mercoledì 6 aprile 2016

In che modo la più grande tecnologia mai sviluppata si è ritorta contro di noi

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR




La selezione naturale probabilmente è stato il fattore che ha portato il l'alce irlandese a sviluppare palchi sovradimensionati: erano una caratteristica benefica per i maschi nel gioco della competizione sessuale. Tuttavia, il peso dei palchi era anche un fardello e si è detto che sia stata una delle ragioni, forse quella principale, che ha portato all'estinzione della specie circa 7.000 anni fa. Nel caso degli esseri umani, potremmo considerare il linguaggio come una caratteristica evolutiva vantaggiosa, ma anche come una cosa che potrebbe rivelarsi come portatrice di conseguenze negative proprio come i palchi degli alci: lo tsunami di bugie alle quali siamo continuamente esposti.  Immagine da Wikipedia 


Il linguaggio è il verp e proprio punto di rottura fra gli esseri umani e qualsiasi altra cosa che cammina, striscia o vola sulla faccia della terra. Nessun'altra specie (eccetto le api) ha strumenti che possano essere usati per scambiarsi informazioni complesse fra gli individui in termini, ad esempio, di dove si può trovare il cibo e in quali quantità. E' il linguaggio che crea la “ultrasocialità” umana, è il linguaggio che ci permette di metterci insieme, pianificare per il futuro, fare le cose. Il linguaggio può essere visto come una tecnologia di comunicazione di incredibile potere. Ma, come per tutte le tecnologie, ha conseguenze inattese.


Tutti sappiamo che il suono che scriviamo come “cervo” è associato ad un tipo di animale specifico. Con questo simbolo si possono creare frasi come “Ho visto un cervo vicino al fiume, andiamo a cacciarlo!” Ma, se si crea un simbolo, in qualche modo si “crea” un cervo – una creatura virtuale che ha alcune delle caratteristiche del cervo vero. Si può immaginare un cervo, anche se non c'è alcun cervo in giro. E questo simbolo ha un certo potere, forse si può far apparire un cervo pronunciando il suo nome o disegnando il suo simbolo sulla parete di una caverna. E' il principio che chiamiamo “magia simpatica”, forse la forma di magia più antica e fondamentale.

Creare un cervo virtuale è una cosa utile se la corrispondenza col cervo reale non viene persa. Il problema col linguaggio è che non è sempre così. Il cervo di cui si parla potrebbe non esistere, potrebbe essere un'illusione, un errore o, peggio ancora, uno stratagemma per intrappolare ed uccidere un nostro nemico. E' questa l'origine del concetto che chiamiamo “bugia”. Si può usare il linguaggio non solo per collaborare coi propri vicini, ma anche per ingannarli. Abbiamo prove che i nostri antenati hanno affrontato il problema sin dalle prime registrazioni scritte che abbiamo. In alcune tavole sumere che risalgono al terzo millennio AC (*), troviamo che fra i “me” (i poteri) che la dea Inanna ha rubato al dio Enki, uno è “quello di pronunciare parole di inganno”.

La questione della bugia è cruciale per la sopravvivenza umana. Mentire rende inutile la comunicazione visto che non ci si può fidare della persona con la quale si comunica. Il cervo che il tuo amico ti aveva detto essere in riva al fiume scompare nello spazio virtuale: non si può dire se fosse reale o meno. La stupenda tecnologia del linguaggio, sviluppata in centinaia di migliaia di anni, distrugge se stessa con la conseguenza involontaria della bugia.

Tutte le tecnologie hanno conseguenze involontarie, tutte sono riconducibili a qualche tipo di soluzione tecnologica. Combattere le bugie richiede la valutazione delle affermazioni e di chi le pronuncia. Il modo più semplice per farlo è basare la valutazione sulla fiducia. Tutti conosciamo la storia del “ragazzo che gridava al lupo”, probabilmente vecchia quanto l'homo sapiens. Nelle sue diverse versioni, essa dice “se menti una volta, non verrai creduto mai più”. E funziona, ha funzionato per centinaia di migliaia di anni e funziona ancora. Pensate alla vostra cerchia di conoscenze attuali. Quelle persone che conoscete personalmente e che conoscete da un po' di tempo. Vi fidate di loro, sapete che non vi mentirebbero. E' per questa ragione che li chiamate “amici”, “compagni”, “compari” e cose del genere.

Ma questo funziona finché si mantiene la propria relazione all'interno di un gruppo piccolo e sappiamo che la dimensione di una cerchia di rapporti stretti di solito non va oltre le 150 persone (si chiama “Numero di Dumbar”). Entro questa dimensione, la reputazione di ogni membro è conosciuta da tutti gli altri e i bugiardi vengono facilmente identificati e contrastati e persino espulsi). Il problema si è manifestato quando le persone hanno cominciato a vivere in grandi città. Poi, la maggior parte delle persone interagiva con un numero molto maggiore di persone del numero di Dumbar. Come possiamo sapere se qualcuno che non avete mai incontrato prima dev'essere creduto o no? In questa situazione, la sola difesa contro i truffatori sono gli indizi indiretti: il modo di vestire, il modo di parlare, l'aspetto fisico, ma nessuno è efficace quanto la fiducia in qualcuno che si conosce bene.

Ma questo era niente in confronto a quello che è arrivato con l'era dei mass media. A quel punto si leggevano cose, sentivano cose, vedevano cose, ma in realtà non si avevano indizi sulla provenienza di queste comunicazioni, né si poteva verificare se la realtà virtuale che si aveva di fronte corrispondeva al mondo reale. Man mano che i mass media hanno allargato la loro portata, le persone che li controllavano hanno scoperto che mentire era facile e che avevano molto poco da perdere mentendo. Dalla parte di chi riceveva, c'erano persone confuse ed incapaci di verificare l'informazione ricevuta. I media potevano facilmente raccontar loro bugie che non sarebbero state scoperte, perlomeno per un po'. Pensate alla storia delle “armi di distruzione di massa” che l'Iraq avrebbe sviluppato prima dell'invasione del 2003. In questo caso, la bugia è diventata ovvia dopo che non sono emerse tali armi nell'invasione, ma i bugiardi avevano ottenuto ciò che volevano e non hanno subito alcuna conseguenza negativa. E' stato allora che un aiutante di Donald Rumsfeld si dice abbia detto “ora possiamo creare la nostra realtà”. Un trionfo di magia simpatica, non c'è che dire.

Poi sono arrivati internet e i social media che hanno reso la bugia democratica. Ora tutti potevano mentire a chiunque altro semplicemente condividendo un messaggio. La verità non veniva più dalla fiducia nelle persone che la trasmettevano, ma dal numero di “mi piace” e dalle condivisioni che il messaggio aveva ricevuto. La verità non è la stessa cosa che la viralità, ma sembra essere diventata esattamente questo nella percezione generale: se qualcosa viene condivisa da molte persone, allora deve essere vera.

Così oggi ci dicono bugie continuamente, costantemente e allegramente quasi tutti e su quasi tutto. Mezze verità, pure invenzioni, distorsioni della realtà, giochi di parole, false flags, statistiche distorte e altro sono le comunicazioni che affrontiamo quotidianamente. Lo tsunami di bugie che ci si sta abbattendo addosso è quasi inimmaginabile ed ha conseguenze spaventose. Ci sta rendendo incapaci di fidarci di qualsiasi persona e cosa. Stiamo perdendo il contatto con la realtà, non sappiamo più come filtrare gli innumerevoli messaggi che riceviamo. La fiducia è un grande problema nella vita umana, non per niente, si dice che il diavolo è “il padre delle bugie” (Giovanni 8:44). E infatti, ciò che l'antropologo Roy Rappaport chiamava le “bugie diaboliche” sono quelle bugie che manipolano il tessuto stesso della realtà. E se si perde il contatto con la realtà, ci si perde. Potrebbe essere questo che sta succedendo a tutti noi.

Alcuni di noi trovano più facile credere semplicemente a quello che ci viene raccontato dai governi e dalle lobby, altri passano ad una sfiducia generalizzata su tutto, cadendo facilmente vittime di altre bugie. Le bugie diaboliche sono frattali, nascondo altre bugie dentro di sé, fanno parte di bugie più grandi. Considerate un evento come gli attacchi del 9/11 a New York. A questo punto sono nascosti dietro un tale strato di bugie multiple di ogni genere che ciò che è realmente accaduto quel giorno è impossibile da discernere e forse destinato a rimanere tale per sempre.

Così, eccoci tornati al problema del “ragazzo che gridava al lupo”. Noi siamo il ragazzo, non ci fidiamo di nessuno, nessuno ci crede e il lupo è qui davvero. Il lupo prende la forma del riscaldamento globale, dell'esaurimento delle risorse, del collasso dell'ecosistema e di altro, ma gran parte di noi sono incapaci di riconoscerlo, anche di immaginare che possa esistere. Ma come biasimare quelle persone che sono state tradite così tante volte che hanno deciso che non avrebbero più creduto a niente che provenisse da un canale anche marginalmente “ufficiale”? Questo è un grande disastro è sta avvenendo proprio adesso, di fronte ai nostri occhi. Siamo diventati uno di quegli antichi cervi distrutti dal peso delle proprie stupende corna. Il linguaggio ci sta giocando un brutto scherzo, ci si sta ritorcendo contro dopo esserci stato così utile.

Spesso crediamo che la tecnologia sia sempre utile e che le nuove tecnologie ci salveranno dai disastri che incombono su di noi, io sto cominciando a pensare che ciò di cui abbiamo bisogno non sia più tecnologia, ma meno. E se il linguaggio è una tecnologia, mi sembra che ne abbiamo troppa, davvero. Sentiamo troppi discorsi, troppe parole, troppo rumore. Forse abbiamo tutti bisogno di un momento di silenzio. Forse Lao Tze aveva visto questo già molto tempo fa quando ha scritto nel Tao Te Ching (**)

Molte parole portano inevitabilmente al silenzio. 
Meglio tenersi stretti al vuoto.



(*) Dal Nin Me Sara, tradotto da Betty De Shong Meador

(**)  Tradotto da E. C. Lau

Vedete anche un mio post precedente, “L'impero delle bugie”.