venerdì 30 gennaio 2015

Effetto Risorse. Chi siamo? Donde veniamo? Dove andiamo?

Statistiche aggiornate per il blog "Effetto Risorse". Il salto in alto nei contatti degli ultimi mesi lo possiamo chiamare "Effetto Rupalti", essendo correlato al gran numero di traduzioni prodotte e pubblicate da Max Rupalti.


Una settimana fa, avevo pubblicato un post intitolato ".... oppure torniamo a guardare il TG1?" dove chiedevo ai lettori un'opinione sul blog e su quale pensavano che potesse essere il suo futuro sviluppo. Il risultato è stata una discussione interessante che si è svolta sia sui commenti del blog, come su varie email.

E' venuto fuori, come mi aspettavo, che "Effetto Risorse" ha uno  "zoccolo duro" di lettori che lo apprezzanolo seguono costantemente, anche se non commentano o commentano di rado. Il fatto che il blog abbia pochi commenti rispetto al numero di lettori è stato anche quello oggetto di discussione. Io credo che sia il risultato di una politica specifica di moderazione che rifiuta la polemica fine a se stessa. In altri blog, la polemica viene cercata - o persino creata apposta - come un mezzo per attirare l'attenzione; è lo stile del "Processo di Biscardi" che qui però cerchiamo di evitare. Quindi, non mi preoccupo troppo del piccolo numero di commenti. Forse si potrebbe migliorare se potessimo fare una lista di commentatori "noti" che possono bypassare la moderazione (vedi più in basso se volete entrare nella lista)

Il punto centrale della discussione è stato, tuttavia, cosa pensiamo di fare con questo blog. Chiaramente, nonostante un numero relativamente alto di contatti, siamo un'entità assolutamente marginale - ovvero del tutto insignificante - nel panorama dell'informazione in Italia. Allora,vogliamo cambiare il mondo con un blogghettino? Chi ci crediamo di essere?

Su questo punto, ho una riflessione che viene dal mio recente viaggio in Inghilterra. Sulla via del ritorno, all'aeroporto c'erano paccate di "Daily Mail" distribuite gratis, e la gente li leggeva. Ora, non so se vi rendete conto di cos'è il "Daily Mail" (http://www.dailymail.co.uk/home/index.html). In confronto. il nostro "Libero Quotidiano" è un giornale di alto livello intellettuale . Questi qui non so quante copie facciano, ma la loro potenza di fuoco è spaventevole. Proprio quel giorno che c'ero io al "city airport" di Londra, supposto frequentato da "business people" c'era in prima pagina un titolone su come le "trade unions" avrebbero "salvato l'industria del fracking inglese da una moratoria imposta dagli ambientalisti". Salvando così molti posti di lavoro di bravi inglesi. Occhebbello.

Insomma, vedete che la guerra della comunicazione si combatte a colpi di artiglieria mediatica. E, come ben si sa, Dio combatte dalla parte dell'artiglieria pesante.

Quindi, da tempo mi sono reso conto che il nostro modello di comunicazione standard non può funzionare. Tendiamo a pensare che iamo in democrazia, che siamo quindi in un regime di libera espressione, che quindi tutti hanno accesso alla nostra opinione, che quindi la leggeranno, che quindi si renderanno conto che abbiamo ragione, che quindi eleggeranno persone competenti e responsabili, che quindi metteranno in pratica le sagge soluzioni alla crisi che proponiamo. Inoltre, da ora in poi tutti gli anni la befana ci porterà anche a Ferragosto una calza piena di dolcetti al marzapane..... Sicuro!

Tuttavia, non vorrei apparire troppo pessimista (dalli alle Cassandre!). Il punto è che se uno pensa che i lettori siano imbecilli (come fa il Daily Mail) si ritroverà ad avere soltanto lettori imbecilli. Invece, se uno cerca di fare un'informazione di qualità, si troverà ad avere lettori di qualità. Non escludo che il nostro messaggio possa avere un impatto del tutto sproporzionato al numero dei lettori. Dopotutto, si racconta che George W. abbia deciso di invadere l'Iraq dopo aver letto i rapporti di ASPO sul picco del petrolio. Allora, per avere un impatto, certe volte basta un lettore; anche se alle volte l'impatto non è esattamente quello che uno avrebbe voluto...... :-)

Quindi, credo che il risultato finale di questa discussione sia un incoraggiamento a continuare così e a cercare di fare sempre meglio (anche con l'aiuto preziosissimo di Max Rupalti per le traduzioni). Seguiremo anche un suggerimento ricevuto più di una volta, quello di ridurre un po' il numero di post, cercando di privilegiare la qualità alla quantità. Dopo di che, tutto quello che accadrà, sarà perché doveva accadere.


Saluti a tutti/e e grazie per l'interesse in questo blog. Vorrei anche ringraziare collettivamente tutti quelli che hanno gentilmente dato un contributo finanziario al blog a seguito di questa discussione. Nessuno si fa ricco con queste piccole cose, ma aiutano.


Ugo Bardi

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Nota sui commenti: se commentate abitualmente su questo blog e se non vi ho mai censurato un commento (cosa che comunque faccio molto di rado) potete scrivermi per essere messi fra gli "autori" del blog; i quali possono mandare commenti bypassando la moderazione. Se diventate "autori", oltre a vedere il vostro commento pubblicato immediatamente, potete anche pubblicare post, il che va benissimo, soltanto vi prego di farlo dopo aver concordato con me contenuti e tempi.

Quindi, scrivetemi a ugo.bardi(cosinostrambo)unifi.it Saluti. UB


giovedì 29 gennaio 2015

La fase evolutiva di una civiltà influenza il grado di stupidità della sua classe dirigente?

di Jacopo Simonetta

Da Gianbattista Vico a Toynbee, passando per Gibbon e Spencer, molti dei principali storici occidentali si sono sforzati di capire se esistano leggi della storia che determinano l’ascesa e la decadenza delle civiltà.  Un argomento che in questo post vorrei tentare di discutere partendo da una delle opere di Carlo Cipolla.  Uno storico dell’economia che fu tra i primi a porre in evidenza il ruolo di fattori come la disponibilità di energia, la tecnologia e le infezioni epidemiche nello sviluppo e nel collasso delle civiltà.    Tuttavia è divenuto celebre soprattutto per un librettino dal titolo “The Basic Laws of Human Stupidity” (1976), inizialmente stampato in poche copie per gli amici e col tempo diventato un classico “encoutournable”.   Un testo per certi aspetti goliardico, eppure denso di un significato molto serio.

Con il tono leggero che ne distingue gli scritti, Cipolla, stila e discute quelle che secondo lui sono le 5 leggi della stupidità umana:

  1. Prima Legge Fondamentale: Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
  2. Seconda Legge Fondamentale: La probabilità che una certo individuo sia stupido è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
    Corollario: La percentuale di stupidi è identica in qualsiasi gruppo umano comunque definito.
  3. Terza (ed aurea) Legge Fondamentale: E’ stupido chi causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza trarne alcun vantaggio o  addirittura subendo una perdita.
  4. Quarta Legge Fondamentale: I non stupidi sottovalutano sempre la capacità distruttiva degli stupidi.   In particolare, i non stupidi dimenticano sempre che in qualsiasi tempo, in ogni luogo ed in qualsiasi circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra immancabilmente un costoso errore.
  5. Quinta Legge Fondamentale: La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
    Corollario: Lo stupido è più pericoloso del bandito.


Per illustrare la sua tesi, Cipolla usa un classico diagramma cartesiano i cui assi sono così definiti:

Sull’asse X sono riportati i vantaggi ottenuti dall’individuo “x” con una sua azione.   Vantaggi che possono essere positivi, nulli o negativi.

Sull’asse Y sono riportati i vantaggi ottenuti dall’individuo “y” in conseguenza dell’azione di “x”.  

Vantaggi che possono essere positivi, nulli o negativi.

ATTENZIONE!    La validità della teoria si basa sul fatto che i vantaggi relativi dei due individui (o gruppi) in questione devono assolutamente essere riportati secondo il punto di vista dell’interessato: rispettivamente x ed y. Non è assolutamente banale ed ha conseguenze importanti che vedremo.

Un altro punto importante da ricordare è che le persone normali si comportano in modo diverso a seconda delle circostanze con azioni che, di volta in volta, possono essere intelligenti, banditesche o cretine.   Ma le azioni di ogni persona o gruppo tendono a concentrarsi con una diversa frequenza nei vari  riquadri e soggetti capaci di frequenti azioni intelligenti solo eccezionalmente commetteranno azioni stupide.  I Cretini ed i banditi hanno comportamenti tendenzialmente più variegati, mentre gli stupidi sono abitualmente molto coerenti: la grande maggioranza delle loro azioni sono stupide, al massimo cretine o delinquenziali.

Analizziamo ora il diagramma così definito.   Nel riquadro I (in alto a destra) ricadono le azioni che producono vantaggi per entrambi i soggetti coinvolti; azioni definite “intelligenti”.

Nel riquadro S  ( in basso a sinistra) ricadono invece le azioni che comportano danni per tutti; sono queste la azioni veramente stupide.  

In basso a destra (riquadro B) le azioni “banditesche” che comportano vantaggi per chi le compie e danni per chi le subisce; mentre in alto a sinistra (riquadro C) le azioni “cretine” che comportano danni per chi le compie e vantaggi per chi le subisce.

E’ soprattutto analizzando quest’ultimo quadro che è necessario fare molta attenzione al citato punto di vista, pena classificare come “cretini” una pletora di santi, eroi e filantropi di ogni genere.    Dal loro punto di vista, infatti, il vantaggio portato agli altri è fonte di una soddisfazione ben maggiore del danno materiale eventualmente subito.    Oppure l’eventuale perdita materiale può essere compensata da un guadagno in reputazione che porta il soggetto “x” a considerare positivo il risultato ottenuto.   Ecco quindi che le loro azioni ricadono in realtà nel riquadro a dove si raggruppano gli “intelligenti”.   Fattori sociali e culturali influenzano dunque la classificazione; un punto importante su cui torneremo.

Tracciamo ora la diagonale dei riquadri in cui stanno i cretini ed i banditi. Lungo la linea si troveranno le azioni che comportano dei vantaggi personali esattamente identici ai danni prodotti ad altri (quadro B) e viceversa (quadro C).

Dal punto di vista collettivo queste azioni sono quindi neutre.   Spostano infatti vantaggi a favore di certi soggetti a scapito di altri, ma con una somma pari a zero dal punto di vista generale. Possiamo quindi distinguere i banditi a tendenza intelligente (BI) e quelli a tendenza stupida (BS) a seconda che la sommatoria di vantaggi a danni complessivi risulti negativa o positiva.   Analogamente, ci sono cretini tendenzialmente intelligenti (CI) e cretini tendenzialmente stupidi (CS).

Questo, in sintesi, il saggio di Cipolla che, effettivamente, appare convincente sotto molti aspetti.   Eppure, vorrei qui porre in discussione il corollario della seconda legge: “La percentuale di stupidi è identica in qualsiasi gruppo umano comunque definito.”

Cipolla osserva, ritengo a ragione, che la stupidità è del tutto indipendente da fattori quali il grado di istruzione, il censo, il rango, ecc.   Ma, singolare per uno storico, non parla della possibilità che fattori ambientali possano influenzare il comportamento delle persone, né se questo possa essere correlato con il fiorire e decadere delle civiltà.

In un precedente post,  ho esposto un modello che ho definito anabolico-catabolico di sviluppo e crisi delle economie.   Simile ad altri del genere, questo modello cerca di individuare le ragioni termodinamiche e sistemiche che determinano, o perlomeno influenzano, le fasi di crescita, stagnazione e decadenza delle economie su cui sono basate le civiltà.

La domanda che adesso mi pongo è questa: il trovarsi in fase anabolica o catabolica può influenzare il comportamento delle persone, con particolare riguardo per la classe dirigente?   E se si, come?   Il diagramma di Cipolla ci offre più di uno spunto per la discussione.

La caratteristica principale di un’economia in fase anabolica è un’effettiva crescita della ricchezza reale complessiva. In un simile contesto, è relativamente facile ideare e perseguire azioni utili a sé e ad altri in quanto i margini di vantaggio possibile sono ampi.   Anche fra i cretini ed i banditi, potrebbe essere favorito un atteggiamento tendenzialmente intelligente, per la medesima ragione. Dal momento che raccogliere vantaggi consistenti in maniera legale e magari altruistica è facile, lo stimolo per azioni decisamente nocive è modesto.   Inoltre, una buona reputazione può costituire un vantaggio molto più interessante dell’accaparrarsi qualche soldo più del dovuto.

D'altronde, la classe dirigente delle civiltà in questa fase evolutiva è solitamente molto dinamica. Anche quando è strettamente legata a fattori dinastici, il tasso di ricambio degli individui è piuttosto elevato.  Se osserviamo, ad esempio, la carriera dei rampolli di alto lignaggio nei periodi di ascesa delle civiltà troviamo che la mortalità è molto elevata.  Spesso più elevata nelle classi dirigenti che nelle altre proprio perché quello che i potenti si contendono è il potere su di una classe produttiva e su risorse che, di solito, nessuno ha interesse a distruggere.  

A titolo di esempio, posso citare i giovani delle classi senatorie ed equestri nella lunga fase di espansione dell’Impero Romano, oppure la vita dei giovani cavalieri dell’Europa merovingia e carolingia.   Ma lo stesso vale, ad esempio, anche per i colonizzatori europei che hanno conquistato ed asservito il mondo.   Possiamo sicuramente trovare un congruo numero di banditi tra le loro fila, ma pochissimi cretini ed ancor meno stupidi per la semplice ragione che difficilmente questi vivevano a lungo in un ambiente denso di grandi opportunità, ma anche altamente selettivo.

Perfino il miracolo economico post-bellico è stato gestito da una classe politica ed imprenditoriale sopravvissuta alla più terribile carneficina della storia umana. Non a caso una classe dirigente densa di intelligenti e farabutti, ma con pochissimi cretini e stupidi.

Non solo. Società che vivono in un ambiente selettivo tendono ad avere un alto grado di coesione interna e ad essere particolarmente dure nel reprimere comportamenti dannosi per gli altri membri del gruppo. Naturalmente ciò va letto nel contesto di ogni singola tradizione. Un comportamento giudicato corretto da un equipaggio di pirati vichinghi non lo sarebbe stato da parte di coloni russi in Siberia od irlandesi in Texas.  Ma in ogni caso, comportamenti dannosi e pericolosi per il gruppo sono fortemente inibiti, mentre i comportamenti altruistici vengono molto apprezzati.  

In fase anabolica dunque, vi è un grosso vantaggio ad essere tendenzialmente intelligenti; mentre i cretini che nuocono solo a se stessi vengono in qualche misura protetti da se stessi dalla forte coesione interna.   Il banditismo è di solito bene accetto, a condizione che sia rivolto all'esterno del gruppo; altrimenti viene represso ferocemente.  Infine, gli stupidi hanno poche probabilità di sopravvivere. Il saldo di tutto ciò è che la maggior parte dei comportamenti tende a ricadere in categorie che portano più vantaggi che svantaggi alla comunità. In altre parole, le società in fase catabolica tendono a favorire comportamenti socialmente utili.

Naturalmente, sempre tenendo conto del punto di vista dei soggetti direttamente interessati e non di chi, magari molti secoli dopo, studia gli eventi.

Viceversa, in una fase catabolica, i margini possibili di vantaggio si restringono progressivamente.   Quando si è raggiunto il limite della crescita antieconomica l’unico modo per ottenere dei vantaggi personali è danneggiare altri, in misura crescente man mano che la situazione economica peggiora. In altre parole, la legge dei “ritorni decrescenti” si applica anche in questo campo.
Questa situazione comporta che  un numero crescente di soggetti viene tentata dal passare nella categoria dei banditi, con tendenza progressivamente sempre più stupida man mano che per ottenere un determinato vantaggio diventa necessario danneggiare maggiormente gli altri.   D’altronde, man mano che il numero di banditi aumenta, diminuisce lo stigma sociale cui sono soggetti, mentre sempre di più gli altruisti vengo considerati cretini da parte dell’opinione pubblica.   Un fatto che scoraggia fortemente questo tipo di comportamento che, nel frattempo, diventa più costoso e pericoloso man mano che è necessario affrontare sacrifici personali maggiori per ottenere vantaggi collettivi minori.
Contemporaneamente, le classi dirigenti delle società in questa fase evolutiva sono solitamente molto ben protette dalle conseguenze nefaste delle loro azioni.   Crescendo oltremisura il divario fra classi, l’accesso a vantaggi di posizione diventa molto più importante delle capacità personali e della reputazione nel determinare le probabilità di successo degli individui e dei gruppi.   Ancora all’epoca della I guerra mondiale, un gran numero di rampolli di “buona famiglia” sono morti nella guerra che avevano entusiasticamente voluto.   Ed in misura percentualmente superiore quella dei loro soldati.

Viceversa, quando un manipolo di astuti delinquenti ha scatenato quella che probabilmente risulterà essere la più grave crisi economica della storia, sono stati accuratamente protetti e soccorsi dalle autorità.  Perfino i consulenti ed i guru che hanno coperto tali azioni con rassicuranti parole e fantasiosi modelli matematici continuano ad imperversare come se nulla fosse.  Come disse una volta Herman Daly, nel mondo attuale dell’alta finanza, nessuno viene chiamato a rendere conto delle stupidaggini che dice.  Quali che ne siano le conseguenze.
Ma qualcosa di analogo succede a cascata a tutti i livelli dirigenziali. Per citare un solo esempio, quando un’alluvione devasta un quartiere tutti si scagliano contro l’amministrazione in carica. Nessuno chiede conto alle amministrazioni che nei decenni precedenti ne hanno permesso la costruzione, magari all’interno di un alveo fluviale o su di una paleofrana.

Concludendo, ritengo che in fase anabolica un insieme di fattori sistemici e culturali favorisca comportamenti socialmente utili o, perlomeno, non dannosi per il gruppo di appartenenza.   In altre parole, individui e singoli tendono a comportarsi come simbionti o commensali della società di cui fanno parte, favorendone lo sviluppo.

Viceversa, in fase catabolica, aumentano progressivamente gli incentivi a comportamenti di tipo banditesco, progressivamente sempre più stupido.   L’aumento dei cretini con tendenza stupida procede parallelamente in quanto, di solito, un cretino è un bandito incapace.   I comportamenti altruistici sono molto spesso derisi o sotto-stimati, soprattutto all’interno della classe dirigente.    In altre parole, singoli e gruppi tendono a diventare parassiti delle loro stesse società, accelerandone il collasso.

Un’ipotesi, questa, che ritengo plausibile, anche perché coerente con le analoghe conclusioni cui era giunto Arnold Toynbee,  sulla base di ben altri studi e materiali.



mercoledì 28 gennaio 2015

Colpo di frusta!

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

do Dmitri Orlov

Nel corso del 2014 i prezzi che il mondo paga per il petrolio greggio sono precipitati da oltre 125 dollari al barile ai circa 45 di adesso e potrebbero facilmente scendere ulteriormente prima di ricominciare a salire, prima di collassare ancora e risalire ancora. Avete afferrato l'idea. Alla fine, la folle altalena del mercato del petrolio, e quella persino più selvaggia dei mercati finanziari, delle valute e dei rutilanti fallimenti delle società energetiche, poi delle entità che le hanno finanziate, i default nazionali dei paesi che hanno sostenuto queste entità, causeranno a tempo debito il collasso delle economie industriali. E senza un'economia industriale funzionante il petrolio greggio verrà riclassificato come rifiuto tossico. Ma questo è fra due o tre decenni nel futuro.


martedì 27 gennaio 2015

Anguille: un altro dirupo di Seneca

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Aggiungo a questo testo che queste "sandeels" ("cicerelli" in italiano) vengono pescate non per il consumo umano, ma come cibo per l'allevamento di pesci più pregiati, salmoni e cose del genere. L'allevamento viene spesso indicato come la soluzione a tutti i problemi di esaurimento degli stock ittici, ma questi dati fanno vedere come anche qui il problema esiste, viene soltanto spostato di una tacca più in su della catena alimentare (UB)

Di Ugo Bardi





Una volta che si inizia a cercare “dirupi di Seneca” nello sfruttamento di risorse naturali, li si trova in tutta la letteratura scientifica. Ecco la mia ultima scoperta di una curva di produzione in cui il declino è molto più rapido della crescita: le catture delle anguille chiamate "cicerelli". Se non sapete cos'è un cicerello, eccone uno: 


lunedì 26 gennaio 2015

Lo scorrere del tempo

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Di Antonio Turiel

Cari lettori,

qualche giorno fa c'è stata una ricorrenza importante per me: sono passati 5 anni dalla mia prima conferenza divulgativa sul Picco del Petrolio. E' stato di fronte al Dipartimento di Oceanografia Fisica dell'Istituto di Scienza del mare, il mio dipartimento nel mio istituto. Quel seminario è stato il culmine di un processo di diversi mesi nei quali, alla fine, mi ero messo a studiare in profondità il problema delle risorse naturali. Ricordo quei mesi  d'estate in cui stavo studiando per preparare il seminario e non riuscivo a credere quello che stavo scoprendo. Dato dopo dato, era sempre più chiaro che c'era una crisi energetica gravissima che stava cominciando a svilupparsi e che non c'erano soluzioni semplici per affrontarla. Che non si sarebbe una sostituzione rapida ed efficace delle vecchie energie fossili da parte di nessuna soluzione di quelle che allora si presumeva l'avrebbero sostituita, che fossero le rinnovabili o il nucleare. Per quanto lontana ed inverosimile mi sembrava tutto quanto, i dati erano lì. Da anni conoscevo (e mi preoccupava) il problema del picco del petrolio, anni in cui di tanto in tanto curiosavo fra le pagine di Crisis Energética e di altri siti web in inglese (Energy Bulletin, The Oil Drum), ma avevo sempre mantenuto una certa distanza, assumendo che il problema del petrolio sarebbe stato risolto da “coloro che sono al comando”. E' stato in quei mesi che ho scoperto che nessuno è al comando o, forse anche peggio, che se non si provava una soluzione è perché non ce n'erano.

Conclusa la mia prima ricerca, essendo giunto a conclusioni che mi sembravano inesorabili, ho passato molti giorni con una sensazione di irrealtà (sensazione che ha iniziato a svanire soltanto, e molto gradualmente, quando ho cominciato a mettere in ordine le mie idee e a plasmarle per iscritto in questo blog), di futilità di tutto quello che aveva occupato il mio tempo fino a quel momento, di paura per i miei cari, di fine della civiltà... Cercavo disperatamente qualche notizia che confutasse tutti i dati che avevo letto e qualche giorno prima della mia conferenza al dipartimento – che ho tenuto con l'aiuto del mio collega Jordi Solé – sono stato ad una conferenza che Pedro Prieto ha casualmente ed opportunamente tenuto presso il Consorci del Far di Barcellona. Avevo ancora una lieve speranza che Pedro, che conoscevo per averlo letto in alcuni suoi articoli su Crisis Energética e di sapevo che era un grande studioso del tema energetico, avrebbe smontato i miei timori  facendo un bel resoconto dei grandi piani di sostituzione che mi erano sfuggiti. Ovviamente, è successo il contrario: Pedro ha confermato uno per uno i miei timori, ponendo l'accento sulle mie stesse conclusioni... Il giorno dopo ho preso la decisione di dedicarmi, perlomeno nel tempo libero, a fare divulgazione su questo tema tanto cruciale.

Cos'è cambiato in cinque anni?

Se potessimo guardare le cose sufficientemente in prospettiva vedremmo che ci sono stati moltissimi cambiamenti e molto radicali, ma facciamo fatica ad accettarlo, perché la nostra mente tende ad aggrapparsi a ciò che ha e non a ciò che può perdere. A livello locale, nel 2009 la disoccupazione in Spagna cominciava ad aumentare con forza, ma agli inizi di quell'anno era ancora al 14%, quasi dieci punti al di sotto di dove si trova ora (e potremmo stare peggio se l'emigrazione non stesse “alleviando” questo problema, anche se a costo di lasciare la Spagna più debole per il futuro). C'è stato un impoverimento generalizzato, una chiara diminuzione del reddito medio: stipendi congelati dei lavoratori pubblici e riduzioni di stipendio massicce attraverso il taglio dei tagli di più precari del settore privato e due terzi degli spagnoli soffrono di carenze in aspetti essenziali (secondo il rapporto FOESSA della Caritas). In questi anni si è parlato diverse volte di una possibile ripresa e dei problemi del debito pubblico. Le impropriamente chiamate “politiche di austerità” si sono trasformate in norma, generando molta disillusione, movimenti di protesta generalizzati (di cui il 15M è stato il loro esponente di punta) ed una rabbia crescente nei confronti della classe politica a delle istituzioni, sempre di più percepite come intrinsecamente corrotte, sempre più insultate perché la maggioranza crede che siano le cause della nostra disgrazia.  In Spagna il sentimento di rabbia cresce, senza che la ripresa promessa (che probabilmente sprofonderà nei prossimi mesi) riesca a calmare gli animi. E questo sta scatenando processi inimmaginabili cinque anni fa. Per esempio, 5 anni fa era impensabile che la Catalogna si separasse dalla Spagna, ora in questa comunità non c'è praticamente altro tema di discussione per le strade, nei giorni che precedono la consultazione, che non è una consultazione ma è una consultazione del 9 di novembre. La Catalogna ha optato di rigenerarsi attraverso il taglio a favore del sano, uscendo dalla povera e insultata Spagna, e lasciare che il resto marcisca. E quel resto ha optato per la propria vita rigenerativa, con uno spiegamento massiccio di elettori verso una nuova forza politica, Podemos, di orientamento progressista e martello dialettico (a volte con tono populista) della “casta politica”. L'irruzione di Podemos provoca sempre più inquietudine e sofferenza nei partiti tradizionali e in alcuni recenti sondaggi Podemos è diventato già la prima forza politica della Spagna per intenzioni di voto.

Ma se apriamo lo zoom e guardiamo l'Europa, ci renderemo conto che la Spagna non sta vivendo un fenomeno isolato. Nella vicina Francia si prevede che un movimento populista, in questo caso di tendenze di destra, potrebbe ottenere la prossima presidenza della repubblica; Italia e Grecia, legate nell'economia ed avendo sofferto, entrambe, di cambiamenti non molto dissimili da un colpo di stato; la Germania, che se la passa meglio ma che vede nuvoloni neri nel suo futuro... Se si guarda il fattore petrolio, siccome la domanda sta crollando in mezzo ad una crisi che non può finire mai, si capisce che la scarsità di energia, e in particolare di petrolio, probabilmente ha molto a che fare con quello che sta succedendo. La Germania è potuta ricorrere al carbone per diminuire il suo declino energetico, utilizzando in quantità la propria lignite, in un viaggio dal breve percorso e dal finale incerto. E tutti hanno dovuto affrontare la caduta, che in alcuni casi (Italia, Spagna e Portogallo) è stata semplicemente brutale.


Immagine da “Energy briefing: Global Crude oil demand & supply”, di Yardeni Research:http://www.yardeni.com/pub/globdemsup.pdf

Allargando di più l'obbiettivo e andando alle porte dell'Europa, possiamo vedere diverse guerre civili in questo momento: Ucraina, Libia, Siria, Egitto, ora l'Iraq... E se guardiamo infine il panorama globale, ci sono numerose fonti di preoccupazione in America Latina, Asia, Africa... Solo un pugno di paesi, che comprendono Stati Uniti e Cina, sono riusciti a venire a capo, con non poche difficoltà, al peggiore di questi danni, anche se in questo stesso momento in lontananza non si intravedono giorni di rose e fiori per questo gruppo eletto di paesi  (guardando per esempio il deterioramento delle prospettive economiche dei due paesi).

Per quanto sia stato drammatico il corso degli eventi durante l'ultimo lustro, non è stato così male come temevamo in molti di noi che ci siamo dedicati alla divulgazione della crisi energetica. Bisogna riconoscere che è emerso un freno imprevisto al crollo della produzione di petrolio, una risorsa che non consideravamo e che spiega la relativa stabilità dell'offerta di petrolio e del suo prezzo (anche se è stato alto) durante gli ultimi 5 anni: l'irruzione del fracking negli Stati Uniti. Grazie all'introduzione di questa tecnica su scala massiccia, prima nella ricerca di gas di scisto e poi per estrarre il molto più interessante e redditizio petrolio leggero di roccia compatta (Light Tight Oil), gli Stati Uniti sono riusciti ad invertire la tendenza al declino della loro produzione di petrolio, che stava già intorno ai 5 milioni di barili al giorno (Mb/g) ed aggiungervi in tempo record 3 Mb/g di LTO e condensati. E il Dipartimento per l'Energia sogna ancora che il prossimo anno gli Stati Uniti potrebbero raggiungere il loro massimo storico di produzione di petrolio greggio del 1970, che è stato di 10 Mb/g.


Nota per coloro che si sentano confusi perché hanno letto che gli stati Uniti superano già l'Arabia saudita nella produzione di petrolio: queste notizie si riferiscono a “tutti gli idrocarburi liquidi” o, come si dice a volte impropriamente,  “tutti i liquidi del petrolio”, il che include anche i biocombustibili  (che non apportano energia netta) e i liquidi del gas naturale (che possono sostituire il petrolio solo parzialmente).

Ma se una cosa non è cambiata negli ultimi 5 anni sono le strategie di negazione sul fatto che possa esistere un problema con l'energia. Continuiamo con le stesse sparate e tecno fantasie: continuiamo a parlare dell'energia nucleare (convenzionale, di quarta generazione, di fusione...) o dell'immenso futuro delle rinnovabili, con notizie ripetute fuori contesto ed esagerate che fanno pensare al lettore disinformato che sia prossima una rivoluzione energetica e che tutti i problemi si risolveranno presto... e siamo qui un lustro dopo, impantanati in problemi sociali ed economici crescenti e alla vigilia di una nuova ondata recessiva che nessuno vuole accettare che sia già qui. L'opzione nucleare ha perso di forza dopo il disastro di Fukushima e il progressivo abbandono del nucleare convenzionale in Europa. D'altra parte, tuttavia, sentiamo ancora canti di sirena che ci promettono di portarci nel paradiso rinnovabile. E' vero che il governo spagnolo, questo e quello precedente, ha boicottato questa alternativa, ma non è meno sicuro che i nuovi sistemi di energia rinnovabile hanno molti limiti, poche volte riconosciuti (a cominciare dal fatto che non è l'elettricità che ci manca, ma quel 79% di energia finale non elettrica che è difficile da elettrificare. E nonostante questo, ogni volta che si parla di energia nei mezzi di comunicazione si insiste sul settore elettrico). L'unica rivoluzione energetica che è stata fatta realmente è quella del fracking ed è stato un costo disumano: con gli Stati Uniti che esportano inflazione nei paesi fornitori, sfruttando giacimenti dal rendimento economico, nonostante questo, più che incerto, incorrendo sempre di più in problemi economici... E tutto per cosa? Per portare alle 127 compagnie produttrici di gas e petrolio più grandi del mondo sull'orlo del fallimento che non si farà attendere a lungo, soprattutto ora che la domanda debole frutto della recessione nascente trascina i prezzi verso il basso. Abbiamo guadagnato qualche anno semplicemente per metterci in una situazione peggiore quando tutto scoppia, perché gli stati si vedranno obbligati a intervenire per salvare un sacco di imprese strategiche per il loro vincolo con l'energia. Ma qui continuano le strategie di negazione (l'ultima consiste nel dire che è l'Arabia saudita che sta aumentando la propria produzione per affossare i prezzi del petrolio e far fuori così il fracking americano, quando in realtà l'Arabia Saudita a settembre ha ridotto la sua produzione per contenere l'attuale emorragia dei prezzi).

Non solo le strategie di negazione della crisi energetica non sono cambiate negli ultimi 5 anni, nonostante i problemi sempre più gravi che ci affliggono. Si continua anche ad accusare noi che avvertiamo dei problemi e del fatto che non ci sono soluzioni facili di essere dei catastrofisti. Forse con maggiore virulenza e violenza verbale, ultimamente, quello sì. E, tuttavia, se nel 2009 avessimo raccontato che saremmo stati come stiamo in questo momento, ci avrebbero presi per pazzi indovini e ci avrebbero denigrati come irrimediabili catastrofisti. E, in realtà, siamo qui, nonostante tanti brindisi al Sole, nonostante tanti annunci fatti in questo lustro (come in tutti i precedenti) sul fatto che l'Eldorado energetico era alla nostra portata. Che contributo hanno dato, che contributo danno, coloro che definiscono la mera descrizione della nostra realtà come “catastrofismo”? Si potrebbe dire niente, ma non è vero. Tutta questa gente che reagisce con aggressività quando si parla della crisi energetica, questa gente che mi scrive adirata e con aria vanagloriosa, con un “Ah” in bocca ogni volta che legge una notizia in un quotidiano di un nuovo progresso che credono definitivo ma che non uscirà mai dal laboratorio o dai test preliminari. Tutta questa gente che crede con la fede del carbonaro nelle stesse stupidaggini e nelle nuove tecno fantasie che abbiamo visto negli ultimi 40 anni e che entro 5 anni verranno sostituite da altre allo stesso tempo uguali e nuove. Tutte queste persone che vanno avanti ingannate e cieche ad una realtà sgradevole, sognando un futuro “pieno di energia” mentre nel mondo reale il consumo energetico della Spagna crolla... tutte queste persone insomma, senza volerlo ovviamente, stanno facendo un danno terribile e stanno mettendo in pericolo il nostro futuro. Poiché il tempo di prendere decisioni, in modo adulto, valutando correttamente la situazione sia che piaccia sia che non piaccia, è adesso. I veri catastrofisti non siamo noi che denunciamo un sistema distruttivo che si sta disintegrando e sta facendo soffrire tanta gente, no. I veri catastrofisti sono coloro che si rifiutano di guardare la realtà in faccia; i veri catastrofisti sono coloro che rifiutano che ci possa essere un cambiamento e preferiscono continuare in questa disgrazia e approfondirla; i veri catastrofisti sono coloro ai quali costa meno immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo e che di fatto credono che le cose si equivalgono quando in realtà non è così, quando in realtà ci può essere un futuro brillante per l'Umanità se decide di smettere di fare l'adolescente (tentando l'impossibile crescita senza limiti in un pianeta finito) e di abbracciare una serena maturità. Accusano noi che parliamo come adulti di essere catastrofisti quando sono loro che ci trascinano verso una catastrofe perfettamente evitabile, semplicemente perché non vogliono immaginare altre possibilità e soprattutto se la sognano.

Sono anche passati 5 anni da quando la missione europea SMOS decollava da una base russa. Era il primo satellite capace di misurare la salinità superficiale dell'oceano dallo spazio. Questo lancio ha comportato un grande cambiamento nella mia vita, poiché la mia attività professionale si è andata progressivamente allineando con la gestione della nostra attività nella missione ed attualmente occupa una buona parte della mia giornata lavorativa. Una nuova realtà, quella della gestione di un gruppo di ricerca, che mi porta a dover viaggiare continuamente adempiendo a impegni e cercando soldi per mantenere in piedi la mia squadra, un gruppo di persone molto capaci e competenti (e, soprattutto, persone buone) che hanno la sfortuna di avere un capo schizofrenico che durante il giorno mantiene una intensa attività "Bautomatica", mentre la sera nei tempi morti degli aeroporti, scrive della fine della società industriale su questo blog.

In questi 5 anni anche la mia vita personale è cambiata molto. Allora avevo una figlia, ora anche un figlio. Durante questo lustro ho perso capelli e vista ma non molto peso, solo un po' quando stavo per morire solo pochi mesi fa. Anche questo terribile evento ha cambiato la mia vita. Non scrivo più all'alba, non mangio più quando capita per rimanere sveglio e cerco di fare una vita più sana, solo un pizzico, solo una mollica. Con più frequenza mi viene da pensare cosa sarà della mia famiglia quando io non ci sarò più. A volte ho il sentore che a lungo andare posso solo mettermi nei guai (come le minacce di morte di un pazzo che ho dovuto sopportare fino a poco più di un anno fa e come le cose che senza dubbio stanno per arrivare in questi tempi turbolenti che già si intuiscono) e che non vale la pena continuare per quel poco o niente che otterremo. Ma mi dico anche, sono ancora vivo.

Cosa succederà nei prossimi 5 anni? Non lo so. E' difficile da sapere. Molte delle strategie della fuga in avanti che sono state intraprese negli ultimi anni sembra che stiano giungendo alla loro fine, senza aver migliorato la situazione globale e in molti casi avendola peggiorata, avendo creato più stress nel sistema e rendendo più probabile una caduta precipitosa e disordinata. 5 anni fa credevo che saremmo stati peggio di quanto stiamo in realtà. Oggi credo che in 5 anni staremo in una situazione francamente nefasta, spero di sbagliarmi. In realtà, dove arriveremo dipende solo da noi. E' sempre stato così.

Saluti.
AMT

domenica 25 gennaio 2015

Gli oceani si stanno scaldando sempre più in fretta

Da “The Guardian”. Traduzione di MR

Il NOAA ha dovuto riportare di nuovo in scala il suo grafico del calore oceanico per includervi il riscaldamento dell'oceano





Dati del contenuto di calore dell'oceano fino ad una profondità di 2.000 metri, dal NOAA.

Di John Abraham

Wow, questo è stato un brutto anno per coloro che negano la realtà e il significato del cambiamento climatico antropogenico. Naturalmente, c'è stata la recente raffica di rapporti sul fatto che le temperature di superficie avevano raggiunto i loro valori più alti mai registrati. Il record del 2014 è stato dichiarato per la prima volta su questo blog a dicembre e i risultati finali sono stati riportati a loro volta qui. Tutto ciò è successo in un anno che i negazionisti ci avevano detto non sarebbe stato molto caldo.

Ma quei negazionisti stanno passando un momento difficile ora mentre cercano una QUALSIASI prova sul pianeta che il cambiamento climatico non stia avvenendo. Il problema è che stanno calciando la palla fuori dai pali.

E proprio di recente è uscita l'informazione forse più importante sul 2014 – quanto si è veramente riscaldata la Terra. Ciò che troviamo è che il riscaldamento è così grande che il NOAA ha dovuto letteralmente rifare i suoi grafici. Lasciate un po' che vi spieghi.

sabato 24 gennaio 2015

Il ruolo dei collassi sociali nei cicli storici (I)

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Di Antonio Turiel

Cari lettori,

qualche settimana fa Luis González Reyes ha offerto di pubblicare un estratto del libro “Nella spirale dell'energia”, opera congiunta di Luis e dello scomparso Ramón Fernández Durán. Dato l'interesse di questa opera (che potete acquistare, per esempio, nel sito di Ecologistas en Acción – potete anche leggerne il testo completo qui), mi è sembrata un'idea stupenda. In questo post e nel seguente pubblicheremo estratti di un tema che è sempre più pertinente: il collasso sociale (corrispondono al paragrafo 9.1 del libro. Sono sicuro che sarà di vostro interesse.

Saluti.
AMT

Il ruolo dei collassi sociali nei cicli storici 

[...]

Il ruolo dei collassi nei sistemi complessi

Un sistema complesso potrebbe definirsi come un sistema che ha parti molteplici interconnesse ed organizzate fra loro. Più sono e più diverse sono le connessioni, maggiore è la complessità. Così, le società con più persone interconnesse attraverso reti di comunicazione, di istituzioni e del sistema economico sono più complesse: lo sono anche quelle che hanno gradi più elevati di specializzazione sociale e diversità culturale. I sistemi complessi, la auto-organizzazione, nascono spontaneamente (Johnson, 2003). Si producono “strutture dissipative” che captano energia, e la maggior parte delle volte anche materia, per sostenerne l'ordine. Senza questa captazione continua di energia e materia, non sono in grado di mantenersi (Prigogine, 1993). I sistemi complessi sono a loro volta composti da sistemi complessi multipli in un'organizzazione di tipo frattale. E' ciò che Holling (2001) ha denominato Panarchia. L'essere umano è un sistema complesso che ha altri sottosistemi complessi, come quello digestivo che, a sua volta, è composto da organi e questi da cellule, che sono a loro volta sistemi complessi. A livello superiore, l'essere umano è parte della società, che a sua volta si inscrive nel macro sistema della Terra. In questo modo, ci sono sistemi “superiori” ed “inferiori”. Ognuno dei livelli compie due funzioni. Da una parte dare stabilità al sistema. Per esempio, se un bosco brucia, il clima della regione fornisce le condizioni per la sua rigenerazione e il suolo fornisce i nutrienti. In questo lavoro di stabilizzazione il ruolo dei livelli macro è più importante. La seconda funzione è quella di generare innovazioni per l'adattamento ai continui cambiamenti. Qui sono i livelli inferiori che sono più attivi. In questo modo, i sistemi complessi sono anche sistemi con capacità di adattamento ai cambiamenti.


venerdì 23 gennaio 2015

Ancora Seneca: il collasso dell'industria ittica del Regno Unito

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi



Immagine da un articolo di Thurstan, Brockington e Roberts. Descrive il ciclo dell'industria ittica del Regno Unito, che è collassata a causa della pesca eccessiva alla fine degli anni 70.


I due grafici sopra (da un articolo di Thurstan et al. Del 2010) parlano da soli. Abbiamo qui un esempio dalla vita reale dell'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, cioè, della tendenza delle persone a distruggere le proprie fonti di ricchezza. Altri esempi classici si possono trovare nell'industria delle balene del 19° secolo e nella pesca al merluzzo canadese.

L'eccessivo sfruttamento delle risorse genera tipicamente la “curva di Hubbert”, il nome dato al ciclo di produzione a forma di campana molto famoso per il caso del petrolio, ma che riguarda tutte le risorse che possono essere sfruttate più velocemente di quanto si possano riformare attraverso processi naturali. Il comportamento può essere spiegato mediante modelli matematici ma, qualitativamente, è il risultato della diminuzione dei profitti causati dalle riserve di risorse decrescenti. Sul lungo periodo, i profitti più bassi scoraggiano gli investimenti e il risultato è un declino generale della produzione. Un caso particolare di questo meccanismo è quando l'industria inizialmente reagisce ai ritorni decrescenti aumentando aggressivamente la quantità di capitale investito. In questo caso, le riserve di risorsa vengono esaurite molto rapidamente e il risultato è un collasso del tasso di produzione. Abbiamo ancora una curva a campana, ma inclinata in avanti. Il rapido declino che avviene dopo il picco è ciò che ho chiamato “Dirupo di Seneca”.

Ci sono diversi esempi storici del dirupo di Seneca. Nel caso della pesca, è particolarmente evidente nel caso della pesca al merluzzo canadese e in quella dello storione del Mar Caspio, ma è evidente anche nel caso dell'industria ittica del Regno Unito. Osservate, nella figura sopra, il declino ripido delle catture dei tardi anni 70, è significativamente più inclinato della crescita della parte sinistra della curva. E' questa l'essenza del meccanismo di Seneca. E possiamo vedere molto bene cosa lo causa: l'inizio del declino della produzione corrisponde ad una rapida crescita degli investimenti. Il risultato è l'aumento di ciò che gli autori del saggio chiamano “potere di pesca” - una stima dell'efficienza e della dimensione della flotta di pescherecci.

I risultati sono stati disastrosi, un esempio da manuale di come “tirare le leve nella direzione sbagliata”, cioè di un caso in cui il tentativo di risolvere un problema lo peggiora considerevolmente. In questo caso, più efficiente era la flotta di pescherecci, più rapidamente la riserva di pesce veniva distrutta. E' il meccanismo classico per cadere dal dirupo di Seneca: più si è efficienti nello sfruttare risorse non rinnovabili (o lentamente rinnovabili), più velocemente le si esaurisce. E più rapidamente si finisce nei guai. 

Questo caso, come gli altri, è un disastro talmente sconcertante che ci si chiede come sia stato possibile. Come è potuto accadere che nessuno all'interno dell'industria ittica o nel governo si sia reso conto di cosa stesse accadendo? Nel loro articolo su questo tema, Thurstan e i suoi colleghi non commentano su questo punto, ma possiamo citare un articolo di Hamilton et al sulla pesca del merluzzo dell'atlantico canadese dove dicono “Alcuni dicono di avere visto il guaio in arrivo, ma si sono sentiti impotenti nel fermarlo”. Questa frase sembra descrivere non solo l'industria ittica, ma la nostra civiltà intera.

.....oppure torniamo tutti a guardare il TG1?





"Effetto Risorse" sta avendo un notevole successo; con una crescita nel numero dei contatti a dir poco impressionante. Siamo oggi consistentemente a oltre 50.000 contatti al mese - e cresciamo ancora. Nelle varie classifiche dei blog, per quanto possano valere, siamo costantemente entro i primi 10-20 fra i blog scientifici italiani. Da notare anche che "Effetto Risorse" fa quasi il doppio dei contatti della sua versione in inglese (resource crisis), nonostante che il potenziale di un blog in inglese sia enormemente superiore.

Sono risultati quasi incredibili per un blog che non ha nessuna promozione professionale, nessun SEO, niente del genere. La cosa più importante, direi e che con il blog stiamo coprendo dei soggetti che quasi nessun altro blog copre; quindi credo che a parte i numeri, la qualità di quelli che ci seguono sia il vero valore dello sforzo che stiamo facendo.

D'altra parte, va anche detto che rimaniamo qualcosa di estemamente marginale nel panorama dell'informazione in Italia. Quindi, ci dovremmo domandare che cosa vogliamo fare di questi numeri e di questi risultati.

Dobbiamo espanderci in un progetto editoriale più articolato e più professionale? E se si, come? (e, soprattutto, con quali risorse finanziarie?)

Oppure, torniamo tutti a guardare il TG1?

Che ne pensate?













giovedì 22 gennaio 2015

‘E' redditizio lasciare che il mondo vada all'inferno'

DaThe Guardian”. Traduzione di MR

Mentre i politici e i capi d'impresa si incontrano a Davos, l'esperto di clima Jørgen Randers sostiene che la democrazia continuerà ad ostacolare l'azione climatica





Aurora boreale ad Uttakleiv, Norvegia. Ad un piano per risolvere il problema climatico non è stato dato il via libera - ogni norvegese dovrebbe pagare 250€ di tasse in più all'anno per la prossima generazione, più o meno. Foto: David Clapp/Getty Images 

Quanto sareste depressi se aveste passato più di 40 anni ad avvertire di un'imminente catastrofe globale solo per essere continuamente ignorati anche se vedete il disastro dispiegarsi? Pensate quindi un attimo a Jørgen Randers, che nel lontano 1972 è stato coautore del lavoro seminale “I Limiti dello Sviluppo” (pdf), che ha sottolineato gli impatti devastanti della crescita esponenziale dell'economia e della popolazione su un pianeta dalle risorse finite. Mentre i politici e i capi d'impresa si incontrano a Davos per cercare di infondere nuova vita alla battaglia globale per affrontare il cambiamento climatico, farebbero bene ad ascoltare la preoccupante prospettiva di Randers. Il professore di strategia climatica alla Norwegian Business School è stato molto vicino a mollare i suoi sforzi per svegliarci rispetto ai nostri modi insostenibili e nel 2004 ha pubblicato un aggiornamento pessimistico del suo rapporto del 1972 mostrando che le previsioni fatte allora risultano essere molto precise. Ciò che non può sopportare è che i politici di tutte le convinzioni non abbiano agito anche mentre le prove del cambiamento climatico si stanno accumulando e di conseguenza ha perso fiducia nel fatto che il processo democratico possa gestire problemi complessi. In un saggio appena pubblicato nella rivista svedese Extrakt, scrive:

E' conveniente posticipare l'azione climatica globale. E' redditizio lasciare che il mondo vada all'inferno. Credo che la tirannia del breve termine prevarrà nei prossimi decenni. Di conseguenza, diversi problemi a lungo termine non saranno risolti, anche se potrebbero essere risolti, anche se causano difficoltà gradualmente in aumento a tutti gli elettori.

Barile a 50 dollari: rischio di recessione per il settore petrolifero

L'articolo che segue è di solo due settimane fa. Ora, i prezzi sono scesi addirittura intorno ai 45 dollari al barile. (UB)
 


DaOil Man”. Traduzione di MR

Di Matthieu Auzanneau

Esistono le gare di fondo. Questa è una gara verso il fondo. I prezzi del petrolio cadono a 50 dollari questa settimana, come mai visto dai giorni successivi alla crisi del 2008. Tanto vertiginosa quanto inaspettata, la caduta del prezzo dell'oro nero ha ormai raggiunto il 55% dall'inizio di giugno.

E' la prova di un ritorno duraturo dell'abbondanza petrolifera? Non corriamo troppo.

Conseguenza del boom del petrolio “di scisto” negli Stati Uniti e della fragilità della crescita economica mondiale, questo contro-shock petrolifero sta per mettere a nudo i re del petrolio. Da Ovest a Est, da Nord a Sud, tutti i produttori petroliferi del mondo, grandi e piccoli, oggigiorno pompano il greggio a rotta di collo al fine di salvaguardare un po' il loro giro d'affari, con la speranza che la concorrenza crepi prima. Di fronte a difficoltà economiche molto gravi, la Russia di Putin, oggi prima produttrice mondiale di oro nero davanti all'Arabia Saudita, ha ampiamente contribuito a rilanciare il giro infernale in questo inizio d'anno, annunciando una produzione record per il mese di dicembre (anche se Mosca l'estate scorsa lasciava intendere che le estrazioni russe dovrebbero diminuire nel 2015, mancanza di investimenti sufficienti...). I prezzi non sono in procinto di tornare a crescere nei prossimi mesi, come prevede la maggior parte degli analisti: la crescita economica rimane debole (eccetto per gli Stati Uniti, dopati fin qui dal gas e dal petrolio “di scisto”) e dei barili in più arrivano sul mercato provenienti dall'Iraq, ma anche dall'Africa Occidentale, dal Brasile, dal Canada e dagli Stati Uniti.