lunedì 31 luglio 2017

Tre Ecologisti Italiani (I): San Francesco



Post di Silvano Molfese


Inizio questa trilogia con San Francesco d’Assisi: i versi in volgare del Cantico delle Creature segnano l’inizio della letteratura italiana.
Il Cantico delle Creature ebbe una vasta eco anche perché trovò terreno fertile tra gli uomini del tempo che erano a stretto contatto con l’ambiente circostante: gli atti del vivere quotidiano erano scanditi dai ritmi stagionali, da disponibilità di risorse materiali locali, in carenza delle quali, si poteva sopperire con scambi commerciali in modo limitato; tutta la produzione richiedeva manualità e via dicendo.

Penso che San Francesco possa essere considerato a tutti gli effetti anche il primo ecologo italiano. Nel Cantico Francesco, esaltando tutte le creature, ci ricorda l’armonia della natura.
Dopo la lode al Signore San Francesco comincia per prima cosa a magnificare “messor lo frate sole”; ciò indica una radicata e diffusa consapevolezza nella società del tempo: quanto fosse indispensabile la nostra stella per la vita sulla terra.
A dire il vero da sempre e ovunque è stata riconosciuta la necessità della luce solare per la vita; forse di meno in questo breve intervallo temporale caratterizzato dall’intenso consumo di combustibili fossili (petrolio, carbone, gas e uranio) che volge al termine col suo venefico colpo di coda: il riscaldamento globale.
In un primo momento il cantico era stato intitolato da San Francesco al “frate sole” come rammenta Chiara Frugoni (*); erano passati quasi sette secoli dal misterioso e prolungato oscuramento della nostra stella causato dalla grande eruzione vulcanica del 535 AD. 
Forse rimanevano ancora i ricordi della fame e delle sofferenze patite dai sopravvissuti alla carestia causata dal prolungato oscuramento del sole. 

Francesco conclude il cantico invocando gli uomini al perdono e ricorda che nessun uomo può sfuggire alla “sora nostra morte corporale”. Manca ogni riferimento al denaro probabilmente per rimarcare l’importanza dei doni offertici dalla natura. San Francesco, provenendo da una famiglia mercantile, forse percepiva che tra le classi sociali più agiate, la spinta interiore si stava indirizzando sempre più verso l’accumulazione di ricchezze. (Comunque nulla a che vedere con quanto avviene ai giorni nostri).
E del resto in quel periodo, sette nobili fiorentini andarono sui monti a nord di Firenze a fondare un Santuario sul monte Senario, per essere di esempio e forse anche per allontanarsi dalle iniziali diatribe locali di una Firenze sempre più proiettata verso gli scambi commerciali. (https://it.wikipedia.org/wiki/Santuario_di_Montesenario)
Nelle vicinanze di questo santuario è rimasta la ghiacciaia di monte Senario, semicadente, testimonianza di inverni normalmente molto nevosi, ma adesso, col cambiamento climatico in atto, lì vi cade sempre meno neve come su tutto l’Appennino e l’arco Alpino italiano.
La neve è una fondamentale riserva d’acqua per tutti i cicli vitali e, quando era abbondante, è stata una ricchezza per la nostra agricoltura.




Bibliografia
(*) Frugoni C. . 1995 - Vita di un uomo: Francesco d’Assisi. Einaudi, 149