domenica 26 febbraio 2017

Piani di realtà


Una delle caratteristiche comuni a tutte le culture umane, meno quella al momento dominante, è credere che la realtà si articoli su più piani contemporaneamente.   Di solito fra 3 e 7 secondo le tradizioni, ma non mancano cifre superiori. Tradizioni sbrigativamente liquidate come “religioni” o “superstizioni” da chi considera che esista un unico e solo piano di realtà: quello degli stati della materia e dei flussi di energia.   Un punto di vista singolare se si considera che proprio l’estrema potenza della scienza moderna ha portato alle estreme conseguenze l’interazione fra perlomeno due piani ben diversi di realtà.   Una scienza moderna che, man mano che procede a capire fenomeni sempre più complessi, diviene necessariamente sempre più esoterica nel senso letterale del termine (conoscenza riservata ad una ristretta cerchia di discepoli).

Un soldo di storia

Durante le ultime fasi di agonia della civiltà classica, quando non solo la plebe, ma anche la classe dirigente si guardava intorno attonita, un aristocratico di provincia, tal Agostino di Ippona, pubblicò una serie di libri destinati a dare fondamento alla civiltà che, qualche secolo più tardi, sarebbe sorta dal connubio fra la tradizione germanica e quella romana.   Il più importante di questi libri fu sicuramente “De civitate Dei contra Paganos " o, più semplicemente, “La città di Dio”.
Fra le moltissime altre cose, questo testo fondante della Cristianità opera una drastica semplificazione della realtà: esistono solo due piani contemporanei e compresenti: la “Città degli Uomini” che corrisponde al mondo materiale, soggetto al tempo ed al costante divenire delle cose.   Quivi tutto è imperfetto ed impermanente, luogo di peccato e di dolore.   La “Città di Dio” è invece di natura puramente spirituale e perciò perfetta ed eterna. La prima costituente una sorta di “esame di ammissione” alla seconda ove i giusti godranno della meritata beatitudine. La storia diveniva così leggibile non più sulla base del capriccio degli Dei o dell’ineluttabile Legge del Fato, bensì sulla base di un disegno divino imperscrutabile, ma certissimamente finalizzato alla redenzione dell’umanità. Un concetto che, sottotraccia, continua a dare forma alla nostra cultura atea e scientifica.

Fu questa una delle basi su cui fu edificata la civiltà medievale. Curioso che quando, trascorsi altri secoli, i filosofi si posero il problema di fondare una nuova civiltà che sostituisse il cadavere ormai putrefatto di quella precedente, da una parte usarono l’aggettivo “medioevale” per indicare tutto ciò che ritenevano spregevole, dall’altra ereditarono pari pari una bella fetta del mito cristiano, solo operandovi un’ulteriore semplificazione.  Non c’erano più due realtà, bensì una sola: quella che, almeno in linea di principio, può essere misurata con degli strumenti ed analizzata con metodi matematici.   Ovviamente, questo passaggio rendeva necessaria la trasposizione su di un solo piano della mitologia precedente, cosa che fu fatta per gradi con l’invenzione e lo sviluppo del concetto di Progresso.

Passati appena un altro paio di secoli, l’innesto di una disponibilità di energia praticamente (ma temporaneamente) illimitata su questo modello mentale scatenava quell’insieme di fenomeni che oggi chiamiamo “civiltà industriale”.   Un insieme di fenomeni che per la prima (e probabilmente ultima) volta nella storia ha permesso all’umanità di modificare l’intero pianeta per realizzare i propri desideri. Il fatto che il risultato non sia quello atteso, non avrebbe sorpreso S. Agostino e neppure Platone, ma sorprende noi, lasciandoci altrettanto attoniti e smarriti dei nostri antenati romani quando seppero che un piccolo re barbaro aveva saccheggiato l’Urbe.

Almeno due piani di realtà

Forse, nell’inseguire i nostri desideri, abbiamo dimenticato qualcosa.   Anzi, parecchie cose, una delle quali è che non esiste un solo piano di realtà.   Senza addentrarmi in dispute complicate, diciamo almeno due: la realtà fisica e quella delle idee.   Non parlo qui delle idee a priori di Platone (peraltro care anche a scienziati del calibro di Whitehead), bensì delle idee a posteriori che abbiamo tutti.

I desideri e le paure sono idee, così come i complicati modelli matematici con cui cerchiamo di interpretare la realtà fisica.   Ma anche gli ancor più complicati modelli mentali che sono alla base di ogni civiltà umana, la nostra in particolare.   In fondo, la storia di ogni civiltà è il racconto di come un determinato sistema organico di idee ha interagito con la realtà materiale di cui era fatto un certo pezzo di mondo in certo periodo.   E nessuno può negare che vi sia una costante, reciproca influenza fra questi due piani: il piano fisico modifica le idee e viceversa, costantemente.

La gloria e la maledizione della nostra civiltà è stata per l’appunto quella di essere riuscita a far si che le idee facessero aggio sulla natura in misura troppo grande e per troppo tempo.   Curioso che proprio noi si finisca spesso col dimenticare che le idee esistono, anche se non sono materiali.   Oppure, per reazione, con l’attribuire alle idee poteri sovrannaturali che non possono avere. Come nel caso della “legge di attrazione” e simili fantasie pericolose.

Simboli

In particolare, vorrei qui ricordare una categoria particolare di idee: i simboli.   Una categoria particolarmente importante, credo, perché posta proprio all’interfaccia fra i due piani di realtà di cui sto parlando.


Tutto il nostro pensiero è fatto di simboli.  Le parole ed i numeri sono concetti astratti che si esprimono tramite segni e suoni materiali.   Un’equazione non è altro che una relazione logica fra concetti, espressa tramite un sistema convenzionale di segni. Gli stessi concetti e relazioni si potrebbero esprimere in forma narrativa, ma si perderebbero la precisione e la sintesi di cui solo la matematica è capace. Ma che non sempre può essere usata, sia perché la maggior parte delle persone anche istruite la capiscono poco o punto, sia perché non può descrivere un’infinità di fenomeni vitali.   Per esempio tutto ciò che ha a che fare con il significato e lo scopo della vita umana.

La mente umana è avida di simboli, ne ha bisogno per pensare e praticamente qualunque oggetto, reale o virtuale, può diventare un simbolo: un disegno, una persona, un animale, un pezzo di stoffa.   Nessuno si interessa di un pezzo di stoffa colorata, ma milioni di persone sono morte per seguire una bandiera.

Troppo facile dire che ciò è segno di poca intelligenza e di scarso senso critico.   Il buon cinico osserva la realtà com’è, non come pensa che dovrebbe essere.  E la realtà è che per vivere gli uomini hanno un bisogno assoluto di attribuire un significato ed uno scopo alla propria esistenza. Chi non riesce a trovare un significato ed uno scopo alla propria vita non vive a lungo.  Ne sanno qualcosa i Nichilisti così ben descritti da Dostoevskij ne “I Demoni”.

Per quanto ne sappiamo, questa è una delle grandi differenze fra noi e gli altri animali.

A quanto pare, siamo noi ad attribuire un significato alle cose che osserviamo, ma una volta che questo significato esiste, sfugge ad ogni controllo e, anzi, può assumerne il controllo del comportamento umano, talvolta fino anche alle estreme conseguenze.

Così, quando si analizza qualcosa, si dovrebbe fare lo sforzo di identificare e considerare i vari piani di realtà su cui quel qualcosa esiste.   Lo sapeva bene Osama Bin Laden che, guarda caso, non attaccò il Vaticano od un altro edificio simbolico della civiltà cristiana, bensì le Twin Towers ed il pentagono: edifici simbolici del potere commerciale e militare degli Stati Uniti.   E l’effetto immediato è stato esattamente quello che lui aveva previsto: l’invasione dell’Afghanistan dove Bin Laden sperava di far fare agli americani la stessa fine fatta dai russi.

Futuro

Circa 1600 anni fa Agostino di Ippona dette un aiuto fondamentale ai romani.   Fornì loro una base su cui ricostruire un significato ed uno scopo per la loro esistenza in cui fosse possibile credere mentre l’Impero si disintegrava.   Forti di questo, i romani sopravvissero a 4 secoli di miseria, guerra e fame, riuscendo perfino a conservare una parte consistente del loro immenso patrimonio culturale. Certo, furono essenziali anche la cavalleria merovingia, i monasteri irlandesi, gli agronomi benedettini e molto altro ancora per uscire dal baratro, ma senza un sistema organico e funzionale di idee, tutti coloro che compirono l’impresa non avrebbero fatto niente di tutto ciò.

La civiltà industriale nacque invece dal trasferimento della “Città di Dio” sul medesimo piano materiale su cui si muovono le macchine, solo differita in un futuro non definito, ma raggiungibile.   Non poteva non piacere, ma è stato sostenibile solo finché è stato possibile credere che quella méta si stesse avvicinando.   Man mano che diventa evidente il contrario,  l’intero sistema mentale su cui abbiamo fondato le nostre esistenze comincia a svanire, abbandonandoci in un vuoto che ci terrorizza. Se non vogliamo fare la fine dei personaggi di Dostoevskij, e se non vogliamo consegnarci, legati mani e piedi, ad una qualche variante di “uomo forte”, faremmo bene a trovare in fretta qualcosa che dia significato e scopo a delle vite trascorse in un contesto di “sempre di meno”, anziché di “sempre di più”.

In fondo, le opzioni non mancano, si tratta di scegliere quelle giuste.



"Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come." 
Nietzsche