venerdì 26 giugno 2015

La senilità delle élite: l'estrazione di carbone deve continuare, a prescindere dai costi umani

DaResource Crisis” e “Chimeras”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




La miniera di carbone di Bihar, India. Foto: Nitin Kirloskar 


Questo post è stato ispirato da un recente articolo sull'estrazione di carbone in India di David Rose su The Guardian. In India la gente sta morendo per strada a causa del calore eccessivo causato dal riscaldamento globale, ma Rose ci informa che “... per un'ampia gamma di politici di Dehli c'è unanimità. Semplicemente non c'è, dicono, la possibilità che in questa fase del suo sviluppo l'India acconsenta a qualsiasi forma di limitazione delle emissioni e di tagli nemmeno a parlarne.” In altre parole, l'estrazione di carbone deve continuare in nome della crescita economica, a prescindere dai costi umani.

Penso che sia difficile vedere un esempio più evidente della senilità delle élite mondiali. Sfortunatamente non si tratta di una cosa che riguarda solo l'India. Le élite di tutto il mondo sembrano quasi completamente cieche rispetto alla situazione disperata in cui ci troviamo tutti.

Su questo argomento ho scritto un post sul blog “Chimeras” (che segue) che descrive come la cecità delle élite non è solo tipica dei nostri tempi, ma era la stessa al tempo dell'Impero Romano: E' una discussione su come un membro della élite Romana, Rutilio Namaziano, avesse completamente frainteso la situazione degli ultimi anni dell'Impero. E la nostra caratteristica di esseri umani quella di non capire il collasso, nemmeno quando lo viviamo.

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Del suo ritorno: un patrizio Romano ci racconta come ha vissuto il collasso dell'impero. 



Il V secolo ha ha visto gli ultimi sussulti dell'Impero Romano d'Occidente. Di quei tempi difficili abbiamo solo pochi documenti ed immagini. Sopra, potete vedere uno dei pochi ritratti sopravvissuti di qualcuno che è vissuto a quel tempo: l'Imperatore Onorio, capo di ciò che restava dell'Impero Romano d'Occidente dal 395 al 423. La sua espressione sembra essere di sorpresa, come se avesse cominciato a vedere i disastri che avevano luogo durante il suo regno. 

Ad un certo punto durante i primi decenni del V secolo DC, probabilmente nel 416, Rutilio Namaziano, un patrizio Romano, ha lasciato Roma – a quel punto l'ombra della gloriosa Roma di prima – per rifugiarsi nei suoi possedimenti nel sud della Francia. Ci ha lasciato una relazione del suo viaggio intitolata “De Reditu suo”, che significa “del suo ritorno”, che possiamo leggere ancora oggi, quasi completo.


Quindici secoli dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, in questo documento di Namaziano abbiamo una fonte preziosa di informazioni su un mondo che stava per scomparire e che ci ha lasciato pochissimo. E' una relazione che ci può solo far chiedere coma poteva essere che Namaziano non avesse capito veramente niente di quanto stava accadendo a lui ed all'Impero Romano. E che ci racconta molto sul fatto che le nostre élite capiscono così poco di quello che ci sta succedendo.

Per capire il “De Reditu” dobbiamo capire il tempi in cui è stato scritto. Molto probabilmente, Namaziano raggiunse la maggiore età a Roma durante gli ultimi decenni del IV secolo, durante il regno di Teodosio I (347-395 DC), l'ultimo imperatore che ha governato insieme sia la metà Orientale come quella Occidentale dell'Impero. Quando Teodosio è morto, nel 395 DC, sono cominciate le ultime convulsioni dell'Impero Romano d'Occidente, che avrebbero portato alla sua fine formale nel 476 DC. Ma, ai tempi di Namaziano, c'erano ancora Imperatori Romani, c'era ancora un Senato Romano, c'era ancora la città di Roma, forse ancora la più grande città dell'Europa occidentale. E c'erano ancora eserciti Romani incaricati di difendere l'Impero dagli invasori. Tutto questo stava per scomparire rapidamente, molto più rapidamente di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare a quel tempo.

Namaziano deve essere stato già un importante patrizio di Roma quando Stilicone guidò ciò che Gibbon chiama “l'ultimo esercito della Repubblica” a fermare i Goti che scendevano verso Roma in una battaglia che ha avuto luogo nel 406 DC. Poi c'è stata la caduta di Stilicone, giustiziato per tradimento sotto l'Imperatore Onorio. Poi è venuta l'invasione da parte dei Goti sotto Alarico e la presa di Roma nel 410 DC. Nel complesso, Namaziano vide la caduta di sei pretendenti al trono Occidentale, diverse grandi battaglie, il sacco di Roma e molto altro.

Quei tempi difficili hanno visto anche diverse figure che ricordiamo ancora oggi. Di coloro che erano contemporanei di Namaziano, abbiamo Galla Placidia, l'ultima (ed unica) imperatrice dell'Impero Romano d'Occidente ed è probabile che Namaziano l'avesse conosciuta personalmente quando era una giovane principessa. Namaziano deve aver saputo anche della storia di Ipazia, la filosofa pagana assassinata dai Cristiani in Egitto nel 415 DC. Probabilmente conosceva anche di fama Agostino (354-430), vescovo della città Romana di Hippo Regius, in Africa. Ci sono altre figure storiche contemporanee di Namaziano, anche se è improbabile che ne avesse mai sentito parlare. Una era un giovane guerriero che vagabondava sulle pianure orientali dell'Europa, il cui nome era Attila. Un altro (forse) era un signore della guerra della regione chiamata Britannia, che noi ricordiamo come “Artù”. Infine, Namaziano non avrà probabilmente mai sentito parlare di un giovane patrizio Romano di nome “Patricious” (in seguito conosciuto come “Patrick”), che avrebbe viaggiato fino alla lontana isola di “Hybernia” (oggi conosciuta come Irlanda) circa 20 anni dopo che Namaziano ha iniziato il suo viaggio verso la Gallia.

Ma chi era Namaziano? Gran parte di ciò che sappiamo di lui proviene dal suo stesso libro, De Reditu, ma ci è sufficiente per mettere insieme qualcosa su di lui e sulla sua carriera. Così, sappiamo che era venuto da una famiglia ricca e potente della Gallia, la moderna Francia. A Roma ha ottenuto incarichi prestigiosi: prima è stato “magister officiorum”, qualcosa di simile ad un Segretario di Stato, poi “praefectus urbi”, il Governatore di Roma.

Durante quei tempi difficili, gli Imperatori avevano lasciato Roma per un rifugio più sicuro nella città di Ravenna, sulla costa orientale italiana. Quindi, per qualche tempo, Namaziano deve essere stato la persona più potente in città. E' stato probabilmente incaricato di difendere Roma dagli invasori Goti, ma non è riuscito ed evitare che prendessero la città e la saccheggiassero nel 410. Forse ha anche cercato – senza successo – di evitare il rapimento da parte dei Goti della figlia dell'Imperatore Teodosio, Galla Placidia, che in seguito è diventata imperatrice. Deve anche essere stato coinvolto in qualche modo nei drammatici eventi che hanno visto il Senato Romano accusare la vedova di Stilicone, Serena, di tradimento e di averla fatta giustiziare per strangolamento (sono stati anni proprio pieni di eventi).

Non sappiamo se qualcuno o tutti quegli eventi possano essere considerati collegati alla decisione di Namaziano di lasciare Roma (forse persino scappare da Roma). Forse c'erano altre ragioni, forse ha semplicemente rifiutato l'idea di restare in una città mezzo distrutta e pericolosa. Ma, per quello che ci interessa qui, possiamo dire che se c'era una persona che poteva avere una chiara visione della situazione dell'Impero, questa era proprio Namaziano. Come prefetto di Roma, doveva avere delle relazioni che gli arrivavano da tutte le regioni ancora in mano all'Impero. Deve aver saputo dei movimenti degli eserciti Barbari, del tumulto nei territori Romani, delle rivolte, dei banditi degli usurpatori e degli Imperatori. Inoltre, era un uomo di cultura, abbastanza da scrivere in seguito un lungo poema, il suo “De Reditu”. Certamente conosceva bene la storia Romana, in quanto doveva avere buona famigliarità coi lavori degli storici Romani, Tacito, Livio e Sallustio, fra gli altri.

Ma Namaziano poteva capire che l'Impero Romano d'Occidente stava collassando? Forse, sorprendentemente, non poteva. E' chiaro dalla sua relazione di viaggio verso la Gallia via mare. Leggete questo estratto dal “De Reditu”:

“Ho scelto il mare, visto che le strade via terra, se sono al loro livello, sono allagate dai fiumi, mentre se sono sulle alture, sono tempestate di pietre. Visto che la Toscana e la via Aurelia, dopo avere subito gli oltraggi col fuoco e la spada da parte dei Goti, non possono non possono più controllare le foreste con fattorie o i fiumi coi ponti, è meglio affidare le mie vele all'imprevedibile”. 

Vi pare possibile? Se c'era una cosa di cui i Romani sono sempre stati orgogliosi erano le loro strade. Queste strade avevano uno scopo militare, naturalmente, ma tutti potevano usarle. Un Impero Romano senza strade non è l'Impero Romano, e una cosa del tutto diversa. Pensate a Los Angeles senza autostrade. Namaziano ci racconta anche di porti insabbiati, città deserte, un paesaggio di rovine che vede mentre procede verso nord lungo la costa italiana.

Ma Namaziano, in realtà, non capisce nulla di quello che sta succedendo. Può solo interpretarlo come un contrattempo momentaneo. Roma ha visto tempi difficili in precedenza, sembra pensare, ma i Romani hanno sempre trionfato sui loro nemici. E' sempre stato così e sarà sempre così, Roma tornerà di nuovo ricca e potente. Namaziano non è mai diretto nelle sue accuse, ma è chiaro che vede la situazione come il risultato del fatto che i Romani hanno perduto le loro antiche virtù. Secondo lui, è tutta colpa di quei Cristiani, quella setta perniciosa. Sarà sufficiente tornare ai vecchi modi e ai vecchi Dei e tutto sarà di nuovo a posto.

Quest è ancora più agghiacciante della relazione sulla decadenza delle città e delle fortificazioni. Come poteva Namaziano essere così miope? Com'è possibile che non vedesse che c'era molto di più nella caduta di Roma che non la perdita delle virtù dei patriarchi dell'antichità? E, tuttavia, non è solo un problema di Namaziano. I Romani non hanno mai realmente capito cosa stesse succedendo al loro Impero, eccetto in termini di problemi militari che hanno sempre visto come temporanei. Sembra che abbiano sempre pensato che questi problemi potevano essere affrontati aumentando le dimensioni dell'esercito o costruendo più fortificazioni. E sono stati trascinati in una spirale mortale in cui più risorse spendevano in eserciti e fortificazioni, più l'Impero diventava povero. E più l'Impero diventava povero, più era difficile tenerlo insieme. Alla fine, a metà del V secolo, c'erano ancora persone a Ravenna che pretendevano di essere “Imperatori Romani”, ma nessuno più prestava loro attenzione.

Così, Namaziano ci fornisce uno scorcio prezioso di com'è vivere un collasso “dall'interno”. Gran parte delle persone semplicemente non si accorgono che sta succedendo – è come essere un pesce: non vedi l'acqua. Quindi, pensiamo ai nostri tempi. Capite il problema?



Il “De Reditu” ci è giunto incompleto e non sappiamo quale fosse la conclusione del viaggio via mare di Namaziano. Di certo, dev'essere arrivato da qualche parte, perché ha potuto completare la sua relazione. Molto probabilmente ha raggiunto la sua proprietà in Gallia e, forse, è vissuto lì fino a tarda età. Ma possiamo anche immaginare un destino più difficile per lui se facciamo riferimento ad un documento contemporaneo, l'“Eucharisticos”, scritto da Paolino di Pella, un altro ricco patrizio Romano. Paolino combatté duramente per conservare le sue grandi proprietà in Francia, nonostante le invasioni barbariche e il collasso sociale, ma scopri che i titoli terrieri hanno poco valore se non c'è un governo che li possa far valere. In tarda età, fu costretto a ritirarsi in una piccola proprietà a Marsiglia, raccontando che, perlomeno, era felice di essere sopravvissuto. Forse a Namaziano è accaduto qualcosa di simile. Anche coloro che non capiscono il collasso sono condannati a viverlo.