lunedì 12 gennaio 2015

Si incolpa la Russia e si mettono i contribuenti statunitensi alle corde, mentre il boom del fracking collassa

Da “Truthout”. Traduzione di MR

Di Ben Ptashnik 


Vladimir Putin all'incontro annuale del World Economic Forum di Davos nel 2009. (Foto: World Economic Forum)

Mentre il congresso rimuove le restrizioni sulla possibilità che i contribuenti salvino le banche “troppo grandi per fallire”, la destra incolpa gli ambientalisti e la Russia per la morte del boom del fracking. In realtà, i titoli spazzatura delle banche e i derivati hanno inondato Wall Street ed ora la bolla del fracking minaccia un'altra crisi finanziaria.

Il collasso dei prezzi del petrolio greggio dovuto all'eccesso di offerta stanno raggiungendo le proporzioni di uno tsunami, minacciando le banche di Wall Street, gli investitori e dozzine di paesi, principalmente Russia, Iran e Venezuela, dove le perdite di introiti hanno causato un grave degrado finanziario e le economie stanno per implodere. Mentre oggi gli americani si godono la benzina a 2 dollari a gallone, gli analisti di Wall Street prevedono che un collasso del mercato energetico imminente metterà in ginocchio le istituzioni finanziarie ancora una volta e i contribuenti sono candidati per un altro salvataggio obbligatorio. Al centro di questi movimenti tettonici nell'intero settore energetico c'è la recente espansione dell'industria della fratturazione idraulica (fracking), un ciclo di espansione che è iniziato sul serio quando il Congresso e l'amministrazione Bush hanno approvato la Legge sulla Politica Energetica del 2005, che ha esentato la nuova tecnologia della trivellazione orizzontale dalla Legge per l'Acqua Pulita, dalle Legge sull'Acqua Potabile Sicura e dalla Legge di Politica Ambientale Nazionale. Mettendo in produzione quantità considerevoli di nuove risorse di petrolio e gas dai depositi di scisto, il boom del fracking ha promesso l'indipendenza energetica degli Stati Uniti, ribaltando i paradigmi prevalenti a livello mondiale sull'energia rinnovabile e sulle aspettative relative al picco del petrolio. Gli ambientalisti hanno combattuto contro l'enorme infrastruttura dell'oleodotto di Keystone che consegnerebbe i combustibili fossili ai mercati esteri, temendo che estrarre quelle risorse minerebbe la lotta per frenare le emissioni di carbonio.

Il fracking ha anche minacciato il dominio della Russia e dell'arabia saudita come fornitori di combustibili fossili dell'Europa quando è divenuto evidente che gli Stati Uniti sarebbero presto diventati un esportatore netto. Negli Stati uniti, il fracking è stato pubblicizzato a Wall Street come un'opportunità per arricchirsi in fretta, attraendo enormi ingressi di capitale e creando una bolla di investimento. Bloomberg quest'anno ha riportato che il numero di obbligazioni emesse dalle società di petrolio e gas è cresciuto di un fattore di nove dal 2004. “In questo momento gli investitori si stanno ubriacando di Kool-Aid, ha detto a Bloomberg Tim Gramatovich, responsabile degli investimenti e fondatore della Peritus Asset Management LLC, in un articolo dell'aprile 2014. “Le persone smarriscono la propria disciplina. Smettono di fare i calcoli. Smettono di tenere la contabilità”, ha continuato. “Stanno solo vivendo il sogno ed è questo che sta accadendo col boom dello scisto”. Quando il gas da fracking si è affacciato per la prima volta sulla scena, sono state fatte dichiarazioni altisonanti sul fatto che gli Stati Uniti avevano 100 anni di fornitura di gas sotto forma di scisto, o 2.560 milioni di piedi cubici. E Wall Street ha cavalcato quella stima iniziale. Il solo lato negativo (oltre al disastro ambientale lasciato da questa industria tossica) era che, come la bolla dell'edilizia che dipendeva da un valore della case sempre in crescita per rimanere redditizia, i pozzi di gas di scisto dovevano distribuire fornire una produzione ed una redditività costante o crescente per ripagare il pesante debito in prestiti agevolati che grava sulle società di trivellazione: da 3 a 9 milioni di dollari per pozzo. I pozzi del fracking non richiedono solo la trivellazione, ma anche un'enorme iniezione di energia, acqua, sabbia e sostanze chimiche per fratturare le rocce che contengono i depositi di petrolio e gas.




Ma di fatto nessuna prova statistica ha confermato le affermazioni pubblicizzate di una fornitura di 100 anni di gas di scisto. Nel 2011, uno studio ha ridimensionato questa stima da 2.560 trilioni di piedi cubici a 750 trilioni di piedi cubici e nel 2013, la Geological Survey statunitense ha ritoccato questa stima a 481 trilioni di piedi cubici – una fornitura di meno di 19 anni sulla base dei tassi di produzione del 2013. Ciononostante, enormi quantità di capitale sono confluiti nelle operazioni sempre più marginali e il mercato del fracking è stato inondato di obbligazioni spazzatura e derivati quando gli investitori vi si sono ammassati. Nel frattempo il fracking per il petrolio, che è a sé stante rispetto al fracking per il gas, aveva a sua volta bisogno di enormi iniezioni di capitale ma, ancora più importante, i fracker del petrolio avevano necessità che i prezzi del petrolio rimanessero in media al di sopra degli 85 dollari al barile o di più per fare a pari. Molti dei pozzi di di petrolio di scisto che hanno risucchiato un'enorme quantità di investimenti hanno anche rivelato di avere ita breve e i loro operatori hanno avuto bisogni di infusioni costanti di capitale per trivellare nuovi pozziper mantenersi a galla, anche mentre i prezzi crollavano a causa della saturazione che loro stessi avevano creato. Bakken, uno dei più grandi giacimenti di petrolio da fracking, ne è un esempio tipico. E' cresciuto esponenzialmente dopo che sono state tolte le protezioni ambientali. Ma dal 2008, Bakken ha richiesto un numero sempre maggiore di pozzi solo per mantenere il livello di produzione e pagare gli interessi sul debito. L'industria, già nei guai nel 2013, ora ha subito un crollo dei ricavi a causa di un anno di vendita del petrolio a 60-70 dollari al barile, in media, al posto di 90-100 dollari.


Grafico del giacimento petrolifero di Bakken. (Fonte- Post Carbon Institute: Drilling Deeper Report.)

Tutti si aspettavano che nel 2014 i sauditi si sarebbero mossi per limitare l'offerta e mantenere stabili i prezzi del petrolio riducendo la produzione, come ha fatto l'OPEC per decenni. Ma un'onda d'urto inaspettata ha colpito l'industria nel novembre 2014: i sauditi hanno lanciato il guanto di sfida ed hanno annunciato la loro intenzione di continuare a piena produzione e lasciar diminuire i prezzi del petrolio. Per i sauditi, questo ha due scopi: primo, mina l'espansione del petrolio di scisto statunitense spingendo i prezzi così in basso che molti dei pozzi devono essere chiusi o perdono soldi. Secondo, punisce i loro nemici, l'Iran, la cui economia basata sull'esportazione di petrolio è stata fatta a pezzi dai prezzi più bassi. I sauditi si rilassano, con un bottino di risparmi di guerra da un trilione di dollari accumulato in oltre un decennio di petrolio a 100 dollari al barile. Il ministro del petrolio Ali al-Naimi ha ammesso pubblicamente che i sauditi aspetteranno quanto c'è da aspettare per conservare la quota di mercato, anche se i prezzi dovessero diminuire ulteriormente. I prezzi del petrolio in diminuzione porranno un enorme stress sul mercato mondiale delle obbligazioni spazzatura in quanto le società energetiche ora costituiscono il 15% dell'emissione eccezionale nel mercato delle obbligazioni non-Investmente Grade. La caduta dei prezzi del greggio potrebbe innescare uno “shock di volatilità sufficientemente grande da innescare la successiva ondata di default”, secondo la Deutsche Bank. Ciò spiega perché l'amministrazione Obama – con la complicità sia dei Democratici si dei Repubblicani del Congresso – è riuscita facendo le ore piccole a infilare una scappatoia nella legge finanziaria omnibus “che deve passare”. Questo cavallo di Troia tossico, passato nel dicembre 2014, ora include una disposizione minore a piè di pagina che potrebbe causare ai contribuenti il pagamento di un conto di più di un trilione di dollari (sì, trilione) se la bolla del mercato dell'energia implode, cosa che farà se il petrolio rimane a metà del prezzo che raggiungeva solo sei mesi fa.

All'ultimo minuto, una pesante lobbying sulla legge finanziaria da parte di Jamie Dimon di JPMorgan Chase e di un esercito di 3.000 lobbisti di Wall Street, sembra che ancora una volta siano state diffuse sufficienti  insicurezza e paura fra la classe politica riguardo alla destabilizzazione dei mercati finanziari (o la revoca del finanziamento alle campagne elettorali). Hanno approvato un emendamento dell'ultimo minuto che ha fatto fuori le protezioni Dodd-Frank ed ha permesso che i contribuenti statunitensi vengano perquisiti per coprire la debacle delle scommesse di Wall Street sullo scisto. La mossa dall mano pesante dell'industria finanziaria ha fatto indignare progressisti e libertari allo stesso modo. Sembra che questi criminali di Wall Street, come tossici attaccati alla loro droga preferita, proprio non potessero resistere alla sbronza di contante facile delle bolle del mercato dello schema Ponzi e quindi lo hanno affibbiato di nuovo al pubblico statunitense: erano in gioco indennità assurdamente enormi, Porsche, costose ragazze squillo appartamenti da milioni di dollari a Manhattan. Quindi dai, perché dovrebbero liberarsi dell'abitudine? Dopotutto, non uno solo di questi truffatori è finito in galera la volta scorsa. Wall Street ora è inondata di contratti derivati dell'industria del fracking che proteggono i profitti dei produttori di petrolio dalle oscillazioni drammatiche del mercato. I derivati sono essenzialmente polizze di assicurazione stipulate dall'industria petrolifera per proteggersi dalle fluttuazioni del costo delle forniture di combustibili fossili. Raramente accadono oscillazioni drammatiche, ma quando succede possono essere assolutamente paralizzanti.

I derivati stipulati per assicurarsi che i prezzi non scendano ora stanno creando miliardi di perdite a coloro che hanno venduto tali scommesse sul mercato, qualcuno dovrà assorbire perdite massicce create da un improvviso calo del petrolio dall'altro capo di quei contratti assicurativi. In molti casi sono le grandi banche di Wall Street e se il prezzo del petrolio non recupera in modo sostanziale, potrebbero affrontare perdite colossali. Le grandi banche di wall Street non si aspettavano il crollo dei prezzi delle abitazioni  facesse implodere il mercato dei titoli sostenuto dai mutui nel 2008, ma i loro modelli attuali non avevano a loro volta prezzi del petrolio a 60 dollari fra le loro proiezioni. Le enormi perdite potrebbero indurre un'onda d'urto nell'intera industria finanziaria. E' stato stimato che le 6 maggiori banche “troppo grandi per fallire” controllano 3.9 trilioni di dollari in beni di contratti derivati, gli stessi strumenti di azzardo che ci hanno portato il collasso del mercato immobiliare nel 2008. E un pezzo molto grande di quella quantità è costituito da derivati petroliferi. Uniti con l'enorme inondazione di obbligazioni spazzatura dello scisto sul mercato, i derivati potrebbero iniziate uno scoppio della bolla che si potrebbe trasformare in una implosione del mercato finanziario. Nel frattempo, il problema del cambiamento climatico globale e la turbolenza del mercato dell'energia si sono trasformate in tensioni geopolitiche sul fracking europeo. Alcune accuse infondate in un servizio del New York Times di Andrew Higgins sostengono che i russi stiano finanziando le proteste anti-fracking per conservare la propria egemonia sui mercati del gas. Le accuse hanno fatto infuriare gli ambientalisti e gli attivisti per la giustizia climatica. L'ultima cosa che vogliono è diventare i capri espiatori del collasso del fracking ed essere dipinti come gli zimbelli della nuova guerra fredda dell'impero russo. Ma le memorie dell'adescamento rosso girano improvvisamente nell'aria (per apparente coincidenza) mentre dozzine di siti di destra regolarmente dediti alle calunnie anti-sovietiche o al negazionismo climatico, hanno immediatamente raccolto il pezzo di Higgins sul Times, con tempismo perfetto. Ora ci sono dozzine di rapporti del genere in più pubblicati. Anche mentre l'industria del fracking statunitense collassa e le tensioni sul controllo dell'Ucraina ed altri ex satelliti sovietici riemergono, sembra che ci sia uno sforzo concertato della destra per etichettare chi si oppone al fracking come agenti russi.

Insinuazioni vaghe dominano questa narrazione. Nel pezzo del times, per esempio, viene citato l'ex Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen: “Ho incontrato gli alleati che possono riportare che la Russia, come parte delle loro sofisticate operazioni di informazione e disinformazione, si impegna attivamente con le cosiddette organizzazioni non governative”. Altri scrivono: “Alcuni a Sofia credono” o “Quelli che sospettano un coinvolgimento russo” o “Non c'è ancora nessuna pistola fumante...”. Dei  critici in Romania hanno accusato il Times e Higgins di fare degli ambientalisti dei capri espiatori e di comportarsi da giocatori di parte in una rinnovata guerra fredda. “Qual è esattamente questa grande quantità di prove che la Russia stia finanziando queste proteste anti-fracking?”, chiede il blogger americano i Romania Sam C. Roman, nel suo articolo “Pot Vs. Kettle” (modo di dire che identifica due persone che si accusano a vicenda di essere quello che sono loro stesse in prima persona), indicando che la prima accusa anti Russia è venuta da un politico che possedeva della terra in cui la Chevron aveva pensato di fare fracking e che quindi perde soldi a causa delle proteste. “Nessuna accusa contro la Russia in tutto l'articolo è provata da un singolo documento, elemento probante o altra prova diretta. Tutto ciò che c'è sono insinuazioni nebulose e accuse”. Roman asserisce che le accuse dei funzionari lituani, rumeni e della NATO contro la Russia finora non sono state sostenute da nessuna prova. “Tirate le somme”, scrive Roman. “Ci sono due ex [segretari generali] della NATO che fanno comizi per la Chevron (che è in concorrenza con la Gazprom, una società energetica russa che a sua volta conduce operazioni di fracking in Europa) che danno la colpa al governo russo delle proteste... E tutto questo tenuto insieme con un bel fiocchetto da un giornalista americano che è già stato beccato in precedenza a pubblicare propaganda anti-russa nel suo quotidiano”. Tutto ciò lascia gli Stati Uniti piuttosto schizofrenici. Da un lato, i falchi della politica estera degli Stati Uniti e della NATO contentissimi dal collasso del prezzo del petrolio, poiché serva ad isolare e sottomentere la Russia, a espandere l'influenza della NATO in Europa orientale e a mettere pressione sull'Iran a negoziare sulle aspirazioni nucleari. Per non parlare della benzina a 2 dollari a gallone, delle spese dei consumatori e del fatto che la crescita economica sarà rafforzata. L'economia statunitense è cresciuta di un relativamente robusto 5% nel terzo quarto del 2014.

Secondo un articolo di Larry Elliott su The Guardian, “La posta in gioco è alta se gli Stati Uniti giocano la carta del petrolio contro l'Iran e la Russia”, la diminuzione del prezzo è stato un atto di guerra geopolitica da parte degli Stati uniti, amministrato dai sauditi. Elliot suggerisce che il segretario di stato statunitense John Kerry avrebbe raggiunto un accordo cole re dell'Arabia Saudita Abdullah a settembre. Ciò potrebbe spiegare come i prezzi del petrolio siano scesi durante la crisi causata dallo stato islamico in Iraq e Siria, che normalmente avrebbero causato un aumento dei prezzi. Ciò spiegherebbe anche perché l'amministrazione Obama ha concesso all'industria finanziaria l'emendamento alla Dodd-Frank che di fatto la esenta le istituzioni finanziarie dalla responsabilità associata ai derivati. Anche se i derivati dello scisto non sono stati specificatamente menzionati dai lobbisti di Wall Street quando hanno fatto pressione su loro alleati al Congresso e alla Casa Bianca, sta diventando sempre più chiaro che la banche troppo grandi per fallire stavano cominciando ad avere paura mentre nuvole oscure si addensavano all'orizzonte del mercato dei derivati dello scisto. Gran parte dei clienti delle banche e degli elettori non sanno che il Congresso ha già scritto nelle leggi finanziarie che, in caso di insolvenza, le istituzioni finanziarie potrebbero prendersi i beni dei correntisti e “bail-in” (salvarsi da sole) – il che significa che possono salvarsi dalle proprie perdite in operazioni azzardate sui loro dipartimenti di investimento prendendo beni in contanti dei correntisti, persino quelli garantiti da FDIC e legalmente trasformarli un azioni bancarie. Ciò significa che nel caso di un altro collasso del mercato, Chase e Citi potrebbero prendere il contante dei loro correntisti nei libretti di risparmio o dai loro certificati di deposito e dare in cambio ai correntisti un titolo azionario della banca (di valore discutibile). Ci sono anche quelli che si grattano la testa e si chiedono “Perché ora le banche troppo grandi per fallire spingono per una cancellazione della clausola Dodd-Frank, al posto di aspettare che il più amichevole Congresso controllato dai repubblicani faccia passare questa legge?” La sola risposta che sembra avere senso e spiega la loro urgenza è che il collasso è imminente. Nella smania dot-com degli anni 90, ogni nuova start-up di società della Silicon valley veniva pubblicizzata come la futura Microsoft. Ciò che ne è seguito è stato il collasso del 2000, quando il NASDAQ è sceso di 4.000 punti (80%) in pochi mesi. Il grafico sotto mostra come appariva il collasso dal 2000 al 2002, dopo che il mercato aveva raggiunto i 5.000 punti (quasi esattamente dove si trova oggi).



(Fonte: NASDAQ) 

Avendo imparato bene la lezione dell'ultimo salvataggio e sapendo che avranno molta più difficoltà ad andare al Congresso col cappello in mano dopo un collasso, le banche troppo grandi per fallire probabilmente hanno deciso di non aspettare, spingendo i loro tirapiedi della stanza dei bottoni a vaccinarsi prima possibile dalla potenziale esplosione del mercato. Nel frattempo, stavano probabilmente scaricando le proprie azioni su investitori ignari. Sulla base dei rapporti di fine anno del 31 marzo 2014, per le 127 società petrolifere più grandi, l'ingresso di contante dell'industria del fracking è stato di 677 miliardi di dollari, mentre gli introiti delle operazioni assommavano a soli 568 miliardi di dollari – una differenza di quasi 110 miliardi di dollari. E questo è successo prima che il prezzo del petrolio cominciasse a scendere sei mesi fa. In 3 su 7 dei giacimenti di fracking in Nord America, le società stanno già lamentando perdite, con chiusure particolarmente gravi in Canada. Non è chiaro se gli economisti apprezzino pienamente quello che sta per trapelare. Questo declino nel numero di piattaforme è solo l'inizio. Forse la fine verrà prima dell'inverno o della primavera; quando verranno pubblicati i rapporti del quarto triennio del 2014, le operazioni chiuse, le squadre licenziate e molte piattaforme di petrolio e gas non redditizie verranno messe fuori servizio. Quindi, chi useranno come capro espiatorio le banche, i broker e gli investitori per questo imminente collasso? Alcuni prevedono che probabilmente useranno ogni organo di stampa disponibile per incolpare gli attivisti delle comunità, i democratici e Obama per aver fermato l'oleodotto di Keystone e per essersi opposto all'industria del fracking. E come nel movimento del negazionismo climatico, la narrazione userà probabilmente la retorica “comunista” e “socialista”, che è la ragione per cui la carta russa è così importante da giocare. Poi l'articolo di Higgins. I sapientoni della Fox probabilmente giocheranno sul patriottismo della destra ed useranno il loro stratagemma della Grande Bugia (una cosa detta molte volte diventa realtà). Fra sei mesi, evitando diligentemente di menzionare i nostri “alleati”, i sauditi, o le banche di Wall Street, probabilmente difenderanno a gran voce quei poveri “petrolieri statunitensi assediati” che avrebbero potuto rendere il nostro paese ancora forte ed energeticamente indipendente, ma che sono stati fatti a pezzi dai democratici e da quei “comunisti ambientalisti” che lavorano per Putin. Il crollo del mercato sarà imputato alla “bufala del clima”.