Visualizzazione post con etichetta Orwell. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Orwell. Mostra tutti i post

martedì 26 aprile 2016

Il populismo è di moda, ma sappiamo cos'è?





di Jacopo Simonetta.

Oggi  “pupulista” è un insulto e lo era spesso anche in passato.   Eppure proprio questa eterogenea matrice ha prodotto l’unica seria opposizione a quegli ideali di “progresso” perseguendo i quali siamo giunti esattamente dove siamo oggi.
George OrwellCon questo non intendo certo idealizzare la tradizione.   Chi ha vissuto in un paese ancora 40 o 50 anni fa, ha un’idea di quando schiacciante può essere quella “common decency” tanto cara ad Orwell.   Tengo però a far presente è che il populismo odierno ha ben poco in comune con quello del passato.   In particolare per la passione che i movimenti populisti odierni hanno per i capi autoritari, le fantasie nazionaliste e l’ assistenzialismo di stato.   Tutti elementi che i populisti del passato disprezzavano profondamente.

Una differenza che probabilmente dipende dal fatto che i movimenti populisti del passato sorsero ed insorsero in difesa di una tradizione popolare all'epoca ben viva e profondamente radicata.   Una tradizione che la trasformazione dei contadini ed degli artigiani prima in proletari e poi in consumatori ha distrutto.   Della radice antica ed identitaria della gente comune rimane oggi solo un sentimento vago e rabbioso, su cui fanno leva gli "arruffapopolo" di professione. 

Il populismo ieri.

A scuola, sembra che il storia del pensiero politico moderno si riassuma nello scontro fra due grandi scuole: quella liberal-capitalista e quella socialista che né è uscita sconfitta.   La realtà è, come sempre, parecchio più complicata.
Tanto per cominciare, le due citate scuole di pensiero non erano poi così antitetiche.   Condividevano infatti una comune ideologia di fondo: il progresso inteso come inarrestabile processo di miglioramento della condizione umana.   Del resto, entrambe si rivendicavano legittime eredi dell’Illuminismo, visto come la grande rottura fra un “prima” fatto di miseria morale e materiale, oscurantismo, persecuzione e quant'altro.   Ed un “dopo” proiettato in un futuro radioso.   Un concetto nato e maturato nei circoli aristocratici e finanziari del XVIII° secolo che erano quanto di meno "popolare" si potesse immaginare.
Dunque lo scontro fra le due scuole, non di rado sanguinoso, fu sostanzialmente su quali fossero i mezzi più efficaci per raggiungere lo scopo condiviso.   Se mediante un’accumulazione di capitale privato oppure di capitale statale, se tramite una liberalizzazione delle attività economiche, oppure una pianificazione delle medesime, eccetera.   Ma per entrambe contrastare il progresso era affare di aristocratici parassiti, nostalgici, romantici perdigiorno, retrogradi, corporazioni oscurantiste, borghesi bigotti, masse abbrutite dall'ignoranza o nemici del popolo, secondo il caso.
In una serie di post pubblicati su “Effetto Risorse” (qui, e qui) ho cercato di tracciare l’origine di questa singolare visione del mondo.   Qui vorrei accennare invece a quelle “forze oscure della reazione in agguato” che le si opposero.
Secondo la vulgata, in prima fila ci sarebbe stata l’aristocrazia molle e parassita dell’”Ancien régime”, retaggio di un mondo feudale sinonimo di ogni orrore.   Solo che, sorpresa, nel '700 l’Ancien Régime era quanto mai moderno.   Ed era nato proprio dallo sforzo di molti stati di chiudere definitivamente i conti con gli ultimi strascichi di una tradizione feudale oramai decotta.  

La modernità, teorizzata e caldeggiata dai progressisti, nella seconda metà del XVIII secolo erano gli stati nazionali retti da autocrati “illuminati”.   Vale a dire promotori a tempo pieno di quella rivoluzione industriale che cominciava a delinearsi.   Del resto, le grandi famiglie dell’epoca erano composte perlopiù da banchieri, industriali ed alti funzionari.   Le proprietà terriere ed i castelli in qualche caso erano una pittoresca eredità; in altri un acquisto recente destinato a dare lustro a nomi e cognomi privi di storia.
Chi, invece, si oppose fieramente, da subito e per oltre un secolo alla visione progressista del mondo fu un’eterogenea accozzaglia di movimenti in cui confluirono e defluirono personaggi molto diversi.   Anche un certo numero di latifondisti ed intellettuali certo, ma principalmente artigiani, operai e contadini proprietari della terra.   Ivi compresa parte della piccola aristocrazia di campagna, marginalizzata ed impoverita dallo sviluppo dell’industria e della finanza.
rivolte luddiste
Uno dei primi e più famosi di questi movimenti fu quello dei “Luddisti” che sfociò in vere e proprie sommosse represse nel sangue.   Lo scopo che animava questi ribelli era soprattutto la salvaguardia della dignità del lavoro artigianale e manuale.   La meccanizzazione e la specializzazione dei ruoli in fabbrica erano visti infatti come degradanti per i lavoratori.   Ma ancor più era avversata l’istituzione del lavoro dipendente salariato.
Oggi che sempre più gente anela ad un salario che non può avere sembra incredibile.   Ma fin’oltre la metà del XIX secolo l’imposizione del regime salariale era visto da molti dei diretti interessati come una vera e propria forma di schiavitù.
Solo in alcuni casi da questi movimenti nacquero dei veri partiti, come il People’s Party in USA ed il Narodničestvo in Russia, spesso confusi con partiti di matrice socialista.   Ma al contrario dei marxisti, i populisti vedevano nella grande industria, nella meccanizzazione ed elettrificazione nient’altro che potenti mezzi per meglio proletarizzare e sfruttare i lavoratori.
Come fondamento dell’edificio sociale proponevano non già la dittatura del proletariato od il benessere, bensì quell'insieme di valori e comportamenti radicati nella tradizione popolare che davano identità, struttura sociale e resilienza alle classi lavoratrici.  Difendevano quindi la piccola proprietà privata e gli antichi diritti d’uso civico.   Avversavano invece i monopoli ed il latifondo, tanto quanto la statalizzazione dei mezzi di produzione.  In alternativa, tentarono di costituire cooperative che quasi sempre fallirono perché avversate sia dai liberali che dai socialisti, sia pure per opposte ragioni.  Rifiutavano l’ingerenza nelle loro faccende tanto dello stato, quanto dei sindacati di partito.   Preferivano invece organizzarsi autonomamente in strutture di remota tradizione e spesso divenute illegali come le ghilde, le confraternite e le società di mutuo soccorso.
StalinSicuramente il più tragico evento legato a questa tradizione fu l’Holomodor (dai 3 ai 9 milioni di morti secondo le stime) con cui tra il 1932 ed 1933 Stalin chiuse definitivamente la partita con la pretesa dei contadini ucraini di rimanere economicamente autonomi.


Il populismo domani?


Nei due secoli che hanno preceduto la totale egemonia dell’ideologia progressista ci furono anche altri ed importanti movimenti politici, basti citare gli anarchici ed i monarchici, su barricate opposte.   Qui ho voluto rievocare fugacemente il populismo delle origini perché tutti noi stiamo scivolando giù per la china del “dirupo di Seneca” senza reagire.  Le ragioni sono molte e una fra queste penso sia una terribile carenza di idee politiche. Forse conoscere meglio il passato potrebbe stimolare la nostra creatività.  Purtroppo, il fallimento dei sistemi socialisti è stato erroneamente interpretato come la dimostrazione della giustezza del sistema capitalista.
Perfino il movimento ambientalista, che avrebbe potuto rappresentare la vera novità politica del XX secolo, si è dissolto nella matrice progressista, disgregato in un ala filo socialista (maggioritaria in Europa occidentale) ed una filo-liberale (maggioritaria in Europa orientale). E man mano che diventa evidente che anche il capitalismo ha fallito e con lui il progressismo tutto, ci troviamo nel vuoto completo.
E dal vuoto, come diceva Gramsci, nascono i mostri.
neonazisti

martedì 15 luglio 2014

La Neolingua orwelliana e la falsa storia di abbondanza dell'industria petrolifera





DaResource insights”. Traduzione di MR

Quando quello che stai dicendo è così evidentemente in contrasto con la semplice verità, è utile scegliere le tue parole con attenzione per nascondere questo fatto. Questa era la strategia del Ministro della Verità, il braccio della propaganda del governo autoritario descritto nel racconto di George Orwell 1984. Il linguaggio alterato veniva chiamato Neolingua, una variante dell'inglese standard. La storia della falsa abbondanza dell'industria petrolifera è così piena di giochi di prestigio verbali che è diventata una specie di lessico di Neolingua del petrolio.

Le ditte di relazioni pubbliche e i falsi gruppi di pensiero dietro alla Neolingua hanno già ottenuto un obbiettivo notevole, uno designato come "bipensiero" nel romanzo "1984" di Orwell. In una postfazione all'edizione che ho, lo psicologo sociale Erich Fromm spiega l'essenza del bipensiero: “In una manipolazione di successo della mente, la persona non dice più l'opposto di quello che pensa, ma pensa l'opposto di ciò che è vero”. Ora abbiamo quasi un'intera popolazione negli Stati Uniti e quasi un intero establishment dei media che credono che il petrolio sia abbondante – non a causa di fatti obbiettivi, ma a causa della campagna pubblicitaria di grande successo dell'industria petrolifera, una campagna ancora in corso. La ragione per cui è ancora in corso è che è essenziale ripetere la storia della falsa abbondanza in continuazione per soffocare qualsiasi possibilità che fatti contrari si facciano strada nella mente della gente. Tanto per assicurarvi che ci sono fatti contrari, lasciate che ve ne elenchi due fondamentali:


  1. La crescita della produzione di petrolio (definito come greggio più condensato lease) negli otto anni dalla fine del 1997 alla fine del 2005 è stata del 10,1%, secondo la statunitense EIA. Durante il periodo di otto anni dalla fine del 2005 (un importante punto di flessione) al 2013 quella crescita è stata del 3%. Il drammatico rallentamento nel tasso di crescita avvenuto nonostante l'ampio dispiegamento di nuova tecnologia (come la fratturazione idraulica con "acqua liscia" ad alto volume), i prezzi medi giornalieri da record (basati sul riferimento del Greggio Brent mondiale) e le spese record dell'industria petrolifera nelle esplorazioni e nello sviluppo. Tutte queste cose avrebbero drasticamente aumentato la produzione se non stessimo affrontando i limiti di ciò che è redditizio estrarre.
  2. Dal suo minimo del secolo di 9,10 dollari al barile del 10 dicembre 1998, il prezzo del Greggio Brent è balzato a 107,51 dollari della chiusura di venerdì. E' un aumento del 1.081% negli ultimi 15 anni. Il prezzo medio giornaliero del Greggio Brent ha raggiunto due record consecutivi nel 2011 (111,26 dollari) e nel 2012 (111,63 dollari) prima di scendere leggermente nel 2013 (108,56 dollari). Finora nel 2014, fino al 7 luglio, il prezzo medio giornaliero è stato di 108,95. Tutti questi dati dei prezzi (eccetto la chiusura di venerdì) sono disponibili qui da parte della EIA. Il prezzo dei beni che sono abbondanti tendo a crollare, non a salire fortemente. Il forte aumento indica che i compratori stanno vigorosamente competendo per forniture limitate. 

Questi due fatti ci daranno un punto di partenza sulla Neolingua del petrolio. Coloro di voi che hanno letto 1984 ricorderanno che il partito dominante nel paese descritto nel libro ha tre semplici slogan: la guerra è pace, la libertà è schiavitù e l'ignoranza è forza. Opportunamente, il Ministro della Pace stipendia la guerra, il Ministro dell'Amore controlla le forze di sicurezza interne e pratica la tortura quando necessario e il Ministro della Verità, menzionato sopra, riscrive la storia e i racconti giornalistici del passato per allinearli alle attuali posizioni del partito dominante. Quando si tratta di petrolio, tuttavia, non troveremo che i pubblicisti dicano cose così ovviamente ridicole come “la crescita lenta significa abbondanza” o “i prezzi alti significano abbondanza”. Piuttosto, la macchina pubblicitaria del petrolio ha abilmente ignorato gli sviluppi mondiali per concentrarsi solo sugli Stati Uniti dove la produzione di petrolio è aumentata negli ultimi anni. Se non fosse aumentato quello, la produzione mondiale avrebbe potuto tranquillamente aver iniziato a declinare o perlomeno a entrare in stallo.

A questa macchina pubblicitaria piace usare la parola “abbondante” il più possibile. Tuttavia, dicendo “abbondante” non cambierà il fato che il prezzo medio della benzina negli Stati Uniti di tutti i gradi è passato da un minimo del secolo di 95 centesimi a gallone nel febbraio 1999 a 3,75 dollari del 7 luglio. Si tratta di un aumento del 295%. In confronto, l'inflazione, come è stata calcolata dall'Ufficio per le Statistiche del Lavoro degli Stati uniti, durante quel periodo è stata del 43%. Un altra parola utile in Neolingua è “risorse”. La parola ha un significato ben conosciuto all'interno dell'industria, cioè, una stima preliminare basata su dati imprecisi (che, incidentalmente, è quasi insignificante per determinare il tasso di flusso). Al di fuori dell'industria, tuttavia, gran parte della gente confonde “risorse” con “riserve”. In questo caso l'ignoranza è di fatto forte, o perlomeno rafforza il potere persuasivo dell'industria mantenendo la gente nell'oscurità. (Riserve, a proposito, sono soltanto una piccola percentuale delle risorse che che è stato provato che esistano da parte della punta della trivella e sono economicamente estraibili al prezzo attuale). L'industria ama dire che le risorse mondiali di petrolio sono enormi. Ma in anni recenti i suoi portavoce hanno evitato l'uso della parola “riserve”, visto che le riserve petrolifere (greggio più condensati) delle grandi compagnie petrolifere sono nel loro complesso diminuite. E, non a caso, così ha fatto anche la loro cosiddetta produzione di tutti i liquidi (che comprendono il petrolio), di circa il 12,4% dal 2009 al 2013.

Ciò ha portato ad una serie di nuovi termini di Neolingua progettati, tanto per dire, a mettere il rossetto al maiale. Le compagnie petrolifere ora riportano riserve come “barili di petrolio equivalenti” o “bpe”. Calcolano il contenuto di energia delle loro riserve di gas naturale, lo convertono nel suo equivalente in petrolio e poi aggiungono il numero alle loro riserve petrolifere. Se dovessimo comporre uno slogan per questo in 1984 di Orwell che sia coerente con gemme come “la guerra è pace” dovremmo dire: un gas è un liquido. Ma, naturalmente, non lo è. E il gas è venduto per molto meno per ogni unità di energia rispetto al petrolio. Così, il quadro completo svia quegli investitori che non sanno come leggere fra le righe. E' un altro caso in cui l'ignoranza (da parte degli investitori è una forza per l'azienda. Ma forse il termine di Neolingua petrolifera più audace di sempre sta emergendo adesso mentre la confusione fra riserve di petrolio e gas naturale non riesce più ad accendere l'entusiasmo negli investitori. “Ritorno sul capitale investito”, non profitti, non riserve, è il nuovo termine di Neolingua che è stato venduto agli investitori come il giusto indicatore del successo in contrazione di una compagnia petrolifera. (Naturalmente, la parola “contrazione” non verrebbe mai proferita dai rappresentanti della compagnia petrolifera con le giuste credenziali di Neolingua.

Mentre le grandi compagnie tagliano in spese di esplorazione e di sviluppo, sperano di aumentare il loro “ritorno sul capitale investito”. Questo suona molto meglio che dire è semplicemente diventato troppo costoso in molti posti trovare ed estrarre petrolio. La roba facile è andata, ora rimane solo quella difficile da ottenere e costosa e nessuno può fare un profitto su questa o solo uno molto magro. Quanto suona meglio agli investitori ai quali è stato detto per anni che le riserve petrolifere sono la cosa da guardare (e quindi i bpe) che ora le compagnie stanno perseguendo il “ritorno sul capitale investito”. Una parte di Neolingua petrolifera appare quasi che stia unilateralmente mantenendo le forniture di petrolio in crescita anche se non possono esserlo. “L'offerta totale di petrolio” viene trattata come interscambiabile con “l'offerta totale di liquidi”. Per capire cosa intendo, date un'occhiata a questa pagina di statistiche petrolifere sul sito della EIA. Cliccate su menu a tendina del “prodotto” che per impostazione predefinita dice “offerta totale di petrolio” e vedete cosa c'è realmente compreso. Sotto le parole “offerta totale di petrolio” ( e a volte offerta totale di liquidi” in altre fonti) ci sono sostanze che non possono essere vendute come petrolio nel mercato mondiale, sostanze come liquidi del gas naturale, condensato e biocombustibili. C'è anche un liquido misterioso chiamato “guadagno di lavorazione in raffineria” che evoca ulteriori volumi di combustibile (ma nessuna energia reale aggiuntiva) perché il petrolio greggio in ingresso si espande quando viene separato nelle sue parti costituenti durante il processo di raffinazione. Senza queste aggiunte alle statistiche dell'offerta di petrolio, è una buona scommessa che la tendenza della produzione mondiale sarebbe da riportare come quasi piatta dal 2005 circa in poi. Nonostante questo (o forse per questo), sia l'industria sia il governo, apparentemente senza imbarazzo, hanno declamato una nuova frase in Neolingua che potrebbe essere stata scritta dal Ministro della Verità di Orwell: l'offerta totale di liquidi è l'offerta totale di petrolio.

Forse il pezzo più ovviamente ridicolo di Neolingua petrolifera è “le esportazioni di petrolio statunitense”. Ora, se devo comprare (leggi importare) 10 bistecche dal negozio e ne do tre a te, immagino che tu possa dire che sto esportando a te le mie bistecche. Ma, una volta che ho mangiato le mie bistecche, se voglio rimpinguare la mia fornitura, devo andare al negozio e comprare ancora delle bistecche e quindi importare quelle bistecche nel mio congelatore (da cui posso esportarle a te di nuovo, forse dopo che le ho grigliate per te). Questo è in sostanza quello che stanno sostenendo coloro che nell'industria stanno chiedendo la fine del divieto delle esportazioni petrolifere da parte degli Stati Uniti. * Con pochi click del mouse, tuttavia, qualsiasi persona curiosa può arrivare alle statistiche delle importazioni e delle esportazioni di petrolio degli Stati Uniti delle EIA e vedere che siamo ben lungi dal diventare degli esportatori netti di petrolio. Ponendosi le domande giuste, una persona del genere potrebbe giungere alle più recenti proiezioni dell'agenzia che danno il picco della produzione statunitense e quindi il suo declino dopo il 2020 ad un livello ben al di sotto di qualsiasi cosa che possa permettere al paese di esportare più di quanto importi. Continuando con Orwell, forse potremmo formularlo come “esportazioni uguale libertà”. Ha senso quasi quanto quello che dice l'industria. Se volete corrompere le persone, corrompete il linguaggio. Non sono certo di chi lo abbia detto, forse io. Una volta che diventa impossibile dire la verità col linguaggio che abbiamo, sarà alla fine impossibile per noi adattarci e sopravvivere. Questo è quasi certamente quello che rischiamo mentre scivoliamo lungo la china della Neolingua petrolifera, incapaci di capire cosa stia realmente accadendo al bene più cruciale della società globale.


* C'è un'argomentazione per togliere il divieto di esportazione di petrolio statunitense che ha a che fare con la massimizzazione dell'efficienza del mercato, che fa giungere i giusti gradi di petrolio alle raffinerie meglio attrezzate per raffinarli (e quindi essendo disponibili a pagarle di più) in qualsiasi parte del mondo si trovino queste raffinerie. Ma non è questa l'argomentazione che l'industri dà alla gente, visto che l'effetto di permettere tali esportazioni sarebbe aumentare i prezzi interni del petrolio e aumentare così i profitti dei produttori di petrolio interni, un argomentazione non proprio vincente col pubblico americano.