mercoledì 5 marzo 2014

Il ritorno del picco del petrolio




Da “PennEnergy”. Traduzione di MR

Di Colin Chilcoat

Il picco del petrolio è entrato nel nostro lessico nel 1956 e da allora ha dato vita a infinite discussioni sulla natura finita degli idrocarburi della nostra Terra. Nel mondo dell'energia, nessun altro fenomeno ha attraversato più di frequente il terreno fra rilevanza e obsolescenza. Tuttavia, l'idea in sé ha diverse interpretazioni. Il picco del petrolio è relativamente indipendente dal volumetotale delle riserve, che di fatto sono aumentate. Piuttosto, M. King Hubbert, il geologo americano che ha coniato il termine, si preoccupava dei tassi di produzione, che sono a loro volta influenzati da limiti politici, tecnologici ed economici. Mentre le previsioni di estrazione di Hubbert sono superate, il suo principale contributo (la curva di Hubbert) rimane ancor oggi significativo. La curva presuppone che la produzione regionale e/o globale di combustibile fossile segue nel tempo una curva a campana. Più specificamente, a seguito di una scoperta, la produzione aumenta esponenzialmente e infine raggiunge un picco, dopo il quale la produzione subisce un declino esponenziale analogo. Hubbert ha correttamente previsto il picco della produzione negli Stati Uniti, che è avvenuto all'inizio degli anni 70. Tuttavia, i progressi tecnologici hanno fatto strada ad un secondo picco statunitense ed ha aperto la porta ad un picco globale ritardato.

La rivoluzione dello scisto negli Stati Uniti ha riportato in auge la credenza diffusa nella longevità degli idrocarburi ed ha bloccato la crescita del settore dell'energia rinnovabile. La produzione di petrolio greggio statunitense è aumentata tutti gli anni dal 2008 ed alcuni attori dell'industria hanno sognano un occidente come l'Arabia Saudita. Ciononostante, una tale rinascita è probabilmente un'eccezione e non la regola.

Figura 1: Produzione di petrolio greggio statunitense


Globalmente, la produzione di petrolio greggio sta diminuendo ad un tasso di circa 3,5 milioni di barili all'anno. Fra le 34 economie ad alto reddito che fanno parte dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), la produzione ha visto una crescita modesta, in gran parte grazie a Stati Uniti e Canada. Tuttavia, a parte l'America, la produzione è scesa sia nell'area OCSE di Asia e Oceania, sia in quella dell'Europa, del 18,1 e del 7,4 rispettivamente se confrontata all'anno precedente. Ad oggi, la rivoluzione dello scisto deve ancora decollare dall'altra parte dell'Atlantico, ma non certo per mancanza di volontà. I giganti dell'energia hanno trovato potenziali pretendenti in paesi come Polonia, Francia e Regno Unito, ma la gente, e finora anche i governi, hanno espresso la loro preferenza per uno sviluppo più verde di fronte alla reputazione meno pulita della fratturazione idraulica. In ogni caso, un'Europa alimentata dallo scisto offre poco in direzione di una spinta alla produzione globale. Rispetto ai pozzi convenzionali, i pozzi del fracking declinano in modo iperbolico. Il ritorno iniziale è alto, ma il flusso declina rapidamente prima di livellarsi. I pozzi possono essere re-fratturati diverse volte nell'arco della loro vita. Tuttavia, i risultati, sia in termini di flusso sia in termini di impatto ambientale, sono molto variabili ed ognuno rappresenta un caso a sé.

Tassi di declino a parte, non abbiamo visto il livello di esplorazione e sviluppo richiesto per compensare i declini di produzione della fonti convenzionali. Parlando di più di considerazioni finanziarie, le attuali condizioni dell'economia globale semplicemente non supportano l'intensificazione dello sviluppo di fonti convenzionali e non convenzionali. Molte aree del globo sono ancora nella morsa della recessione e di conseguenza la domanda i combustibili fossili costosi è stagnante. Prezzi sostenuti di circa 110 dollari al barile manterranno probabilmente tale domanda relativamente piatta nel prossimo futuro. In aggiunta, questi prezzi, e qualsiasi prezzo inferiore, garantiscono praticamente che le compagnie lavorino in rosso una volta che i frutti più a portata di mano saranno stati raccolti. I prezzi vicini ai 150 dollari al barile sosterrebbero sicuramente un nuovo sviluppo e, nel tempo, una crescita della produzione. Tuttavia, le economie nazionali avrebbero difficoltà a sostenerne i costi. Un esame del ritorno dall'investimento (EROEI) spiega ulteriormente la relazione fra energia e crescita economica. L'EROEI è riferito alla quantità di energia prodotta di fronte alla quantità di energia spesa per estrarre, trasportare e fare uso di quella energia. L'EROEI è espresso come rapporto. Mentre questo rapporto si avvicina ad 1, il guadagno netto di energia diminuisce. Globalmente, l'EROEI è di circa 15; l'EROEI delle fonti non convenzionali è inferiore, di circa 10. Mentre l'EROEI di una fonte diminuisce, la stessa fonte di energia diventa più preziosa; la risorsa è più difficile da ottenere e la tensione sull'economia per ottenerla è a sua volta maggiore. La dipendenza della crescita economica globale dal petrolio a buon mercato non è un segreto e, in assenza di un combustibilke alternativo, la crescita economica a lungo termine sarà sempre più difficile da realizzare. A questo proposito, considerando i limiti economici e della domanda, la produzione di petrolio greggio ha probabilmente già raggiunto il proprio picco.

Figura 2: Energia e PIL


Nel mondo post picco ci sono ancora giochi da fare ed utili da realizzare. Diverse di queste si trovano nella Federazione Russa che, nonostante si trovi di fronte al declino delle sue gigantesche aree industriali dismesse, di recente ha superato l'Arabia Saudita come primo produttore di petrolio greggio del mondo. Per mantenere gli ambiziosi obbiettivi di produzione di Putin, la Russia affronterà costi di sviluppo sempre più esorbitanti, in quanto stanno testando l'Artico e magari prova a cimentarsi nel non convenzionale. Mentre non è particolarmente aperto alla collaborazione estera, Putin e la Russia avranno bisogno di aiuto estero se vogliono mantenere il loro passo da leader sia per il petrolio che per il gas. La IEA stima che serviranno investimenti, da parte dei produttori russi di gas, che ammontano a 730 miliardi di dollari per sostenere l'attuale produzione di circa 655 miliardi di metri cubi. La situazione riguardo alla sostituzione dei liquidi è forse ancora più terribile, in quanto circa il 50% del bilancio federale russo viene bilanciato con i proventi del petrolio. In aggiunta, la Russia rimane un price taker, soggetta alla volatilità intrinseca del prezzo. Non potendosi permettere uno scivolone del prezzo, la Russia deve appoggiarsi alla propria produzione per assicurarsi stabilità.

E qui si inserisce il recente, e in qualche modo inaspettato, rilascio dell'ex magnate del petrolio ed ex uomo più ricco della Russia, Mikhail Khodorkovsky. Khodorkovsky ha passato l'ultimo decennio dietro le sbarre per un lungo elenco di crimini facilmente attribuibili praticamente a tutti i suoi confratelli oligarchi. A differenza degli altri, tuttavia,  Khodorkovsky sembra che abbia dimenticato, o piuttosto sfidato, le regole del gioco. In un sistema di limiti legali deboli, i diritti di proprietà perdono il loro valore e, bene che vada, riflettono un privilegio garantito da coloro che controllano i diritti. Dopo aver messo saldamente il piede nell'arena politica, violando un accordo non scritto fra Putin e gli oligarchi, Khodorkovsky è stato improvvisamente incarcerato nel 2003 e la sua azienda multi miliardaria in dollari è stata sottratta al suo controllo, andando in seguito a formare la spina dorsale del gigante petrolifero nazionale Rosneft. Le conseguenze sono state immediate in quanto le fughe di capitali sono quadruplicate l'anno successivo. Nel 2010, Khodorkovsky è stato condannato a pene aggiuntive per appropriazione indebita e riciclaggio di denaro, allontanando la data del suo rilascio al 2014.

Il 19 dicembre 2013, Putin ha sorpreso tutte le parti coinvolte annunciando che intendeva perdonare Khodorkovsky ed ha dato seguito all'annuncio con la sua liberazione il giorno successivo. L'improvviso cambiamento di atteggiamento genera molte domande, le cui risposte arrivano solo dalla speculazione. Il perdono arriva sulla scia di pesanti critiche sui diritti umani mentre il mondo anticipa il giochi olimpici invernali di Sochi. Tuttavia, il rilascio comporta implicazioni finanziarie, che probabilmente non sono sfuggite al presidente Putin. Per gli investitori stranieri e, forse più importante, per quelli interni, l'arresto di Khodorkovsky è servito come richiamo costante delle insicurezze finanziarie e contrattuali che caratterizzano l'attuale trappola istituzionale russa. L'investimento straniero diretto sta crescendo, ed è cresciuto in tutti gli ultimi tre anni, ma le cooperazioni internazionali significative si sono materializzate lentamente. Agli investitori interni manca la fiducia e la ricchezza sta ancora scorrendo via dal paese rapidamente. Come parte del suo rilascio, Khodorkovsky ha presumibilmente acconsentito di stare lontano dalla politica di tutti i giorni e di non cercare di recuperare le sue attività di Yukos perse. Evitando il suo esperto di affari e forse spaventato dal suo potenziale politico, Putin crede che il simbolismo, rappresentato dalla sua mera libertà, porti anche dei benefici.

Qualsiasi picco globale imminente è il prodotto di picchi di produzione a livello nazionale. Mentre l'arrivo esatto dei picchi globali e/o nazionali sono fortemente soggetti alle condizioni economiche dell'estrazione, il mondo puù star sicuro che l'era del petrolio a buon mercato è una cosa del passato. Fra le nazioni che troveranno difficile rimpiazzarlo, figuriamoci di aumentare la produzione, gli Stati Uniti e la Russia si classificano vicini alla vetta. Inoltre, la Russia continua ad essere una terra piena di burocrazia in cui l'efficienza è tutt'altro che la norma. Se si aggiungono i già alti costi di sostituzione e le spese di ricerca ed esplorazione in aumento, la Russia è proprio all'angolo. In questo contesto, la recente amnistia e specificatamente il rilascio di Khodorkovsky non sorprende del tutto, ma è invece un passo ben calcolato verso una nuova immagine e forse la più sottile delle ammissioni che, dopo anni di ostentazione, la Russia, soltanto probabilmente, potrebbe non essere in grado di farcela da sola.

Riferimenti bibliografici:

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