lunedì 28 febbraio 2011

I giornalisti non sono i nemici della scienza


Gli scienziati sembrano avere, mediamente, una pessima opinione dei giornalisti. Magari non proprio come suggerisce la figura, ma, insomma, qualcosa del genere. In questo post, suggerisco che i giornalisti non vanno considerati alla pari dei vari venduti e fuori di testa che infestano il dibattito sul clima. I giornalisti sono i nostri alleati, bisogna, però dargli anche una mano.


Circa un mese fa, l'Istituto Bruno Leoni ha presentato con un comunicato stampa la traduzione del pessimo "Rapporto Montford;" un'ulteriore rimasticatura di cose già note riguardo al cosiddetto scandalo del "Climategate." Su questo immondo rapporto avevo già commentato in un post su "Cassandra." Fra le altre cose, la mia opinione molto negativa è anche apparsa in un articolo di Valentina Arcovio su La Stampa, insieme con quella di alcuni colleghi di "Climalteranti" 

In questi giorni, Marco F. dell'ottimo blog "Leucophaea" ha commentato l'articolo della "Stampa;" cosa che mi spinge a dire due parole in proposito. L'avrei voluto fare prima, ma troppe altre cose me lo avevano fatto mettere in coda.

L'articolo di Marco F. fa molte interessanti considerazioni sulla comunicazione scientifica e il rapporto fra scienziati e giornalisti. Alla fine, critica l'articolo della Stampa sul rapporto Montford dicendo che:

...... è un esempio di un’altra cattiva abitudine dei giornalisti, specie quelli che si addentrano per la prima volta negli argomenti un po’ critici; cioè il desiderio di obiettività, di trattamento bilanciato di un tema. Che se va bene per un’analisi sociologica complessa e per la situazione politica, è da respingere quando si parla di consensus scientifico. I soliti argomenti (evoluzionismo, riscaldamento globale, anti-vaccinismo eccetera) non hanno bisogno di un trattamento bilanciato. Da una parte stanno secoli di ricerca, dall’altra solo opposizione preconcetta. Eppure la maggior parte dei giornalisti si trascina, dalla pratica quotidiana, questo approccio. E i danni che fanno sono a volte molto gravi, come comparare posizioni dal peso totalmente differente o far sembrare ragionevoli ipotesi senza fondamento. Se leggete bene, l’articolo si conclude con tre o quattro interviste a esperti veri, che lo definiscono spazzatura. E allora perché scriverlo?

Il che è corretto per certi aspetti, ma anche eccessivo a mio parere. Credo che, su questo punto, dovremmo confrontarci un attimo. Il nostro rapporto, come scienziati e ricercatori, con i giornalisti non è già che sia tanto buono. Mi scuserà allora Marco se commento che non è il caso di peggiorarlo ulteriormente con questo tipo di atteggiamento. I giornalisti, sembra strano doverlo dire, non sono i nemici della scienza (come ce ne sono, purtroppo).

A proposito dell'articolo sulla Stampa, credo che sia il caso di raccontare la storia di come è venuto fuori così come è venuto. Non conosco personalmente l'autrice, Valentina Arcovio, però conosco il suo collaboratore, Emanuele Perugini e il loro sito http://www.climascienza.it. Proprio Perugini mi ha chiesto un parere sul comunicato stampa dell'IBL, passandomi l'articolo in una versione ancora senza i miei commenti.

Confesso che la mia reazione immediata è stata esattamente la stessa di Marco F.; ho risposto, più o meno,  "ma perché diavolo vuoi pubblicare questa scemenza? Butta via tutto e lascia perdere." Poi, però, ci ho ripensato sopra e mi sono accorto che il mio non era l'atteggiamento giusto.

La faccenda ha a che fare con la diversa percezione di giornalisti e ricercatori su quale sia l'unità elementare di informazione. Per il giornalista è la "notizia" per lo scienziato è la "scoperta". Occasionalmente, il ricercatore che ha un blog si comporta da giornalista pubblicando notizie, oppure il giornalista fa il divulgatore e allora si occupa di scoperte. Ma c'è una differenza fondamentale fra le due cose.

Allora, mettetevi nei panni di un giornalista. Arriva un comunicato stampa da IBL (che vorrebbero passare da persone serie e qualcuno anche li ritiene tali). Il comunicato descrive l'uscita di un documento in Italiano che traduce una cosa che si chiama "Rapporto Montford"che pare faccia parte di un gruppo chiamato "Global Warming Policy Foundation". Beh, dal punto di vista del giornalista,  questa è una "notizia". Il giornalista, di notizie ci vive; è il suo mestiere. Quindi, per coerenza professionale, la notizia la deve dare e la deve commentare.

Ora, un giornalista poco serio, quando gli arriva una notizia, non fa altro che ritrasmetterla al suo giornale senza troppo perderci tempo: un riassuntino, qualche commento e via. Un giornalista serio, invece, approfondisce. Questo è quello che hanno fatto Valentina Arcovio e Emanuele Perugini. Hanno cercato di approfondire, per questo mi hanno contattato. Ne abbiamo discusso; io ho contattato i colleghi di Climalteranti i quali hanno anche loro espresso la loro opinione fortemente negativa. Il risultato finale è stato un articolo dove l'opinione dei climatologi è apparsa in modo ben evidente nell'articolo. Credo che sia già un buon risultato e direi che Arcovio e Perugini hanno fatto un buon lavoro.

Capisco benissimo che, dal punto di vista dello scienziato, l'articolo mischia la scienza con la politica, il sacro col profano. Capisco anche che è un vizio di molti giornalisti quello di trattare un po' tutti gli argomenti come se fossero un dibattito politico o, peggio, calcistico. Però, a ognuno i suoi vizi e le sue virtù - se i giornalisti hanno dei difetti, anche gli scienziati hanno i loro e non pochi. Uno dei principali è quello di un atteggiamento che non può che apparire "snob" a chi lo vede dal di fuori. E qui, devo anche dire che, se alcuni dei colleghi si sono mostrati molto disponibili a commentare la notizia sul rapporto Montford, altri hanno semplicemente scrollato le spalle e risposto che non si sarebbero sporcati le mani con tali sciocchezze. Ma, pensateci su un momento, se tutti avessimo fatto così, l'articolo sarebbe apparso sulla "Stampa" senza un contrappeso alle opinioni espresse dal comunicato dell'IBL

Bene. Per tornare al punto da dove avevo iniziato, i giornalisti non sono i nostri nemici; sono i nostri alleati. Però, bisogna anche capire che il loro mestiere è di trasmettere notizie e che non si può pretendere che siano tutti scienziati. Dato che questo è il loro mestiere, dovremmo cercare di dargli una mano per mutuo beneficio. Su questo punto, finora abbiamo fatto ben poco. Dovremmo decisamente cercare di migliorare.

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Come noticina finale, leggo sul sito dell'istituto Bruno Leoni che


L’Istituto Bruno Leoni promuove una discussione pubblica più consapevole ed informata sui temi dell’ambiente, della concorrenza, dell’energia, delle liberalizzazioni, della fiscalità, delle privatizzazioni e della riforma dello Stato sociale.

E allora, cosa vanno a occuparsi di clima se non è nemmeno nel loro statuto e - peggio - non hanno nessuna competenza al riguardo?  Se poi viene fuori un articolo stupido sulla Stampa, è colpa loro, non dei giornalisti!

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Ecco l'articolo completo apparso sulla Stampa


http://www3.lastampa.it/ambiente/sezioni/ambiente/articolo/lstp/387342/

Climatologi assolti, o quasi

Ora è scontro per le indagini sul "climategate": "Sono da rifare"

VALENTINA ARCOVIO
La polemica sollevata dallo scandalo ribattezzato «Climategate» è tutt'altro che archiviata. Anzi, si è estesa alle 3 indagini che avrebbero dovuto fare luce proprio sulla vicenda delle e-mail dei climatologi che hanno lavorato alla stesura del rapporto dell'Ipcc (il Gruppo Intergovernamentale per il Cambiamento Climatico).

Apparsi su Internet, questi messaggi erano finiti sotto accusa perché rivelerebbero gravi difetti e omissioni nella selezione e nell’elaborazione dei dati. Di fatto, le indagini hanno scagionato gli scienziati, ma un nuovo rapporto - intitolato «The Climategate Inquires» - solleva dubbi e sospetti sulla non imparzialità delle 3 inchieste svolte. Il documento è stato commissionato dalla Fondazione per la Politica sul Riscaldamento Globale (GWPF) ad Andrew Montford, blogger e autore di un istant-book «The Hockey Stick Illusion».

Questa volta sotto la lente d'ingrandimento è finito l'operato delle commissioni che hanno svolto le ricerche sulle e-mail e sui documenti provenienti dall'Unità di Ricerca Climatica (CRU) presso l'Università di East Anglia (UEA). Quattro erano state le accuse rivolte agli scienziati: il non aver fornito ai politici e all'Ipcc una visione completa e sincera degli elementi a loro disposizione; l'aver deliberatamente impedito l'accesso ai dati e alle metodologie a chi avesse opinioni diverse dalle loro; il non aver rispettato la legislazione in materia di diritto di accesso alle informazioni pubbliche; e l'aver cercato di influenzare i «revisori paritari», vale a dire le commissioni di esame di alcune riviste scientifiche, al fine di impedire la pubblicazione di prove in contrasto con le loro. Da qui sono partite 3 indagini inglesi: quella della Commissione per la Scienza e la Tecnologia della Camera dei Comuni; quella del Comitato di revisione delle e-mail sui cambiamenti climatici istituito dalla UEA e quella della Commissione di valutazione scientifica sempre dell'UEA.

«Purtroppo, come dimostra il rapporto di Montford, le conclusioni dei 3 gruppi hanno evidenti e gravi difetti», scrive nella prefazione Lord Andrew Turnbull, membro del Gruppo Parlamentare Interpartitico della Camera dei Lord. Le indagini sarebbero state frettolose, superficiali e in gran parte poco convincenti. In particolare la Commissione Parlamentare per la Scienza e la Tecnologia, secondo Montford, non avrebbe considerato tutte le prove e le testimonianze utili, liquidandone alcune come tesi negazioniste. Inoltre, la commissione avrebbe ignorato una serie di e-mail che, secondo Montford, rappresentano la prova schiacciante che i climatologi abbiano omesso dei dati e delle informazioni importanti. In particolare sono state messe in discussione anche le indagini che hanno riguardato alcuni presunti «aggiustamenti» dei dati, nonché la loro selezione. A niente avrebbero portato, poi, le ricerche su presunte pressioni subite dalle riviste scientifiche. Ipotesi che, secondo Montford, sarebbe stata esclusa senza esaminare tutte le prove.

Il rapporto ha quindi messo in discussione le conclusioni della successiva inchiesta della Commissione di Valutazione Scientifica. «La Commissione – si legge nel documento – sembra essere stata deliberatamente scelta affinché avesse una maggioranza che non avrebbe affrontato le questioni in maniera oggettiva e in modo da escludere le opinioni scettiche». Stesse obiezioni sono state fatte alla Commissione di revisione delle e-mail sul cambiamento climatico. «Diversi membri – dice Montford – erano inadatti, perché avevano connessioni con la UEA o una tendenza a fornire dichiarazioni allarmistiche sull'impatto del riscaldamento globale di origine umana».

L'ultima parola, ora, spetta al Comitato Ristretto per la Scienza e la Tecnologia alla Camera dei Comuni, che dovrebbe prendere in mano di nuovo l'inchiesta per affrontare tutte le questioni non approfondite. Inoltre, verrà analizzato il rapporto di Montford che ha già attirato l'attenzione dei critici.

«Il rapporto Montford – commenta Ugo Bardi, docente di Chimica Fisica presso l'Università di Firenze - ripropone una storia vecchia. Mentre la scienza avanza, c'è chi non trova di meglio che continuare a frugare in messaggi di 10 anni fa, cercando le “prove” di complotti da parte dei climatologi. Ma nessuna prova è venuta fuori e il rapporto Montford non contiene niente che non si sapesse». Condividono l’opinione anche altri suoi colleghi, come Stefano Caserini del Politecnico di Milano, Guido Barone dell'Università di Napoli Federico II e Antonio Zecca dell'Università di Trento. «Questa non è scienza – dicono -: è propaganda di parte. Montford stesso non ha nessuna competenza nella scienza del clima».

Gli scienziati italiani invitano a concentrarsi piuttosto sulle ultime ricerche. «Queste - conclude Bardi - indicano un'accelerazione del problema climatico: il fatto che il 2010 sia risultato l'anno più caldo nella storia delle misurazioni della temperatura deve darci un idea dell'urgenza di prendere misure immediate contro il riscaldamento globale».