domenica 17 marzo 2013

Grandezza smisurata: il racconto del collasso


Di Ugo Bardi.

Da “Cassandra's Legacy” . Traduzione di MR



Non molto tempo fa, stavo parlando con un amico americano nel bosco vicino a casa mia. Mentre camminavamo, gli indicavo gli effetti del cambiamento climatico che erano visibili tutt'intorno a noi: alberi parzialmente secchi, vegetazione danneggiata, segni di incendi ed altro. Dopo un po', però, ho notato che le mie parole non producevano alcuna replica. Era come se lui non stesse ascoltando quello che stavo dicendo oppure, se poteva sentirmi, non riusciva a dare un senso a quello che dicevo. 

Il mio amico non è un negazionista climatico nel senso di qualcuno che è guidato da ragioni ideologiche. Era solo che per lui il cambiamento climatico era un concetto totalmente alieno. Non era proprio parte della sua visione del futuro del mondo, che lui sembrava vedere come dominato smartphone sempre più potenti. 

Penso che il modo in cui vediamo il mondo sia principalmente come se fosse una storia. Assorbiamo nuove informazioni confrontandole agli elementi concatenati del piano di una storia lunga e complessa che abbiamo in testa. Per alcuni di noi, è un racconto di progresso e di gadget sempre più sofisticati. Per altri, è un racconto di grandezza iniziale e di successivo fallimento. E col mio amico nel bosco era come se fossimo personaggi di storie diverse come se, diciamo, il principe Amleto incontrasse Homer Simpson.   

Il concetto del mondo come racconto mi è tornato in mente leggendo “Grandezza smisurata, il motivo per cui le civiltà falliscono”, un libro di William Ophuls. Sta tutto lì: la nostra storia, la storia della nostra civiltà che vediamo mentre passa attraverso la sua splendida traiettoria che l'ha portata ad altezze mai viste in passato, ma che finirà in un collasso ancora più splendido. 

Il libro non cerca di convincerci di niente, non crea modelli, non presenta soluzioni, non sostiene che dobbiamo cambiare comportamento. E' solo quello: un racconto del collasso che incombe su di noi in un libro sottile di meno di 70 pagine, scritto in uno stile che ricorda molto quello del “Declino e Caduta dell'Impero Romano di Edward Gibbon.

Un paio di estratti (p. 57)

“Senza mezzi termini, le società umane sono dipendenti dalle proprie idee dominanti, dai loro stili di vita ricevuti, e sono fanatiche nel difenderli. Pertanto, sono estremamente riluttanti a riformarle. “Ammettere l'errore e limitare le perdite”, ha detto Tuchman, “è raro fra gli individui, sconosciuto fra gli stati”.


E (p. 68)

“... la tracotanza di ogni civiltà è che essa è, come il Titanic, inaffondabile. Pertanto, manca la motivazione a pianificare in caso di naufragio. Inoltre, le contraddizioni e le difficoltà della civiltà sono visti non come sintomi di un imminente collasso ma, piuttosto, come problema da risolvere con migliori politiche e ulteriore organico

In un certo senso, è una storia affascinate, drammatica e dal ritmo rapido e per molti di noi è il racconto giusto del mondo per come lo vediamo. Altri, tuttavia, continueranno a vedere gli smartphone come più importanti del cambiamento climatico.