giovedì 14 dicembre 2017

Disoccupazione, Lavoro e Reddito



Un post di Gianni Gatti
da "Parole Libere" per gentile concessione dell'autore


Le rivoluzioni di trasformazione sociale sono almeno tre : 1) dell’agricoltura intensiva, 2) il passaggio alla prima rivoluzione industriale e la manifattura (con elettricità e lavorazioni in serie , 3) la trasformazione da industria di massa a tecnologica fatta di elettronica e digitalizzazione dagli anni 70 in poi con accelerazione indotta nel nuovo secolo.

Esaminiamo alcune possibilità reali di interpretazione dell’ultimo periodo, l’attuale :

1) Il premio del trionfo nella classifica delle cause della disoccupazione, sicuramente spetta all’introduzione di tecnologia , aspetti materiali che negli ultimi cento anni a velocità variabili hanno cambiato modi di produzione dall’agricoltura al manifatturiero (dove l’Italia era uno dei top ten al mondo), all’artigianato, alla comunicazione , ai trasporti , ecc . Non mi pare il caso di spiegare perchè , ma per chi vuole approfondire consiglio “La fine del lavoro” di Jeremy Rifkin , scritto nel 1995 come economista ricercatore negli USA , ma con una preveggenza di analisi davvero sconcertante , come laboratorio del sistema economico-sociale .

Questo tecnologizzazione ha davvero creato benessere ed efficienza nel senso di ricaduta anche indotta sulle masse (ovvio non solo in Italia), cioè la tecnologia che all’origine aveva il compito di “alleviare la fatica”, ha davvero raggiunto lo scopo a distanza di tempo ?

Il reddito e la vivibilità sociale generale sia dal punto di vista della P.A., sia dal punto di vista privato, ha avuto effetto positivo sulla vita di tutti con questa, considerata la” terza rivoluzione industriale” ? 

Ovunque si analizzi aspetti di lavoro pubblico o privato, i numeri dicono che è peggiorato il rapporto in quantità e qualità, fra beni prodotti e livello di vita comune e soprattutto non ha implementato l’occupazione che se una volta era direttamente collegata con il diritto ad un reddito certo , costante anche ai livelli bassi, ora non lo è più affatto con la normalità delle varie formule utilizzate di precarietà e provvisorietà . Si consideri la distruzione o il forte impatto ambientale di tante scelte con unico obiettivo di incrementare guadagno considerando l’uso ad es. della chimica nella dinamica dell’agricoltura e degli allevamenti , beni primari attraverso la diffusione di sementi geneticamente modificati insensibili a diserbanti e pesticidi , anzi appositamente previsti per l’esclusività mondiale che comportano . Oppure di allevamenti giganti in batteria di polli , maiali, bovini, ecc , con cariche di ormoni diluiti nel cibo animale per prevenzione infezioni, che si ritrovano poi nella catena alimentare sotto forma di anticorpi ormai immuni ad ogni contrasto di malattia insorgente agli umani

Qualche banale esempio :

negli anni 1920 alla Ford negli Usa , per fare un auto servivano circa 4.500 ore di lavoro. Oggi la media dei grandi stabilimenti automatizzati va da 12 a 20 ore di media. Per l’operaio o impiegato standard da 1.200 euro/mese acquistare un auto significa debito difficile da pagare, oggi come allora con l’aggravante di altri fattori negativi per danni collaterali connessi a questa attività sia ambientali, sia sociali.

Nel 1920 gli addetti all’agricoltura erano dal 15 al 22 % del totale , oggi si parla complessivamente del 4-5 % e qualcosina è cambiato nella produttività dall’aratro ai trattori multiuso moderni … mentre gli aranci e le ciliege rimangono sulle piante perché pagate un nulla , mentre sui banchetti si trovano prodotti di altre nazioni importati. Mentre la Monsanto e proprietari di semi per vendere la loro merda tossica di Glifosato o simili, hanno creato il vuoto della catena del lavoro, in più costruendo sovranità sul prodotto in intere aree del pianeta

Gli anni ’80 hanno rappresentato il boom della comunicazione dove si sono moltiplicati nuovi mestieri . A quel tempo sono nati colossi della carta stampata e dei media (Mediaset, grandi gruppi editoriali, ecc) moltiplicando addetti alle rotative, alla scrittura dei testi , a tutte le procedure necessarie, nel secolo attuale le tecniche digitali e l’eccessiva concorrenza con ulteriore salto di concentrazioni aziendali multidisciplinari hanno ridotto al minimo gli addetti e un trafiletto di un giornalista su uno dei giornali come Repubblica oggi vale meno di un buon pranzo (a parte pochi personaggi legati al sistema politico). Chi ancora lavora nel settore dei media nella comunicazione deve adeguarsi a tenere i piedi in “dieci” scarpe per campare e su più livelli anche internazionali , innescando fenomeni di assoluta obbedienza ai criteri editoriali senza discrimine personale .
Huber la più grande azienda di noleggio trasporti mondiale è senza la proprietà di un solo mezzo meccanico di trasporto, solo un App…che sviluppa algoritmi che a loro volta mettono in relazione persone. Piaccia o no, è già fra di noi in Italia e nel mondo “buttando a mare” intere categorie di tassisti e noleggiatori.

Siamo vicini al momento, come previsione di sviluppo a breve-medio periodo, in cui scompariranno persino grandi magazzini tipo Ikea. La gente da casa sceglierà prodotti da un catalogo sul web e attraverso punti locali nel territorio, i prodotti verranno ricostruiti, resi fruibili e vendibili attraverso stampanti 3D senza grandi costi di trasporto e magazzinaggio con conseguenze ovvie sull’occupazione ulteriore. Chi ha chiaro come si muovono protocolli, regolamenti tecnici e commerciali fra stati sul software e sulle reti di comunicazione sa che i 6 milioni di lavoratori che scompariranno nei prossimi 10 anni non saranno sostituiti se non in minima parte da forme di operai con preparazioni specialistiche elevate che faranno lavori poco remunerativi e ripetitivi . Inoltre chi controlla i passaggi strutturali di dipendenza delle reti e dei server controlla tutta una catena di conseguenze sociali come vertice della catena operativa degli scambi , delle produzioni e sono accordi politici fra paesi che li decidono.

2 ) Un altro aspetto che ha indotto sicuramente un incremento della disoccupazione, anche se più composito, è la mancanza di infrastrutture e la burocrazia frenante della P.A. , ma non solo. Pensiamo a quante aziende de-localizzano perché non riescono ad abbassare costi di produzione per il livello di tassazione , per la mancanza di reti di comunicazione decenti compreso il trasporto delle merci prodotte , per la mancata applicazione di un vero sistema di supporto al business, per la burocratizzazione tecnica soffocante nei legami politici , alla mancanza di strutture rivolte sia al commercio sia alle fondamentali produzioni in agricoltura e industria .

Difendere il Made in Italy (come per ogni paese) è gridare alla luna !

Ogni merce nata per essere diffusa nel mondo deve avere servizi infrastrutturali complessivi adeguati o cessa di essere competitiva e data la velocità di evoluzione della finanza e del commercio scompaiono altrettanto in tempi brevi.

3 ) l’accesso al credito ha strozzato centinaia di aziende dopo un periodo di “rilascio incontrollato” e produzioni pur con buon mercato non hanno retto alla sfida globale . Le banche facevano affari con la finanza e mescolando titoli tossici e raccolta commerciale hanno creato il vuoto pneumatico attorno soprattutto alle piccole, medie imprese che hanno chiuso in quantità . Pensiamo a quante aziende sane produttive che si sono quotate in borsa per cavalcare il momento che pareva oro e si sono trovate coinvolte in speculazioni che l’hanno messa in ginocchio . Anche con recente formazione in categorie di punta (aerospaziale, ecc), ed ora devono licenziare addetti pur con mercato fiorente davanti ,ma senza liquidità evaporata in titoli tossici o altro similare .

4 ) per assurdo la scuola con la parte “alta” legata alle università e al mondo del lavoro dove la ricerca in altri paesi era fattore di crescita è stata spenta pian piano , impedendo soprattutto nel periodo recente di affiancare altri paesi dove università ed impresa marciano in sintonia. Tutti vediamo il livello di basso “servizio” assegnato alla maggioranza di università e poli di ricerca pubblica , con tagli agli incentivi ed alle ricerche proprio per mancanza di progettazione e finalizzazione delle poche risorse . La fuga dei “cervelli” dei giovani i cui genitori si indebitano per dare loro un futuro , ma la cui unica chance post laurea è emigrare in paesi con ancora offerta di lavoro per sopravvivenza , cioè situazioni in cui le spese le facciamo in Italia e i risultati si concretizzano altrove in un crescendo di dipendenza e sfruttamento globale .

5) la disoccupazione è stata favorita ( o non contrastata negli effetti , vedi art. 18 abolito, job act, legge di stabilità, ecc) da una quota importante del sindacato che non ha detto un amen (salvo rari casi) in quanto il principio guida era : difendiamo il lavoro, pazienza per le condizioni , la sicurezza e la quantità degli occupati . Dal caso Ilva in poi hanno fatto scuola esempi di drenaggio soldi pubblici a favore di privati , con rovina colossale dell’ambiente ed espulsione calcolata di migliaia di persone dal ciclo produttivo oltre a disastri ambientali distruttivi permanenti .Risultato niente lavoro e niente reddito.

Se diamo lettura alle banali nude cifre oggi nel nostro paese (ma non solo) il 10-12 % delle persone ha la proprietà del 75% di tutti i beni materiali come risultato dello “sviluppo” degli ultimi dieci anni!

Mentre autorevoli centri universitari nelle loro ricerche sociali prevedono che nei prossimi 10 anni circa sei milioni di posti di lavoro SPARIRANNO !

Qui non c’è una morale da ricavare ma soluzioni da trovare .

Vivere giorno per giorno facendo come gli struzzi con la testa nella sabbia e gloriandosi di pochi posti di lavoro ottenuti in qualche settore , deve farci porre la domanda : cosa succederà a monte ed anche a valle di quei posti ? Cosa rappresenta il valore intrinseco del significato sociale che vi è dietro a certi investimenti in grandi opere ? Penso per stare in zona di Sv , alla presentazione come trionfo dei governanti locali e del sindacato l’annuncio di 450 posti circa, nella gestione al termine della costruzione della piattaforma Maersk a Vado L. (con investimento di circa 400 milioni di euro pubblici dati a concessionari privati) su cui è assolutamente il caso di riflettere.

Non c’è una visione di prospettiva nel far opere pagate con soldi pubblici che consegniamo a privati (caso Maersk appunto) per loro business per far arrivare commesse di merci a basso costo dalla Cina (Cosco) e frutta dai paesi del Nord Africa e non solo . Nel migliore dei casi distruggeranno commercio e produzioni autoctone , al di là del senso delle grandi opere spacciate per utili , mentre quelle davvero di difesa del Made in Italy, del dissesto idrogeologico non trovano un cent di impegno concreto.

Atti decisi da chi ci governa nelle varie istituzioni nel migliore dei casi sono atti di stupida indifferenza , di mancanza di progettualità ad una situazione dove le poche risorse investite creano benessere per pochi e danneggiano la maggioranza, dove il vantaggio del business è solamente di chi le esegue materialmente e pazienza se non sono integrate e utili, però sempre in modo non evidente . 

Le cause della mancanza di lavoro-reddito ci fanno credere siano tutte da addebitare alla crisi finanziaria , che invece ne è solo parzialmente causa , mentre c’è un sistema globale, di cui la finanziarizzazione è parte , pur con differenze di territori nel mondo. Questo fatto è un po’ coltivato ed un po’ va per conto suo e si sviluppa in autonomia …se non cambiano dei paradigmi a monte

Questa quarta rivoluzione tecnologica e finanziaria, aggressiva nelle dimensioni globali di commercio, ha l’effetto dirompente dell’espulsione di milioni di persone dal ciclo produttivo e quindi dall’accesso ai beni primari (mangiare, bere, casa, sicurezza di vita, ecc) e vanno ad aumentare la folta schiera della domanda di lavoro vista come ricatto alle condizioni imposte dal mercato reale.

E’ un cambiamento epocale che sta avvenendo con lo sviluppo anche qui di una quota importante di popolazione secondo quanto già analizzato nel 1994 da J. Rifkin , che quasi non appare nella comunicazione dei media per la frammentazione , la segmentazione sociale stratificata della massa oggettivamente a livello globale .

Considero cioè la massa importante che va sotto la categoria di “TERZO SETTORE” . Categoria che oggi è stimata ad un terzo della popolazione .Parlo delle migliaia e migliaia (milioni ) di persone che trascinano quello che scompare dai tabulati di spesa dei governi o si riduce sempre più : il volontariato “necessario“.

Quante sono le associazioni, le cooperative , le strutture riconosciute e seminascoste che si occupano di servizi indispensabili, di ogni genere e con vari effetti sociali . Dall’assistenza ai disabili, alla protezione civile, alla gestione dei migranti, dei senza casa, all’alfabetizzazione di quote consistenti oggi di analfabetismo indotto, alla gestione di malattie difficili e uso di droghe o tossicodipendenze , allo studio delle tecnologie informatiche per dare un senso di partecipazione alla società tecnologica inclusiva . Penso a chi studia arti, culture minori e le diffonde , chi protegge il patrimonio culturale, chi opera in cooperative di turismo consapevole , chi si occupa del verde o della vigilanza, chi si occupa degli animali in generale e della loro gestione, chi anche dà il suo contributo alle opere sanitarie negli ospedali, ambulatori, alle campagne di studio per valorizzarle, chi cerca di mantenere memoria di usi e tradizioni, chi sviluppa forme associative per prodotti per l’agricoltura o per allevamenti ecocompatibili, chi dà attraverso partecipazione volontaria possibilità alla terza età, di avere minime forme sostenibili di vita comune, chi è quasi obbligato al termine o durante gli studi all’ultima aberrazione dell’alternanza scuola-lavoro.

Ognuno nella propria esperienza di vita può aggiungere a questo esercito nascosto, ma reale già oggi , fatto di numeri e categorie inquadrabili, ormai indispensabili .

Bene, l’assunto è che in relazione alla mancanza progressiva di lavoro , di mezzi di sussistenza e beni primari pure sanciti dalla Costituzione, nasce spontanea la necessità di un reddito (che ognuno può chiamare aggettivandolo come meglio crede ), ma che dia un freno qui ed ora a questo ecocidio globale in Italia, ma non solo. E perché non vincolarlo al finanziamento strutturato ed organizzato di questo terzo settore attraverso banca pubblica, compreso l’uso modificato del 5 per mille sui redditi, ovviamente in contemporanea a una secca ristrutturazione del modo di tassazione iniquo e soffocante vigente in Italia ?

Perché non usare la tassazione dello stato con la sua indispensabile riduzione e revisione per pagare piccoli , grandi servizi a questo settore lasciando perdere grandi opere, utili solo a caimani di grandi aziende o banche , per far rifiorire i territori in modo diffuso di tanti piccoli lavori e attività, riparando ciò che non si fa più da tempo e dando lavoro dietro minimo compenso alla vita sociale che tornerà valore ?

Ogni euro dato in questo modo, proprio per la parcellizzazione, non andrà in depositi bancari, ma torna in circolo nella società e a strati ognuno fa da sponda ad altri , ma soprattutto risponde alla domanda di fondo : cosa facciamo degli espulsi dal lavoro e dal reddito oggi, non domani in attesa di modifiche strutturali di fondo?

Quindi sovranità monetaria e autonomia decisionale sono decisive .

Non sono un esperto, ma è ovvio che queste poche idee danno la dimensione del lavoro necessario a livello politico e sociale perché questo sia possibile, con passaggi attraverso ai regolamenti, alle leggi, alla giurisdizione per dare regole uguali per tutti (anche quelli che ancora hanno un lavoro) ed eque, compatibili con il sistema complessivo, con l’ambiente, per ritrovare quell’armonia di comunità oggi spezzata da ladri indecenti e cacciatori di futuro.

Sapere verso quale sviluppo va il mondo o almeno quanto è auspicabile socialmente e ragionare sulle specifiche peculiarità per come ingegnerizzare il rapporto fra tempo libero e lavoro, spero nasca anche da queste poche note.

Gianni Gatti 10/11/17