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sabato 20 dicembre 2014

L'altro lato della Sfinge

Dachimeramyth”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi

Alcuni miti antichi ci giungono dal crepuscolo della mitopoiesi. Sono storie che sembrano giungerci dal “tempo del sogno” degli Aborigeni australiani, un'era antecedente alla parola scritta, un'era di cui abbiamo solo tracce che ci raccontano di un mondo diverso. Un mondo, tuttavia, che troviamo quasi impossibile da capire. Una di queste storie è quella di Edipo e la Sfinge, una storia sconcertante, lontana da qualsiasi cosa corrisponda alla nostra esperienza. Ma è una storia che rimane parte della nostra consapevolezza, una storia che non possiamo dimenticare. Segue un testo sul mito della Sfinge che ho scritto qualche anno fa, leggermente corretto nella versione presente.

L'altro lato della Sfinge

Di Ugo Bardi, maggio 2005

“E' quindi questo che si nasconde dall'altro lato della Sfinge!” André Gide


La Sfinge femminile della tradizione greca è mostro, donna e divinità allo stesso tempo. Accoppiata con la storia oscura di Edipo e della dinastia Tebana coi loro omicidi, incesti e lotte, è un mito così ricco e complesso che sbrogliarlo è una sfida che molti hanno tentato con diversi gradi di successo. Questo testo non pretende di essere l'ultima parola sul tema e nemmeno di essere particolarmente originale. E' lo specchio di una ricerca personale, uno in cui il lettore potrebbe – forse – vedere il proprio riflesso. 

Si dice che, un tempo, un antropologo abbia chiesto ai nativi africani se potevano spiegargli perché i leoni uccidessero così tanti gnu. La risposta fu che era perché, forse, i leoni amavano particolarmente il sapore della carne di gnu. L'interpretazione dei nativi potrebbe non essere sofisticata quanto quella moderna, scientifica (qualsiasi essa sia) ma, dopo tutto, nessuno può sapere perché i leoni pensano quando uccidono gli gnu. Ciò che possiamo dire è che tendiamo a trovare motivi interiori per ciò che le persone (o i leoni) fanno. E' un tipo di gioco intellettualmente pericoloso, ma che tutti amano giocare.

Se dare motivazioni ai leoni è intellettualmente pericoloso, cosa ne dite della grande leonessa che è la Sfinge Greca? Quali sono le sue motivazioni interiori? Perché fa indovinelli? Perché mangia le persone? Probabilmente non solo perché le piace il sapore della carne umana. E il fascino non si ferma alla Sfinge. Ci piacerebbe anche sapere cosa c'è dentro le teste di altri personaggi del mito. Edipo risolve l'indovinello della sfinge, liberando i tebani dalla sua maledizione. Sposa sua madre, la regina Giocasta, e diventa il re di Tebe. Prima, aveva ucciso Laio, suo padre. Poi, quando tutta la storia viene scoperta, si acceca e scappa nel bosco, mentre Giocasta si uccide. Che ne facciamo di questa storia oscura di sesso e omicidio?

Come raccontata, la storia sembra assurda, sconcertante, persino stupida. Pensate solo ad un dettaglio: si dice che la Sfinge si sia suicidata gettandosi dalla cima di una montagna. Ma dai, una creatura alata fa una cosa del genere? E poi pensate a come Edipo, ampiamente avvisato dall'oracolo di Apollo che stava per uccidere suo padre e sposare sua madre – e credendoci completamente – uccide un uomo abbastanza anziano da essere suo padre e continua sposandosi una donna sufficientemente anziana da essere sua madre. E' un idiota o cosa? E che dire di Giocasta? Cosa pensereste di una regina che decide di sposare un viandante appena apparso in città dopo che qualcuno aveva ucciso suo marito, il re, nel bosco? Come per l'indovinello posto dalla Sfinge ad Edipo, è così facile che anche un idiota poteva risolverlo.

Alcune persone sembrano aver preso la storia solo per quello che sembra essere: una stupida storia per bambini. Già nel quarto secolo prima di cristo, Palefato, nel suo Peoria Apiston, si chiede perché i tebani non si siano semplicemente sbarazzati di quello strano mostro, la Sfinge, tempestandola di frecce. In tempi più recenti, Andrew Wilson vede la Sfinge come una specie di Godzilla nel film sbagliato, una banale spalla nel dramma, piazzata lì per evidenziare l'intelligenza di Edipo (una cosa di cui c'era disperato bisogno, sembra). Nel suo libro “Appetiti profani”, Barbare E. Hort critica l'interpretazione di Freud del “Complesso di Edipo” e dice che Edipo non può essere accusato di alcun errore nello sposare Giocasta, visto che non poteva sapere di essere suo figlio.

Tuttavia, Sofocle non poteva avere scritto uno dei pezzi più grandi della letteratura di ogni tempo se ci avesse raccontato la storia di un mucchio di idioti. Né Freud avrebbe potuto basare una gran parte della sua teoria psicanalitica sul comportamento di un idiota che per giunta era un pervertito sessuale. A prescindere da quanto alcune persone cerchino di giustificare il mito, il suo fascino intrinseco rimane. E' affascinante perché capiamo che i personaggi della storia non sono né idioti né pervertiti. Percepiamo che si comportano nel modo in cui si comportano perché non possono evitarlo ma, per tutto il tempo, sanno perfettamente quello che stanno facendo anche se non possono ammetterlo, nemmeno a sé stessi. Ciò ce li rende – personaggi mitici di una Tebe mai esistita – vicini, persone che non mancano di capire le cose che tutti noi conosciamo, ma che non possiamo ammettere di conoscere, a volte nemmeno a noi stessi.

Non pensate che Edipo sapesse, dentro di sé, cosa stesse facendo? E che dire della Sfinge che si è uccisa, non ne dubitereste? Perché se ne dubitate, significa che credete che il grande re di Tebe abbia ucciso lui stesso la Sfinge, piuttosto che ridicolizzarla risolvendo il suo indovinello. Poi, i maschi moderni, a quanto pare, non riescono a ricordare di essere stati sessualmente attratti dalle proprie madri o, in generale, da donne più anziane. E le donne moderne, a quanto pare, non possono ammettere di essere state sessualmente attratte da giovani maschi. Eppure, in Giocasta vediamo qualcosa che la nostra società lascia emergere solo occasionalmente: la sessualità dominante delle donne più anziane. Riconosciamo Giocasta in film e racconti: è la Norma Desmond di “Sunset Boulevard”, la signora Robinson del “Laureato”. Non c'è dubbio che esista in innumerevoli casi di persone reali. Ed Edipo è a sua volta uno di noi. Possiamo vedere in lui l'eroe invecchiato dei nostri tempi, di tutti i tempi, l'uomo coraggioso che cerca ancora di fare del suo meglio solo per essere sopraffatto dalla vecchiaia che avanza. L'ex eroe che scopre che le sue imprese di gioventù erano, dopotutto, non così eroiche.

Ma la Sfinge? La sua miscela di sessualità, potere ed oscurità è così lontana dalla nostra vita quotidiana, così remota dalla nostra cultura che sembriamo esserne completamente sconcertati. Un Godzilla nel film sbagliato, forse. Eppure, percepiamo che ha dei motivi nascosti da un altro lato, più profondo. Possiamo capire quest'altro lato solo se andiamo un po' in profondità nel mito. Robert Graves è stato, forse, il primo a vedere la relazione della storia di Edipo col sacrificio rituale dei re nella antica storia umana. Era una cosa che era stata descritta in dettaglio dalla generazione di antropologi che comprendeva  Frazer e Frobenius. Nessuno dei due menziona Edipo, né lo ha fatto, più tardi, Joseph Campbell nel suo monumentale “Le maschere di Dio”. Ma la relazione è chiara: in questi tempi arcaici, i re dovevano essere sacrificati e sostituiti dopo un po' di tempo, quando il loro potere magico si era esaurito. Sotto questa luce, le azioni di Edipo diventano improvvisamente chiare, lui è uno di questi re sacrificali. Sostituisce il suo predecessore (suo “padre”) nel sangue e viene, a sua volta, sostituito, quando la peste a Tebe indica che il suo potere magico è scomparso.

Ma se i re sono stagionali, le regine sono stabili. E se la regina di tebe è Giocasta, lei e la Sfinge sono due facce della stessa medaglia, due regine regnanti. Sappiamo di antichi tempi e luoghi in cui regnava una coppia di regine: è ciò che Erodoto ci racconta sulle Amazzoni. Le Amazzoni erano mitiche, ma gli antichi cretesi non lo erano e, pare, avevano due regine. In “Maschere di Dio”, Campbell ci mostra l'immagine di una statuetta micenea di due figure femminili (due regine?) e un bambino fra loro. Giocasta, la Sfinge ed Edipo, si è tentati di dire. In tempi antichi, spesso le Dee sembravano appaiate: da Inanna ed Ereshkigal dei tempi dei Sumeri a Demetra e Proserpina dell'antichità classica. E con Inanna ed Ereshkigal, c'era uno sposo maschio, Dummuzi, il cui destino, venire fatto a pezzi dai demoni Galla, non è stato migliore di quello di Edipo.

Quindi, la Sfinge è una regina, proprio come Giocasta. Possiamo immaginare che una delle due regine che regnavano a Tebe, Giocasta, fosse più preoccupata del lato materiale e temporale del suo governo, mentre l'altra, la Sfinge, più del lato spirituale, della conservazione della conoscenza. E non della sola conservazione, ma anche della distribuzione, era un'insegnante. Si diceva che la Sfinge fosse una “cantante” (una “furia cantante” secondo Sofocle). Come per le canzoni che le Sirene cantarono ad Ulisse, possiamo solo fare congetture su cosa la sfinge cantò ad Edipo, ma possiamo dire che cantò parole di saggezza. Sappiamo che la saggezza può essere pericolosa e può assere liberamente data a chiunque. Come per molti insegnanti dei tempi antichi, gli aspiranti allievi dovevano superare degli esami, a volte esami difficili. Se sbagliavano, c'era una punizione. Nel caso della Sfinge, essere mangiati era una punizione dura, ma l'idea è quella.

Così, la Sfinge è un'insegnate di saggezza. E, potremmo chiederci, quando mai le donne nel nostro mondo sono insegnanti di saggezza? La risposta è mai, o molto raramente. I nostri insegnanti, i nostri capi, i nostri filosofi, i nostri modelli da seguire, sono tutti uomini e le poche donne che appaiono in posizioni dominanti impersonano ruoli maschili innaturali, proprio come le mitiche Amazzoni. Tuttavia, la figura di una donna come insegnante non è così lontana da noi da non dargli perlomeno un'occhiata. Pensate solo a quando Socrate, nel “Simposio” di Platone si rivolge a una figura femminile, Diotima di Mantineia, quando si tratta di andare alla domanda più importante e alla caratteristica più fondamentale di tutto l'insegnamento: l'amore; e non solo l'amore carnale, ma specificamente l'amore per ogni cosa che sia bella e nobile. Platone viveva vicino a quando e dove è stato creato il mito della Sfinge ed alcuni accenni dell'antico mito potrebbero essere passati alla figura di Diotima come lui la descrive. Ci sono molti più esempi. Brigida di Kildare, che era, a quanto pare, consacrata a vescovo in Irlanda. Pensate a quella Dea Romana “Alma Mater” che usiamo ancora per definire le nostre Università. E pensate a come Dante Gabriel Rossetti, nel suo dipinto, abbia colto esattamente questo aspetto della Sfinge. Non pone semplicemente domande, lei ha le risposte. Risposte a problemi profondi di vita e di morte, proprio come, nel dipinto, Edipo/Rossetti chiede alla Sfinge del destino del suo amico morto. Questa è l'altro lato della Sfinge, quella in cui lei è un'insegnante, non un mostro, una fonte di saggezza, non di stupidi indovinelli.

Ma quest'altro lato della Sfinge è una cosa che è sfuggita completamente ad Edipo nel mito così come ci viene raccontato. La domanda che la Sfinge gli ha posto, per come ci è giunta, è banale: cos'è che cammina su quattro zampe al mattino, a due durante il giorno e a tre di sera? Facile, ma non si trattava solo di uno stupido indovinello, era parte di un insegnamento ed aveva un significato nascosto, proprio come un “koan” presentato a un allievo da un maestro Zen. La domanda che la Sfinge ha posto non era stupida. Una domanda sottile come questa ha molte risposte possibili, alcune sbagliate, alcune giuste. La risposta che ha dato Edipo è stata “l'uomo” ed era una di quelle sbagliate. Una di quelle giuste era “Edipo”. La Sfinge stava chiedendo ad Edipo di guardare in sé stesso ed Edipo ha rifiutato. Aveva delle ragioni per rifiutare: non importa se aveva già ucciso Laio, suo padre, sapeva – ma rifiutava di ammettere – che la strada che aveva intrapreso lo stava portando alla propria distruzione. Così, piuttosto che ammettere la verità a sé stesso, Edipo ha ucciso la Sfinge. In seguito, la verità ufficiale divenne che la Sfinge si fosse suicidata. E' lo stesso. Le persone uccidono ciò che non riescono a capire, ciò che non vogliono capire. Ai nostri tempi, la Sfinge non è più una Dea, né una regina. Non possiamo percepire che ha qualcosa da insegnarci. Eppure, è l'altro lato di noi, il lato che abbiamo scelto di ignorare, il lato che ha a che fare col mondo naturale e il modo in cui lo avveleniamo, tagliamo, pavimentiamo e distruggiamo. Il lato che ci sta portando, alla fine, alla nostra stessa distruzione. Quella natura – ed alla fine noi stessi – per cui mostriamo “il massimo di commozione ed il minimo di gentilezza”, come ha scritto Keith Sagar. Anche noi, a quanto pare, abbiamo ucciso la nostra Sfinge e la cecità di Edipo è, o sarà, la nostra maledizione.



domenica 2 marzo 2014

Edipo e i Limiti dello Sviluppo





Vi ricordate la storia di Edipo? L'oracolo di Delfi gli predice che ammazzerà suo padre e sposerà sua madre. Uno direbbe: una scemenza totale, no? E invece Edipo ci crede completamente, gli prende un accidente e si ingegna a far di tutto per far si che la profezia non si avveri, scappando il più lontano possibile dai suoi genitori (ovvero da quelli che lui credeva fossero i suoi genitori). Così, arriva a Tebe, dove finisce per sposare la regina della città. Dopo qualche anno, gli arriva la notizia che suo padre (ovvero quello che lui credeva essere suo padre) è morto. Tutto contento, Edipo si affretta a dichiarare che l'Oracolo di Delfi aveva sbagliato tutto. Proprio una bufala, vero? Peccato che non avesse fatto troppo caso al fatto che la regina di Tebe, che lui aveva sposato, beh, aveva proprio l'età giusta per essere sua madre. Fra le altre cose, inoltre, un po prima di sposare la regina, aveva ammazzato un tale che aveva proprio l'età giusta per essere suo padre. Insomma Edipo non era proprio un mostro di intelligenza: se veramente voleva dimostrare che la profezia era sbagliata, avrebbe dovuto fare più attenzione. Poi, sapete come va a finire la storia: Edipo aveva effettivamente ucciso suo padre e sposato sua madre!


E' curioso come ci siano dei punti di contatto fra la storia di Edipo e quella dei "Limiti dello Sviluppo." Vi ricordate lo studio del 1972? Quello che aveva previsto che se non si faceva niente per evitarlo, l'economia globale sarebbe collassata entro i primi decenni del ventunesimo secolo. Ovviamente, lo studio non era una profezia, non arrivava da un oracolo, e non si supponeva che ci entrassero di mezzo gli Dei per fare avverare le previsioni. Niente del genere, ma perlomeno su un punto, sia i denigratori come i sostenitori della bontà dello studio si trovavano d'accordo. Nessuno voleva che gli scenari peggiori si avverassero. Su questo, ragionavano un po' come Edipo che, anche lui, non voleva assolutamente che la profezia dell'oracolo si avveerasse.

Ma, mentre i sostenitori dello studio suggerivano delle strategie di sostenibilità per evitare il collasso, i denigratori si comportavano come Edipo pensando che, forse, se scappavano via lontano il collasso non sarebbe arrivato. Così hanno criticato e demonizzato lo studio per poi ignorarlo completamente. Qualche decennio dopo, notando che il collasso previsto non si era verificato, hanno tirato un sospiro di sollievo dichiarando che le previsioni dei "Limiti" erano sbagliate - proprio come quando a Edipo arriva la notizia della morte di suo padre (quello che lui credeva essere suo padre)

Peccato che sia Edipo come i denigratori dei "Limiti dello Sviluppo" abbiano cantato vittoria troppo presto. Oggi, sfortunatamente per noi, lo scenario "caso base" dello studio si sta rivelando sempre più come una profezia. Perlomeno, la crescita economica che ci aveva accompagnato fino ad oggi sta rallentando e ci sono dei segnali preoccupanti che stiamo per vedere quel collasso dell'economia planetaria che lo scenario "caso base" dei "Limiti dello Sviluppo" aveva previsto entro i primi decenni del ventunesimo secolo. Non era una profezia. Era solo una possibilità che avremmo potuto evitare se fossimo stati un po' più attenti. Non lo abbiamo fatto, e adesso ne stiamo subendo le conseguenze. Anche Edipo, d'altra parte, avrebbe dovuto stare in po' più attento a chi si sposava.