistema avesse dei limiti reali. Per noi, che viviamo in un temporaneo paese delle meraviglie di supermercati, i limiti sono difficili da immaginare – finché non ci andiamo a sbattere. L'emergere dell'agricoltura ha ridefinito la capacità di carico, che variava di anno in anno, a seconda del raccolto. I limiti di procreazione si sono indeboliti o sono svaniti. Hardin citava Tertulliano, un pensatore cristiano tunisino del terzo secolo, che era spaventato dalla miseria della sovrappopolazione (quando la popolazione globale era di 150 milioni):

Mentre le nostre richieste diventano maggiori, le nostre lamentele contro l'inadeguatezza della natura vengono sentite da tutti. I flagelli della pestilenza, della carestia, delle guerre e dei terremoti sono giunte ad essere viste come delle benedizioni dalle nazioni sovraffollate, visto che servono ad allontanare la crescita lussureggiante della razza umana. 

Come Tertulliano, il reverendo Malthus (1766-1834) è anch'esso vissuto in un'era di crescita turbolenta ed è diventato un noto eretico per aver ricordato alla società l'esistenza di una capacità di carico. Duecento anni dopo, resta fortemente detestato, prevalentemente da gente che non lo ha mai letto, perché ha indicato un problema ad alta tensione, un tabù. Mai, mai e poi mai suggerire che ci sono limiti alla crescita! La crescita perpetua su un pianeta finito è ovviamente impossibile, ovviamente folle e follemente distruttiva. La crescita sostenibile è un ossimoro. Ma pochi miti sciocchi sono più potenti. Ci viene costantemente ricordato che la crescita perpetua è lo scopo della vita. Cresci o muori! La nostra religione ufficiale è la Crescita Per Sempre. I credenti fanatici vengono chiamati ottimisti, e l'ottimismo è “buono”. Hardin non era d'accordo: “All'attuale tasso di crescita della popolazione, è difficile essere ottimisti sul futuro”. Riguardo alla popolazione, la nostra cultura afferma due diritti simultaneamente:

  1. Diritto alla vita. L'ONU sentenzia che “ogni uomo, donna e bambino ha il diritto inalienabile di essere libero dalla fame e dalla malnutrizione”. 
  2. Diritto alla libertà riproduttiva senza limiti. “Ogni donna ha il diritto – forse con il consenso del (dei) compagno (i) – di determinare quanti bambini vuole mettere al mondo”. 

Non esistono diritti naturali, i diritti sono invenzioni legali. Notate che questi due diritti sacri non sono accompagnati da responsabilità sacre.

Libertà di sbagliare

Hardin ha concluso che la sovrappopolazione non sarà risolta da scelte volontarie di singole famiglie. In un mondo finito, la libertà incondizionata è intollerabile. La sopravvivenza è obbligatoria, la libertà non lo è. Le soluzioni efficaci dovrebbero essere basate su norme comunitarie sensibili, prodotte idealmente da una politica di “mutua coercizione, sulla quale si concorda mutualmente”. I nostri antenati selvaggi generalmente hanno avuto successo nel fare questo, perché le loro culture vedevano i limiti come perfettamente normali, non come draconiani. Hardin sapeva che “coercizione” è una parola oscena in una cultura che venera l'individualismo, ma ha notato che ci sottomettiamo alla coercizione quando ci fermiamo ad un semaforo o quando andiamo in bici sul lato destro della strada. La coercizione spesso è reciproca. I soldi sono coercizione. Ci sono molte cose che faremmo con entusiasmo per i soldi che non faremmo mai gratuitamente. Veniamo spesso forzati da niente di più di un dolce “mi raccomando”. Hardin pensava che un governo mondiale fosse impossibile, perché non c'è un''unica cultura mondiale. Cercare di far andare d'accordo su tutto culture diverse è una sfida per i sostenitori del multiculturalismo. A causa di questo, Hardin non ha offerto nessuna soluzione facile per il mondo. Ogni cultura dovrà progettare il proprio metodo per limitare la popolazione. I dilemmi non hanno soluzioni, ma i problemi sì. La sovrappopolazione è a malapena un problema temporaneo e ci sono due soluzioni:


  1. Possiamo fare un tentativo di buon senso per vivere al di sotto della capacità di carico.
  2. Possiamo nascondere la testa sotto la sabbia, non fare nessun tentativo per influenzare il futuro e lasciare che la Grande Madre natura faccia impietosamente il lavoro sporco. 


L'approccio di buon senso risparmia un sacco di usura all'ecosistema e rende la vita di gran lunga meno infernale. Viene entusiasticamente appoggiato dagli spiriti delle future generazioni.

Pubblicato originariamente su What Is Sustainable.

– Richard Reese, Transition Voice

Ovviamente, trattasi di fattore struzzo, non di fattore ostrica... (Grazie a Luca per la segnalazione tempestiva) MR

L'era della solitudine ci sta uccidendo

DaThe Guardian”. Traduzione di MR

Di George Monbiot

Per le creature più sociali, le api mammifere, ora non esiste la società. Questa sarà la nostra rovina


‘L'isolamento sociale è una causa potente di morte prematura come fumare 15 sigarette al giorno. La solitudine è il doppio più mortale dell'obesità'. Foto: Feri Lukas/Rex

Come la chiamiamo stavolta? Non è l'era dell'informazione: il collasso dei movimenti per l'educazione popolare hanno lasciato un vuoto riempito dal marketing e dalle teorie della cospirazione. Come l'età della pietra, del ferro e dello spazio, l'era digitale dice molto sugli oggetti ma poco sulla società. L'antropocene, in cui gli esseri umani esercitano un grande impatto sulla biosfera, non distingue questo secolo dai 20 precedenti. Quale chiaro cambiamento sociale distingue il nostro tempo da quelli che lo hanno preceduto? Per me è ovvio. Questa è l'Era della Solitudine. Quando Thomas Hobbes ha affermato che allo stato naturale, prima che emergesse l'autorità a tenerci sotto controllo, eravamo impegnati in una guerra “di tutti contro tutti”, non poteva sbagliarsi di più. Eravamo creature sociali dall'inizio, api mammifere, e dipendevamo completamente gli uni dagli altri. Gli ominidi dell'Africa orientale non avrebbero potuto sopravvivere una notte da soli. Siamo formati, in misura maggiore di quasi ogni altra specie, dal contatto con gli altri. L'era in cui stiamo entrando, in cui esistiamo separatamente, è diversa da tutto ciò che è successo prima.

Tre mesi fa abbiamo letto che la solitudine è diventata un'epidemia fra i giovani. Ora apprendiamo che è una cosa che affligge grandemente anche i più anziani. Uno studio di Independent Age mostra che la solitudine grave in Inghilterra rovina le vite di 700.000 uomini e 1.100.000 donne oltre i 50 anni e sta aumentando a velocità sorprendente. E' improbabile che Ebola ucciderà mai tante persone quante ne abbatte questa malattia. L'isolamento sociale è una causa potente di morte prematura come fumare 15 sigarette al giorno. La solitudine, suggerisce la ricerca, è il doppio più mortale dell'obesità. Demenza, pressione sanguigna alta, alcolismo ed infortuni – tutte queste cose, come la depressione, la paranoia, l'ansia e il suicidio, diventano più prevalenti quando vengono tagliate le connessioni. Non possiamo farcela da soli.

Sì, le fabbriche hanno chiuso, la gente viaggia in auto anziché in autobus, usa Youtube piuttosto che il cinema. Ma questi cambiamenti da soli non riescono a spiegare la velocità del nostro collasso sociale. Questi cambiamenti strutturali sono stati accompagnati da un'ideologia che nega la vita, che impone e celebra il nostro isolamento sociale. La guerra di tutti contro tutti – competizione ed individualismo, in altre parole – è la religione del nostro tempo, giustificata da una mitologia di guardie solitarie, commercianti in proprio, persone intraprendenti, uomini e donne che si fanno da soli, che fanno da soli. Per le creature più sociali, che non possono prosperare senza amore, non esiste la società, solo l'individualismo eroico. Ciò che conta è vincere. Il resto è un danno collaterale. I bambini inglesi non aspirano più a diventare conduttori di treni o infermiere – più di un quinto dice di “voler diventare solo ricco”: ricchezza e fama sono le sole ambizioni del 40% degli intervistati. Uno studio del governo di giugno ha rivelato che la Gran Bretagna è la capitale europea della solitudine. E' meno probabile che abbiamo amici stretti o che conosciamo i nostri vicini rispetto agli altri europei. Chi se ne sorprenderebbe, quando ovunque siamo sollecitati a combattere come cani randagi per un bidone della spazzatura?

Abbiamo cambiato il nostro linguaggio per riflettere questo cambiamento. Il nostro insulto più mordace è 'perdente'. Non parliamo più di persone. Ora li chiamiamo individui. Questo termine alienante ed atomizzante è diventato così pervasivo che anche gli enti di beneficenza che combattono la solitudine lo usano per descrivere le entità bipedi un tempo conosciute come esseri umani. Difficilmente riusciamo a finire una frase senza andare sul personale (per distinguere me stesso da un pupazzo di un ventriloquo), io preferisco gli amici personali all'impersonale varietà e l'appartenenza personale al tipo che non appartiene a me. Anche se questa è solo la mia preferenza personale, altrimenti conosciuta come la mia preferenza.

Una delle conseguenze tragiche della solitudine è che le persone si rivolgono al proprio televisore per essere consolate: due quinti delle persone anziane riportano che il dio da un occhio solo è la loro compagnia principale. Questo curarsi da soli aggrava la malattia. Una ricerca di economisti dell'Università di Milano suggerisce che la televisione aiuta ad alimentare l'aspirazione competitiva. Rinforza fortemente il paradosso del reddito-felicità: il fatto è che, mentre il redditi nazionali aumentano, la felicità non aumenta con loro.

L'aspirazione, che aumenta con il reddito, assicura che il punto di arrivo, della soddisfazione costante, si ritragga di fronte a noi. I ricercatori hanno scoperto che coloro che guardano molta TV fanno accelerare il tapis roulant edonistico, spingendoci a sforzarci ancora più duramente per sostenere lo stesso livello di soddisfazione. Dovete solo pensare alle aste onnipresenti nella TV durante il giorno, Dragon's Den, l'Apprendista e la miriade di forme di competizione per la carriera che i media celebrano, l'ossessione generalizzata per la fama a la ricchezza, la sensazione pervasiva, nel vederla, che la vita è da qualche altra parte rispetto a dove si è, per capire perché è così. Quindi qual è il punto? Cosa ci guadagniamo da questa guerra di tutti contro tutti? La competizione alimenta la crescita, ma la crescita ormai non ci rende più ricchi. Le cifre pubblicate questa settimana mostrano che, mentre il reddito dei direttori di società è aumentato di più di un quinto, gli stipendi della forza lavoro nel complesso sono diminuiti in termini reali rispetto all'anno scorso. I boss guadagnano – scusate, volevo dire prendono – 120 volte più della media dei lavoratori a tempo pieno. (Nel 2000 era 47 volte). Ed anche se la competizione ci ha resi più ricchi, non ci renderebbe più felici, in quanto la soddisfazione derivata da un aumento del reddito sarebbe minata dagli impatti di aspirazione della competizione.

L'1% possiede il 48% della ricchezza globale, ma nemmeno loro sono felici. Una indagine del Boston College su persone con un netto medio di 78 milioni di dollari ha scoperto che anche loro venivano assaliti da ansia, insoddisfazione e solitudine. Molti di loro hanno riferito di sentirsi finanziariamente insicuri: per raggiungere un terreno di sicurezza, credevano, avrebbero bisogno, in media, di circa il 25% in più di soldi. (E se li ottenesse? Gliene servirebbe senza dubbio un altro 25%). Uno degli intervistati ha detto che non si sentirà a posto finché non avrà un miliardo di dollari in banca. Per questo, abbiamo fatto a pezzi il mondo naturale, degradato le nostre condizioni di vita, sacrificato le nostre libertà e prospettive di appagamento ad un edonismo compulsivo, atomizzante e senza gioia, nel quale, avendo consumato tutto il resto, cominciamo ad essere prede di noi stessi. Per questo, abbiamo distrutto l'essenza dell'umanità: la nostra connessione. Sì, ci sono palliativi, sistemi intelligenti  e gradevoli come Men'n Sheds e Walking Football, sviluppati dagli enti di beneficenza per le persone sole. Ma se vogliamo spezzare questo ciclo e tornare di nuovo insieme, dobbiamo affrontare il sistema magia mondo e mangia carne in cui siamo stati costretti. La condizione pre-sociale di Hobbes era un mito. Ma noi stiamo entrando in una condizione post-sociale che i nostri antenati avrebbero considerato impossibile. Le nostre vite stanno diventando brutte, brutali e lunghe.