domenica 8 luglio 2012

La Grande Scarsità


Da The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti

Di Antonio Turiel

Cari lettori,

su questo blog si parla molto dell'arrivo del picco di produzione massima delle risorse non rinnovabili (principalmente del petrolio), momento a partire dal quale la produzione va diminuendo irreversibilmente, nonostante che tipicamente le riserve sfruttabili della risorsa in questione possano essere grandi quanto la quantità già estratta o maggiori. Per semplificare, questo fenomeno (il declino della produzione o estrazione della risorsa) si deve al principio delle “mele che raccogliamo dall'albero”: le prime mele che si raccolgono da un melo sono quelle che si trovano sui rami più bassi e in posizioni più facilmente accessibili. Mentre queste si esauriscono, bisogna fare uno sforzo maggiore per andarsi a prendere le mele che si trovano sui rami più alti, nascoste nelle parti più frondose. Finché le mele facili sono accessibili, che senso ha fare uno sforzo maggiore per procurarsene di difficili? E' antieconomico e inefficiente e, in uno scenario di competizione (per esempio, due persone che competono per raccogliere mele dallo stesso albero) nessuno andrà a raccogliere quelle difficili prima che sia il momento, altrimenti ne raccoglierà meno degli altri. E' per quello che lo sfruttamento della seconda metà delle riserve, quella che si trova oltre il picco, è molto più complicata e incerta della prima, con maggiori possibilità di insuccesso e maggiori rischi, come stiamo disgraziatamente verificando in questi giorni con la tragedia ecologica dell'incidente alla Deepwater Horizon.

Questa mattina mi sono disteso in treno ed ho letto questo articolo sul picco della pesca negli oceani del mondo. Le risorse ittiche sono di principio rinnovabili, quindi a prima vista può risultare paradossale che si parli di picco di una risorsa rinnovabile. Tuttavia, quando si sfrutta una risorsa rinnovabile a un tasso più alto di quello di sostituzione (in ogni ciclo vitale si estrae più di quello che la natura può recuperare per sostituzione dal ciclo stesso), la matematica ed il comportamento di quella risorsa sono esattamente come se non fosse rinnovabile, con un tasso di estrazione effettivo dato dall'eccesso del tasso di estrazione reale sul tasso di sostituzione. Per questo, se sovrasfruttiamo una risorsa rinnovabile, possiamo portarla al suo esaurimento. Alla fine, l'articolo che leggevo indicava che verso il 2000 eravamo arrivati al picco di estrazione ittica (dati della FAO) e che se non cambiamo radicalmente la nostra politica di sfruttamento, in 20 o 50 anni distruggeremo la risorsa completamente (d'altro canto è complicato questo cambiamento, poiché implica un colpo al modus vivendi di 500 milioni di persone che si dedicano alla pesca nel mondo). In questo, le risorse rinnovabili di natura ecologica si comportano in modo diverso dalle non rinnovabili, visto che possono sparire completamente e la loro popolazione deve essere superiore ad un numero minimo per evitare che collassino in modo spontaneo.

Ma alla fine, ciò che della notizia ha richiamato di più la mia attenzione (a parte la nostra insensibilità di fronte a tragedie ecologiche immani) è stata la data del picco: più o meno il 2000. E' curioso. Il picco di estrazione dell'oro è stato approssimativamente nel 2000, anno in cui, come abbiamo già commentato, c'è stato anche il picco dell'energia estratta dal carbone (il picco del volume recuperato di carbone sarebbe intorno al 2025). Il picco di estrazione del petrolio greggio (quello che si estrae dai pozzi) è stato nel 2005 e quello della produzione totale di petrolio (includendo il petrolio sintetico generato usando gas a partire dalle sabbie bituminose e i biocombustibili) è stato in pratica lo stesso anno, nonostante il plateau in cui si trova la produzione di petrolio abbia alcuni picchi occasionali, se si guardano i dati mese per mese (al momento il massimo si trova a 86,9 milioni di barili di media a luglio 2008). L'uranio, come abbiamo detto, perderà un terzo della propria produzione in un paio d'anni, a causa all'esaurimento delle riserve di uranio che sono state estratte ed immagazzinate negli anni 80 e il suo picco geologico sarà intorno al 2035. In quanto al gas naturale, del quale scriveremo prossimamente, nonostante i giacimenti di gas di scisti molto in voga negli Stati Uniti in questo momento, il suo picco arriverà prima di 20 o 30 anni. Ma quante risorse stanno arrivando al picco, se non lo hanno già superato? Secondo uno studio che cito frequentemente, “Sempre e sempre meno” (Continously less and less), di 58 risorse naturali non rinnovabili analizzate, 50 hanno già superato il picco negli Stati Uniti e 14 lo hanno fatto in tutto il mondo (e questo senza contare il petrolio, del quale si discute ancora) e probabilmente altri 38 arriveranno al proprio picco mondiale prima che passino 20 anni (qui riporto tutte le risorse che in questo articolo hanno un rapporto riserve/produzione inferiore ai 60 anni). Questo esaurimento simultaneo di tante risorse è ciò che ha portato Richard Heinberg a coniare il termine “Il Picco di Tutto” (Peak Everything).

Ciò che richiama la mia attenzione è che tante risorse arrivino al picco in uno stesso periodo relativamente breve (due o tre decenni). La mia intuizione di fisico statistico mi dice che questa non è una coincidenza. In mancanza di un modello numerico per provarlo, mi occorre un'ipotesi ragionevole. Probabilmente, questo mercato che alcuni venerano tanto è stato davvero efficace nel momento di aggiustare i prezzi delle risorse in funzione della loro relativa abbondanza ed efficienza. Per esempio, se la caloria del petrolio è più conveniente di quella del carbone, consumeremo più petrolio fino a che i prezzi non si equilibrino e costruiremo le infrastrutture adeguate ad ogni tipo di combustibile in modo da trarne il massimo. In questo modo, l'evoluzione delle loro produzioni è estremamente interconnessa. Questo tipo di comportamento di sicuro confermerebbe che il mercato non è in grado di integrare effetti a medio e lungo termine; mi ha sempre meravigliato che la diminuzione delle risorse (la prevedibile mancanza di risorse in futuro, diciamo) non abbia ripercussioni dirette sul prezzo, in modo che i prezzi crescano progressivamente all'approssimarsi del picco, prima di aspettare direttamente che la domanda superi l'offerta (per esempio, nel luglio 2008, durante il quale la domanda superava del 2% l'offerta) e crei problemi, interruzioni, distruzione della domanda e volatilità. Ma questo è più un tema per Acorazado Aurora ...

Ora, questa evoluzione coordinata delle diverse risorse genera una tempesta perfetta. Se avessimo avuto la fortuna di raggiungere il picco del carbone o del gas alcuni decenni prima del petrolio, la dura lezione della scarsità dei primi avrebbe avuto un grande effetto pedagogico e avrebbe aiutato a prepararsi alla scarsità del secondo. Ma se tutte le materie prime, in particolare quelle energetiche, hanno un'evoluzione parallela e giungono al loro picco con poca differenza di tempo, non avremo tempo per reagire e non potremo cambiare combustibile, visto che anche le alternative si stanno esaurendo. Dopo molti decenni di crescita interrotta solo dalle guerre, il mondo giunge alla Grande Scarsità, il momento in cui tutto quello che potrebbe mancare manca tutto in una volta. E la popolazione non è psicologicamente preparata a questo, perché nessuna generazione vivente ha sperimentato il declino di alcuna risorsa, anzi il contrario, queste sono sempre aumentate sotto la pressione della nostra domanda, come se la Natura fosse pronta a soddisfare le nostre necessità (il che rialimenta teorie della cospirazione, come quella difesa da un lettore in un post precedente, prima di accettare che abbiamo realmente un problema di risorse). Non abbiamo vissuto nessuna scarsità , le abbiamo sempre risolte, come potremmo accettare l'arrivo della Grande Scarsità? La Grande Scarsità sarà, oltretutto, particolarmente crudele, visto che l'estrazione di molte risorse minerali ed energetiche dipendono dalla facile e veloce fornitura di petrolio a buon mercato. Molte delle miniere che vengono sfruttate oggigiorno si trovano in località remote, accessibili soltanto con camion, i martelli pneumatici usati per scavare sono alimentati da compressori a loro volta alimentati a combustibile, l'elettricità che si usa lì viene generata in situ con gruppi elettrogeni alimentati a combustibile,ecc. Mancando il petrolio, tutte le altre materie rincarerebbero e diventerebbero più scarse di quanto non prevedano i modelli. Le crescenti inefficienze nell'estrazione, raffinamento, trasporto e fornitura, alla fine, farà sì che il declino sia più improvviso di quanto sperato, che la discesa per il lato destro della curva di Hubbert sia più irregolare di quanto prevede il modello.

E' tardi, devo andarmene a dormire e non ho potuto dire tutto quello che volevo, forse un altro giorno. Ma vorrei finire, e che Massimo Decimo mi perdoni (perché so cosa ne pensa a riguardo), facendo un riferimento al Club di Roma. Lo faccio perché all'inizio dicevo che non ho fatto un modello numerico per vedere lo schema di consumo delle risorse, ma neanche manca, il modello è stato già fatto, quaranta anni fa. I risultati dell'analisi di quel modello sono stato raccolti in un libro famoso e controverso, I Limiti dello Sviluppo (Limits to Growth), le cui previsioni, recentemente riviste, disegnano un destino molto chiaro per l'umanità se non si affronta il problema delle risorse, dell'inquinamento ambientale e della popolazione: l'estinzione. Allora il libro è stato vituperato dai grandi potentati politici, economici e religiosi, perché implicava un radicale cambio di orientamento. I leader del Club di Roma sono stati esposti al pubblico ludibrio, le loro previsioni distorte per poi essere ridicolizzate. La loro disciplina è virtualmente scomparsa dal mondo accademico e il loro lavoro del tutto ignorato. Soltanto che ora, quaranta anni dopo, ha un gran valore. Abbiamo perso quarant'anni. Tutta la mia vita.

Saluti.

AMT