domenica 9 febbraio 2014

Dahr Jamail - Il segnapunti del cambiamento climatico

Da “Tomdispatch”. Traduzione di MR

 Da quando un'arma nucleare e' stata lanciata su Hiroshima, abbiamo vissuto con visioni di catastrofe globale, fine dei tempi apocalittica e estinzione che una volta era appannaggio soltanto della religione. Dal 6 agosto 1945 ci è stato possibile immaginare come gli esseri umani, non Dio, potrebbero metter fine alle nostre vite su questo pianeta. Concettualmente parlando, questo potrebbe essere il più impressionante singolo sviluppo della nostra era e, ad oggi, rimane terrificante e difficile da accettare. Ciononostante, le possibilità di apocalisse che si celano nel nostro sviluppo scientifico-militare ha agitato la cultura popolare nei decenni ad un'orgia di possibilità per la fine del mondo.

Nei decenni più recenti, una seconda possibilità per la fine del mondo (o almeno la fine del mondo come lo conosciamo) si è insinuata nella coscienza umana. Fino a relativamente poco tempo fa, il nostro bruciare combustibili fossili e sputare biossido di carbonio nell'atmosfera rappresentava un approccio così al rallentatore per rappresentare la fine dei tempi che non abbiamo neanche notato cosa stesse accadendo. Solo negli anni 70 l'idea del riscaldamento globale o cambiamento climatico ha iniziato a penetrare nella comunità scientifica, mentre negli anni 90 è arrivata nel resto del mondo e lentamente anche nella cultura popolare.

Eppure, nonostante le distruzioni meteorologiche sempre più forti – ciò che i notiziari ora amano chiamare “eventi meteo estremi”, compresi tifoni, uragani e tempeste invernali, incendi, ondate di calore, siccità e record della temperatura globale – il disastro sembrava ancora abbastanza lontano. Nonostante le notizie martellanti sugli allarmanti cambiamenti ambientali – massicce fusioni di ghiaccio nelle acqua dell'Artico, ghiacciai che si ritirano in tutto il mondo, la calotta glaciale della Groenlandia che comincia a fondersi, così come l'aumento dell'acidificazione delle acque oceaniche – niente di tutto questo, nemmeno la super tempesta Sandy che si abbatte sull'iconica capitale globale, New York, allagando parte del suo sistema di metropolitane, ha fatto breccia come 11 settembre climatico. Non negli Stati Uniti comunque.

Siamo passati, cioè, da nessun movimento al movimento lento e poi a una specie di negazione del movimento. Eppure nella comunità scientifica, dove le persone continuano a studiare gli effetti del riscaldamento globale, il tono sta cambiando. Sta diventando, si potrebbe dire, più apocalittico. Solo nelle ultime settimane un rapporto dell'Accademia Nazionale degli Scienziati ha suggerito che “cambiamenti improvvisi difficili da prevedere” nell'ambiente dovuti agli effetti del cambiamento climatico potrebbero portare il pianeta ad un “punto di non ritorno”. Oltre a questo, “[potrebbero] avvenire cambiamenti grandi e rapidi” - e questi potrebbero essere devastanti, compreso quel “jolly”, l'improvvisa fusione di parti della vasta calotta glaciale dell'Antartide, portando i livelli del mare molto più in alto.

Allo stesso tempo, il famoso scienziato del clima James Hansen e 17 colleghi hanno pubblicato un rapporto che fa accapponare la pelle sulla rivista PloS. Suggeriscono che l'obbiettivo accettato di mantenere l'aumento di temperatura a 2°C è un incarico da sciocchi. Se le temperature globali si avvicinano a quei valori – l'aumento finora è stato di meno di 1°C da quando è iniziata la rivoluzione industriale – sarà già tardi, dichiarano, per evitare conseguenze disastrose.

Considerate questa come la “temperatura” di fondo per l'ultimo pezzo di Dahr Jamail per TomDispatch, un'esplorazione di ciò che gli scienziati del clima appena oltre il mainstream pensano su come il cambiamento climatico colpirà la vita su questo pianeta. Qual è, in altre parole, la cosa peggiore che probabilmente potremmo affrontare nei decenni a venire? La risposta: uno scenario da incubo. Quindi allacciate le vostre cinture di sicurezza. Ci aspetta un viaggio tumultuoso. Tom

Stiamo cadendo nel precipizio climatico? Gli scienziati prendono in considerazione l'estinzione.

Di Dahr Jamail

Sono cresciuto programmando il mio futuro, chiedendomi in quale college sarei andato, cosa studiare e poi dove lavorare, quali articoli scrivere, quale sarebbe stato il mio prossimo libro, come pagare un mutuo e quale prossimo viaggio alpinistico mi sarebbe piaciuto fare.

Ora, mi interrogo sul futuro del nostro pianeta. Durante una recente visita ai miei nipoti di 8, 10 e 12 anni, mi sono trattenuto dal chiedere loro cosa volevano  fare da grandi, o qualsiasi altra domanda orientata al futuro che ero solito porre a me stesso. Ho fatto così perché la realtà della loro generazione potrebbe essere che domande come dove lavoreranno potrebbero essere sostituite da: dove prenderanno l'acqua potabile? Quale cibo sarà disponibile? E quali parti del loro paese e del resto del mondo saranno ancora abitabili?

La ragione, naturalmente, è il cambiamento climatico – e quanto brutta possa essere mi e' venuto a dimostrarlo a casa nel 2010. Stavo salendo sul monte Raineir, nello Stato di Washington, prendendo lo stesso sentiero che avevo usato per la mia scalata del 1994. Anziché sentire le punte di metallo dei ramponi attaccati ai miei scarponi scricchiolare sul ghiaccio di un ghiacciaio, mi rendevo conto che, a grandi altitudini, stavano ancora grattando contro la nuda roccia vulcanica. Poco prima dell'alba, i m miei passi facevano scintille.

Il sentiero era cambiato in modo sufficientemente drammatico da stordirmi. Ho fatto una pausa ad un certo punto per guardare giù alle ripide scogliere presso un ghiacciaio illuminate dal chiaro di luna 100 metri al di sotto. Mi è mancato il respiro quando mi sono reso conto che stavo guardando quello che era rimasto di un enorme ghiacciaio che avevo scalato nel 1994, quello che – proprio a questo punto – aveva fatto sì che i ramponi scricchiolassero sul ghiaccio. Mi sono fermato sulle mie tracce, respirando l'aria rarefatta di quelle altitudini, mentre la mia mente lavorava duramente per cogliere il dramma indotto dal cambiamento climatico che si era dispiegato da quando ero stato l'ultima volta in quel luogo.

Non sono tornato al monte Rainier solo per vedere quanto è ulteriormente retrocesso il ghiacciaio negli ultimi anni, ma di recente ho intrapreso una ricerca per scoprire quanto la situazione potrebbe essere brutta. Ho scoperto una serie di scienziati del tutto seri – non la maggioranza degli scienziati del clima, ad ogni modo, ma degli anomali riflessivi – che suggeriscono che la situazione non è solo molto, molto brutta; è catastrofica. Alcuni di loro pensano persino che, se i rilasci di biossido di carbonio in corso nell'atmosfera, grazie alla combustione di combustibili fossili, vengono aiutati e spalleggiati da enormi rilasci di metano, un gas serra ancora più potente, la vita come noi esseri umani l'abbiamo conosciuta potrebbe giungere ad una fine su questo pianeta. Sono spaventati dal fatto che potremmo trovarci rapidamente– o aver superato – ad un precipizio del cambiamento climatico da pelle d'oca.

Pensate che la tipologia di scienziati climatici più prudente, rappresentata dal prestigioso IPCC, disegnano scenari che sono solo leggermente meno da pelle d'oca. Ma passiamo un po' di tempo, come ho fatto io, con coloro che potremmo definire scienziati ai margini e ad ascoltare cosa hanno da dire.

“Non ci siamo mai trovati in questa situazione come specie”

“Noi come specie non abbiamo mai provato 400 parti per milione di biossido di carbonio nell'atmosfera” mi ha detto Guy McPherson, professore emerito di biologia evolutiva, risorse naturali ed ecologia all'Università dell'Arizona ed esperto di cambiamento climatico da 25 anni. “Non siamo mai stati su un pianeta senza ghiaccio artico e raggiungeremo le 400 ppm... nei prossimi 2 anni. In quel momento ci sarà anche la perdita del ghiaccio artico in estate... Questo pianeta non ha mai avuto un Artico senza ghiaccio per almeno gli ultimi 3 milioni di anni”.

Per i non iniziati, nei termini più semplici, ecco cosa significherebbe un Artico senza ghiaccio quando si tratta di riscaldamento del pianeta: minore copertura di ghiaccio riflettente sulle acqua dell'Artico, la radiazione solare verrebbe assorbita, non riflessa, dall'Oceano Artico. Ciò riscalderebbe quelle acque, e quindi il pianeta, ulteriormente. Questo effetto ha il potenziale per cambiare gli schemi meteorologici globali, variare il flusso dei venti e probabilmente un giorno anche di alterare la posizione della corrente a getto (jet stream). La corrente a getto polare sono fiumi di vento che fluiscono velocemente a grandi altitudini nell'atmosfera terrestre che muovono le masse di aria calda e fredda, giocando un ruolo cruciale nel determinare il meteo del nostro pianeta.

McPherson, che cura il blog “Nature Bats Last”, ha aggiunto “Non ci siamo mai trovati in questa situazione come specie e le implicazioni sono davvero spaventose e profonde per la nostra specie e il resto del pianeta vivente”.

Mentre la sua prospettiva è più estrema di quella della comunità scientifica mainstream, che vede il disastro vero di molti decenni nel futuro, McPherson è ben lontano dall'essere l'unico scienziato che esprime tali preoccupazioni. Il professor Peter Wadhams, un importante esperto dell'Artico all'Università di Cambridge, ha misurato il ghiaccio artico per 40 anni e le sue scoperte sottolineano le paure di McPherson. “il crollo del volume del ghiaccio è così rapido che ci porterà allo zero molto rapidamente”, ha detto Wadhams ad un giornalista. Secondo i dati attuali, Wadhams stima “col 95% di certezza” che l'Artico sarà completamente libero da ghiaccio in estate dal 2018. (I ricercatori della Marina statunitense hanno previsto un Artico libero dal ghiaccio persino prima, nel 2016).

Lo scienziato britannico John Nissen, presidente del Gruppo di Emergenza per il Metano Artico - Arctic Methane Emergency Group – (di cui Wadhams è membro), suggerisce che se la perdita di ghiaccio estivo marino supera “il punto di non ritorno” e entrano in gioco “le retroazioni catastrofiche del metano artico”, ci troveremo in una “emergenza planetaria istantanea”.

McPherson, Wadham e Nissen rappresentano solo la punta di un iceberg di scienziati che ci stanno mettendo in guardia sul disastro che incombe, in particolar modo per quanto riguarda i rilasci di metano artico. In atmosfera, il metano è un gas che, su scala temporale relativamente a breve termine, è di gran lunga più distruttivo del CO2. E 23 volte più potente rispetto al CO2 per molecola su una scala temporale di 100 anni, 105 volte più potente quando si tratta del riscaldamento del pianeta su una scala temporale di 20 anni – e il Permafrost artico, sulla terraferma o in mare, è pieno di questa roba. “Il letto del mare”, dice Wadham, “è permafrost marino, ma ora si  sta scaldando e fondendo. Ora stiamo osservando grandi pennacchi di metano che gorgogliano nel Mar Siberiano... milioni di miglia quadrate dove la copertura di metano viene rilasciata”.

Secondo uno studio appena pubblicato su Nature Geoscience, dalla Banchisa Artica della Siberia Orientale viene rilasciato il doppio del metano di quanto precedentemente pensato, un'area di 2 milioni di chilometri quadrati al largo della Siberia Settentrionale. I suoi ricercatori hanno scoperto che almeno 17 teragrammi (un milione di tonnellate) di metano viene rilasciato ogni anno nell'atmosfera, mentre uno studio del 2010 aveva trovato solo 7 teragrammi diretti in atmosfera.

Il giorno dopo che Nature Geoscience ha pubblicato il suo studio, un gruppo di scienziati di Harvard ed altre eminenti istituzioni accademiche hanno pubblicato un rapporto negli Atti della Accademia Nazionale delle Scienze che mostra che la quantità di metano emesso negli Stati Uniti da parte di operazioni petrolifere ed agricole potrebbe essere del 50% maggiore di quanto stimato precedentemente e 1,5 volte più alta di quanto stimato dalla EPA (Environmental Protection Agency).

Quant'è grave l'accumulo potenziale di metano? Non tutti gli scienziati pensano che sia una minaccia immediata o che sia la minaccia più importante che affrontiamo, ma Ira Leifer, uno scienziato dell'atmosfera e del mare all'Università della California a Santa Barbara ed uno degli autori del recente studio sul metano artico mi ha sottolineato il fatto che “l'estinzione di massa del Permiano avvenuta 250 milioni di anni fa è collegata al metano e si pensa che sia la chiave di ciò che ha causato l'estinzione di gran parte delle specie sul pianeta”. In quell'episodio estintivo, viene stimato che il 95% di tutte le specie sono state spazzate via.

Conosciuta anche come “La Grande Moria”, è stata innescata da un massiccio flusso di lava in un'area della Siberia che ha portato ad un aumento delle temperature globali di 6°C. Questo, a sua volta, ha causato la fusione dei depositi di metano congelato sotto i mari. Rilasciato in atmosfera, il metano ha causato un'ulteriore impennata delle temperature. Tutto questo è avvenuto in un periodo di circa 80.000 anni.

Attualmente ci troviamo in mezzo a quello che gli scienziati considerano la sesta estinzione di massa nella storia del pianeta, dove fra le 150 e le 200 specie si estinguono ogni giorno, un ritmo 1.000 volte superiore del tasso di estinzione “naturale” o di “fondo”. Questo evento potrebbe già essere paragonabile, o persino superare, alla velocità e all'intensità dell'estinzione di massa del Permiano. La differenza è che la nostra è causata dagli esseri umani, non impiegherà 80.000 anni, è durata finora solo qualche secolo ed ora sta prendendo velocità in modo non lineare.

E' possibile che, al di là delle vaste quantità di biossido di carbonio da combustibili fossili che continuano ad entrare nell'atmosfera in quantità record annualmente, un aumentato rilascio di metano potrebbe segnalare l'inizio del tipo di processo che ha portato alla Grande Moria. Alcuni scienziati temono che la situazione sia già così grave e che ci siano così tanti anelli di retroazione positivi in gioco da pensare che siamo già nel processo di causare la nostra stessa estinzione. Peggio ancora, alcuni sono convinti che potrebbe accadere di gran lunga più rapidamente di quanto si creda generalmente possibile – persino nel corso dei prossimi decenni.

Il gigante addormentato si scuote

Secondo un rapporto di ricerca della NASA, “C'è un gigante climatico che si agita nell'Artico? “Per centinaia di millenni, i suoli del permafrost artico hanno accumulato enormi riserve di carbonio organico – una stima di 1.400-1.850 petagrammi (un petagrammo è 2,2 trilioni di once o un miliardo di tonnellate). E' circa la metà di tutto il carbonio organico immagazzinato nei suoli terrestri. In confronto, da tutta la combustione di combustibili fossili e dalle attività umane dal 1850, sono stati emessi circa 350 petagrammi. Gran parte di questo carbonio situato nel suolo superficiale vulnerabile allo scongelamento, entro i 10 piedi (3 metri) dalla superficie”.

Gli scienziati della NASA, insieme ad altri, stanno imparando che il permafrost artico – e la sua riserva di carbonio – potrebbero non essere così permanentemente ghiacciati come farebbe presumere il nome. Lo scienziato ricercatore del Jet Propulsion Laboratory della Nasa Charles Miller è il ricercatore principale del Carbon in Arctic Reservoirs Vulnerability Experiment  (CARVE) – Esperimento sulla Vulnerabilità del Carbonio nelle Riserve dell'Artico - , una campagna di 5 anni condotta dalla NASA per studiare come il cambiamento climatico condiziona il ciclo del carbonio dell'Artico. Miller ha detto alla NASA che “i suoli del permafrost si stanno scaldando anche più rapidamente delle temperature dell'aria artica – da 2,7 a 4.5°F (da 1,5 a 2,5°C) nei solo 30 anni passati. Quando il calore dalla superficie della Terra penetra nel permafrost, minaccia di mobilitare queste riserve di carbonio organico e di rilasciarle nell'atmosfera sotto forma di biossido di carbonio e metano, sconvolgendo l'equilibro del carbonio dell'Artico e peggiorando grandemente il riscaldamento globale”.

Miller teme che i risultati potenziali sarebbe che abbia luogo una fusione su scala globale del permafrost. Come sottolinea, “i cambiamenti potrebbero innescare delle trasformazioni che sono semplicemente non reversibili entro le nostre vite, che causano potenzialmente cambiamenti rapidi nel sistema terrestre e che richiederanno adattamenti da parte delle persone e degli ecosistemi”.

Il recente studio della NASA evidenzia la scoperta di sfiati attivi e crescenti di metano fino a 150 chilometri di diametro. Uno scienziato su una nave di ricerca nell'area ha descritto ciò come un gorgoglio a perdita d'occhio in cui il mare sembra come una grande piscina di seltzer. Fra le estati del 2010 e del 2011, infatti, gli scienziati hanno scoperto che nel corso di un anno gli sfiati di metano di soli 30 centimetri di diametro sono diventati larghi chilometri, un aumento del 3.333% ed un esempio della rapidità non lineare con la quale parti del pianeta stanno rispondendo alla distruzione climatica.

Miller ha rivelato un'altra allarmante scoperta: “Alcune delle concentrazioni di metano e biossido di carbonio che abbiamo misurato sono state grandi e stiamo vedendo schemi molto diversi da quelli suggeriti dai modelli”, ha detto di alcune delle scoperte più recenti di CARVE. “Abbiamo visto grandi esplosioni e su larga scala di biossido di carbonio e metano al di sopra della norma nell'Alaska interna e lungo La Pendice Nord durante lo scongelamento primaverile che sono durate fino a poco dopo il ricongelamento autunnale. Per citare un altro esempio, nel luglio 2012 abbiamo visto i livelli di metano al di sopra delle paludi di Innoko Wilderness che erano di 650 parti per miliardo più alte dei normali livelli di fondo. Sono simili a quelli che potete trovare in una grande città”.

Spostandosi al di sotto dell'Oceano Artico dove si trovano gli idrati di metano – spesso descritti come gas metano circondato da ghiaccio – un rapporto del marzo del 2010 su Science indicava che questi contengono cumulativamente l'equivalente di 1.000-10.000 gigatonnellate di carbonio, in confronto alle 240 gigatonnellate di carbonio emesse dall'umanità nell'atmosfera da quando è iniziata la rivoluzione industriale.

Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature lo scorso luglio, suggeriva che un “rutto” di 50 gigatonnellate di metano dallo scongelamento del permafrost artico al di sotto del mare orientale della Siberia è “altamente possibile in qualsiasi momento”. Sarebbe l'equivalente di almeno 1.000 gigatonnellate di biossido di carbonio.

Anche il relativamente compassato IPCC ha avvertito della possibilità di tale scenario: “La possibilità del cambiamento climatico improvviso e(o di cambiamenti improvvisi nel sistema terrestre innescati dal cambiamento climatico, con conseguenze potenzialmente catastrofiche, non può essere esclusa. Le retroazioni positive del riscaldamento potrebbero causare il rilascio di carbonio o metano dalla biosfera terrestre e dagli oceani”.

Negli ultimi due secoli, la quantità di metano nell'atmosfera è aumentata da 0,7 parti per milione a 1,7 parti per milione. L'introduzione del metano in tali quantità nell'atmosfera potrebbe, temono alcuni scienziati, rendere inevitabile un aumento della temperatura globale da 4 a 6°C.
La capacità della psiche umana di accettare e cogliere una tale informazione è stata messa alla prova. E mentre questo sta accadendo, sempre più dati continuano a pervenire – e le notizie non sono buone.

Dalla padella alla brace

Considerate questa linea temporale:

* Fine 2007: l'IPCC annuncia che il pianeta un aumento di temperatura di 1°C dovuto al cambiamento climatico per il 2100.

* Fine 2008: il Centro Hadely per la Ricerca Meteorologica  prevede un aumento di 2°C per il 2100.

* Metà 2009: il Programma Ambientale dell'ONU prevede un aumento di 3,5°C per il 2100. Tale aumento rimuoverebbe l'habitat per gli esseri umani su questo pianeta, in quanto quasi tutto il plancton negli oceani verrebbe distrutto e le fluttuazioni delle temperature associate ucciderebbero molte piante terrestri. Gli esseri umani non sono mai vissuti su un pianeta con 3,5°C in più come riferimento di base.

* Ottobre 2009: October 2009: il Centro Hadely per la Ricerca Meteorologica pubblica una previsione aggiornata, suggerendo un aumento di temperatura di 4°C per il 2060.

* Novembre 2009: il Global Carbon Project, che monitorizza il ciclo globale del carbonio e la Diagnosi di Copenhagen, un rapporto sulla scienza climatica, prevedono rispettivamente aumenti di temperatura di 6 e 7°C per il 2100.

* Dicembre 2010: il Programma Ambientale dell'ONU prevede un aumento fino a 5°C per il 2050.

* 2012: il prudente rapporto della IEA World Energy Outlook di quell'anno dichiara che siamo sulla strada per raggiungere un aumento di 2°C per il 2017.

* Novembre 2013: la IEA  prevede un aumento di 3,5°C per il 2035

Un briefing fornito alla fallita Conferenza delle Parti a Copenhagen nel 2009 aveva questo sommario: “Il livello del mare a lungo termine che corrisponde all'attuale concentrazione di CO2 è di circa 23 metri al di sopra dei livelli odierni e le temperature saranno di 6°C ed oltre più alte. Queste stime sono basate su registrazioni reali a lungo termine, non su modelli”.

Il 3 dicembre, uno studio di 18 eminenti scienziati, compreso l'ex capo dell'Istituto Goddard per gli Studi Spaziali della NASA, James Hansen, ha mostrato che l'obbiettivo di lunga data concordato a livello internazionale per limitare gli aumenti delle temperature globali a 2°C era sbagliato e di gran lunga al di sopra di 1°C che dovrebbe essere mantenuto per evitare gli effetti di un cambiamento climatico catastrofico.

E tenente a mente che le varie grandi valutazioni delle temperature globali future di rado presumono il peggio sui possibili anelli di retroazione auto rinforzanti come quello del metano.

“Le cose sembrano davvero terribili”

La mortalità collegata al cambiamento climatico è già stimata in 5 milioni di persone all'anno e il processo sembra che stia accelerando più rapidamente di quanto gran parte dei modelli climatici abbiano suggerito. Anche senza tenere in considerazione il rilascio del metano ghiacciato nell'Artico, alcuni scienziati stanno già dipingendo un quadro davvero cupo per il futuro dell'umanità. Prendete il biologo del Servizio Antincendio Canadese Neil Dawe, che ad agosto ha detto a un giornalista che non sarebbe sorpreso se la generazione dopo la sua fosse testimone dell'estinzione dell'umanità. Tutt'intorno all'estuario vicino al suo ufficio sull'isola di Vancouver, Dawe è stato testimone del disfacimento della “rete della vita” e “sta avvenendo molto rapidamente”.

“La crescita economica è la più grnde distruttrice dell'ecologia”, dice Dawe. “Coloro che pensano di poter avere un'economia in crescita ed una mbiente sano si sbagliano. Se non riduciamo i nostri numeri, la natura lo farà per noi”. E non ha molte speranze che gli esseri umani saranno in grado di salvarsi. “Tutto è peggiorato e noi continuiamo a fare ancora le stesse cose. Siccome gli ecosistemi sono così resilienti, non esigono una punizione immediata della stupidità”.

Guy McPherson dell'Università dell'Arizona ha timori analoghi. “Ci saranno molto pochi esseri umani sul pianeta a causa della mancanza di habitat”, dice. Degli studi recenti che mostrano il tributo di aumenti della temperatura che avranno luogo su quell'habitat, aggiunge: “Tengono conto solo del CO2 in atmosfera”.

Ecco la domanda: potrebbe o no una qualche versione di estinzione o di quasi estinzione sopraffare l'umanità, grazie al cambiamento climatico e probabilmente con incredibile velocità? Cose del genere sono accadute in passato. 55 milioni di anni fa, un aumento di 5°C nelle temperature globali medie sembra sia avvenuta in soli 13 anni, secondo uno studio pubblicato nel numero di ottobre 2013 degli Atti dell'Accademia Nazionale delle Scienze. Un rapporto nel numero di agosto di Science ha rivelato che il clima della terra a breve termine cambierà 10 volte più rapidamente che in qualsiasi altro momento negli ultimi 65 milioni di anni.

“L'Artico si sta scaldando più rapidamente di qualsiasi altro posto nel pianeta”, ha detto lo scienziato climatico James Hansen. “Ci sono effetti potenziali irreversibili nella fusione del ghiaccio marino dell'Artico. Se ciò cominciasse a favorire il riscaldamento dell'Oceano Artico e scaldasse il fondo dell'oceano, allora cominceremo a rilasciare gli idrati di metano. E se lasciamo accadere questo, sarebbe un potenziale punto di non ritorno che non vogliamo che avvenga. Se bruciamo tutti i combustibili fossili allora di sicuro causeremo, alla fine, la fuoriuscita degli idrati di metano, causando diversi gradi di riscaldamento in più. Non è chiaro se la civiltà possa sopravvivere un tale cambiamento climatico estremo”.

Tuttavia, molto prima che l'umanità abbia bruciato tutte le riserve di combustibili fossili sul pianeta, saranno state rilasciate quantità enormi di metano. Mentre il corpo umano è potenzialmente in grado di gestire un aumento da 6 a 9°C della temperatura planetaria, le colture e l'habitat che usiamo per la produzione di cibo non lo sono. Come dice McPherson, “Se avremo un aumento di 3,5-4°C rispetto al normale, non vedo alcun modo di avere un habitat. Ci troviamo a 0,85°C al di sopra della norma ed abbiamo già innescato tutti questi anelli di retroazione auto rinforzanti”.

E aggiunge: “Tutte le prove indicano un aumento certo da 3,5 a 5°C della temperatura globale al di sopra della “norma” del 1850 per metà secolo, probabilmente molto prima. Questo garantisce una retroazione positiva, già in arrivo, che porta a 4,5-6°C al di sopra della “norma” e questo è un livello letale per la vita. Ciò è dovuto parzialmente al fatto che gli esseri umani devono mangiare e le piante non possono adattarsi abbastanza rapidamente da renderlo possibile per 7-9 miliardi di noi – quindi moriremo”.

Se pensate che il commento di McPherson sulla mancanza di adattabilità sia al di sopra delle righe, considerate che il tasso di evoluzione trascina il tasso di cambiamento climatico di un fattore di  10,000, secondo un saggio nel numero di agosto 2013 di Ecology Letters. Inoltre, David Wasdel, direttore del Progetto Apollo-Gaia ed esperto nelle dinamiche con retroazioni multiple, dice: “Stiamo vivendo un cambiamento 2-300 volte più rapidamente di qualsiasi grande evento estintivo precedente”.

Wasdel cita con particolare allarme i rapporti scientifici che mostrano che gli oceani hanno già perso il 40% del loro fitoplancton, la base della catena alimentare globale dell'oceano, a causa dell'acidificazione ed alle variazioni atmosferiche della temperatura indotte dal cambiamento climatico. (Secondo il Centro per le Soluzioni Oceaniche: “Gli oceani hanno assorbito quasi la metà delle emissioni umane di CO2 dalla Rivoluzione Industriale. Anche se questo ha attenuato l'effetto delle emissioni di gas serra, sta alterando chimicamente gli ecosistemi marini 100 volte più rapidamente di quanto siano cambiati perlomeno negli ultimi 650.000 anni”.)

“Questo è già un evento di estinzione di massa”, aggiunge Wadsel. “La domanda è, fin dove si spingerà? Quanto diventerà grave? Se non siamo in grado di fermare il tasso di aumento della temperatura stessa e rimetterla sotto controllo, allora un evento di alta temperatura, forse altri 5-6°C, oblitererebbe almeno il 60-80% delle popolazioni e delle specie di vita sulla Terra”.

Cosa viene dopo?

Nel novembre 2012, anche Jim Yong Kim, presidente del Gruppo Banca Mondiale (un'istituzione finanziaria internazionale che fornisce prestiti ai paesi in via di sviluppo), ha avvertito che “un mondo più caldo di 4°C può, e deve, essere evitato. La mancanza d'azione sul cambiamento climatico minaccia di rendere il mondo che erediteranno i nostri figli completamente diverso da quello in cui viviamo oggi”.

Un rapporto commissionato dalla Banca Mondiale ha avvertito che siamo già sulla strada per un “mondo con 4°C in più” segnato da ondate di calore estreme e un aumento del livello del mare che minaccia la vita.

I tre diplomatici viventi che hanno condotto le trattative sul cambiamento climatico dichiarano che ci sono poche possibilità che il prossimo trattato sul clima, se verrà mai approvato, impedirà il surriscaldamento del mondo. “Non c'è niente che su cui ci si possa accordare nel 2015 che sia coerente con i 2°C”, dice Yvo de Boer, che è stato segretario esecutivo del United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) nel 2009, quando i tentativi di raggiungere un accordo ad un summit a Copehagen è andato in frantumi. “Il solo modo in cui un accordo nel 2015 possa ottenere l'obbiettivo dei 2°C è quello di chiudere l'intera economia globale”.

La scienziata dell'atmosfera e del mare Ira Leifer è particolarmente preoccupata dal cambiamento degli schemi delle precipitazioni che una bozza di rapporto  recentemente trapelato dal IPCC ha indicato per il futuro: “Quando guardo a ciò che hanno previsto i modelli per un mondo con 4°C in più, vedo vedo poca pioggia su ampie fasce di popolazioni. Se la Spagna diventa come l'Algeria, dove prenderanno tutti gli spagnoli l'acqua per sopravvivere? Ci sono parti del mondo dove ci sono popolazioni elevate e che hanno molte precipitazioni e raccolti e quando quelle precipitazioni e quei raccolti sparisce e il paese comincia a sembrare più un paese del Nord Africa, cosa tiene in vita la gente?”

Il rapporto del IPCC suggerisce che possiamo aspettarci uno spostamento generalizzato degli schemi globali delle piogge verso nord, spogliando aree che ora hanno piogge abbondanti delle future disponibilità d'acqua. La storia ci mostra che quando le disponibilità di cibo collassano, cominciano le guerre, mentre la carestia e la malattia di diffondono. Tutte queste cose che ora gli scienziati temono, potrebbero accadere su una scala senza precedenti, specialmente data la natura interconnessa dell'economia globale.

“Alcuni scienziati stanno indicando che dovremmo fare piani per adattarci ad un mondo con 4°C in più”, commenta Leifer. Sebbene con prudenza, ci si chiede quale percentuale della popolazione vivente ora si potrebbe adattare ad un mondo del genere e il mio punto di vista è che sono solo poche migliaia di persone [che cercano rifugio] nell'Artico e nell'Antartico”.

Non soprende che gli scienziati con una tale visione spesso non siano i tipi più popolari in circolazione. McPherson, per esempio, è stato spesso soprannominato “McStinction” - al che lui risponde “Sto solo riportando i risultati di altri scienziati. Quasi tutti quei risultati sono pubblicati nella letteratura istituzionale e stimata. Non penso che nessuno voglia creare un problema con la NASA, o Nature, o Science, o con gli Atti dell'Accademia Nazionale delle Scienze. [Quelli] e gli altri che riporto sono ragionevolmente conosciuti e provengono da fonti legittime, come il NOAA [National Oceanic and Atmospheric Administration], per esempio. Non mi sto inventando queste informazioni, sto solo collegando un paio di puntini ed è qualcosa che molta gente ha difficoltà a fare”.

McPherson non ha molte speranze per il futuro, né per la volontà governativa di fare qualcosa che somigli ai cambiamenti radicali che sarebbero necessari per alleggerire rapidamente il flusso di gas serra nell'atmosfera; né si aspetta che i media mainstream profondano un grande sforzo nel riferire su tutto questo perché come dice, “Non ci sono molti soldi nella fine della civiltà ed ancora meno se ne possono fare con l'estinzione dell'umanità”. La distruzione del pianeta, dall'altro lato, è una bella scommessa, crede, “perché ci sono soldi in questo e finché sarà così, continuerà”.

Leifer, tuttavia, è convinta che ci sia un obbligo morale di non arrendersi mai e che il sentiero per la distruzione globale possa essere cambiato. “A breve termine, se lo riesce fare nell'interesse economico della gente di fare la cosa giusta, succederà molto rapidamente”. Leifer offre un'analogia in quanto a se l'umanità sarà disposta ad agire per mitigare gli effetti del cambiamento climatico: “La gente fa di tutto per abbassare il proprio rischio di cancro, non perché sia garantito di non prenderselo, ma perché si fa quello che si può mettendo in atto le protezioni sanitarie e le assicurazioni di cui si ha bisogno per cercare di abbassare il proprio rischio di prenderselo”.

I segni di una crisi climatica in peggioramento sono tutti intorno a noi, che ci permettiamo di vederli o no. Di sicuro, la comunità scientifica li comprende. Come fanno innumerevoli comunità intorno al globo dove gli effetti del cambiamento climatico sono già stati vissuti in modi impressionanti e i preparativi locali per i disastri climatici, comprese alluvioni sempre più forti, siccità, incendi, ondate di calore e tempeste sono già in corso. Le evacuazioni dalle isole pianeggianti del sud del Pacifico sono già cominciate. La gente in tali aree, per necessità, stanno cominciando a provare ad insegnare ai propri figli come adattarsi e a vivere in quello che stiamo facendo diventare il nostro mondo.

I miei nipoti stanno facendo qualcosa di simile. Stanno coltivando verdure in un orto sotto casa e le loro 8 galline forniscono uova più che sufficiente per la famiglia. I loro genitori sono intenti ad insegnar loro come essere sempre più autosufficienti. Ma nessuna di queste sentite azioni possono mitigare ciò che è già in corso quando si tratta del clima globale.

Ho 45 anni e spesso mi chiedo come sopravviverà la mia generazione alla crisi climatica imminente. Cosa accadrà al nostro mondo se le acqua estive dell'Artico saranno effettivamente senza ghiaccio fra pochi anni? Come sarà la mia vita se dovrò sperimentare un aumento della temperatura di 3,5°C?

Soprattutto, mi chiedo come sopravviveranno le future generazioni.

Dahr Jamail ha scritto sul cambiamento climatico così come del disastro petrolifero della BP nel Golfo del Messico. E' destinatario di numerosi premi, compreso il Premio Martha Gellhorn per il giornalismo e il Premio James Aronson Award per il giornalismo di Giustizia Sociale. E' autore di due libri: Beyond the Green Zone: Dispatches from an Unembedded Journalist in Occupied Iraqand e The Will to Resist: Soldiers Who Refuse to Fight in Iraq and Afghanistan. Attualmente lavora per la versione inglese di al-Jazeera a Doha, in Qatar.