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mercoledì 23 marzo 2016

Riscaldamento globale: solo il dirupo di Seneca potrebbe salvarci?

La riduzione delle emissioni necessaria per restare entro i 2°C è talmente drastica che la caduta dei consumi di energia fossile che dovremmo vedere nei prossimi decenni ricorda il collasso descritto con il termine "Dirupo di Seneca" (UB)


L'uso di combustibili fossili deve diminuire il doppio più rapidamente di quanto si pensasse per contenere il riscaldamento globale – studio.



Il fumo fuoriesce da una centrale a carbone a Shanxi, in Cina. Foto: Kevin Frayer/Getty Images 

di Tim Radford (dal Guardian)


Gli scienziati del clima hanno cattive notizie per i governi, le società produttrici di energia, gli automobilisti, i passeggeri e i cittadini di tutto il mondo: per contenere il riscaldamento globale nei limiti concordati da 195 nazioni a Parigi lo scorso dicembre, dovranno tagliare la combustione di combustibili fossili ad un tasso ancora più veloce di quanto avessero tutti previsto. Joeri Rogelj,  ricercatore dell'Istituto Internazionale di Analisi Sistemica Applicata in Austria e colleghi europei e canadesi, propongono su Nature Climate Change che tutte le stime precedenti delle quantità di biossido di carbonio che possono essere rilasciate nell'atmosfera prima che il termometro salga a livelli potenzialmente catastrofici sono troppo generose. Al posto di una gamma di stime di emissioni ammissibili che spaziano fino a 2.390 miliardi di tonnellate dal 2015 in poi, il massimo che gli esseri umani possano rilasciare sarebbero 1.240 miliardi di tonnellate.

sabato 30 gennaio 2016

Quanto siamo vicini al riscaldamento planetario “pericoloso”?

Da “Huffington Post”. Traduzione di MR

Di Michael E. Mann 

Sulla scia del Summit sul clima della COP21 a Parigi (vedete questo pezzo recente dell'Huffington Post per il mio punto di vista sull'accordo), diverse domande importanti rimangono senza risposta. Prendiamo per esempio l'impegno raggiunto dalle 197 nazioni partecipanti per limitare il riscaldamento al di sotto del livello “pericoloso” di 2°C in relazione al periodo preindustriale  (trascurando al momento l'obbiettivo cui si aspira di un limite sostanzialmente inferiore di 1,5°C riconosciuto in vista del pericolo posto nei confronti delle isole-nazioni sul livello del mare). La domanda sorge immediatamente: quanto tempo abbiamo prima di raggiungere la zona di pericolo? Quanto siamo vicini al limite dei 2°C?

E' stato ampiamente detto che il 2015 sarà il primo anno in cui le temperature sono salite di 1°C al di sopra del periodo preindustriale. Ciò potrebbe far sembrare che abbiamo ancora un bel po' di margine prima di infrangere il limite dei 2°C. Ma l'affermazione è sbagliata. Abbiamo superato 1°C di riscaldamento più di un decennio fa. Il problema è che qui, ed altrove, è stato invocato un punto di partenza inappropriato per definire il “preindustriale”. Il riscaldamento è stato misurato in relazione alla media sulla seconda metà del XIX secolo (1850-1900). In altre parole, l'anno base usato implicitamente per definire le condizioni preindustriali è il 1875. la via di mezzo dell'intervallo. Eppure la rivoluzione industriale e l'aumento delle concentrazioni del CO2 atmosferico  ad esso associato, sono iniziati più di un secolo prima. Sfortunatamente, persino l'IPCC è caduto vittima di questa convenzione problematica nel suo ultimo (il quindo) rapporto di valutazione. Il grafico chiave (Fig. 1 sotto) nel Summary for Policy Makers (SPM) del rapporto misura le emissioni antropogeniche (leggi generate dall'uomo) nette di carbonio e il riscaldamento relativo che ci si può attendere. Sia le emissioni sia il riscaldamento sia le misure sono relative ad un punto di partenza nel 1870.