domenica 18 luglio 2010

Gaia contro Medea


L'ultimo libro di Peter Ward è un po' come una "donna fatale" dei film: affascinante ma con grossi difetti. Il libro è affascinante per il suo soggetto, ma con dei grossi difetti di concezione e di trattazione - a partire dalla copertina che sembra che l'abbiano stampata quando avevano quasi finito l'inchiostro. In questo post, cerco di chiarire un po' le cose e spiegare perché l "ipotesi Medea" di Peter Ward non mi ha per niente convinto


Il concetto di "Gaia" proposto da Lynn Margulis e James Lovelock è stato uno dei più controversi e più abusati del ventesimo secolo, atteggiamento che continua ancora oggi nel ventunesimo. L'idea di Gaia, evidentemente non va giù a molta gente. L'ultima bordata contro la poveraccia arriva da Peter Ward con il suo libro "L'ipotesi Medea" dove contrappone alla benevola Gaia la malvagia Medea che, nella mitologia greca, aveva ucciso i suoi figli.

Il concetto di Gaia è stato molto strapazzato da chi l'ha preso in modo quasi religioso, ma è anche stato ingiustamente banalizzato da chi non l'ha capito. Ho un po' il dubbio che nemmeno Peter Ward, seppure persona molto in gamba e che io ammiro, lo abbia veramente capito.

In effetti, l' "ipotesi Gaia" parte dall'idea che la biosfera, intesa come insieme di piante e di animali, ha un effetto non trascurabile sulle caratteristiche dell'ecosistema tutto intero. Questo è tanto ovvio da essere banale, ma i promotori dell'ipotesi Gaia hanno fatto un passo in più dicendo che l'ecosistema è dominato da dei cicli di "feedback" negativi che tendono a stabilizzare i parametri dell'ecosistema, in particolare la sua temperatura. Questo è più difficile da dimostrare, ma conosciamo molti di questi cicli - per esempio il ciclo biologico del carbonio - e sappiamo che hanno effettivamente questo effetto. C'è un ulteriore salto in avanti nell'ipotesi Gaia, ovvero che i sistemi biologici controllano i parametri dell'ecosistema ottimizzandoli per il proprio beneficio. Questa è un' "ipotesi forte" che però non è necessariamente il concetto di Gaia.

Ora, cosa vuol dire Peter Ward con la sua "ipotesi Medea"? Vuol dire che la biosfera non interagisce con l'ecosistema? Che questa interazione è trascurabile? Che non vale l'"ipotesi forte"? Che non vale nessuna delle ipotesi Gaia? Non è mai molto chiaro nel libro - salvo ogni tanto descrivere qualche disastro planetario che ha causato estinzioni di massa e dire "this is Medean" (questo è medeano). Ma non è così che si fa un ipotesi scientifica. Nella scienza, se si sostiene qualcosa, non basta dare una serie di "casi": altrimenti uno potrebbe sostenere che non c'è bisogno di ospedali per curare le malattie, basta andare a Lourdes. Quale ipotesi Ward ci propone di verificare per sostenere la bontà della sua "ipotesi Medea"? Onestamente, non è facile capirlo.

Allora, partiamo da un altro punto di vista: lasciamo perdere l' "ipotesi Medea" che, francamente, mi è parsa proprio una fesseria. Cerchiamo invece di capire come stiamo oggi con l'ipotesi Gaia? Se non la prendiamo nella sua forma "forte" (ovvero regolazione per il beneficio della biosfera) Il concetto di Gaia è un'ipotesi scientifica pienamente valida in quanto è falsificabile. Ovvero, la possiamo provare o respingere sulla base dei dati.

Lovelock e Margulis partivano dal concetto che la temperatura della Terra è determinata da due fattori principali: uno è l'irradiazione solare e l'altro la concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Sappiamo anche che l'irradiazione solare aumenta gradualmente ma inesorabilmente nel tempo e questo dovrebbe portare a un graduale aumento della temperatura planetaria se tutti gli altri fattori, incluso la concentrazione di CO2, rimangono costanti.

Secondo Lovelock e Margulis, l'esistenza di un certo numero di cicli di "feedback" planetari dovrebbe invece stabilizzare i parametri del sistema terra, ovvero mantenere la temperatura costante - o quasi - nonostante l'aumento dell'irradiazione solare. Questo controllo della temperatura dovrebbe avvenire per mezzo di una variazione della concentrazione di gas serra nell'atmosfera. Dei vari gas serra, quello principale è il CO2. In altre parole, l'ecosistema terrestre dovrebbe far variare la concentrazione di CO2, riducendola in modo tale da compensare per l'incremento dell'irradiazione solare.

Quindi abbiamo due predizioni verificabili. Se "l'ipotesi Gaia" è vera, dovremmo vedere che la temperatura terrestre si è mantenuta abbastanza costante per periodi molto lunghi (dell'ordine delle centinaia di milioni di anni almeno) e che - negli stessi periodi la concentrazione del CO2 deve essere diminuita.


Avere dei buoni dati sulla concentrazione di CO2 e le temperature terrestri nel remoto passato non è affatto facile, ma negli ultimi anni la paleoclimatologia ha fatto dei passi da gigante e ora cominciamo a capire qualcosa anche del clima del remoto passato. Partendo da alcuni studi recenti, per esempio quelli di Dana Royer, possiamo cominciare a mettere insieme i dati, come per esempio vediamo in questa figura. Qui vediamo i passati 542 milioni di anni, il periodo detto "Fanerozoico." ovvero quello delle forme di vita complessa. Prima del fanerozoico, la vita sulla terra era soltanto unicellulare.


Da Climate Sensitivity during the Phanerozoic: Lessons for the Future
Dana L. Royer Search and Discovery Article #110115 (2009)


Vedete che c'è una discreta correlazione fra le fasi di bassa concentrazione di CO2 e le ere glaciali; ma non è questo che ci interessa qui. Il fatto è che la concentrazione di CO2 si è considerevolmente abbassata durante questo periodo. Era partita da valori di svariate migliaia di parti per milione, arrivando oggi a meno di 400 ppm.

Ora, cosa è successo alla temperatura in questo periodo? Beh, una ricostruzione che viene considerata fra le migliori è quella di Vezier et al. del 1999. Eccola qui (notate che la scala dei tempi va al contrario rispetto alla figura precedente, ma insomma, la cosa è chiara):

Tenete presente che questi dati sono molto incerti; per una buona discussione dell'argomento potete vedere questo articolo di Dana RoyerCi sono altre ricostruzioni dove le curve sono un po' diverse, ma nel complesso il risultato è sempre quello: nel fanerozoico la concentrazione di CO2 è diminuita mentre la temperatura è rimasta approssimativamente costante. 

Ora, qui viene il bello: sappiamo che l'irradiazione solare è aumentata di circa il 5% durante il fanerozoico. Allora, a parità di tutti gli altri fattori, possiamo calcolare che questo avrebbe causato un incremento della temperatura media planetaria di circa 3-4 gradi centigradi. Questo aumento non lo vediamo assolutamente dai dati sperimentali. Ovvero, la diminuzione della concentrazione di CO2 ha compensato (nella media) per l'aumento della radiazione solare:

Questo è un risultato veramente fondamentale che - a mia opinione - è una delle principali prove del fatto che il clima planetario è dominato dalla concentrazione di CO2. Non solo, ma questi dati ci dicono che, nel complesso, Lovelock, aveva perfettamente ragione: aveva intuito un effetto che soltanto negli ultimi anni è stato completamente capito. Ovvero, la concentrazione di CO2 nell'atmosfera è regolata principalmente dalla reazione del CO2 con i silicati. Quando fa molto caldo, la reazione va più veloce è il CO2 viene rimosso dall'atmosfera più velocemente: il sistema si autoregola e funziona come un termostato.

E allora, è Medea o Gaia? Madre cattiva o madre benevola? Come sempre, la verità sta nel mezzo. Il sistema planetario è dominato da feedback negativi che tendono a stabilizzarlo. Ma questi feedback non sono perfetti e ogni tanto il sistema va fuori controllo è abbiamo qualche bel disastro planetario con estinzioni di massa e distruzione degli ecosistemi. Gaia non è una madre cattiva; solo un tantino distratta. Ma non chiamiamola "Medea" poveraccia.

E comunque, nonostante i suoi difetti, il libro di Ward vale la pena di leggerlo.




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Veizer, J., Ala, D., Azmy, K., Bruckschen, P., Buhl, D., Bruhn, F., Carden, G.A.F., Diener, A., Ebneth, S., Godderis, Y., Jasper, T., Korte, C., Pawellek, F., Podlaha, O. and Strauss, H. (1999) 87Sr/86Sr, d13C and d18O evolution of Phanerozoic seawater. Chemical Geology 161, 59-88.