giovedì 30 aprile 2015

Cambiamento climatico:l'effetto Seneca può salvarci?

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Il “Dirupo di Seneca” (o “Collasso di Seneca”). L'antico filosofo Romano disse che “La strada dell'ascesa è lenta, ma quella della rovina è rapida”. Un Collasso di Seneca” dell'economia mondiale ridurrebbe sicuramente le possibilità di un disastro climatico, ma sarebbe un grande disastro in sé e potrebbe anche non essere sufficiente. 

Niente di ciò che facciamo (o cerchiamo di fare) sembra essere in grado di fermare l'accumulo di biossido di carbonio in atmosfera. E, di conseguenza, niente sembra essere in grado di fermare il cambiamento climatico. Con la situazione che peggiora in continuazione (guardate qui, per esempio), siamo a sperare che un qualche tipo di accordo internazionale per limitare le emissioni possa essere raggiunto. Ma, dopo molti tentativi e molti fallimenti, possiamo davvero aspettarci che la prossima volta, miracolosamente, possiamo avere successo?

Un'altra linea di pensiero, invece, sostiene che l'esaurimento ci salverà. Dopotutto, se finiamo il petrolio (e i combustibili fossili in generale) dovremo smettere di emettere gas serra. Questo non risolverà il problema? In linea di principio sì, ma succederà?

Il nocciolo del dibattito sull'esaurimento dei combustibili fossili è che, nonostante le risorse teoricamente abbondanti, il tasso di produzione è fortemente condizionato da fattori economici. Questi fattori costringono normalmente la curva di produzione a seguire una forma “a campana”, o “di Hubbert”, che raggiunge il picco e comincia a declinare molto prima che le risorse finiscano in senso fisico. In pratica, gran parte degli studi che tengono conto del fenomeno del “picco” giungono alla conclusione che gli scenari del IPCC spesso sovrastimano la quantità di carbonio fossile che si può bruciare (vedete questa recente rassegna di Hook et al.). Da questo, alcuni sono giunti alla conclusione ottimistica che il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico (vedete questo mio post). Ma questo è troppo semplicistico.

Il problema del cambiamento climatico non è che le temperature continueranno a crescere dolcemente da adesso alla fine del secolo. Il problema è che ci troveremo in grossi guai molto prima se lasciamo aumentare le temperature oltre un certo limite. Aumento del livello del mare, acidificazione dell'oceano e desertificazione sono soltanto alcuni dei problemi, ma uno peggiore potrebbe rivelarsi il “punto di non ritorno climatico”. Cioè che, oltre un certo punto, l'aumento delle temperature comincia ad essere alimentato da una serie di effetti di retroazione interni all'ecosistema e il cambiamento climatico diventerebbe inarrestabile.          

Non sappiamo dove possa essere situato il punto di non ritorno climatico, ma c'è un consenso sul fatto che dobbiamo impedire che le temperature aumentino oltre un certo limite. Spesso il livello di 2°C è considerato il limite per evitare la catastrofe. Grazie al saggio del 2009 di Meinshausen et al. possiamo stimare che, da ora in avanti, non dobbiamo rilasciare più di circa 1x10+12 t di CO2 nell'atmosfera. Considerando che finora abbiamo rilasciato circa 1,3x10+12 t di CO2 (fonte: global carbon project), il totale non deve essere più di circa 2,3x10+12 t di CO2.

Cosa possiamo aspettarci quindi in termini di emissioni totali considerando uno scenario di “picco”? Lasciate che vi mostri alcuni dati di Jean Laherrere, che è stato fra i primi a proporre il concetto di “picco del petrolio”.


In questa figura, fatta nel 2012, Laherrere elenca le quantità di combustibili bruciate, con una “U” ("ultimate"), misurate in Tboe (Terabarrels of oil equivalent, vedete più in fondo i fattori di conversione usati). Come prima approssimazione, se tutte le emissioni fossero da petrolio greggio, emetteremmo 4,5x10+12 t di CO2. Le cose cambiano un po' se separiamo i contributi dei tre combustibili fossili. Il petrolio greggio, da solo, produrrebbe 1,3x10+12 t di CO2. Il carbone produrrebbe 2,8x10+12 t e il gas naturale 0,95x10+12 t. Il risultato finale è quasi esattamente  5x10+12 t di CO2.

In breve, anche se seguiremo una traiettoria di “picco” nella produzione di combustibili fossili, emetteremo circa due volte il biossido di carbonio di quello che al momento è considerato essere il limite “di sicurezza”.

Naturalmente, ci sono moltissime incertezze in questi calcoli e il punto di non ritorno potrebbe essere più lontano di quanto stimato. Ma potrebbe anche essere più vicino. A dobbiamo tenere conto del problema dell'aumento delle emissioni di CO2 per unità di energia man mano che progressivamente passiamo a combustibili più sporchi e meno efficienti. Così, stiamo davvero giocando col disastro, con una buona possibilità di correre dritti in una catastrofe climatica.

Ciononostante, potrebbe anche essere che Laherrere fosse ottimista nella sua stima. Infatti, la curva quasi simmetrica “a campana” o “di Hubbert” è il risultato dell'ipotesi che l'estrazione venga eseguita in un'economia pienamente funzionante. Ma, una volta che il sistema economico comincia a disfarsi, una serie di retroazioni distruttive accelerano il declino. Si tratta del “Collasso di Seneca” che genera una curva di produzione asimmetrica “il “Dirupo di Seneca”).

Il dirupo di Seneca ci può salvare? Perlomeno ridurrebbe considerevolmente la quantità di carbonio fossile bruciato. A titolo di prova, se il collasso dovesse cominciare entro i prossimi 10 anni e dovesse tagliare più della metà della produzione potenziale di carbone, allora potremmo rimanere entro il limite di sicurezza. Laddove Hubbert non può salvare l'ecosistema, Seneca potrebbe (forse).

Ma, anche se ciò dovesse avvenire, un collasso di Seneca è un grande disastro in sé per l'umanità, quindi c'è poco di cui rallegrarsi al pensiero che potrebbe salvarci dal cambiamento climatico fuori controllo. In pratica, la sola speranza di evitare il disastro sta nell'assumere un ruolo più attivo nel sostituire i fossili con le rinnovabili. In questo modo, possiamo costringere la produzione di combustibili fossili a diminuire più rapidamente, ma senza perdere la fornitura energetica di cui abbiamo bisogno. E' possibile – è un grande sforzo, ma possiamo farlo se siamo disposti a provarci (vedete questo saggio di Sgouridis, Bardi e Csala per una stima quantitativa dello sforzo necessario).
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Unità di conversione

Un Boe di petrolio greggio = 0,43 t CO2 (http://www.epa.gov/cleanenergy/energy-resources/refs.html)

Un Boe di carbone = 0,53 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)

Un Boe di gas naturale: 0,31 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)