giovedì 17 luglio 2014

L'era dei ritorni tecnologici decrescenti: una recensione di “L'era delle basse tecnologie” di Philippe Bihouix

Da “Resource crisis”. Traduzione di MR


Le automobili nucleari sono un buon esempio di troppa tecnologia (immagine da “secondchancegarage”). Il concetto di ritorni tecnologici decrescenti è il tema del recente libro di Philippe Bihouix “L'era delle basse tecnologie” (In francese “L'Age des Low Tech”)

Recentemente, un mio amico mi ha mostrato una app per il suo nuovo smartphone. Si chiama “catspeak” (o qualcosa del genere) e permette di scegliere un messaggio da mandare al proprio gatto che, quindi, il telefonino tradurrà e vocalizzerà nel linguaggio dei gatti. Incredibilmente, funziona! Perlomeno i miei gatti sono sembrati molti impressionati dal sentire un un telefonino che miagola “vattene via” o “sono arrabbiato con te”.

Questa idea di parlare al proprio gatto usando una app per smartphone sembra essere l'esempio più lampante che possa trovare del concetto di “troppa tecnologia”. Pensate al costo dei moderni smartphone in termini di risorse preziose e non rinnovabili. Per cui, non si può evitare di chiedersi come sia possibile che vengano usate per scopi tanto sciocchi.

Il concetto di “troppa tecnologia” è il tema del recente libro di Philippe Bihouix (uno dei coautori di “Extracted”) intitolato “L'era delle basse tecnologie” (in francese “L'Age des Low Tech”). Bihouix è un tecnologo di prima classe, a suo agio in diversi campi, dall'elettronica alle biotecnologie. E la sua critica all'entusiasmo ingenuo del pubblico per i nuovi aggeggi presentati dai media è semplicemente devastante. Non fa prigionieri nella sua demolizione di alcune delle idee di alcuni guru tecnologici alla moda. Leggete semplicemente la sezione sulle nanotecnologie e, be', vedrete cosa intendo. Il nanotecnologo è nudo, davvero.

Una conseguenza dei ritorni decrescenti è il fenomeno che chiamiamo “picco” in conseguenza ad un superamento (overshoot) quando le persone valutano male i ritorni a lungo termine delle proprie attività. Avviene con l'estrazione petrolifera e avviene anche con le tecnologie: tendono a “raggiungere un picco”. Raggiungono prestazioni estreme e poi rallentano, adattandosi ad un compromesso fra prestazione e costo. Il miglior esempio di questo fenomeno sono, credo, gli aerei moderni. Hanno decisamente rallentato dai tempi del Concorde supersonico, per enfatizzare l'efficienza e il comfort. Il Concorde era semplicemente troppo costoso per essere una tecnologia pratica: era un aereo in overshoot. E' probabile che qualcosa del genere accada con gli attuali smartphone – in questo momento sono dei dispositivi stupendi, ma si trovano in una condizione di overshoot di risorse. In futuro, non saremo in grado di mantenere le loro prestazioni estreme di fronte ai costi in aumento delle risorse di minarli rari. Ciò non significa che gli smartphone scompariranno (anche se non è impossibile) ma significa che un qualche tipo di compromesso fra prestazioni e costo dovrà essere raggiunto.

Il libro di Bihouix è in gran parte basato su questo concetto: cioè come sarà possibile bilanciare prestazioni e costo dopo il “picco della tecnologia". E' una descrizione affascinante di un mondo che si muove un po' più lentamente del nostro, naturalmente, non può pretendere di continuare a crescere per sempre. Ma è anche un mondo ricco di possibilità; non meno interessante del nostro ed anche migliore sotto molti punti di vista. Un libro davvero notevole – raccomandato in ogni caso! C'è solo il piccolo problema con la lingua ma, forza, non mangiate mai una baguette e bevete un café au lait? Per cui, “L'age des low tech” vale la pena di un piccolo sforzo di decifrazione!


mercoledì 16 luglio 2014

Il declino dell'energia da scisto statunitense e la fine della manipolazione dei metalli preziosi

Da “Srsroccoreport”. Traduzione di MR

L'industria dell'energia da scisto statunitense sta andando verso grossi problemi e pochi americani se ne rendono conto. Non solo il picco e il declino della produzione di petrolio e gas di scisto statunitense proietta il disastro per l'economia americana, sarà anche uno dei fattori responsabili della fine della manipolazione dei metalli preziosi. Il solo modo in cui la FED e le Banche Centrali posso continuare a sostenere le proprie monete a corso forzoso è con una massiccia emissione a con acquisti di obbligazioni. Mentre questa tattica tiene insieme il sistema, lo fa aggiungendo debito su debito. Questo debito può essere pagato solo da una economia in crescita. Sfortunatamente, il mondo attualmente sta vivendo un plateau della produzione globale. Senza la crescita continua dell'offerta mondiale di petrolio, il massiccio debito governativo (che sostiene le monete globali a corso forzoso) diventa un vero incubo. Inoltre, quando l'offerta mondiale di petrolio alla fine comincia a declinare, la crescita del PIL globale tornerà giù proprio dietro ad esso. Il che significa che la FED e le Banche Centrali perderanno la capacità di controllare l'enorme sistema di valuta a corso forzoso basata sul debito. Così, la manipolazione del prezioso metallo finisce per default.

L'aumento dei tassi di declino dell'energia da scisto statunitense annuncia un grande problema imminente

Mentre i media ufficiali continuano a dichiarare l'indipendenza energetica degli Stati Uniti (anche se recentemente la IEA ha pubblicato un nuovo rapporto che ora prevede un declino dell'offerta di petrolio nordamericano), la situazione dell'industria dello scisto del paese fa un passo verso il peggio, in quanto i tassi di declino aumentano alla grande. Da quando ho scritto il mio articolo, Il fallimento annunciato del grande giacimento di petrolio di Bakken, i tassi di declino a Bakken, Eagle Ford e Marcellus sono sostanzialmente aumentati. Quando la EIA – Agenzia statunitense di Informazione Energetica – ha pubblicato il suo Rapporto di Produttività del novembre 2013, il tasso di declino previsto per il giacimento di Bakken nel mese di dicembre era di 63.000 barili al giorno (b/g). Ogni mese, la EIA fa uscire un nuovo rapporto che mostra la quantità di nuova produzione e il lascito di tasso di declino da parte di ogni giacimento di petrolio e gas di scisto.

Be'... diciamo che danno conto di gran parte dei giacimenti. La EIA omette i dati del giacimento di gas di scisto di Barnett perché il suo picco e declino non dipingono un quadro carino per tutti gli altri. Il tasso di declino di Bakken è aumentato da 63.000 b/g a dicembre 2013 a una stima di 72.000 b/g a luglio:


Fondamentalmente, il termine “lascito di cambiamento della produzione di petrolio” significa declino della produzione di petrolio dai pozzi esistenti. Questo viene stimato su base mensile e mostrato in “barili al giorno”. Così, si prevede che Bakken perda 72.000 barili al giorno dai pozzi di petrolio esistenti a luglio, dai 63.000 di dicembre 2013. Si tratta di un aumento del 14% del tasso di declino in solo sette mesi. Se pensate sia alto, date un'occhiata a quanto sia brutta la situazione nel giacimento di petrolio di scisto di Eagle Ford in Texas.


Mentre il tasso di declino di Bakken è aumentato di 9.000 b/g in sette mesi, quello di Eagle Ford è balzato su di 31.000 sconcertanti b/g (da 83.000 a 114.000 b/g). Così, il tasso di declino di Eagle Ford è aumentato di quasi tre volte quello di Bakken, al 37% durante lo stesso periodo. Quindi, come impattano questi tassi di declino sulla nuova produzione mensile? Se diamo uno sguardo al nuovo grafico, possiamo vedere che il tasso di declino di Bakken è aumentato dal 71% di nuova produzione nel dicembre del 2013 ad una stima del 78% in luglio.



Quando Bakken produceva 89.000 b/g di nuova produzione nel dicembre 2013, il tasso di declino di 63.000 b/g era del 71% del suo totale. La EIA stima il tasso di declino di luglio a 72.000 b/g, che ora è il 78% dei 92.000 b/g di nuova produzione. Dobbiamo ricordare, visto che il tasso di declino continua ad aumentare ogni mese, che le compagnie che trivellano a Bakken devono aumentare la produzione anche di più o il giacimento raggiungerà il picco e il declino. Questo è il problema che hanno di fronte le compagnie energetiche trivellando a Eagle Ford. In soli sette mesi, il tasso di declino a Eagle Ford è aumentato dal 71% del dicembre 2013 al previsto 83% di luglio.


Che differenza, eh? Nel dicembre 2013 Eagle Ford doveva aggiungere solo 83.000 b/g di nuova produzione per rimanere in equilibrio, tuttavia ora serve aggiungere 114.000 b/g per impedire che la produzione declini. Ad un certo punto, il tasso di declino si avvicinerà al limite del 100%, il che significa che il giacimento raggiungerà il picco e declinerà poco dopo.

Il tasso di declino nel gigantesco giacimento di gas di scisto di Marcellus quasi raddoppia

Se non fosse stato per il grande giacimento di gas di scisto di Marcellus, la produzione complessiva di gas naturale negli Stati Uniti sarebbe in declino. Guardando i dati dello stesso periodo (dicembre 2013-luglio 2014), il tasso di declino di Marcellus è schizzato dal 31 al 58%... in sette mesi a malapena.


Nel dicembre 2013, Marcellus ha aggiunto 593 milioni di piedi cubici (mpc) al giorno di nuova produzione di gas naturale ed ha subito un tasso di declino dei pozzi esistenti di 182 mpc con un cambiamento netto di 411 mpc al giorno. Questa è stata una grande quantità di nuova produzione netta al 31% mensile di tasso di declino. Tuttavia, in poco più di metà anno, il cambiamento di lascito (il tasso di declino) è previsto in aumento a 383 mpc o il 58% della nuova produzione (663 mpc), fornendo un'aggiunta netta di 280 mpc al giorno per il mese di luglio. In realtà il tasso di declino è più che raddoppiato se soltanto consideriamo il passaggio da 182 mpc a 383 mpc. Mentre c'è molto gas naturale a Marcellus, raggiungerà il picco e il declino ad un certo punto. Inoltre, pochissime compagnie energetiche stanno facendo soldi producendo gas di scisto all'attuale prezzo di mercato di 4,50 dollari. Poi c'è questo articolo del Guardian: Il boom dello scisto statunitense è finito, serve una rivoluzione energetica per evitare i blackout

Il cane da guardia dell'energia globale conferma che “la festa è finita” - riduce le proiezioni della produzione statunitense e richiede un investimento urgente

Ma l'ultima valutazione della IEA ha provato che i detrattori ha ragione su tutta la linea. La Panoramica sull'Investimento Energetico Mondiale dell'Agenzia pubblicato questa settimana dice che la produzione di tight oil statunitense – che attinge in gran parte da Bakken, nel Nord Dakota e ad Eagle Ford in Texas – raggiungerà il picco intorno al 2020 prima di declinare .

La nuova analisi mette fine al mito dei '100 anni di fornitura' ampiamente diffuso dall'industria e si avvicina alla valutazione più scettica di un picco del tight oil statunitense entro questo decennio. Ora il capo economista della IEA, Fatih Birol dice:

“In Europa stiamo affrontando il rischio che si spengano le luci. Non è uno scherzo”.

Ci servono 48 trilioni di dollari di nuovo investimento per mantenere le luci accese – e non è per niente chiaro se investire in petrolio e gas non convenzionali sempre più costosi risolverà qualcosa senza impatti seri sull'economia globale. 

Diversi analisti energetici ai quali presto attenzione (Bill Powers, David Hughes e Art Berman) credono che il picco di Bakken e di Eagle Ford possa avvenire prima del 2020... probabilmente entro i prossimi due anni. Dipende in realtà dal prezzo del barile di petrolio. Se l'economia statunitense e le economie globali cadono in una grave recessione-depressione nei prossimi anni, il prezzo del petrolio declinerà più che probabilmente in modo significativo. Ciò distruggerà la capacità della compagnie di petrolio e gas di scisto (così come le altre fonti di petrolio non convenzionale ad alto costo) di continuare a trivellare. Una volta che si fermano le trivellazioni, la produzione precipita da un burrone. Inoltre, le grandi compagnie petrolifere stanno già tagliando sulle spese CAPEX, così come svendendo patrimoni per restare competitive. Le grandi compagnie petrolifere ora si rendono conto che aumentare la produzione è impossibile, in quanto il prezzo del petrolio non è sufficientemente alto da giustificare le spese aggiuntive. Fondamentalmente, il mondo non può permettersi il petrolio costoso... il che significa che le grandi compagnie petrolifere non possono aumentare gli investimenti. Senza gli investimenti necessari, il picco del petrolio arriva prima.

Il picco del petrolio distruggerà la manipolazione dei metalli preziosi per default

La comunità dei metalli preziosi riceve molte attenzioni da parte degli analisti sul tema della manipolazione dell'oro e dell'argento. Per esempio, il Trader Dan Norcini non crede che il mercato di oro e argento sia manipolato... specialmente su un lungo periodo di tempo. Mentre il trader Dan e molti dei suoi compagni blogger su loro sito si fanno beffe di coloro che credono alla manipolazione dell'oro e dell'argento, la verità è... che non importa affatto. Vedete, l'errore più grande del Trader Dan così come dei molti altri analisti che credono che i mercati NON SIANO TRUCCATI, è che non riescono a capire la situazione energetica globale. Come ho detto molte volte, il valore di molte AZIONI, OBBLIGAZIONI e BENI CARTACEI sono derivati da un'economia in crescita, che è basata su una crescente offerta di energia. Mentre l'offerta globale di petrolio raggiunge il picco e declina, il valore di gran parte dei beni cartacei declinerà. Il solo modo di proteggere la ricchezza a quel punto sarà in patrimoni fisici come ORO e ARGENTO. E' stato il SIFONAMENTO dei fondi di investimento in beni cartacei come derivati, opzioni, azioni e obbligazioni che hanno la VERA MANIPOLAZIONE dei metalli preziosi sul mercato. Il picco del petrolio distruggerà la manipolazione di oro e argento per DEFAULT.

martedì 15 luglio 2014

La Neolingua orwelliana e la falsa storia di abbondanza dell'industria petrolifera





DaResource insights”. Traduzione di MR

Quando quello che stai dicendo è così evidentemente in contrasto con la semplice verità, è utile scegliere le tue parole con attenzione per nascondere questo fatto. Questa era la strategia del Ministro della Verità, il braccio della propaganda del governo autoritario descritto nel racconto di George Orwell 1984. Il linguaggio alterato veniva chiamato Neolingua, una variante dell'inglese standard. La storia della falsa abbondanza dell'industria petrolifera è così piena di giochi di prestigio verbali che è diventata una specie di lessico di Neolingua del petrolio.

Le ditte di relazioni pubbliche e i falsi gruppi di pensiero dietro alla Neolingua hanno già ottenuto un obbiettivo notevole, uno designato come "bipensiero" nel romanzo "1984" di Orwell. In una postfazione all'edizione che ho, lo psicologo sociale Erich Fromm spiega l'essenza del bipensiero: “In una manipolazione di successo della mente, la persona non dice più l'opposto di quello che pensa, ma pensa l'opposto di ciò che è vero”. Ora abbiamo quasi un'intera popolazione negli Stati Uniti e quasi un intero establishment dei media che credono che il petrolio sia abbondante – non a causa di fatti obbiettivi, ma a causa della campagna pubblicitaria di grande successo dell'industria petrolifera, una campagna ancora in corso. La ragione per cui è ancora in corso è che è essenziale ripetere la storia della falsa abbondanza in continuazione per soffocare qualsiasi possibilità che fatti contrari si facciano strada nella mente della gente. Tanto per assicurarvi che ci sono fatti contrari, lasciate che ve ne elenchi due fondamentali:


  1. La crescita della produzione di petrolio (definito come greggio più condensato lease) negli otto anni dalla fine del 1997 alla fine del 2005 è stata del 10,1%, secondo la statunitense EIA. Durante il periodo di otto anni dalla fine del 2005 (un importante punto di flessione) al 2013 quella crescita è stata del 3%. Il drammatico rallentamento nel tasso di crescita avvenuto nonostante l'ampio dispiegamento di nuova tecnologia (come la fratturazione idraulica con "acqua liscia" ad alto volume), i prezzi medi giornalieri da record (basati sul riferimento del Greggio Brent mondiale) e le spese record dell'industria petrolifera nelle esplorazioni e nello sviluppo. Tutte queste cose avrebbero drasticamente aumentato la produzione se non stessimo affrontando i limiti di ciò che è redditizio estrarre.
  2. Dal suo minimo del secolo di 9,10 dollari al barile del 10 dicembre 1998, il prezzo del Greggio Brent è balzato a 107,51 dollari della chiusura di venerdì. E' un aumento del 1.081% negli ultimi 15 anni. Il prezzo medio giornaliero del Greggio Brent ha raggiunto due record consecutivi nel 2011 (111,26 dollari) e nel 2012 (111,63 dollari) prima di scendere leggermente nel 2013 (108,56 dollari). Finora nel 2014, fino al 7 luglio, il prezzo medio giornaliero è stato di 108,95. Tutti questi dati dei prezzi (eccetto la chiusura di venerdì) sono disponibili qui da parte della EIA. Il prezzo dei beni che sono abbondanti tendo a crollare, non a salire fortemente. Il forte aumento indica che i compratori stanno vigorosamente competendo per forniture limitate. 

Questi due fatti ci daranno un punto di partenza sulla Neolingua del petrolio. Coloro di voi che hanno letto 1984 ricorderanno che il partito dominante nel paese descritto nel libro ha tre semplici slogan: la guerra è pace, la libertà è schiavitù e l'ignoranza è forza. Opportunamente, il Ministro della Pace stipendia la guerra, il Ministro dell'Amore controlla le forze di sicurezza interne e pratica la tortura quando necessario e il Ministro della Verità, menzionato sopra, riscrive la storia e i racconti giornalistici del passato per allinearli alle attuali posizioni del partito dominante. Quando si tratta di petrolio, tuttavia, non troveremo che i pubblicisti dicano cose così ovviamente ridicole come “la crescita lenta significa abbondanza” o “i prezzi alti significano abbondanza”. Piuttosto, la macchina pubblicitaria del petrolio ha abilmente ignorato gli sviluppi mondiali per concentrarsi solo sugli Stati Uniti dove la produzione di petrolio è aumentata negli ultimi anni. Se non fosse aumentato quello, la produzione mondiale avrebbe potuto tranquillamente aver iniziato a declinare o perlomeno a entrare in stallo.

A questa macchina pubblicitaria piace usare la parola “abbondante” il più possibile. Tuttavia, dicendo “abbondante” non cambierà il fato che il prezzo medio della benzina negli Stati Uniti di tutti i gradi è passato da un minimo del secolo di 95 centesimi a gallone nel febbraio 1999 a 3,75 dollari del 7 luglio. Si tratta di un aumento del 295%. In confronto, l'inflazione, come è stata calcolata dall'Ufficio per le Statistiche del Lavoro degli Stati uniti, durante quel periodo è stata del 43%. Un altra parola utile in Neolingua è “risorse”. La parola ha un significato ben conosciuto all'interno dell'industria, cioè, una stima preliminare basata su dati imprecisi (che, incidentalmente, è quasi insignificante per determinare il tasso di flusso). Al di fuori dell'industria, tuttavia, gran parte della gente confonde “risorse” con “riserve”. In questo caso l'ignoranza è di fatto forte, o perlomeno rafforza il potere persuasivo dell'industria mantenendo la gente nell'oscurità. (Riserve, a proposito, sono soltanto una piccola percentuale delle risorse che che è stato provato che esistano da parte della punta della trivella e sono economicamente estraibili al prezzo attuale). L'industria ama dire che le risorse mondiali di petrolio sono enormi. Ma in anni recenti i suoi portavoce hanno evitato l'uso della parola “riserve”, visto che le riserve petrolifere (greggio più condensati) delle grandi compagnie petrolifere sono nel loro complesso diminuite. E, non a caso, così ha fatto anche la loro cosiddetta produzione di tutti i liquidi (che comprendono il petrolio), di circa il 12,4% dal 2009 al 2013.

Ciò ha portato ad una serie di nuovi termini di Neolingua progettati, tanto per dire, a mettere il rossetto al maiale. Le compagnie petrolifere ora riportano riserve come “barili di petrolio equivalenti” o “bpe”. Calcolano il contenuto di energia delle loro riserve di gas naturale, lo convertono nel suo equivalente in petrolio e poi aggiungono il numero alle loro riserve petrolifere. Se dovessimo comporre uno slogan per questo in 1984 di Orwell che sia coerente con gemme come “la guerra è pace” dovremmo dire: un gas è un liquido. Ma, naturalmente, non lo è. E il gas è venduto per molto meno per ogni unità di energia rispetto al petrolio. Così, il quadro completo svia quegli investitori che non sanno come leggere fra le righe. E' un altro caso in cui l'ignoranza (da parte degli investitori è una forza per l'azienda. Ma forse il termine di Neolingua petrolifera più audace di sempre sta emergendo adesso mentre la confusione fra riserve di petrolio e gas naturale non riesce più ad accendere l'entusiasmo negli investitori. “Ritorno sul capitale investito”, non profitti, non riserve, è il nuovo termine di Neolingua che è stato venduto agli investitori come il giusto indicatore del successo in contrazione di una compagnia petrolifera. (Naturalmente, la parola “contrazione” non verrebbe mai proferita dai rappresentanti della compagnia petrolifera con le giuste credenziali di Neolingua.

Mentre le grandi compagnie tagliano in spese di esplorazione e di sviluppo, sperano di aumentare il loro “ritorno sul capitale investito”. Questo suona molto meglio che dire è semplicemente diventato troppo costoso in molti posti trovare ed estrarre petrolio. La roba facile è andata, ora rimane solo quella difficile da ottenere e costosa e nessuno può fare un profitto su questa o solo uno molto magro. Quanto suona meglio agli investitori ai quali è stato detto per anni che le riserve petrolifere sono la cosa da guardare (e quindi i bpe) che ora le compagnie stanno perseguendo il “ritorno sul capitale investito”. Una parte di Neolingua petrolifera appare quasi che stia unilateralmente mantenendo le forniture di petrolio in crescita anche se non possono esserlo. “L'offerta totale di petrolio” viene trattata come interscambiabile con “l'offerta totale di liquidi”. Per capire cosa intendo, date un'occhiata a questa pagina di statistiche petrolifere sul sito della EIA. Cliccate su menu a tendina del “prodotto” che per impostazione predefinita dice “offerta totale di petrolio” e vedete cosa c'è realmente compreso. Sotto le parole “offerta totale di petrolio” ( e a volte offerta totale di liquidi” in altre fonti) ci sono sostanze che non possono essere vendute come petrolio nel mercato mondiale, sostanze come liquidi del gas naturale, condensato e biocombustibili. C'è anche un liquido misterioso chiamato “guadagno di lavorazione in raffineria” che evoca ulteriori volumi di combustibile (ma nessuna energia reale aggiuntiva) perché il petrolio greggio in ingresso si espande quando viene separato nelle sue parti costituenti durante il processo di raffinazione. Senza queste aggiunte alle statistiche dell'offerta di petrolio, è una buona scommessa che la tendenza della produzione mondiale sarebbe da riportare come quasi piatta dal 2005 circa in poi. Nonostante questo (o forse per questo), sia l'industria sia il governo, apparentemente senza imbarazzo, hanno declamato una nuova frase in Neolingua che potrebbe essere stata scritta dal Ministro della Verità di Orwell: l'offerta totale di liquidi è l'offerta totale di petrolio.

Forse il pezzo più ovviamente ridicolo di Neolingua petrolifera è “le esportazioni di petrolio statunitense”. Ora, se devo comprare (leggi importare) 10 bistecche dal negozio e ne do tre a te, immagino che tu possa dire che sto esportando a te le mie bistecche. Ma, una volta che ho mangiato le mie bistecche, se voglio rimpinguare la mia fornitura, devo andare al negozio e comprare ancora delle bistecche e quindi importare quelle bistecche nel mio congelatore (da cui posso esportarle a te di nuovo, forse dopo che le ho grigliate per te). Questo è in sostanza quello che stanno sostenendo coloro che nell'industria stanno chiedendo la fine del divieto delle esportazioni petrolifere da parte degli Stati Uniti. * Con pochi click del mouse, tuttavia, qualsiasi persona curiosa può arrivare alle statistiche delle importazioni e delle esportazioni di petrolio degli Stati Uniti delle EIA e vedere che siamo ben lungi dal diventare degli esportatori netti di petrolio. Ponendosi le domande giuste, una persona del genere potrebbe giungere alle più recenti proiezioni dell'agenzia che danno il picco della produzione statunitense e quindi il suo declino dopo il 2020 ad un livello ben al di sotto di qualsiasi cosa che possa permettere al paese di esportare più di quanto importi. Continuando con Orwell, forse potremmo formularlo come “esportazioni uguale libertà”. Ha senso quasi quanto quello che dice l'industria. Se volete corrompere le persone, corrompete il linguaggio. Non sono certo di chi lo abbia detto, forse io. Una volta che diventa impossibile dire la verità col linguaggio che abbiamo, sarà alla fine impossibile per noi adattarci e sopravvivere. Questo è quasi certamente quello che rischiamo mentre scivoliamo lungo la china della Neolingua petrolifera, incapaci di capire cosa stia realmente accadendo al bene più cruciale della società globale.


* C'è un'argomentazione per togliere il divieto di esportazione di petrolio statunitense che ha a che fare con la massimizzazione dell'efficienza del mercato, che fa giungere i giusti gradi di petrolio alle raffinerie meglio attrezzate per raffinarli (e quindi essendo disponibili a pagarle di più) in qualsiasi parte del mondo si trovino queste raffinerie. Ma non è questa l'argomentazione che l'industri dà alla gente, visto che l'effetto di permettere tali esportazioni sarebbe aumentare i prezzi interni del petrolio e aumentare così i profitti dei produttori di petrolio interni, un argomentazione non proprio vincente col pubblico americano.

lunedì 14 luglio 2014

Trivella, ragazzo, trivella! Renzi continua a sbagliare tutto


Da "Qualenergia"

Renzi vuole trivellare per il bene del paese

"Raddoppiare la percentuale di petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 40mila persone. Non lo si fa per paura delle reazioni di tre o quattro comitatini”. Questa è la moderna visione energetica del nostro premier, in perfetta sintonia con la Ministra Guidi. E poi ci sorprendiamo se provano ad affossare le fonti rinnovabili?



Riteniamo piuttosto noioso commentare le ultime dichiarazioni del politico di turno. A volte è un’offesa al lavoro giornalistico che dovrebbe basarsi sui fatti e non sulle parole in libertà. Stavolta però non si può sottacere una critica a quanto dichiara il presidente del Consiglio Matteo Renzi al Corriere della Sera

Nel piano sblocca Italia c’è un progetto molto serio sullo sblocco minerario. E’ impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e Basilicata. Io mi vergogno di andare a parlare delle interconnessioni tra Francia e Spagna, dell’accordo Gazprom o di South Stream, quando potrei raddoppiare la percentuale di petrolio e del gas in Italia a dare lavoro a 40mila persone e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini”.

Questo sarebbe l’uomo del cambiamento? L’uomo che guarda agli interessi dei cittadini? Cosa diavolo c’entra poi l’Europa con le trivellazioni sul nostro territorio o nel nostro mare? E quale sarebbe questa "energia e ambiente" (?) da sfruttare?

Sulla quantità di idrocarburi abbiamo già detto e continuiamo a credere che questa propaganda pro-idrocarburi nazionali sia ingannatrice e abbia un approccio di breve termine per il paese. Ma naturalmente elevati profitti per il comparto coinvolto. Ad esempio si è stimato che le riserve esistenti di petrolio nostrane coprirebbero, qualora si riuscisse ad estrarle totalmente, poco meno di tre anni di consumi italiani di idrocarburi. Questa è la dimensione della questione di cui si sta discutendo.

Il problema è che i nostri governanti vecchi (vedi Prodi) e nuovi continuano ad avere un’idea di sviluppo (loro la chiamano crescita), di infrastrutture e di industrializzazione legata al passato e, chiaramente, agli interessi di poche aziende italiane ed estere del settore fossile. Le criticità ambientali e sanitarie non vengono nemmeno valutate. Sono invece sistematicamente affossate le opportunità di creare le condizioni migliori per nuovi investimenti in rinnovabili ed efficienza energetica proprio da quando si è compreso che questi settori avrebbero le potenzialità per modellare diversamente il sistema energetico nazionale. E, non contenti, vengono pure colpiti gli investimenti già realizzati, suscitando rabbia e apprensione da parte di investitori nazionali ed esteri. Lo dimostrano gli atti di questo governo, più di ogni altra fasulla dichiarazione di ministri e viceministri, che non rinunciano mai ad appoggiare, a chiacchiere, le rinnovabili. Sono credibili?

Uguale disprezzo per le popolazioni locali, alla stregua di Renzi, viene dalla Ministra Guidi, una signora spinta alla conduzione del Ministero dello sviluppo economico anche per la pressione dei grandi gruppi energetici che ‘comandano’ in Confindustria. Per lei la questione dei rischi della perlustrazione e dell'estrazione di idrocarburi è minima e se le popolazioni si preoccupano troppo vuol dire che sono male informate. Lei e Renzi sanno forse che vivere tutti i giorni presso aree di estrazione è qualcosa che mette a dura prova psiche e salute? Sanno che in queste zone vengono rilasciati pericolosi composti organici volatili, idrogeno solforato e altri elementi nocivi come quelli, ad esempio, usati per la perforazione e l’estrazione contenenti materiali cancerogeni, come toluene e benzene?

Per avere un quadro degli impatti sanitari, può essere utile dare uno sguardo ai dati del Registro dei tumori in Basilicata (Relazione di Attività IRCCS-CROB, 1997-2006), dove si può notare per la maggior parte delle aree della regione una notevole incidenza delle patologie tumorali. Altri effetti sulla salute sono riscontrabili in patologie respiratorie e cutanee. Alcune zone limitrofe ai centri petroliferi in Basilicata sono invivibili per la puzza prodotta da impianti e raffinerie tanto da dover restare sempre con le finestre serrate. Siamo di fronte alla presenza di discariche non autorizzate, scarti tossici, falde acquifere inquinate, con effetti devastanti su vigneti, frutteti e casi in cui si è riscontrata addirittura la presenza di petrolio nel miele.

Per gli amministratori locali la questione dirimente riguarda per lo più solo la quantità di royalties a titolo di compensazione ambientale o se sia il caso che queste vengono escluse dal conteggio del Patto di Stabilità, come ha chiesto recentemente Marcello Pittella, governatore della Basilicata. Peraltro, come ha scritto nel suo documentatissimo libro “Trivelle d’Italia Pietro Dommarco (Altreconomia Edizioni), le royalties in Italia sono tra le più basse del mondo: oltre alle tasse governative, le società che estraggono cedono solo il 4% dei loro ricavi per le estrazioni in mare e il 10% per quelle su terraferma. In Norvegia quasi l’80% del ricavato dell’industria petrolifera viene riscosso dallo Stato. In Gran Bretagna c’è una tassa aggiuntiva del 32%.

Sui danni in mare più eclatanti riconducibili alle attività offshore (vedi piattaforma Deepwater Horizon della BP nel Golfo del Messico) c’è solo una presunzione di rischio (un evento simile sarebbe però disastroso), ma basterebbe già considerare che questi impianti hanno dispersioni quotidiane di elevatissime concentrazioni di mercurio per reputarli un grave pericolo per un mare delicato come quello Mediterraneo.

Parliamo anche di impatti occupazionali. In realtà stiamo discutendo di poche centinaia di occupati a livello diretto e indiretto per azienda (vedi dati Total E&P Italia per la Basilicata, ma lo stesso si potrebbe dire per Eni). Forse nel complesso e per un periodo di tempo limitato potremmo toccare al massimo un paio di migliaia di addetti locali per l’Italia. La storia delle promesse occupazionali dei progetti di estrazione degli idrocarburi è esagerata e smentita dai fatti.

Vogliamo migliorare seriamente e rapidamente la nostra bilancia energetica con l’estero? Investiamo in efficienza energetica a tutti i livelli, residenziale, industriale, nella PA, e puntiamo sulle rinnovabili. Renzi non ci venga a raccontare che dobbiamo trivellare il nostro territorio per il bene del paese e per renderlo credibile oltre confine. E ci tolga quella, ormai profonda convinzione, di essere stato piazzato lì per assecondare i ‘poteri forti’ di questo paese.

Picco dei rifiuti? L'altra faccia del ciclo industriale

Questa è la traduzione completa in italiano di uno studio apparso recentemente sulla rivista scientifica "Sustainability."  Questo tipo di articoli non è normalmente pensato per una diffusione verso il pubblico in generale ma, in questo caso, gli autori hanno fatto uno sforzo per mantenere la discussione su un livello il più possibile comprensibile, sia per l'interesse generale dell'argomento, sia in accordo con il concetto di "Open Access" (libero accesso) degli studi scientifici che sono pagati con soldi pubblici e che, pertanto, devono essere accessibili al pubblico. Il risultato principale di questo studio è che la cosiddetta "emergenza rifiuti" è spesso esagerata per giustificare sistemi di smaltimento costosi e inquinanti come gli inceneritori. (u.b.)



Da "Sustainability". Traduzione di MR

Di Ugo Bardi 1, Virginia Pierini 2, Alessandro Lavacchi 3 e Christophe Mangeant 4

1 Dipartimento di Scienze della Terra. Università di Firenze, Polo Scientifico di Sesto Fiorentino, Via della Lastruccia 3, Sesto Fiorentino (Fi) 50019, Italia

2 Consorzio Interuniversitario per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali (INSTM), Unità di Ricercadi Firenze, Polo Scientifico di Sesto,Via della Lastruccia 3, Sesto Fiorentino (Fi) 50019, Italia; E-Mail: virgipierini[ghiribizzo]hotmail.it

3 CNR-Istituto di Chimica dei Composti Organo Metallici, Via Madonna del Piano 10,
Sesto Fiorentino (Fi) 50019, Italia; E-Mail: alessandro.lavacchi[ghiribizzo]iccom.cnr.it

4 The Shift Project’s Volunteers Group, 96 rue de la Victoire, Paris 75009, France; E-Mail: christophe.mangeant[ghiribizzo]theshiftproject.org


Abstract: Il moderno ciclo industriale è basato principalmente su risorse minerali non rinnovabili estratti dalla crosta terrestre. Processati e trasformati in beni, i prodotti dell'estrazione mineraria diventano prodotti manifatturieri che entrano nel sistema economico e vengono poi dispersi sotto forma di rifiuti gassosi, liquidi o solidi. Alla fine, la massa dell'uscita sotto forma di rifiuti deve bilanciare l'ingresso sotto forma di minerali. Un gran numero di studi su modelli sono stati eseguiti sulla prima fase del ciclo – la produzione di beni minerali – spesso con un interesse specifico sui combustibili fossili, con l'obbiettivo di determinare le future prospettive di produzione. Tuttavia, pochissimi di studi di modellizazione di questo tipo sono stati eseguiti sulle tendenze future della generazione di rifiuti. In questo saggio, esaminiamo i modelli del ciclo industriale in confronto alle tendenze storiche nella generazione di rifiuti solidi urbani per diverse regioni del mondo. Mostriamo che la generazione di rifiuti nei paesi sviluppati va in parallelo con le tendenze della produzione industriale e che diverse regioni stanno mostrando una tendenza al declino che potrebbe essere interpretata in termini di “picco” proprio come viene spesso fatto per la produzione di combustibili fossili. Pertanto, il “problema dei rifiuti” in termini di aumento di quantità di rifiuti da trattare e smaltire potrebbe non essere così urgente come viene comunemente percepito.

Parole chiave: rifiuti urbani; dinamica dei sistemi; gestione dei rifiuti; ecologia industriale; picco del petrolio; picco dei rifiuti.

1. Introduzione

Il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti solidi viene spesso considerata essere un grande problema per la società ed è in corso un dibattito considerevole sui migliori metodi per risolverlo. Un assunto tipico che spesso sta alla base del dibattito è che la produzione di rifiuti solidi, specialmente sotto forma di Rifiuti Solidi Urbani (RSU), continuerà ad aumentare nel prossimo futuro. Per esempio, la Banca Mondiale dichiara in un rapporto del 2013 [1] che “ci si attende che i livelli di generazione di RSU raddoppino per il 2025”. Questo assunto sta alla base delle scelte come l'incinerazione al posto delle discariche, visto che la riduzione in volume dei rifiuti urbani prodotti viene spesso vista come una priorità [2]. Ciononostante, sembra che pochissimi studi confermino l'assunto della crescita continua delle generazione di rifiuti.

I modelli di studio nel campo dei rifiuti solidi esistono principalmente per tipi di rifiuti specifici, per esempio rifiuti elettronici [3] o rifiuti automobilistici [4], molto raramente per il concetto generale di rifiuti solidi o rifiuti solidi urbani, con poche eccezioni come qualche studio di dinamica dei sistemi [5, 6]. In questo campo, nonostante la disponibilità di diversi tipi di modelli per il flusso di rifiuti e per la loro composizione, è difficile applicarli alla realtà pratica della gestione dei rifiuti [7]. Sembra che l'industria che gestisce i rifiuti solidi urbani non mostri lo stesso forte interesse a modellare le tendenze future che è tipica, invece, dell'industri estrattiva, dove c'è molto dibattito in corso si concetti tipo, per esempio “picco del petrolio” [8, 9]. Tuttavia, l'industria estrattiva e l'industria della gestione dei rifiuti non sono indipendenti. Il sistema industriale globale può essere visto come un grande processo di trasformazione che comincia coi prodotti dell'industria mineraria e li trasforma in beni commerciali. Questi beni vengono trasformati in prodotti di mercato per essere alla fine buttati come rifiuti. Pertanto, le tendenze della produzione di rifiuti sono direttamente collegate alle tendenze complessive della produzione industriale mondiale, che a sua volta è collegata alle prestazioni dell'industria estrattiva. In questo senso, se vediamo il futuro in termini di “picchi” estrattivi (per esempio “picco del petrolio”, picco dei minerali” [10–12]), allora potremmo aspettarci che si verifichi una tendenza analoga per la produzione di rifiuti generale, leggi “picco dei rifiuti”. L'interpretazione sembra essere confermata se esaminiamo la valutazione dell'economia mondiale portata avanti nella serie di studi sui “Limiti della Crescita” [13,14] e più di recente [12]. Questi studi erano basati sul concetto che i limiti della crescita del sistema economico globale non sono determinati dal “finire” le risorse minerali, ma dal fatto che l'industria tende ad usare prima le risorse più a buon mercato. Di conseguenza, i depositi minerali sono destinati a diventare troppo costosi per essere sfruttati, un'osservazione che risale a William Stanley Jevons [15] che viene spesso definito il “principio dei ritorni economici decrescenti”. I modelli dinamici dell'economia mondiale sono altamente aggregati a di solito non trattano tipologie specifiche di rifiuti. Tuttavia, di solito contengono un parametro aggregato definito come “inquinamento” che comprende i rifiuti solidi. I rifiuti solidi come parametro sono stati resi espliciti in uno studio di dinamica dei sistemi basato sugli stessi metodi [5] che hanno mostrato che il picco della generazione di rifiuti era da attendersi in parallelo con le tendenze generali di esaurimento delle risorse non rinnovabili.

Questo studio comincia dai concetti descritti sopra per fare una esplorazione delle tendenze di produzione dei rifiuti nel mondo seguendo l'approccio di un precedente studio di alcuni degli autori del presente saggio [16]. Non puntiamo a prevedere le tendenze a breve termine, ma a determinare se esistono già indicazioni del fatto che ci stiamo avvicinando ad un picco della generazione di rifiuti e di rifiuti solidi urbani (RSU) in particolare, che vengono spesso percepiti dalle persone e dai decisori politici come il problema più urgente della società moderna. Questa esplorazione è resa difficile dalla mancanza di dati affidabili e dalle difficoltà intrinseche nell'aggregare e confrontare diversi parametri collegati alla produzione di rifiuti. Tuttavia, il risultato del nostro studio indica che, in diverse macroregioni del mondo, la produzione di RSU ha già raggiunto un picco e sta declinando ed alcune prove indicano che lo stesso effetto si sta verificando per tutte le tipologie di rifiuti. Questa scoperta è chiaramente importante a livello di scelte politiche nella gestione dei rifiuti, specialmente in relazione alla gestione dei rifiuti solidi urbani, in quanto rimuove parte dell'urgenza percepita dagli operatori di pianificare impianti di trattamento dei rifiuti sempre più grandi.

2. Modelli di produzione dei rifiuti

Per prima cosa presenteremo un modello semplice di un processo generico di produzione dei rifiuti volto a capire le tendenze generali di un sistema che sia limitato da una quantità limitata di risorse in ingresso. Il modello è basato sull'approccio della dinamica dei sistemi  [17], un metodo di modellazione basato sulla descrizione del sistema studiato per “riserve” - quantità di materia o energia che cambiano nel tempo – e “flussi”, che descrivono il flusso di materia o energia da una riserva all'altra. Tipicamente, il comportamento di questi sistemi è dominato da effetti di “retroazione” (feedback), cioè dal fenomeno dei flussi che dipendono dalla dimensione delle riserve. Il modello riportato qui segue l'approccio di cui lo studio su “I Limiti della Crescita” è stato pioniere [13,14]. Tuttavia, è strettamente collegato al concetto di modelli “a portata di mente” proposto in [18] (una versione precedente del modello è stata presentata in precedenza [16]). Qui, i modelli vengono creati usando il pacchetto di software Vensim™. La Figura 1 mostra il modello “a portata di mente” più semplice concepibile di produzione dei rifiuti.

Figura 1. Modello schematico di dinamica dei sistemi usato qui per descrivere le tendenze di produzione dei rifiuti.


Il modello consiste in tre riserve: risorse minerali, economia e rifiuti. Le riserve sono organizzate secondo la convenzione descritta in [18], cioè dall'alto verso il basso in ordine di potenziali termodinamici decrescenti. Notate che questo modello è molto generico e può essere applicato ad ogni tipologia di materiale residuale derivato dalla produzione industriale. Tuttavia, il termine “rifiuti” di solito è riferito ai residui solidi delle attività industriali e del consumo delle famiglie. La prima tipologia viene chiamata “rifiuti industriali” mentre la seconda può essere denominata, fra i diversi acronimi, come “rifiuti solidi urbani – RSU”. Al contrario i rifiuti liquidi e gassosi vengono di solito chiamati “inquinamento”, un termine che comprende anche i rifiuti solidi dispersi che non posso essere raccolti e smaltiti (per esempio, le emissioni di particolato). Il modello mostrato qui aggrega tutte queste tipologie di residui, ma qui il focus sarà sui rifiuti solidi e in particolare sui RSU, per i quali esistono dati più dettagliati ed estesi. Nel modello, il flusso di risorse verso l'economia è ipotizzato essere proporzionale alla dimensione sia della riserva dell'economia sia di quella delle risorse; in altre parole, è soggetto a una retroazione collegato alla dimensione delle due riserve che collega. Questa ipotesi è la stessa usata in precedenti studi che descrivono lo sfruttamento di risorse minerali [19]. Pertanto, di solito produce curve di produzione “a campana”. Il modello tiene anche conto del tasso di produzione dei rifiuti che, in questo caso, viene ipotizzato essere proporzionale alla dimensione dell'economia, ma non a quella della riserva di rifiuti. In altre parole, si ipotizza che i costi coinvolti nel trattamento e nella gestione dei rifiuti siano trascurabili rispetto alla dimensione complessiva dell'economia. Infine, notate che si ipotizza che la riserva di rifiuti si accumula senza venire mai riciclata o dissipata da processi naturali. Questa è un'altra approssimazione che, tuttavia, ha un effetto minimo sui risultati qualitativi del modello. Il comportamento del modello è determinato da due costanti che descrivono l'efficienza dello sfruttamento delle risorse naturali (k1) e il tasso di produzione dei rifiuti (k2). La Figura 2 mostra i risultati tipici, che risultano essere robusti, nel senso che possono essere riprodotti per un'ampia gamma di parametri iniziali. I parametri in ingresso sono per i risultati mostrati e sono riserve di risorsa (iniziale) = 10 unità, riserva di economia (iniziale) = 0,01 unità, riserva di rifiuti (iniziale) = 0,01 unità. L'asse delle ordinate Y delle riserva di rifiuti ha un valore massimo di 10 unità, mentre l'asse Y delle ordinate delle curve di produzione ha un massimo di 0,4 unità di produzione/unità di tempo. I valori delle due costanti sono k1 = 0,025, k2 = 0,1.

Figura 2. Risultati standard del modello di produzione di rifiuti.


Notate che, nel modello, la produzione industriale raggiunge il picco prima della produzione dei rifiuti, come dovrebbe. La distanza fra i due picchi è determinata dal tempo di vita dei prodotti nel sistema economico. Quando si affrontano i rifiuti urbani, affrontiamo principalmente articoli che hanno avuto vita breve, in gran parte imballaggi e beni deperibili. Così, ci aspettiamo che nel mondo reale le due curve debbano essere molto vicine fra loro e probabilmente indistinguibili nel mondo reale. Il modello può essere modificato per tenere conto di ulteriori fattori. Per esempio, la relazione fra il costo di estrazione e la quantità di risorse qui deve essere semplicemente lineare, cioè il costo deve aumentare in relazione all'inverso delle risorse rimanenti (va all'infinito quando non rimane niente da estrarre). Potrebbero essere considerate altre forme di questa proporzionalità ma, in accordo col concetto di “rasoio di Occam”, questa semplice relazione qui verrà mantenuta. Notate anche che la quantità disponibile di risorse minerali qui deve essere finita, che è fisicamente ragionevole. Un'obbiezione che viene comunemente fatta a una tale ipotesi è che il concetto di risorse dipende da fattori come i prezzi e il progresso tecnologico (per una panoramica su questo punto vedete, per esempio,[19]). Tuttavia, questa obbiezione ha senso solo nell'ipotesi che il modello venga usato come strumento di previsione, cioè se il parametro di “riserva di risorsa” deve essere un ingresso che porta a prevedere le tendenze di produzione a lungo termine e in particolare la data del picco. Tuttavia, qui il nostro obbiettivo è quello di descrivere le tendenze del sistema sulla base dei dati storici. In altre parole, il nostro obbiettivo è interpretativo piuttosto che predittivo e, in questo senso, l'ipotesi di risorse minerali più piccole o più grandi non cambierà la forma delle curve calcolate. Come ulteriori modifiche, il costo del trattamento dei rifiuti può essere preso in considerazione ipotizzando che una frazione della riserva industriale deve essere dedicata a questo scopo. In questo caso, la forma della curva di produzione potrebbe diventare asimmetrica (la forma “Seneca”) come descritto in [18]. Ancora una volta, questa ipotesi non cambia sostanzialmente i risultati complessivi del modello. Poi, potremmo prendere in considerazione il riciclaggio dei rifiuti ipotizzando che parte della riserva di rifiuti potrebbe essere riportata al sistema industriale o riassorbita nell'ecosistema. Questo fenomeno potrebbe essere facilmente simulato dalla modellazione dinamica ma, in generale, finché ipotizziamo che il sistema industriale è alimentato principalmente da risorse non rinnovabili, il risultato complessivo rimane lo stesso, cioè sia la produzione industriale sia la produzione di rifiuti raggiungono il picco per poi andare a zero. La differenza principale rispetto al modello più semplice è che le curve di produzione industriale e di rifiuti potrebbero mostrare oscillazioni ammortizzate quando le riserve di rifiuti riciclabili vengono esaurite. Infine, se ipotizziamo la presenza di risorse rinnovabili, il sistema potrebbe convergere verso uno stato stabile sia per la produzione di di rifiuti sia di prodotti industriali. Questo risultato finale corrisponde bene ai modelli dinamici semplici dei sistemi biologici (vedete per esempio [20]).

3. Tendenze di generazione dei rifiuti – Confronto coi dati disponibili

Non esistono a livello globale dati affidabili della riserva di rifiuti nel modello sviluppato nella sezione precedente, nemmeno a livello regionale. Cioè, è impossibile quantificare tali riserve come, per esempio, la quantità totale di rifiuti solidi generati dalle attività umane ed accumulati nel mondo. Abbiamo, tuttavia, dati relativi ai flussi, cioè sulle generazione annuale di rifiuti e, in particolare, sulla generazione di rifiuti solidi urbani. Anche in questo caso, i dati globali non sono disponibili per la mancanza di rapporti da parte di molti paesi e spesso dell'incoerenza dei rapporti stessi. Inoltre, le definizioni e i metodi di rilevamento variano molto. I buoni dati sono spesso disponibili a livello di singoli paesi, anche se normalmente riportati solo in termini di peso, raramente tenendo conto di come varia la composizione come funzione del tempo, della località geografica, dell'urbanizzazione, della ricchezza e di altri fattori. Ciononostante, esistono dati sufficienti sulla generazione di RSU da rendere possibile ottenere almeno un quadro generale delle tendenze principali della generazione di rifiuti in un numero sostanziale di paesi e per varie macro aree del mondo. Questi dati possono essere usati per fornire una visione della produzione di rifiuti solidi il più globale possibile. Qui, esamineremo principalmente i dati relativi a Stati uniti, Europa, Cina, Giappone ed Australia. I dati più dettagliati e globali appartengono alla generazione di Rifiuti Solidi urbani (RSU). La massa di questo tipo di rifiuti viene originata dalle famiglie, dalle imprese commerciali e dalle istituzioni pubbliche. Cominciamo coi dati degli Stati Uniti, ottenuti dalla Environmental Protection Agency – EPA [21]. Questi dati vengono mostrati nella Figura 3, misurati per mezzo della derivata di una funzione logistica per simulare la curva “a campana” generata dai modelli.

Figura 3. Tendenze della generazione di rifiuti urbani degli Stati Uniti.


Fonte: Dati EPA [21].

Questi dati mostrano che la generazione complessiva di RSU negli Stati Uniti ha raggiunto il picco ed ora sta lentamente diminuendo. Questa tendenza al picco è particolarmente evidente per quanto riguarda la quantità di RSU generati per presone. Per l'Europa, i dati mostrati nella Figura 4, dati Eurostat [22], mostrano che la tendenza complessiva della generazione di RSU è simile a quella degli Stati Uniti. La regione “EU-27” ha infatti visto il declino sia della generazione totale di rifiuti sia di quella per persona. Ci sono diversi singoli paesi europei che hanno raggiunto il picco anche in termini di generazione totale di rifiuti solidi urbani. Per esempio, l'Italia è uno dei casi di declino reale nelle generazione di rifiuti [23,24], come mostrato nella Figura 5. La stessa tendenza è osservabile in Belgio, Germania, Irlanda, Spagna, Ungheria, Olanda, Austria, Portogallo, Svezia, Regno Unito e Svizzera [22].

Figura 4. Tendenze della produzione di rifiuti urbani dell'Unione Europea (27 Stati).


Fonte: Dati Eurostat [22].

Figura 5. Generazione di rifiuti urbani in Italia.


Fonte: Data da [24].

Come ulteriore esempio di un paese europeo la cui produzione di rifiuti ha raggiunto il picco, ecco i risultati della Francia, mostrati nella Figura 6.

Figura 6. Generazione di rifiuti urbani in Francia.



Fonte: Dati Ademe [25].

Riguardo la regione asiatica, abbiamo indagato i dati di Cina e Giappone. Anche se la popolazione cinese è aumentata negli ultimi due decenni e la sua economia si è sviluppata tremendamente, la Cina sembra seguire la stessa tendenza riguardo la generazione di RSU che abbiamo visto per Stati Uniti ed Europa, anche se la produzione totale di rifiuti non ha ancora raggiunto il picco [26,27]. I dati nella Figura 7 sono stati ottenuti da [28].

Figura 7. Generazione di rifiuti urbani in Cina.


Fonte: Dati dall'Annuario Statistico Cinese [28].

Riguardo al Giappone, anche se i cittadini giapponesi hanno praticamente lo stesso standard di vita di quelli statunitensi, generano solo il 56% dei RSU degli Stati Uniti per persona. I dati disponibili sono insufficienti per una valutazione completa, ma sembra che la generazione giapponese di RSU stia anche quella declinando [29]. Riguardo altre regioni asiatiche, in Australia la massa annuale di RSU raccolti mostra una tendenza di lento aumento [30].Nel complesso, i dati disponibili non ci permettono di concludere con certezza che la generazione di RSU abbia raggiunto un picco a livello mondiale, ma una tendenza al picco e declino è chiaramente osservabile in diversi grandi paesi in tutto il mondo.

4. Produzione industriale e generazione di rifiuti

I dati sulla generazione di rifiuti urbani ora possono essere confrontati con quelli del lato di ingresso del processo industriale. Questo ingresso, tuttavia, non si misura facilmente. Potremmo considerarlo come proporzionale al Prodotto Interno Lordo (PIL), ma questo parametro, espresso in unità monetarie, comprende una varietà di processi che non producono direttamente rifiuti solidi, per esempio salari o vendite di case. Un parametro migliore in questo caso è la produzione industriale che, tuttavia, non viene di solito misurata in unità fisiche, ma con un “indice” che misura la produzione aggregata di manifattura, estrazione mineraria e servizi sommando le produzioni fisiche delle varie industrie ponderate dalle loro proporzioni nel valore totale sommato di produzione di tutte le industrie. Ovviamente, questo indice non è direttamente confrontabile con la quantità di rifiuti prodotta, che viene misurata in unità di peso. Tuttavia, come prima approssimazione, possiamo ancora usare questo indice per valutare almeno la coerenza dell'approccio del presente saggio. Un secondo problema è che la quantità di rifiuti solidi è la somma di due flussi: uno è quello dei rifiuti solidi industriali e l'altro è quello dei rifiuti solidi urbani. Sarebbe possibile considerare la quantità di rifiuti solidi industriali generati, o il loro sottogruppo in termini di rifiuti pericolosi, come una migliore indicazione della produzione finale del processo industriale. Sfortunatamente, i dati per questo tipo di rifiuti sono spesso mancanti o inaffidabili. Nel caso degli Stati uniti il problema deriva, fra gli altri fattori, come risultato dell'esclusione delle acque reflue dai rapporti nazionali dal 1997 [21]. I pochi dati accessibili sui rifiuti industriali in Cina sono aggiornati solo fino al 2003 e rivelano un aumento nei tassi di generazione [27]. Sembra che non ci siano dati disponibili per la produzione di rifiuti industriali in Giappone, mentre quelli dei rifiuti pericolosi in Australia mostrano chiaramente un picco [31]. E' riconoscibile una tendenza nel caso dell'Italia, dove possiamo vedere che la tendenza al declino dei rifiuti industriali è preceduta da un picco dell'indice di produzione industriale intorno al 2006 [22]. Tuttavia, i dati disponibili sembrano essere insufficienti per una valutazione significativa delle tendenze in atto e, di conseguenza, qui possiamo solo tentare di confrontare l'indice di produzione industriale con la quantità di rifiuti solidi urbani, per i quali sono più facilmente disponibili dati dettagliati. Come dichiarato nella sezione precedente, il tempo di vita dei prodotti di consumo che diventano RSU è breve, al massimo sull'ordine di un anno, e quindi non ci aspettiamo uno spostamento significativo delle tendenze produttive del sistema industriale rispetto a quelli di generazione di RSU. Un primo confronto può essere tentato con l'economia statunitense. Qui, i dati da [21] (Figura 8) indicano che produzione industriale e generazione di RSU raggiungono il picco approssimativamente allo stesso tempo, anche se la produzione industriale sembra raggiungerlo in qualche modo più tardi. La discrepanza è probabilmente da attribuire al fatto, già menzionato, che le due curve sono basate su dati che non sono perfettamente confrontabili.

Figura 8. Tendenze di generazione di Rifiuti Solidi Urbani (RSU) e indice di produzione industriale degli Stati Uniti.


La tendenza opposta è osservabile nel caso dell'Italia, dove la produzione industriale raggiunge il picco approssimativamente quattro anni prima della produzione di rifiuti (vedete la Figura 9, dati da [23] e [24]). Qui, i dati probabilmente riflettono l'importante contributo dei beni industriali che finiscono nel flusso di rifiuti che hanno un tempo di vita più lungo di quello dei RSU ordinari.

Figura 9. Produzione di RSU e indice di produzione industriale dell'Italia.


Infine, sotto (Figura 10) ci sono i risultati della Francia (dati da [25]). Anche qui, vediamo che l'indice di produzione industriale e la generazione di RSU raggiungono il picco quasi allo stesso tempo, anche se, come nel caso dell'Italia, la produzione industriale sembra raggiungere il picco qualche anno prima.

Figura 10. Produzione di RSU e indice di produzione industriale della Francia.



Ci sono diversi altri casi che possono essere esaminati, per esempio il caso EU-27 mostra una tendenza in cui un picco della produzione industriale risulta essere quasi esattamente coincidente con quelli della generazione dei RSU. In generale, non sembra che esistano dati sufficienti per una dichiarazione definitiva sul fatto che il picco industriale preceda il picco dei RSU, anche se diverse serie di dati indicano che sia così. Tuttavia, è chiaro che i due picchi sono collegati e che la generazione di RSU non continua ad aumentare per sempre e tende a seguire la tendenza della produzione industriale.

5. Conclusioni

Come indicato da studi dinamici svolti diversi decenni fa [13], i ritorni gradualmente decrescenti dell'estrazione di risorse minerali condizionerà l'intero sistema industriale mondiale e, con esso, la quantità di rifiuti solidi prodotti. I dati e i modelli riportati nel presente studio indicano che il rallentamento della generazione di rifiuti è una tendenza robusta che appare in diverse regioni sviluppate del mondo e potrebbe essere interpretata come collegata al rallentamento della crescita industriale, a sua volta collegata all'aumento dei costi di estrazione di tutti i beni minerali [32]. In altre parole, il “Picco dei Rifiuti” potrebbe essere già avvenuto per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani oppure sta per avvenire nel prossimo futuro. Questo risultato è una tendenza a lungo termine nella generazione dei rifiuti che si aggiunge ad altre tendenze a lungo termine come quella che vede un graduale cambiamento della composizione dei rifiuti solidi urbani. I dati su questo punto sono scarsi, ma sembra chiaro che migliori inpianti di trattamento stanno portando al recupero di più grandi quantità di metalli che, di conseguenza, non finiscono più nelle discariche [33,34]. E' chiaro da questi risultati che i “rifiuti” sono un'entità in continuo cambiamento. I dati disponibili non permettono una modellazione dettagliata delle tendenze mondiali dei rifiuti, ma i risultati del presente studio mostrano che il “problema dei rifiuti”, in termini di necessità di nuovi e costosi impianti, potrebbe essere spesso troppo enfatizzato nell'attuale dibattito, perché i decisori politici basano ancora la loro pianificazione sull'idea di un continuo aumento della quantità di rifiuti prodotta (per esempio, vedete [1]). Invece, se stiamo assistendo ad una tendenza al declino nella massa complessiva di rifiuti prodotti, la nostra priorità dovrebbe diventare migliorare il riciclaggio dei rifiuti solidi lavorando in direzione di un'economia ciclo chiuso.

Contributi dell'autore  

Virginia Pierini ha fornito la massa di dati sull'estrazione mineraria necessari per questo articolo. Gli altri autori sono stati coinvolti principalmente con la modellazione e con l'assemblaggio dello studio.

Conflitti di interesse

Gli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi.

Riferimenti

1. Banca Mondiale. Che rifiuto: un rapporto globale sulla gestione dei rifiuti solidi (What a Waste: A global report on solid state waste management). Disponibile online:
http://go.worldbank.org/BCQEP0TMO0  (accessed on 12 April 2014).

2. L'ABC della gestione sostenibile dei rifiuti (The ABC of Sustainable Waste Management). Disponibile online: http://www.seas.columbia.edu/
earth/wtert/faq.html (ultimo accesso 23 marzo 2014).

3. Ekshaki, A. Modellazione delle riserve dinamiche. Un metodo per l'identificazione e la stima dei futuri flussi di rifiuti e delle emissioni basata sulla produzione passata e sulle caratteristiche della riserva di prodotto (Dynamic stock modelling: A method for the identification and estimation of future waste streams and emissions based on past production and product stock characteristics). Energy 2005, 30, 1353–1363. Disponibile online: http://dx.doi.org/10.1016/j.energy.2004.02.019 (ultimo accesso 3 luglio 2013)

4. Weng, C.-C.; Huang, M.-J. Uno studio di simulazione del calore di scarto automobilistico usando un generatore termoelettrico (A simulation study of automotive waste heat recovery using a thermoelectric power generator). Int. J. Therm. Sci. 2013, 71, 302–309.

5. Randers, J. La dinamica della generazione di rifiuti solidi (The Dynamics of Solid Waste Generation). In Toward Global Equilibrium; Meadows, D.H., Meadows, D.L, Eds.; Wright-Allen Press: Cambridge, MA, USA, 1973; pp. 166–211.

6. Dyson, B.; Chang, N.-B. Prevedere la generazione di rifiuti solidi urbani in una regione in rapida crescita con la modellazione della dinamica dei sistemi (Forecasting municipal solid waste generation in a fast-growing urban region with system dynamics modeling). Waste Manag. 2005, 25, 669–679. Disponibile online: http://dx.doi.org/10.1016/j.wasman.2004.10.005 (ultimo accesso 25 maggio).

7. Beigl, P.; Lebersorger, S.; Salhofer, S. Modellazione della generazione di rifiuti solidi urbani: una panoramica. (Modelling municipal solid waste generation: A review). Waste Manag. 2008, 28, 200–214. Disponibile online: http://dx.doi.org/10.1016/
j.wasman.2006.12.011 (ultimo accesso 25 maggio 2013).

8. Jakobsson, K.; Bentley, R.; Söderbergh, B.; Aleklett, K. La fine del petrolio a buon mercato: economia dal basso e modellazione geologica delle curve aggregate di produzione di petrolio (The end of cheap oil: Bottom-up economic and geologic modeling of aggregate oil production curves). Energy Policy 2012, 41, 860–870. Disponibile online: http://dx.doi.org/10.1016/j.enpol.2011.11.073 (ultimo accesso 22 maggio 2013).

9. Bardi, U. Picco del petrolio (Peak Oil). In International Encyclopedia of Social & Behavioral Sciences, 2nda ed.; Wright, J.D., Ed. Elsevier: Oxford, UK, 2013.

10. Bardi, U.; Pagani, M. Picco dei minerali (Peak Minerals). Disponibile online: http://www.theoildrum.com/node/3086 (ultimo accesso 12 giugno 2013).

11. Kiani, B.; Hosseini, S.H.; Amiri, R.H. Esaminare il Picco di Hubbert del petrolio greggio dell'Iran: un approccio della dinamica dei sistemi (Examining the Hubbert Peak of Iran’s Crude Oil: A System Dynamics Approach). Eur. J. Sci. Res. 2009, 25, 437–447.

12. Sverdrup, H. Il modello World5; picco dei metalli, dei minerali, dell'energia, della salute, del cibo e della popolazione; considerazioni urgenti di politica per una società sostenibile (The World 5 model; Peak metals, minerals, energy, wealth, food and population; urgent policy considerations for a sustainable society). J. Environ. Sci. Eng. 2012, 5, 499–533.

13. Meadows, D.H.; Meadows, D.L.; Randers, J.; Bherens, W.W., III. I Limiti dello Sviluppo; Universe Books: New York, NY, USA, 1972.

14. Meadows, D.H.; Randers, J.; Meadows, D.L. Limits to Growth: The 30 Year Update;
Chelsea Green: White River Junction, VT, USA, 2004.

15. Jevons, W.S. La questione del carbone (The Coal Question), 2nda rev. ed.; Macmillan e Co.: London, UK, 1866. Disponibile online: http://www.econlib.org/library/YPDBooks/Jevons/jvnCQ.html  (ultimo accesso 22 aprile 2014).

16. Bardi, U.; Lavacchi, A. tendenze a lungo termine della generazione di rifiuti (Long term trends of waste generation). In The Sustainable City V; Brebbia, C.A., Gospodini, S., Tiezzi, E., Eds.; WIT Press: Southampton, UK, 2008. Disponibile online:
http://library.witpress.com/pages/PaperInfo.asp?PaperID=19756  (ultimo accesso 23 febbraio 2014).

17. Bruckmann, G. Elementi del metodo della dinamica dei sistemi (Elements of the system dynamics method). Technol. Forecast. Soc. Change 1982, 21, 85–87. Disponibile online: http://dx.doi.org/10.1016/0040-1625(82)90062-2  (ultimo accesso 21 maggio 2013).

18. Bardi, U. Modelli del mondo a portata di mente (Mind Sized World Models). Sustainability 2013, 5, 896–911. Disponibile online:
http://www.mdpi.com/2071-1050/5/3/896  (ultimo accesso 27 maggio 2013).

19. Bardi, U.; Lavacchi, A.; Yaxley, L. Modellare l'EROEI e l'energia netta nell'estrazione di risorse non rinnovabili (Modelling EROEI and net energy in the exploitation of non
renewable resources). Ecol. Modell. 2011, 223, 54–58. Disponibile online: http://dx.doi.org/10.1016/j.ecolmodel.2011.05.021  (ultimo accesso 6 dicembre 2012).

20. Desharnais, R.A. Selezione naturale, entropia della forma fisica e dinamiche di coevoluzione (Natural selection, fitness entropy, and the dynamics of coevolution). Theor.
Popul. Biol. 1986, 30, 309–340. Disponibile online: http://dx.doi.org/10.1016/00405809(86)90039-0 (ultimo accesso 2 luglio 2013).

21. Environmental Protection Agency (EPA). Rapporto biennale nazionale dei rifiuti pericolosi  RCRA (The National Biennial RCRA Hazardous Waste Report)
(Baseto su dati del 1997). Disponibile online: http://www.epa.gov/osw/inforesources/data/br97/exsumall97.pdf  (ultimo accesso 27 maggio 2013).

22. Eurostat Database. Disponibile online: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/statistics/search_database  (ultimo accesso 27 maggio 2013).

23. Spampinato, R. Rapporto rifiuti 2006—Volume 1, rifiuti urbani. Disponibile online:
http://www.isprambiente.gov.it/contentfiles/00003300/3316-rap-rif-2006-voli.zip/at_download/file (ultimo accesso 18 giugno 2014).

24. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Rapporto Rifiuti Urbani 2012. Disponibile online: http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rifiuti2012/rapporto-rifiuti-2012-estratto.pdf (ultimo accesso 27 maggio 2013).

25. Agence de l’Environnement et de la Maîtrise de l’Energie (ADEME). Déchèteries: Évolution 1996–2001. Disponibile online: http://www2.ademe.fr/servlet/KBaseShowsort=-1&cid=96&m=3&catid=16297 (ultimo accesso 27 maggio 2013). (In francese)

26. Huang, Q.; Wang, Q.; Dong, L.; Xi, B.; Zhou, B. La sitazione attuale della gestione dei rifiuti solidi in Cina (The current situation of solid waste management in China). J. Mater. Cycles Waste 2006, 8, 63–69.

27. Zhang, D.Q.; Tan, S.K.; Gersberg, R.M. Gestione dei rifiuti solidi urbani in Cina . Stato, problemi e sfide (Municipal solid waste management in China: Status, problems and challenges). J. Environ. Manag. 2010, 91, 1623–1633. Disponibile online:
http://dx.doi.org/10.1016/j.jenvman.2010.03.012  (ultimo accesso 27 maggio 2013).

28. Databas dell'Annuario Statistico Cinese. Knowledge Network Service Platform. Disponibile online: http://tongji.cnki.net/overseas/brief/result.aspx  (ultimo accesso 22 giugno 2014).

29. Matsunaga, K.; Themelis, N.J. Effetti dell'opulenza e della densità di popolazione sulla generazione e lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (Effects of affluence and population density on waste generation and disposal of municipal solid waste). Disponibile online: http://www.seas.columbia.edu/earth/waste-affluence-paper.pdf  (ultimo accesso 27 maggio 2013).

30. Pink, B. Contabilità dei rifiuti, Australia, stime sperimentali (Waste Account, Australia, Experimental Estimates). Disponibile online: http://www.ausstats.abs.gov.au/ausstats/subscriber.nsf/0/CFBA5C80F706EE86CA257B16000E1922/$File/4602055005_2013.pdf  (ultimo accesso 27 maggio 2013).

31. Rapporto nazionale sui Rifiuti 2010. Disponibile online: http://www.scew.gov.au/archive/wastemanagement/pubs/wastemgt_nat_waste_report_final_20_fullreport_201005_0.pdf  (ultimo accesso 27 maggio 2013).

32. Bardi, U. Extracted: How the Quest for Mineral Wealth Is Plundering the Planet; Chelsea Green: White River Junction, VT, USA, 2014.

33. Lostrangio, D.; Pandolfo, R. Influenza dell'evoluzione qualitativa/quantitativa dei rifiuti solidi urbani nella gestione degli stessi (Influence of the quali-quantitative evolution of the municipal solid waste on the management of the same). Disponibile online: http://www.ambientediritto.it/dottrina/Politiche%20energetiche%20ambientali/politiche%20e.a/influenza_evoluzione_lostrangio_pandolfo.htm  (ultimo accesso 25 aprile 2014).

34. Futuri delle risorse (Resource Futures). Defra EV0801 Stime di composizione nazionale dei rifiuti raccolte dalle autorità locali e sul riciclaggio in Inghilterra (National compositional estimates for local authority collected waste and recycling in England), 11/2010. Disponibile online: http://randd.defra.gov.uk/Document.aspxDocument=11715_EV0801ReportFINALSENT05-12-13.pdf  (ultimo accesso 25 aprile 2014).

© 2014 degli autori; su licenza MDPI, Basilea, Svizzera. Questo articolo è un articolo ad accesso libero distribuito nei termini e condizioni della licenza di attribuzione Creative Commons (http://creativecommons.org/licenses/by/3.0/).